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Monna Lisa. La 'Gioconda' del magnifico Giuliano PDF

98 Pages·2009·4.979 MB·Italian
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_ _ p q g i grani collana di saggi di storia dell’arte diretta da Antonio Natali V _ _ p q g _ _ p q g Josephine Rogers Mariotti MONNA LISA LA ‘GIOCONDA’ DEL MAGNIFICO GIULIANO _ _ p q g I miei ringraziamenti vanno innanzitutto ad Antonio Natali per il generoso sostegno e i preziosi consigli datimi lungo l’intero percorso di questo lavoro. La mia riconoscenza va anche a Jane Tylus e Ron Witt per le utilissime os- servazioni. Ringrazio inoltre Donatella Quagliotti per l’aiuto nella revisione della prima stesura, senza dimenticare, infine, il costante sostegno di Sergio. ©2009EDIZIONIPOLISTAMPA Via Livorno, 8/32 - 50142 Firenze Tel. 055 737871 (15 linee) [email protected] - www.polistampa.com ISBN 978-88-596-0667-3 _ _ p q g Presentazione Un ghigno tanto piacevole Non mi pare d’aver mai ragionato, e forse nemmeno d’aver fatta sporadica menzione della Gioconda. Giocando d’anticipo sul giudizio che potrebbe venire spontaneo alla lettura di que- ste parole, sùbito soggiungo che il mio non credo sia snobismo intellettuale. Ammetto però che la presenza incalzante della Gioconda in ogni trasmissione televisiva che s’occupi d’arte, la sua supremazia su effigi che forse sono di lei più poetiche, l’os- sessivo e deprimente ricorso ai luoghi comuni (Dio mio, l’in- sopportabile riflessione sull’«enigma» del suo sorriso), la sua stessa fama incondizionata e pregiudiziale, insomma il suo mito, me la impongono, da quand’ero giovane, con la stessa usurata apparenza del Sacro cuore di Pompeo Batoni, stampa- to sui santini di tutte le sacrestie e svuotato ormai di qualsiasi valenza espressiva. Riconosco tuttavia all’effigie di Lisa le virtù che ne vengo- no celebrate, anche se la sensualità e la bellezza solare della Belle Ferronière – per restare con Leonardo sulle pareti del Louvre – sono, a mio gusto, più toccanti. Solo che queste virtù – come potrei dire senza apparire accademico o addirittu- ra supponente? – sono più conseguenti a meditazioni di natu- ra critica e storica che a verdetti istintivi (come lascerebbe invece presupporre l’incanto unanime che la Lisa vinciana _ _ p q g genera). Senza il furto spericolato e avventuroso agli esordi del secolo trascorso, senza il sedimento di tanti finti misteri, senza i ‘gialli’ da viaggio in treno costruiti sul suo artefice, la Giocon- da sarebbe quello che è, vale a dire un quadro capitale per la ritrattistica moderna (vero e proprio incunabolo del genere), ma non già un quadro popolare com’è oggi. La genesi a Firenze della Gioconda cade in una stagione che per la città rappresenta il picco forse più elevato d’ogni sua età. Leonardo era in riva d’Arno quando per le vie giravano anche Michelangelo e Raffaello; senza dire dei maestri fiorentini come Botticelli, Andrea della Robbia, Fra’ Bartolomeo, Gra- nacci, Andrea del Sarto; o di quelli forestieri: dal Perugino agli oltramontani. Sempre si rammentano – come icone di quell’epoca – i monumentali lavori che in quegli anni contribuirono a dare di Firenze l’immagine d’una nuova Atene: le Battaglie di Leonar- do e Michelangelo per il palazzo del governo, il David – gigan- te, eroe di libertà, ritto a sorvegliar la piazza dei Signori –, il sepolcro grandioso di Benedetto da Rovezzano per il corpo di san Giovanni Gualberto (complessa macchina di marmo che già meravigliava tutti prima d’esser montata). Ma accanto a queste creazioni imponenti c’erano, a fare scuola, opere come la Sacra famiglia per Agnolo Doni (tavola chiusa in una dimo- ra privata, ma certo non ignota agli ammiratori del Buonarro- ti) o, giustappunto, la Gioconda del Vinci (magari non ancora portata a perfezione, ma già ben in grado – quantunque lei pure figlia del suo tempo – di farsi modello d’una rinnovata generazione d’effigi). Quanto si leggerà nelle pagine che seguono è frutto di ricerche lunghe, intense e intelligenti, che Jodi Mariotti ha - 6 - _ _ p q g condotto per proiettare una luce verisimile su un quadro cele- brato fino alla mistificazione, sulla donna in esso ritratta, sulle relazioni che corsero tra Francesco del Giocondo e la famiglia medicea, e finalmente tra Lisa medesima e Giuliano de’ Medi- ci. Una relazione – quest’ultima – che, grazie alle indagini di Jodi, rende pienamente plausibile la congettura dell’identità (per lo più rigettata) fra il ritratto di Lisa ricordato da Vasari e quello commissionato a Leonardo da Giuliano (conforme alla memoria serbata da Antonio de Beatis). Il rapporto fra Giuliano e Lisa va inquadrato – dice Jodi – nel clima e nelle consuetudini della tradizione petrarchesca. E, una volta si convenga su questa specificazione, riuscirà ammis- sibile la richiesta d’un principe a un maestro rinomato di ritrarre una donna ch’era sposa d’un altro. Ipotesi fondata; come la critica letteraria c’insegna a credere. Non di meno – forse aiutato dal mio ceppo maremmano – confesso che non avrei troppe difficoltà a supporre scambi più concreti delle parole. Parole che comunque mi figuro sussurrate in una stanza di quel convento (più monzese che fiorentino) che i due frequentavano. Che sia questo un modo per darsi ragione anche di quel ‘sorriso’ che Vasari – forse non ignaro dei fatti – definì “ghigno tanto piacevole”? Antonio Natali - 7 - _ _ p q g

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