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Migranti, coloni, rifugiati. Dall'emigrazione di massa alla fortezza d'Europa PDF

191 Pages·1974·1.83 MB·Italian
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Preview Migranti, coloni, rifugiati. Dall'emigrazione di massa alla fortezza d'Europa

Saskia Sassen insegna Urbanistica all'Università 'di Chicago. Nota in tutto il mondo per i suoi studi sulla globalizzazione, è autrice di numerosi libri, tra i quali ricordiamo The Mobility ofLabor and Ca pital (New York 1988), The Global City: New York, London, Tokyo (Princeton 1991; tr. it. Le città globali, Utet, Torino 1997), Cities in a World Economy (New York 1994; tr. it. le città nell'economia globa le, il Mulino, Bologna 1997) e Globalization and Its Discontents (New York 1998). Titolo dell'opera originale MIGRANTE*, SIEDLER, FLUCHTLINGE. VON DER MASSENAUSWANDERUNG ZUR FESTUNG EUROPA © 1996 Fischer Taschenbuch Verlag GmbH Frankfurt ani Main Traduzione dal tedesco di MARIA GREGORIO © Giangiacomoi Feltrinelli Editore Milano Prima edizione in "Campi del sapere" settembre 1999 ISBN 88-07-10274-9 per Richard Senneti Premessa e ringraziamenti Quando Eric Hobsbawm mi domandò se fossi interessata a scrivere un libro su duecento anni di storia delle migrazioni in Europa, non gli nascosi il mio sconcerto: "Come ha detto, pre go?". La sorpresa crebbe nel predisporre il lavoro, quando mi resi conto che per mettere a fuoco la precisa collocazione delle migra zioni in Europa occidentale mi sarebbe stato necessario risalire ben oltre i duecento anni, e dunque che per la storia che mi appre stavo' a scrivere non avrei potuto assumere come punto di parten za quello che è abitualmente considerato tale, ossia l'emigrazione di massa verso il Nuovo Mondo. Fresca di laurea, all'inizio delle mie ricerche sulle migrazioni in Europa occidentale presso Io Harvard Center for International Affaire, mi ero tosto imbattuta nei due volumi di Abel Chatelain sulla storia delle migrazioni sta gionali nella Francia del xrx secolo, e da allora quel testo mi ac compagna come l'"altra" storia d'Europa, quella svoltasi all'om bra delle nozioni che la storiografìa ha seguitato a trasmettere al la cultura dominante. Ora, traevo dal lavoro di Chatelain la con vinzione che fosse giunto il momento di infrangere l'iconografìa secondo cui l'Europa è il continente dell'emigrazione di massa. Mi era chiaro che mi sarei potuta impegnare nel lungo lavoro di ricerca necessario soltanto se avessi esplorato - quasi al mo do di un'inchiesta giornalistica investigativa - la pista dell"'al- tra" storia delle migrazioni in Europa, oggi per lo più sepolta in testi scientifici poco accessibili e divenuta ormai dominio esclu sivo degli specialisti. Con questo libro mi propongo dunque di ricomporre per ampi tratti un quadro più equilibrato delle mi grazioni sul continente, evidenziando come i flussi migratori del lavoro, internazionali e interregionali, abbiano rappresentato una componente strategica a vasto raggio nella storia dell'urba nizzazione e dell'industrializzazione europee degli ultimi tre- 9 cento anni: così è stato, nel xvin secolo, per gli imponenti movi menti degli "Hollandgànger" dalla Vestfalia ad Amsterdam e, nell'Ottocento, per gli italiani coinvolti nella costruzione delle ferrovie e delle città tedesche; così per i lavoratori migranti con fluiti nella regione parigina da ogni dove, per realizzare le inno vazioni urbanistiche di Haussmann: estendere acquedotti e fo gne e costruire i boulevards. All'epoca, a Parigi era peraltro nu merosa anche la comunità dei lavoratori tedeschi. Nemmeno l'Europa si è dunque sottratta al destino che sembra toccare tut te le regioni in rapida crescita, ossia la necessità di importare manodopera straniera. Ho voluto' capire se e in che modo questa storia possa contri buire a considerare con occhi diversi il problema dell'immigra zione ai giorni nostri per individuare un approccio più intelli gente ed efficace alla politica nel settore, correggendo la diffusa convizione secondo cui l'Europa non sarebbe continente di im migrazione: non lo è certamente come il Nuovo Mondo, dove l'immigrazione è stata elemento costitutivo nella storia della conquista coloniale, ma lo è in un senso diverso. Nei documenti e nei rapporti sui dibattiti legislativi ho cercato indicazioni e se gnali in merito al ruolo dell'immigrazione neU'economia, nella politica e nella società, e mi è apparso sempre più evidente co me l'odierno discorso sul passato sia costruito per molti versi su un'omissione: ossia si tace il ruolo che i lavoratori migranti hanno avuto nello sviluppo del continente. Con questo libro in tendo riportare all'attenzione tutto ciò che quel discorso passa sotto silenzio. Analogamente, nelle ricerche che ho condotto sulla storia dei rifugiati e degli esuli mi interessava capire in che misura i loro movimenti e le fughe di massa rappresentassero un processo in trinsecamente europeo, direttamente radicato nella storia delle origini del sistema statale moderno sul continente. Oggi i grandi movimenti di profughi si collocano per lo più in Africa e in Asia, ed è forse il motivo per cui si tende a trascurare questa articola zione profonda dello stato moderno, nonché l'origine delle gran di migrazioni dei rifugiati. Tenevo molto a scrivere un libro in cui mi fosse possibile so stenere una posizione netta e precìsa, ed evidentemente era tale anche l'aspettativa della casa editrice. Naturalmente, in un volu me di dimensioni così limitate è impossibile ricostruire integral mente la storia delle migrazioni negli ultimi due secoli; è stato inevitabile escludere alcuni ambiti. Dunque, qui non presento un panorama completo, bensì un tentativo di rintracciare il filo conduttore che attraversa le ombre della storia: un processo non io lineare, comunque, poiché le discontinuità sono state enormi. Mi interessava capire in che modo i movimenti migratori nasco no, si sviluppano e si esauriscono, e ho cercato di esplorare le ombre della storia in questa chiave, portando alla luce alcuni esempi utili a rappresentare i molteplici aspetti della dinamica delle migrazioni e dei movimenti dei rifugiati, soprattutto nei loro intrecci con l'economia, con la società e la politica. Non avrei scritto questo libro se non avessi avuto a disposi zione l'ormai ricchissima letteratura relativa a migrazioni e mo vimenti di rifugiati nonché ai numerosi ambiti contigui, in par ticolare urbanizzazione, demografia, industrializzazione, guer re, politica. Oggi sono molti gli studiosi che lavorano sul tema dell'immigrazione e dei rifugiati in Europa: parecchi ne ho cita ti in bibliografia, ma la mancanza di spazio non mi ha consenti to di ricordarli tutti, e ho volutamente fatto riferimento soprat tutto alle fonti meno note. Coloro di cui non ho potuto segnala re il lavoro in questo breve libro e nella succinta bibliografia mi scuseranno. Tre opere mi sono state particolarmente preziose, per come sono articolate e per l'uso che in esse viene fatto del ricchissimo materiale d'archivio: agli autori il mio ringraziamento per lo straordinario lavoro compiuto. Mi riferisco all'opera di Abel Chatelain pubblicata negli anni trenta, Les migrants temporaires en France de 1800 à 1914; al libro che Jan Lucassen ha costruito a partire dalla tesi di laurea sugli archivi del censimento napo leonico, Naar de Kusien vari de Noordzee. Trekarbeid in Europees Perspektief, 1600-1900; infine, al libro di Michael R. Marrus, The Unwanted: European Refugees in the Twentìeth Century. Qui vorrei esprimere la mia gratitudine anche ai molti amici e colleghi con i quali ho avuto negli ultimi vent'anni un intenso scambio di opinioni in incontri personali e per lettera; desidero ringraziare in particolare Sophie Body-Gendrot» Catherine Wih- tol de Wenden, Yann Moulier-Boutang, Àbdel malek Sayad, Mirjiiana Morokvasic, Czarina Wilpert, Aristide Zolberg, Rainer Munz, Jochen Blaschke, Enzo Mingione e Rainer Baubock. Al presente libro ho lavorato negli ultimi tre anni, ma con maggio re o minore intensità il tema mi occupa da almeno venti e in tut to questo tempo ho raccolto una messe di informazioni, di opi nioni e idee di cui sono debitrice a molte persone e a numerosi centri di ricerca. Ricordo soprattutto Daniel J. Koob, il primo che, quando mi accingevo ad affrontare il lavoro per la tesi di laurea, vent'anni fa, mi ha segnalato l'importanza delle migra zioni internazionali in Europa occidentale; vorrei citare inoltre Joseph Nye Jr. dello Harvard Center for International Affaire, il che ha appoggiato il mio lavoro di dottorato sulle migrazioni quali esempio di relazioni transnazionali. In anni recenti ho go duto dei vantaggi offertimi da vari fondi di ricerca e dall'invito a insegnare in altre università; in particolare ho lavorato1 presso il Wissenschaftszentrum di Berlino, l'Institute fbr Advanced Stu- dies di Vienna, la Russell Sage Foundation di New York, il Semi nar Salzburg, l'American Academy di Roma, llnstìtut d'Urbani- sme dell'Università di Parigi e il Summer Institute dell'Univer sità di Lancaster. Molti sono coloro che mi hanno assistito nella ricerca e nella preparazione del testo; ringrazio' soprattutto Todd Kenworth, coadiutore generoso e intelligente. Vorrei dire grazie anche ai miei genitori olandesi, che mi hanno educato con la massima naturalezza in cinque lingue per poi dirmi in tutta innocenza, il giorno del mio tredicesimo com pleanno, che era finalmente arrivato il momento di imparare una lingua straniera. Mai le conoscenze linguistiche mi sono state utili come in questo progetto di ricerca. Mio marito, Richard Sennett, attento lettore dell'intero li bro, mi è stato prodigo di consigli preziosi, mentre con mio fi glio, Hilary Koob-Sassen. ho intrattenuto accesi dibattiti sulla questione dei rifugiati e degli immigrati ai nostri giorni, proble ma al quale la giovane generazione porta un interesse sempre più vivo. Di tutti gli errori mi assumo l'intera responsabilità. 12 Introduzione Oggi gli immigrati sono percepiti per lo più come ima minac cia: stranieri che vogliono entrare in paesi più ricchi di quelli da cui provengono e chiedono che siano loro aperti i cancelli, e che in caso di rifiuto li abbattono con la violenza, oppure li varcano surrettiziamente. I paesi ricchi si comportano come se di tutto ciò non portassero alcuna responsabilità, o quanto meno come se su bissero passivamente gli eventi. Ma è una falsa presunzione. I movimenti migratori internazionali non nascono per il semplice fatto che alcuni individui desiderano migliorare le proprie condi zioni di vita, bensì sono conseguenza di una complessa serie di processi economici e geopolitici. Chi si proponga di capire il pro blema dell'immigrazione deve pertanto analizzare in che modo, quando e per quali ragioni governi, poteri economici, media e po polazione dei paesi sviluppati si trovano coinvolti in tali processi. Anche i flussi di rifugiati sono il risultato di numerosi pro cessi intersecantesi, e fin oltre la metà del xx secolo questo è sta to ampiamente accettato come un dato di fatto: ancora in anni recenti i profughi erano considerati emigranti involontari, co stretti ad abbandonare la patria da circostanze indipendenti dalla loro volontà, e il riconoscimento che i movimenti dei fug giaschi non sono intenzionali bensì provocati da altri poteri è al la base di un gran numero di convenzioni politiche e accordi in terstatuali. Oggi questo giudizio viene sottoposto a critica e in parte è già stato corretto: si va infatti progressivamente affer mando con forza una nuova immagine, secondo cui rifugiati e immigrati altro non sono che individui in cerca di migliori op portunità in un paese ricco. Il diritto internazionale, la politica e il dibattito in corso non tengono più in alcun conto le realtà politiche ed economiche che governano l'esistenza di rifugiati e immigrati. Proviamo al- 13 lora a formulare l'ipotesi secondo cui tali movimenti sarebbero motivati esclusivamente dal desiderio individuale di vivere in condizioni migliori: se così fosse, in presenza dell'incremento demografico e del progressivo impoverimento' di ampie zone della terra, dovremmo' assistere all'invasione di massa dei paesi sviluppati a opera dei poveri del mondo, a un enorme e disordi nato esodo di esseri umani dalla miseria verso la ricchezza. Ma così non è, e non lo è mai stato. I processi migratori sono estre mamente selettivi, poiché soltanto determinati gruppi di indivi-. dui lasciano il suolo natale; né costoro si dirigono alla cieca ver so' qualsiasi paese ricco che prometta di accoglierli. Le vie 'dell'e migrazione hanno una struttura ben riconoscibile, connessa con le relazioni e interazioni che si stabiliscono tra ì paesi di partenza e quelli di arrivo. Fintanto che politici e opinione pubblica perseverano nell'er rore di individuare la spinta a emigrare nella povertà o nelle persecuzioni subite in patria, rimangono ben poche occasioni polìtiche di reagire al fenomeno. La risposta apparentemente lo gica all'invasione di massa sarebbe infatti la chiusura delie fron tiere, e xenofobia e razzismo altro non sono che le espressioni estreme di questa opzione nella cultura politica di uno stato. Pe raltro, non vi è paese avanzato in cui non siano palesi versioni più o meno temperate di tale politica, intesa a sbarrare i cancelli a immigranti e profughi. Questo libro vorrebbe contribuire ad ampliare la gamma del le politiche alternative nei confronti di costoro, proponendo in nanzi tutto una visuale più ampia dei motivi che sono all'origine delle migrazioni. A tal fine è necessario puntare lo sguardo in primo luogo sull'Europa, ossia sulla storia delle migrazioni di lavoratori e rifugiati sul continente europeo, poiché è in questo contesto che prende forma la partecipazione attiva dei paesi ric chi all'odierno sistema dei flussi migratori. Mi sembra importante capire soprattutto se la storia europea delle migrazioni avvenute negli ultimi duecento anni consenta anche un'interpretazione che aiuti a liberarsi dell'immagine dell'Invasione di massa". Vorrei dimostrare come le diverse mi grazioni passate e presenti siano in primo luogo strutturate e condizionate da elementi temporali e geografici e, inoltre, che esse non sono mai semplicemente riconducibili a fattori quali persecuzioni, povertà e sovrappopolazione. Naturalmente non si tratta di misconoscere l'importanza di tali fattori, bensì di considerarli una sorta di "ingredienti" di base, che mettono in moto i flussi migratori soltanto quando entrano in combinazio ne con strutture ed eventi politici ed economici di più ampia 14

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