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Mi dichi. Prontuario comico della lingua italiana PDF

133 Pages·2011·0.323 MB·Italian
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TRAMA Secondo voi "kibbutz" è un'espressione usata dalle contadine di Alberobello quando sentono bussare alla porta del trullo? "Venerea" si dice di donna bellissima e diafana? "Prostata" di persona sdraiata a terra, a faccia in giù, in atto di adorazione? "Kandinsky" è un dolce nazionale ungherese? E, passando al latino, Memento mori significa "il mio mento sembra quello di un negro"? Brevi manu "tenere le mani all'altezza delle ascelle"? Deus ex machina "perdio, che macchina!"? Allora avete bisogno di questo Prontuario comico della lingua italiana, un saggio tanto divertente quanto impietoso, scritto da una delle più grandi voci umoristiche della nostra storia. Villaggio ci fa ridere e riflettere sull'italiano scritto e quello parlato, la neolingua degli SMS e dei computer, i congiuntivi degli accademici e il linguaggio degli intellettuali di sinistra. Così l'inventore di Fantozzi torna a fustigare, 2 esaltare, fotografare l'italiano medio. Inteso, stavolta, come lingua. In sovraccoperta: Paolo Villaggio ha scritto oltre trenta libri, gli ultimi dei quali sono Storia della libertà di pensiero (Feltrinelli, 2008), Sione di donne straordinarie (Mondadori, 2009) e Crociera lo cost (Mondadori, 2010). Ha vinto il Premio Città di Vigevano e due volte il Premio Flaiano. 3 Paolo Villaggio MI DICHI Prontuario comico della lingua italiana Collezione Biblioteca Umoristica Mondadori ISBN 978-88-04-36032-2 © 2011 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano I edizione marzo 2011 4 INDICE MI DICHI __________________________________4 L’origine della lingua italiana____________________7 Come è iniziato l’interesse per il corretto uso della lingua italiana________________________________10 Alla ricerca dell’Accademia della Crusca _________14 L’Associazione Dante Alighieri__________________23 Fine viaggio__________________________________41 L’italiano parlato_____________________________42 L’italiano abituale ____________________________46 Il gesticolio italico_____________________________51 L’italiano scritto______________________________58 L’italiano degli intellettuali di sinistra____________64 In libreria ___________________________________70 Il linguaggio dei critici d’arte ___________________80 La neolingua italiana __________________________86 I proverbi latini ______________________________92 Esame di cultura generale per gli studenti delle università italiane_____________________________99 5 Il divino linguaggio dei messaggini______________117 La neolingua dei computer ____________________124 La nuova grammatica italiana _________________128 Appendice __________________________________131 6 L’origine della lingua italiana Dove oggi si trovano i famigerati “li Castelli” romani, famosi per le agghiaccianti gite fuori porta e per il vino pestilenziale, soprattutto nella cittadina di Albano Laziale, mentre i ricchi e i ladri andavano a Saint Moritz, i poveri si ubriacavano con bicchierate di zolfo cantando: “Er vino de li Castelli è più mejo de lo Sciampagne!”. Lì, intorno all’anno Mille a.C., c’era un piccolo villaggio di pastori che si chiamava Alba Longa. Era un posto su una collina deprimente dalla quale si vedeva una palude piena di zanzare e rane. Gli abitanti parlavano una lingua povera chiamata “latino”. Questo linguaggio elementare fu poi esportato dai famosi gemelli Romolo e Remo sui “colli fatali di Roma”. I 7 due, però, non andavano molto d’accordo e la cosa purtroppo finì a schifìo. Ma i villani del posto, che vivevano di rughetta, ricotta, rognonata d’abbacchio alla brace e “cofane” di rane bollite, continuarono ugualmente a usare quell’ignobile parlata albalonghese. Poi una notte, di colpo, intorno al 736 a.C., arrivarono dal mare i Fenici, che nel Lazio si fecero chiamare Etruschi e, a Cartagine, Punici. Questi Etruschi avevano una cultura di gran lunga superiore a quella dei pastori dei colli romani, e sotto la loro guida li fecero diventare i padroni del mondo conosciuto. Fatti fuori i nemici più pericolosi, che erano i Cartaginesi, i Romani conquistarono anche la Grecia, la culla della civiltà più importante del mondo antico. E qui siamo costretti a una citazione latina: Graecia capta ferum victorem cepit. Ovvero: “La Grecia, conquistata (dai Romani), conquistò il suo feroce vincitore”. Ecco quindi una lingua imperiale arricchita dall’etimo di molte parole dell’Eliade: il latino di Virgilio, Orazio, Cicerone, Catullo, Tibullo e 8 Tito Livio. Nel 476 d.C., di notte, Roma fu conquistata da orde di barbari affamati, e tutto il grande impero, in pochi anni, fu sgretolato da quegli extracomunitari che parlavano una lingua che assomigliava al tedesco di oggi, che ruttavano in maniera devastante e odiavano gli ebrei. In pochi anni quei ruttatori da competizione furono conquistati dalla cultura imperiale e il latino divenne la loro lingua ma, purtroppo, anche la lingua ufficiale della Chiesa. E così, con il passar dei secoli, in Spagna, in Provenza, nel resto della Francia e in Italia si parlarono le lingue così dette neolatine, o “volgari”: lo spagnolo, il portoghese, il francese, il romeno, l’italiano e il sardo. Erano lingue rozze; per farvi un esempio, l’italiano era esattamente quello che ai nostri giorni parla un certo Di Pietro, un ex giudice che ha fatto carriera in politica. 9 Come è iniziato l’interesse per il corretto uso della lingua italiana I medici hanno la perfidia di usare nei ricettari caratteri quasi invisibili per il 70 per cento della popolazione e cioè dai quarant’anni in poi, esclusi i ciechi. Da molti disgraziati gli otorinolaringoiatri sono confusi spesso per idraulici. E loro si vendicano e scrivono in geroglifico: “Soffre di ipoacusia di quarto grado, ma non è ancora cafuso. Accusa inoltre: presbiacusia, presbiofrenia, presbiopia, diplofonia, diplegia, diplopia”. Nessuno, neppure Sgarbi e Zecchi, è in grado di capire quello che scrivono questi farabutti. Dopo aver torturato uno di questi specialisti, traduciamo. 10

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