Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici RIVISTA SEMESTRALE DIRETTORE: Gian Biagio Conte (Scuola Normale Superiore, Pisa) COMITATO SCIENTIFICO: Alessandro Barchiesi (Università di Siena- Arezzo), Maurizio Bettini (Università di Siena), Mario Citroni (Univer- sità diFirenze), Marco Fantuzzi (Università di Macerata), R. Elaine Fan- tham (Princeton University), Rolando Ferri (Università di Pisa), Philip Hardie (Corpus Christi College, Oxford), Richard L. Hunter (Trinity Col- lege, Cambridge), Mario Labate (Università di Firenze), R.O.A.M. Lyne (Balliol College, Oxford), Glenn W. Most (Scuola Normale Superiore, Pisa), Alessandro Perutelli (Università di Pisa), Roberto Pretagostini (Università diRoma «Tor Vergata»), Michael Reeve (University of Cam- bridge), GianpieroRosati (Università di Udine), Luigi Enrico Rossi (Uni- versità di Roma «La Sapienza»), Richard J. Tarrant (Harvard Univer- sity). SEGRETARI DIREDAZIONE: Andrea Cucchiarelli (Scuola Normale Superiore, Pisa), Maria Luisa Delvigo (Università di Udine). Sede dellaredazione: Dipartimento di Filologia Classica, Università degli Studi di Pisa ⋅ I 56126 Pisa, Via Galvani 1, telefono +39 050 911473. Si preganogli autori di inviare i dattiloscritti in forma definitiva e di atte- nersi rigorosamente alle norme grafiche e ai criteri di citazione elencati nelle ultime due pagine di ogni fascicolo della rivista. DIRETTORERESPONSABILE: Gian Biagio Conte (Scuola Normale Superiore, Pisa) Abbonamento annuo (2003): Italia 45,00 (privati); Italia 60,00 (enti). 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Sono rigorosamentevietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parzialeo per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effet- tuati, compresila copia fotostatica, il microfılm, la memorizzazione elet- tronica, ecc.,senza la preventiva autorizzazione scritta degliIstituti Edito- riali e Poligrafıci Internazionali, Pisa ⋅ Roma. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge. (cid:1) Proprietà riservata ⋅ All rights reserved Copyright by Istituti Editoriali e Poligrafıci Internazionali, Pisa ⋅ Roma Stampato in Italia ⋅ Printed in Italy La Casa editrice garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne la rettifıca o la cancellazione previa comunicazione alla medesima. Le informazioni custodite dalla Casa editrice verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati nuove proposte (L. /). ISSN - Sommario Mario Telò, Per una grammatica dei gesti nella tragedia greca (II): la supplica 9 Carlo Pernigotti, Francesca Maltomini, Morfologie ed impieghi delle raccolte simposiali: lineamenti di storia di una tipologia libraria antica 53 Marco Fucecchi, In cerca di una forma: vicende dell’e- pillio (e di alcuni suoi personaggi) in età augustea. Ap- punti su Teseo e Orfeo nelle Metamorfosi 85 Luigi Galasso, Giove e il fato nel IX libro delle Meta- morfosi di Ovidio 117 Paul Christesen, Zara Torlone, Ex omnibus in unum, nec hoc nec illud: Genre in Petronius 135 CORPO MINORE Carlo Martino Lucarini, Per l’interpretazione di Sisenna, Miles. libri fr. 6 P. = 4 B.H. 175 Luca Morisi, Ifigenia e Polissena (Lucrezio in Catul- lo) 177 R. Joy Littlewood, An Ovidian Diptych: Fasti 6.473-648. Servius Tullius, Augustus and the cults of June 11th 191 Stefan Tilg, Die ‘Flucht’ als literarisches Prinzip in Pe- trons Satyrica 213 Mario Telò Per una grammatica dei gesti nella tragedia greca (II): la supplica Il testo dei drammi di Sofocle ed Euripide presenta un gran numero di indicazioni gestuali riconducibili alla supplica; no- nostante l’apparente chiarezza didascalica della maggioranza di esse, almeno due ordini di problemi rendono tutt’altro che immediata la loro trasformazione in note registiche di cui cor- redare l’edizione di ogni singola tragedia: – il rituale della supplica, come ha messo in luce da tempo Gould1, conosceva nella pratica gestuale greca due modalità di realizzazione: una che comportava instaurazione di con- tatto fisico con la persona supplicata, un’altra che consisteva più semplicemente in un movimento di avvicinamento verso il supplicato accompagnato da alcuni gesti sostitutivi del con- tatto (per esempio quello di protendere le mani)2. Il potere coercitivo di quest’ultima3 era ovviamente inferiore rispetto 1. J.P. Gould, Hiketeia, «Journ. Hell. Stud.» 93, 1973, pp. 74-103. 2. Per una rassegna (non limitata al solo ambito tragico) delle posture e delle forme gestuali che si possono accompagnare al rituale della supplica cf. C. Sittl, Die Gebärden der Griechen und Römer, Leipzig 1890 (rist. Hildesheim-New York 1970), pp. 163-199. 3. Essa viene definita da Gould, art. cit., p. 77 «figurative supplication». L’am- bito della «figurative supplication» viene delimitato dallo studioso in questi ter- mini: «where the situation requires no more than an intensification of the lan- guage of diplomatic appeal or where circumstances rule out or make unwise the completed ritual». Sotto questa qualifica vengono dunque annoverati da una parte i casi in cui il testo non consente d’immaginare la messa in atto del rituale in maniera completa, ma presuppone comunque un corrispettivo scenico, e dal- l’altra quelli in cui elementi appartenenti al linguaggio formalizzato della sup- plica vengono utilizzati in funzione esclusivamente retorica. Come esempio di quest’ultimo gruppo si veda Eur. El. 332 a∫ll«, v® je´n«, ™iketey´v s«, a∫pa´ggeilon ta´de, citato dallo stesso Gould, in cui non è pensabile che il poeta-regista attraverso l’impiego delverbo™iketey´vintendesse introdurre nel testo, al di là dell’enfasi re- torica, un qualche effetto scenico. Diventa chiaro allora che per un approccio critico ditipo ricostruttivo le uniche indicazioni verbali rilevanti sono quelle che si correlano a una qualche forma di visualizzazione gestuale, ovvero quelle defi- nite dalla seconda parte della generalizzazione di Gould. Non sembra tener conto di questa osservazione M. Kaimio, Physical Contact in Greek Tragedy. A 10 Mario Telò alla prima. Ora, di fronte ad ogni stage direction di supplica il critico si trova nella necessità di stabilire se essa appartenga al- l’una o all’altra categoria, ovvero se nell’allestimento registico curato dall’autore fosse previsto che l’attore supplicante toc- casse o meno il suo interlocutore. Un tentativo di risoluzione di questo problema è stato parzialmente intrapreso dallo stu- dio della Kaimio4: cercheremo tuttavia di dimostrare come il criterio utilizzato dalla studiosa per dirimere l’ambivalenza didascalica del testo, ovvero la maggiore o minore ricchezza di elementi riconducibili a un’azione di contatto, risulti spesso fuorviante; – mentre il momento in cui un personaggio si getta a terra per dare realizzazione all’hikesia riceve costante segnalazione testuale, il movimento scenico opposto, quello con cui lo stesso personaggio si alza in piedi, rimane privo di menzione verbale5. Si può cercare di dare una spiegazione a quest’assenza. Se in- fatti è abbastanza conforme alla natura delle indicazioni ge- stuali tragiche6 che, quando un personaggio assume una con- dizione scenica ‘anormale’, ne possa dare menzione verbale7, lo è meno che lo faccia quando la ‘normalità’ viene recuperata. Study of Stage Conventions, Helsinki 1988, pp. 55-56 quando presenta tra gli esempi sicuridi «figurative supplication» Soph.El.1208 (mh` pro`w gene´ioy mh` «je´lW ta` f´iltata) e Eur.Med.65 (mh´, pro`w gene´ioy, kry´pte sy´ndoylon se´&en), nei quali la formula pro`w gene´ioy è chiaramente desemantizzata, e quindi è improprio dire, come fa la studiosa, che «the supplication is in no way hindered, but the sup- pliant doesnot attempt to complete the ritual». Per queste ragioni riteniamo più opportuno restringere la qualifica di «figurative supplication» solo alla seconda delle categorie di scene individuate dalla definizione di Gould. 4. Cf. Kaimio, Physical Contact cit., pp. 49-61. 5. L’unica eccezione da questo punto di vista è rappresentata da And. 717, in cui Peleoesorta ad alzarsi in piedi Andromaca che si era prostrata di fronte a lui a partire dal v. 572 (cf. Kaimio, Physical Contact cit., p. 54 n. 26). L’eccezione conferma la regola, nel senso che il gesto che Peleo richiede ad Andromaca rap- presenta lacondizione necessaria perché egli la possa liberare. Il nesso tra le due azioni è esplicitato anche dalla proposizione causale che segue all’ordine: vv. 717-718 e¢paire sayth´n.v™w e∫gv` ka´iper tre´mvn / plekta`w ™ima´ntvn strof´idaw e∫janh´so- mai. 6. Per considerazioni generali su questo problema rimando a Per una gram- matica deigesti nella tragedia greca (I): cadere a terra, alzarsi; coprirsi, scoprirsi il volto, «MD» 48, 2002, pp. 11-16. 7. Cf. per esempio Hcld. 602-3 ly´etai me´lh ly´pW e Hec. 438 o£i «gv´, prole´ipv, Per una grammatica dei gesti nella tragedia greca 11 D’altra parte, non ci si può attendere un segnale testuale come l’ordine e¢paire sayto´n, che, come abbiamo notato altrove8, è determinato dalla necessità di porre fine a una condizione sce- nica incompatibile con il mantenimento del contatto dialo- gico. In linea generale, sembra plausibile pensare che il sup- plice abbandoni il contatto fisico instaurato e si alzi in piedi una volta che abbia ricevuto dal suo interlocutore una chiara dichiarazione di accoglienza o di rifiuto della richiesta formu- lata9: tuttavia, la mancanza di un qualsiasi appiglio testuale impedisce per lo più di fissare con sicurezza delle didascalie per quest’azione10. ly´etai de`moy me´lh, su cui cf.Per una grammatica dei gesti nella tragedia greca(I) cit., pp. 19-22. 8. Cf. Per una grammatica dei gesti nella tragedia greca (I) cit., pp. 16-37. 9. Un indizio del fatto che, dopo la formulazione della richiesta sottesa alla messa in atto del rituale, il contatto fisico viene generalmente mantenuto è for- nito indirettamente da Hec. 812 o¢imoi ta´laina, po^i m« y™peja´geiw po´da;, su cui cf. infra. 10. Propongo una rassegna delle scene che pongono delle difficoltà di questo genere: per quanto concerne la supplica di Medea a Creonte in Med. 336 ss., si potrebbe pensare che Medea si alzi in piedi in corrispondenza del v. 351a (oçmvw de` tey´jW), quando Creonte annuncia il suo consenso, o alla fine del suo discorso (v. 356). Nel caso della seconda, rivolta ad Egeo, le possibilità sono o il v. 720 (prima dichiarazionedi disponibilità di Egeo,pollv^n eçkati th´nde soi doy^nai xa´rin, / gy´nai, pro´&ymo´w e∫imi,...), o il v. 724 (peira´soma´i soy projene^in d´ikaiow v¢n). La fine della supplicache Ermione mette in atto inAndr.891 ss. può essere collocata tra il v.984 (Oreste dichiara:a¢jv s« e∫w o¢ikoyw ka`ipatro`w dv´sv xer´i) e il v. 986 (conclu- sione deldiscorso di Oreste). Il v. 989 (a∫ll« v™w ta´xista tv^nde´m« e¢kpemcon do´mvn) è una conferma indiretta del fatto che Ermione sia già in piedi a questo punto. In Hec. 303-305 Odisseo dichiara di dover procedere al sacrificio di Polissena, ciò corrisponde a un rifiuto della supplica di Ecuba (vv. 276-278): Ecuba a questo punto potrebbe recidere il contatto fisico instaurato e rimanere a terra (per al- zarsi in corrispondenza del v. 331, conclusione dell’intervento di Odisseo), op- pure alzarsi immediatamente. In corrispondenza del v. 168 delleSupplicidi Euri- pide Adrasto inizia a supplicare Teseo (il fattore distanza non rappresenta, pace Kaimio,Physical Contactcit., pp. 60-61, una difficoltà alla messa in atto del gesto dal momento che dai vv. 271 ss. si ricava che il movimento di allontanamento delle coreute dall’altare coincide con un avvicinamento a Teseo, che dunque si troverà nella zona della skené, proprio vicino ad Adrasto), si sarà alzato tra il v. 247 e il v. 249. Oreste abbraccia le ginocchia di Menelao in Or. 382-384, il con- tatto viene mantenuto sicuramente fino all’ingresso di Tindareo (durante la sti- comitia non era giunto da Menelao nessun segnale decisivo, e infatti al v. 448 Oreste ribadiva: e∫w s« e∫lp`iw h™mh` katafyga`w e¢xei kakv^n); durante il dialogo tra Me- nelao e Tindareo è verosimile che Oreste rimanga a terra, pur avendo già posto fine algesto di supplica, e che si rialzi per prendere la parola al v. 544. Per quanto 12 Mario Telò Cercheremo comunque di mostrare come in qualche caso un’analisi del contesto e del livello d’integrazione dialogica esistente tra i due personaggi consenta di recuperare con un certo margine di verosimiglianza questo dato regisitico per- duto. 1. Intensificazioni o rifocalizzazioni di un gesto? In alcune scene di supplica11 le indicazioni verbali relative alla messa in atto del gesto sono inserite in lunghe rheseis, nel corso delle quali esse possono essere riformulate secondo di- verse modalità. Il problema che si pone per ciascuno di questi casi è di stabilire se a queste ripetizioni vada associata una va- lenza didascalica effettiva (se segnalino per esempio il passag- gio alla realizzazione completa del gesto12, oppure un suo ri- pristino dopo una temporanea sospensione di contatto fisico), oppure se esse svolgano una funzione meramente retorica di enfatizzazione dei vincoli morali imposti all’interlocutore dal rituale. Per privilegiare l’una o l’altra soluzione interpretativa sarà determinante scovare in queste rheseis indizi delle rea- zioni del supplicato all’atto scenico in corso, e verificare a quale livello si situi di volta in volta la ricerca di contatto ver- bale perseguita dal supplice. 1.1. Una ricostruzione di Eur. Hec. 752 ss. L’assetto registico della seconda scena di supplica della trage- dia, nella quale Ecuba cerca di ottenere la complicità di Aga- concerne lasupplica di Clitemestra ai vv. 900 ss. dell’Ifigenia in Aulide(su cui cf. infra), si presentano le alternative del v. 935 (Achille dichiara koy¢pote ko´rh sh` pro`w patro`w sfagh´setai) o della rassicurazione finale (v. 973a∫ll« h™sy´xaze...). Ana- logamente perla supplica di Ifigenia (su cui cf. infra) si può immaginare una fine dell’azione gestuale già a partire del v. 1257 (deinv^w d« e¢xei moi tay^ta tolmh^sai, gy´nai), oppure al v. 1272, o naturalmente in corrispondenza della fine del di- scorso di Agamennone. 11. And. 891-953; Hec. 273-295; 752-845; Hel. 894-943; I. A. 1216-1252; Phil. 468-506. 12. In questo caso dunque il corrispettivo scenico della prima indicazione ver- bale sarebbe una «figurative supplication». Per una grammatica dei gesti nella tragedia greca 13 mennone nella vendetta contro Polimestore, richiede di essere riesaminato per almeno due aspetti: 1) determinazione della valenza scenica dei vv. 752-753 in rapporto ai vv. 787-788 e 806-812; 2) fissazione del punto del testo in cui Ecuba mette fine al gesto e si alza in piedi. Presupposto di alcuni tentativi di ricostruzione di questa scena è l’idea che quando Agamennone fa il suo ingresso al v. 726 Ecuba si trovi a terra vicino al corpo di Polidoro13. La Mossman14 non esclude questa possibilità15, ma ritiene preferi- bile pensare che Ecuba, appoggiatasi al suolo per dare realiz- zazione al compianto sul corpo di Polidoro16, si rialzi in corri- spondenza del v. 710. Credo che un dato negativo ricavabile dal discorso d’ingresso di Agamennone porti a escludere con sicurezza che dopo il v. 725 Ecuba sia ancora prostrata: infatti, se lo fosse, il condottiero greco farebbe esplicito riferimento a questa condizione scenica ‘anormale’ della donna17, che rap- 13. Cf. D. Bain, Actors and Audience. A Study of Asides and Related Conven- tions inGreek Drama, Oxford 1977, p. 13: «The Trojan queen lies on the shore in front of the Greek tents, before her the body of her son Polydorus lately brought thereby her attendant»; Kaimio,Physical Contactcit., p. 52 n. 17: «He- cuba issitting beside the body of her son, apparently quite a distance away from Agamemnon...». 14. J. Mossman, Wild Justice. A Study of Euripides’ Hecuba, Oxford 1995, pp. 60-62. 15. «It isnot absolutely certain when she rises, but it must be before 736, when she proposes falling down in supplication before Agamemnon». 16. La stessa situazione si riscontra in And. 1173 ss., dove Peleo piange sul ca- davere di Neottolemo. Cf. Euripides Andromache, edited with Introduction and Commentary by P.T. Stevens, Oxford 1971, pp. 237-238. 17. L’apostrofe a Ecuba (v. 726 »Eka´bh, t´ime´lleiw...), con cui si apre il discorso d’ingresso diAgamennone, dimostra chiaramente che egli ha già instaurato pieno contatto visivo con la donna (cf. per questo ed altri ingressi simili D.J. Mastro- narde,Contact and Discontinuity. Some Conventions of Speech and Action on the Greek Tragic Stage, Berkeley-Los Angeles-London, pp. 23-25); pertanto, se ella fosse prostrataa terra, già a questo punto il condottiero greco sarebbe nelle con- dizioni per vederlo e sottolinearlo verbalmente. Per la stessa ragione ritengo che al momento dell’ingresso di Agamennone, per quanto annunciato dal Corifeo ai vv. 724-725,Ecuba non gli abbia ancora voltato le spalle (cf. Bain,Actors and Au- dience cit., pp. 14-15), ma che ciò avvenga nel mentre Agamennone prende vi- sione delcorpo di Polidoro. Inoltre, il fatto che il cadavere venga notato da Aga- mennone in un secondo tempo non implica, come pensa la Kaimio, Physical Contactcit., p. 52 n. 17, che egli si trovi a una certa distanza da Ecuba: l’applica- zione del meccanismo convenzionale della visione parziale (su cui cf. Mastro-