Missione negli Emirati Arabi Uniti Abu Dhabi, 8-9 maggio 2006 Documentazione di supporto CONTENUTO • Dossier Emirati Arabi Uniti: presenza e operatività del sistema bancario italiano negli Emirati ed altri elementi di approfondimento su questioni economico-finanziarie • Dati macroeconomici relativi agli Emirati Arabi Uniti e rapporti con l’Italia • Dati di sintesi sul sistema bancario emiratino 2 DDDOOOSSSSSSIIIEEERRR EEEMMMIIIRRRAAATTTIII AAARRRAAABBBIII UUUNNNIIITTTIII Presenza e operatività del sistema bancario italiano negli Emirati Arabi Uniti ed altri elementi di approfondimento su questioni economico-finanziarie 3 I. Presenza e operatività del sistema bancario e finanziario italiano negli Emirati Arabi Uniti a. Presenza diretta ed indiretta delle banche italiane negli Emirati Arabi Uniti b. Operatività delle banche italiane con gli Emirati Arabi Uniti c. Restrizioni alla presenza in loco di banche estere d. Rischio Paese Emirati Arabi Uniti e rischio bancario e. Sviluppo della finanza islamica negli Emirati Arabi Uniti (cenni) II. Questioni di carattere generale che potrebbero essere oggetto di approfondimento con le Autorità degli Emirati Arabi Uniti a. Diversificazione dell’economia emiratina: progetti infrastrutturali e relative opportunità di investimento e collaborazione industriale per le imprese italiane b. Economic Free Trade Zones c. Dubai International Financial Centre (DIFC) d. Business Climate: fattori di attrazione degli Investimenti Diretti Esteri e. Il processo di integrazione intra-regionale: Il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) e gli Accordi di Libero Scambio f. Accordi di cooperazione Emirati Arabi Uniti - Italia g. Politica commerciale e accesso al mercato 4 I. Presenza e operatività del sistema bancario e finanziario italiano negli Emirati Arabi Uniti1 a. Presenza diretta ed indiretta delle banche italiane negli Emirati Arabi Uniti Nell’area sono presenti due uffici di rappresentanza, rispettivamente del Gruppo San Paolo IMI a Dubai e di HVB (Unicredit Group) ad Abu Dhabi. Prospetto riepilogativo SanPaolo IMI Ufficio di rappresentanza Dubai Unicredit – HVB Ufficio di rappresentanza Abu Dhabi b. Operatività delle banche italiane con gli Emirati Arabi Uniti L’operatività delle banche italiane con gli Emirati Arabi Uniti è volta sia al finanziamento delle esportazioni sia al finanziamento diretto a imprese locali partecipate da imprese italiane o interamente estere. In particolare, per quanto riguarda il finanziamento di operazioni commerciali, si tratta in prevalenza di esportazioni di beni di consumo (articoli di oreficeria, prodotti tessili, abbigliamento, calzature, mobili e arredo), materiali da costruzione, macchinari e componenti meccaniche per la realizzazione di impianti, soprattutto impianti per derivati dell’industria petrolchimica. Al fine di disporre di un quadro dettagliato ed aggiornato circa l’operatività dell’industry bancaria negli Emirati Arabi Uniti, nel mese di aprile 2006 l’ABI ha condotto una specifica indagine presso il Gruppo di Lavoro Relazioni Internazionali, composto dalle maggiori banche più attive sui mercati esteri. Nella tabella che segue sono riportati i risultati quantitativi dell’indagine. Plafond Complessivo (mln di €) (totale impegni in essere e disponibilità a Plafond utilizzato (mln di €) aprile 2006) Con Senza Con Senza di cui per di cui per Util./ Totali Totale Sace Sace Sace Sace export altre finalità Totale Totale a breve 0 467,1 467,1 0 294,2 242,2 52,0 294,2 63% Totale a m.l.t. 0 602,7 602,7 0 462,9 45,1 417,7 462,9 77% Totale 0 1.069,8 1.069,8 0 757,0 287,3 469,7 757,0 71% 1 Il presente documento è stato redatto sulla base delle seguenti fonti: sito ufficiale dell’Unione Europea (www.europa.eu.int/comm/external_relations/brazil/intro/index.htm), Istituto per il Commercio Estero (www.ice.gov.it), World Investment Report (www.unctad.org), Ministero degli Affari Esteri (www.esteri.it), Servizi Assicurativi del Commercio Estero (www.sace.it), Istituto nazionale di statistica, (www.coeweb.istat.it), Sintesi 2000 srl (www.sintesi2000.com), Fondo Monetario Internazionale (www.imf.org), Banca Mondiale (www.worldbank.org), CIA-The World Factbook (www.cia.gov/cia/publications/factbook), United Arab Emirates Ministry of Economy Planning Sector (www.uae.gov.ae/mop/E_home.htm), Department of Planning and Economy – Abu Dhabi (www.addop.gov.ae/web/english), Central Bank of the United Arab Emirates (www.centralbank.ae), Emirates Banks Association, Arab Bank Review (www.arabbank.com/user_rev_home.asp), Ufficio Italiano Cambi, rilevazioni ABI. 5 Complessivamente risulta un plafond stanziato di 1 miliardo di euro, utilizzato al 71%. Il 43,7% del plafond è destinato ad operazioni a breve, mentre il rimanente 56,3% è allocato sul medio-lungo termine. Gli Emirati Arabi Uniti non sono inseriti nelle convenzioni quadro con SACE, né è previsto un plafond con copertura assicurativa. In realtà, in considerazione dell’elevato rating (A1) assegnato al Paese, superiore all’investment grade, alcune banche hanno dichiarato di non avere un plafond predeterminato per operazioni negli EAU. Le delibere avvengono caso per caso, senza limiti prefissati. Da qui deriva anche il livello di utilizzo elevato rispetto al plafond “stanziato” che è in una certa misura fittizio, in quanto meramente corrispondente alle operazioni deliberate. Per quanto riguarda il livello di utilizzo delle risorse, il 61,1% del totale utilizzato è impegnato per operazioni a medio-lungo termine e il 62% ha finalità diverse dall’export (pari a circa 757 milioni di euro), trattandosi di finanziamenti concessi a società locali partecipate da imprese italiane o a capitale interamente straniero. Il 38% dell’utilizzato ha finalità commerciale, attraverso i tradizionali prodotti di trade finance (conferma di lettere di credito/rilascio garanzie commerciali/sconto pro-soluto di impegni di pagamento) a breve termine. Accordi di collaborazione La maggior parte delle banche italiane non ha sottoscritto accordi di collaborazione con banche locali; l’operatività è gestita tradizionalmente attraverso consolidati rapporti di corrispondenza rispetto ai quali non si registra alcuna criticità. Circa le prospettive di sviluppo delle attività sul mercato emiratino e nella regione del Golfo, numerose banche hanno segnalato l’intenzione di: a) sviluppare contatti con primarie controparti finanziarie locali per l’individuazione di opportunità di investimento; b) allacciare rapporti di collaborazione con banche locali in funzione del crescente interesse manifestato dalla propria clientela; c) incrementare le linee di credito e l’attività di assistenza e consulenza alle imprese che manifestano interesse sia con finalità di export sia per la costituzione di società in loco, anche sviluppando nuovi accordi di cooperazione con controparti locali. c. Restrizioni alla presenza in loco di banche estere L’unica rilevante restrizione agli Investimenti Diretti Esteri negli Emirati Arabi Uniti è la previsione della legge emiratina che impone all’investitore estero la costituzione di una società il cui capitale sia detenuto almeno al 51% da persona fisica o giuridica locale. Questa restrizione non si applica agli investimenti industriali e commerciali effettuati nelle zone franche (cfr. paragrafo II.b). Tale norma vige peraltro sulle sole 6 società per azioni2, mentre per le società pubblico-private la quota locale è pari al 100% e per gli studi professionali (avvocati, ingegneri e commercialisti) deve essere almeno pari al 25%. Le società a responsabilità limitata nel settore degli idrocarburi, idrico ed elettrico sono esentate dalla quota di maggioranza locale. In particolare, per quanto riguarda il settore bancario, nel 1987 il Governo decise di congelare le aperture di nuove succursali di banche estere nel Paese. Tale atteggiamento perdura ancora oggi e non vengono concesse licenze per l’apertura di nuove succursali né autorizzazioni ad operare in valuta locale. Questo atteggiamento è riconducibile a due ragioni principali: in primo luogo, il settore bancario emiratino risultava già all’epoca prossimo alla saturazione rispetto alle dimensioni dell’economia locale; in secondo luogo, l’apertura di sussidiarie avrebbe comportato l’afflusso di rilevanti capitali nel Paese, laddove l’apertura di succursali avrebbe implicato un investimento meno consistente. Allo stesso tempo, alle banche estere già operanti negli EAU venne imposto un limite al proprio network, che non poteva essere costituito da più di 8 succursali. Questo impedì alle banche di sviluppare rapporti con la clientela retail, che conseguentemente passò in buona parte alle banche locali. Infatti, le banche locali coprono attualmente più del 75% della clientela immigrata, che rappresenta l’80% della popolazione; esse hanno inoltre un market share dell’80% circa dell’attività creditizia e di oltre il 90% per i depositi (con le prime cinque banche che assorbono quasi il 70% del mercato3). Nonostante le restrizioni esistenti, negli EAU sono oggi presenti 25 banche estere su un totale di 46, che detengono una quota leggermente superiore al 30% degli assets di settore (in base all’ultimo dato disponibile pubblicato dalla Banca Centrale nel giugno 2003). Le 25 banche estere sono presenti con 87 branches, mentre le 21 banche locali dispongono di una rete di 362 branches. Il numero degli uffici di rappresentanza di banche estere a dicembre 2004 era invece di 51. Si segnala infine una disparità di trattamento fiscale delle succursali di banche estere rispetto alle altre imprese estere: le prime sono infatti soggette a una corporate tax del 20% laddove le seconde sono esentate da tale imposizione fiscale. Tali limitazioni non si applicano tuttavia nella zona franca dedicata ai servizi finanziari creata a Dubai (Dubai International Financial Centre) illustrata in dettaglio al paragrafo II.c. Peraltro si sottolinea che il DIFC avrebbe la finalità di incentivare la delocalizzazione di alcune tipologie di servizi e rami di attività (private banking e capital market) di grandi 2 Le imprese che operano nel settore bancario, finanziario ed assicurativo possono costituirsi solo sotto forma di società per azioni. 3 Fonte: Emirates Banks Association, 2003. 7 banche commerciali che operano su scala globale e non quella di promuovere un’operatività delle banche estere sul mercato locale. d. Rischio Paese Emirati Arabi Uniti e rischio bancario Il Paese è percepito dagli operatori internazionali come solido e con un profilo di rischio contenuto, anche grazie ai rilevanti sforzi compiuti per una maggiore diversificazione dell’economia e per l’attrazione di capitali esteri. Per questo, ed in ragione della costante crescita economica realizzata dagli EAU negli ultimi dieci anni (ad un tasso annuo medio pari al 5,4%) e della stabilità dell’assetto politico, l’agenzia Moody’s ha innalzato il rating da A2 ad A1 già all’inizio del 2005. Per quanto riguarda la valutazione del rischio Paese effettuata dalla SACE – che segue, come noto, la classificazione stabilita in sede OCSE da uno specifico gruppo cui partecipano le Export Credit Agencies dei Paesi dell’Organizzazione - gli Emirati di Abu Dhabi e Dubai si posizionano nella seconda categoria di rischio, con un atteggiamento assicurativo senza particolari restrizioni. Sono posti, invece, nella quarta categoria di rischio gli Emirati di Sharjah, di Ras Al Khaimah, di Umm Al Qaiwain e di Fuhairah (tutti senza particolari restrizioni); l’emirato di Ajman è anche in categoria quattro ma attualmente l’operatività è sospesa. Secondo invece la valutazione effettuata sulla base della matrice ABI-Banca d’Italia per la valutazione del rischio Paese ai fini della determinazione del patrimonio di vigilanza, gli Emirati Arabi Uniti si collocano nella prima categoria cui corrisponde un’aliquota di rettifica pari allo 0% sulle esposizioni non garantite. Per quanto riguarda il rischio connesso direttamente all’evoluzione del settore bancario emiratino si sottolinea che, secondo gli analisti, il comparto è solido e si sta progressivamente muovendo verso una maggiore apertura alla concorrenza estera, anche grazie all’adozione di standard operativi internazionali ed alla progressiva riduzione delle barriere di accesso al mercato. Il sistema bancario emiratino (per un approfondimento si rimanda alla scheda predisposta da Sintesi 2000 riportata nella terza parte del presente dossier) è il secondo per dimensione nel mondo arabo dopo quello saudita in termini di assets4 e svolge un ruolo particolarmente rilevante non solo per l’economia locale, ma anche per quell’80% della popolazione composta da immigrati (il 90% della forza lavoro locale è di origine straniera) che trasferisce le proprie rimesse nei Paesi di origine. Esso ha fatto registrare straordinari tassi di crescita negli ultimi anni (2001-2004): +13,7% nei depositi, +21,7% nel credito (+25,9% l’aumento del lending ai non 4 Fonte: Arab Bank, The Arab Bank Review, Vol. 7, N. 1, April 2005 8 residenti) e incrementi molto alti nei profitti (in media c’è stato un incremento del 50% della redditività5). Il livello di capitalizzazione è inoltre molto elevato rispetto agli standard internazionali e si attesta in media intorno al 18%6, mentre i non performing loans costituiscono solo il 2,88% del totale del credito. Gli IAS sono stati introdotti (ancorché non resi obbligatori) alla fine degli anni novanta e, secondo alcune fonti, l’Accordo di Basilea II dovrebbe essere applicato entro il 2007 (anche se su questo fronte si registrerebbero rilevanti ritardi). I passi che le Autorità dovrebbero compiere per assicurare un ulteriore allineamento agli standard internazionali e per la creazione di un effettivo level playing field con gli intermediari esteri riguardano la privatizzazione del settore, il consolidamento dello stesso mediante una politica di fusioni che riduca il numero di operatori sul mercato, e la rimozione delle barriere ancora esistenti segnalate nel precedente paragrafo. e. Sviluppo della finanza islamica negli Emirati Arabi Uniti (cenni) Negli ultimi anni la finanza islamica7 ha subito un rapido sviluppo nel mercato emiratino. Nel 2004 il numero delle banche islamiche è raddoppiato, passando da due a quattro, con un incremento del 35% negli assets8; esse rappresentano oggi circa il 22% degli assets di settore ed hanno una market share ancora più alto nel retail banking. La National Bank dell’Emirato di Sharjah, di proprietà pubblica, si è recentemente trasformata in banca islamica. Inoltre, il Dubai Interantional Financial Centre, la free zone dedicata allo sviluppo dei servizi finanziari, è stata espressamente creata anche con l’obiettivo di divenire un centro globale per la finanza islamica. 5 La Abu Dhabi Commercial Bank, una delle top five insieme a National Bank of Abu Dhabi, National Bank of Dubai, Emirates Bank e Mashreq Bank (tutte di proprietà dello Stato) ha registrato un incremento del 98% dei profitti. 6 Dato elaborato da Sintesi 2000 su un campione di 19 banche locali, su un totale di 21. 7 Si ricorda che per finanza islamica s’intende un sistema di relazioni di tipo economico tra le persone (Muamalat) che trae i suoi principi informatori dalla legge islamica (Shariah). Elemento specifico e di contrasto con la pratica finanziaria occidentale è il divieto di pagamento degli interessi equiparati all’usura (Riba). La proibizione della Riba si fonda sul credo secondo il quale non ci può essere guadagno senza l’assunzione di rischi: il profitto, in una visione islamica, sarebbe legittimato solo dal rischio. Oltre alla Riba sono espressamente vietate pratiche economiche che implicano i concetti di Gharar (“irragionevole incertezza”, ambiguità), di Maisir (speculazione) e di Haram (ciò che è esplicitamente proibito dal Corano, ossia attività economiche connesse alla distribuzione/produzione di alcol, tabacco, armi, carne suina, pornografia, gioco d’azzardo etc). Le prime iniziative di sviluppo di strumenti finanziari coerenti con la Shariah risalgono all’inizio degli anni ’60 in Algeria ed Egitto, dove vennero costituite banche islamiche pubbliche. Il processo subì una netta accelerazione agli inizi degli anni ’70 quando venne istituita la Islamic Development Bank, con la missione di favorire nei paesi membri e nelle comunità musulmane uno sviluppo economico e sociale coerente con i precetti coranici. Da allora sono sorte numerose altre istituzioni finanziarie in regioni islamiche e non. Oggi la finanza islamica gestisce assets stimati in ca. Usd 500 mld con tassi di crescita medi del 15% all’anno. Essa trova crescente applicazione sia nel campo dell’Islamic banking (che ne rappresenta la componente più strutturata e di rilievo in termini di volumi) che nel mercato assicurativo e dei capitali internazionali con titoli di debito e fondi azionari. Non si conoscono ad oggi esperienze di Islamic banking in Italia (Fonte L. Alfano e L. Fiordoni, Lo Sviluppo della Finanza Islamica e l’”Islamic Banking”, Studi e Note di Economica, No. 2 2005, Banca Monte dei Paschi di Siena Spa – Siena e Banca Toscana – Firenze). 8 Fonte: International Monetary Fund, Staff Report for the 2005 Article IV Consultation. 9 II. Questioni di carattere generale che potrebbero essere oggetto di approfondimento con le Autorità degli Emirati Arabi Uniti a. Diversificazione dell’economia emiratina: progetti infrastrutturali e relative opportunità di investimento e collaborazione industriale per le imprese italiane I sette Emirati arabi (Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Ajman, Fujeirah, Ras Al Khaimah, Umm al Quwain) si sono costituiti in Federazione (Emirati Arabi Uniti – EAU) nel 1971. Abu Dhabi e Dubai rappresentano l’85% del PIL di tutti gli EAU. Quaranta anni fa il Paese era un deserto e la popolazione viveva con i proventi della pesca, delle perle e delle risorse ittiche. Con la scoperta di giacimenti petroliferi e di gas naturale negli anni sessanta, gli EAU si sono trasformati rapidamente in un’economia aperta e liberale9. Secondo la Energy Information Administration, nel 2005 gli EAU occupavano il sesto posto10 al mondo per riserve di petrolio (con una quota del 10%, pari a 97,8 miliardi di barili) e il quinto posto11 per riserve di gas12 (con una quota del 3,5%, pari a 6.000 miliardi di metri cubi)13. Si stima che le riserve petrolifere siano in grado di garantire il livello attuale di produzione per i prossimi 140 anni14. Gli EAU sono il decimo 9 Dal punto di vista politico i sette emirati sono retti da un Consiglio Supremo costituito dai rispettivi emiri, ognuno dei quali è sovrano assoluto del proprio Stato. Negli UAE non esistono partiti politici né si tengono elezioni, il sistema giudiziario è basato sulla legge coranica (sharia) ed è in vigore la pena di morte. I governanti detengono il potere in virtù della posizione dinastica e della legittimazione che deriva loro da un sistema di consenso tribale. La modernizzazione economica non è riuscita ad influenzare il sistema politico tradizionale, accettato e supportato dalla maggioranza della popolazione locale e sostenuto dalle forze armate. L’organizzazione socio-politica del Paese si presenta fortemente contraddittoria: i locali rappresentano solo il 20% della popolazione residente e godono di forti privilegi sia in termini di reddito sia in termini di opportunità. Il 5% è costituito da espatriati di ceto sociale medio/alto, mentre il restante 75% da lavoratori immigrati, spesso senza le loro famiglie, con reddito basso, scarse garanzie economiche e nessuna tutela sociale. In dettaglio, la composizione della popolazione è così strutturata: 19% emiratini, 23% altri arabi e iraniani, 50% immigrati dall'Asia meridionale, 8% immigrati dall'Asia orientale e occidentale. 10 Dopo Arabia Saudita, Canada, Iran, Iraq e Kuwait. 11 Dopo Russia, Iran, Qatar ed Arabia Saudita. 12 I giacimenti più importanti sono quelli all’interno dei campi petroliferi di Umm Shaif e Abu Al Bukhoosh. La Abu Dhabi Gas Industries (GASCO) si occupa degli impianti di estrazione onshore, mentre la Abu Dhabi Gas Liquefaction Company (ADGAS) di quelli offshore , la cui produzione viene incanalata a Das Island. La produzione di gas alimenta gli impianti di estrazione petrolifera, le centrali elettriche e gli impianti di desalinizzazione, oltre che ad altri impianti industriali minori. L’aumento della domanda ha spinto il Governo a ideare un progetto ambizioso di distribuzione che copra tutto il Paese e lo colleghi alle altre nazioni GCC per poter servire energia ad una rete capillare di fruitori commerciali. Il più importante progetto in fase di realizzazione è il Dolphin Gas, che prevede la realizzazione di un impianto di trasporto del gas naturale dai giacimenti del Nord Qatar all’Oman ed agli Emirati. La Dolphin Energy, società controllata al 51% da Mubadala Development Company (di proprietà del Governo di Abu Dhabi) e per il 49% da Total ed Oxy, si è aggiudicata tutti i migliori contratti. L’ente responsabile per il controllo del progetto è l’Emirates General Petroleum Corporation (EMARAT). 13 Secondo fonti locali (Ministero dell’Economia e Ministero dell’Informazione), gli EAU sono invece il quinto produttore mondiale di petrolio ed occupano il quinto posto per riserve di petrolio (9,4% del totale mondiale) ed il quarto posto per riserve di gas naturale (5% del totale mondiale). 14 Gli esperti hanno tuttavia stimato che i giacimenti ancora inesplorati dovrebbero contenere risorse doppie rispetto a quelle sfruttate fino ad oggi, pertanto si ritiene che nei prossimi anni saranno avviati numerosi progetti di esplorazione. 10
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