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Marca di confine. La Guerra d'Ucraina tra Russia, NATO e Cina PDF

86 Pages·2022·0.38 MB·italian
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M C ARCA DI ONFINE L G ’U A UERRA D CRAINA TRA R , NATO C USSIA E INA G M AETANO ASCIULLO B D M ENIAMINO I ARTINO Monolateral Marca di Confine. La Guerra d’Ucraina tra Russia, NATO e Cina ISBN: 978-1-946374-25-7 (brossura) ISBN: 978-1-946374-26-4 (Kindle) Prima edizione: marzo 2022 Copyright © 2022 Gaetano Masciullo, Beniamino Di Martino Copertina creata da Gaetano Masciullo Testo composto in carattere Warnock Pro Proprietà Letteraria Riservata Il presente testo può essere usato esclusivamente per finalità di carattere personale. I diritti di commercializzazione, di traduzione, di memorizzazione elettronica, di adattamento e di riproduzione totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi. MonolateralTM [email protected] https://monolateral.com Richardson, Texas 75094 (USA) I NDICE Gaetano Masciullo 1. L’I Z LLUSIONE DELLO AR Monarchia o oligarchia? Devozione religiosa o nazionalismo? Dugin e la Quarta Teoria Politica La condizione ucraina L’amicizia indesiderata tra Germania e Russia La Cina e il “fattore coronavirus”. La conquista non militare della Cina in African> Il movimento “panrusso” in Asia e il ruolo della Cina Il ruolo dell’America latina e del mondo islamico La posizione chiave ma instabile del Kazakistan L’idea di Stato in Alexander Dugin Conclusione Beniamino Di Martino 2. U ’ S N ALTRA GUERRA DI TATO Partiamo dal passato Dal passato al momento presente La Russia del nuovo zar Marca di confine tra est e ovest E se fosse una prova generale di qualcos’altro? Lo sconfitto c’è già Un vincitore già c’è Una “terza via”? «La guerra è la salute dello Stato» G A LI UTORI Questo fascicolo che si compone di due distinti interventi è stato rapidamente preparato tra il 4 e il 6 marzo del 2022. Con l’intento di produrre un testo che, quasi in simultanea con gli eventi, offrisse una rapida raccolta di considerazioni, più che alla cura dei particolari e all’armonia dell’insieme, si è puntato a proporre una sintetica chiave di lettura. 1 Gaetano Masciullo L’I Z LLUSIONE DELLO AR Q un esame o una trattazione UESTO SCRITTO NON VUOLE ESSERE sistematica della situazione russa , ucraina e internazionale nell’attuale contesto storico. Si tratta invece di una serie di riflessioni, piuttosto sparse, atte a fornire utili elementi per meditare su di esso. Partendo dall’analisi del fascino che Putin esercita in alcuni settori della società nostrana, arrivo a schizzare alcune veloci analisi su quella che è l’ideologia e la filosofia alla base della politica imperialista russa post- sovietica e come essa tocchi varie realtà geopolitiche, quali soprattutto la Cina e l’Unione Europea. Particolare risalto ho dato alla figura del filosofo russo Alexander Dugin, ideologo che influenza in maniera significativa la Russia e la Cina nel loro modo di concepire le relazioni internazionali e di porsi all’interno di esse. Negli ultimi decenni, il mondo conservatore europeo e italiano in particolare – soprattutto il mondo conservatore cattolico (in realtà già molto variegato al suo interno) – ha sviluppato un forte fascino per la figura di Vladimir Putin, negli ultimi giorni ovviamente salito alla ribalta a causa della Guerra di Ucraina e delle escalation internazionali. La tesi di fondo vuole che il Presidente russo, in carica praticamente dal 1999 (fatto salvo un periodo d’intermezzo di quattro anni di presidenza Medvedev, dal 2008 al 2012), sia l’unica figura politica, sullo scacchiere internazionale, capace di sfidare le ideologie laiciste occidentali (apertura ai diritti Lgbt, ecologismo, per molti anche il “liberismo” economico – anche se non è esattamente chiaro dove questo si trovi – e forse soprattutto il “democratismo”) e capace di proteggere e promuovere un’identità cristiana conservatrice, sebbene di matrice scismatica orientale (o “ortodossa”, come si dice volgarmente). Eppure, io credo che questo fascino per Putin sia in realtà un’illusione ideologica, forse anche molto pericolosa. Monarchia o oligarchia? La prima importante ragione è che, all’interno della galassia politica russa, esiste un regime “monarchico” solo apparente. La figura di Putin come “zar”, imperatore carismatico e forte, capace di decidere per il bene comune senza aspettare le lunghe e barbose trafile parlamentari, in realtà non esiste. Il sistema politico russo è una complessa rete di oligarchie e anche il potere di Putin si regge in buona parte su di esso. Quando, nel 2014, in seguito al progressivo avvicinamento della “Piccola Russia” – cioè l’Ucraina – alla NATO, ci fu l’occupazione della penisola di Crimea da parte dell’armata russa, gli oligarchi non videro di buon occhio questa mossa di Putin, a causa delle perdite economiche subite in seguito alle sanzioni che la comunità internazionale impose alla Russia. La politica economica russa, ovviamente ancora fortemente di stampo socialista, consente quello che possiamo definire il “capitalismo collaterale” degli oligarchi: poche persone – per lo più discendenti dei gerarchi sovietici - riescono ad arricchirsi grazie ai monopoli o addirittura ai proibizionismi di Stato, che permettono i traffici illeciti (e di conseguenza più profittevoli) di pochi signori, che ricevono garanzie al di sopra della legge. Nihil novi sub sole. Anche per quanto riguarda l’invasione dell’Ucraina in nome del Donbass, partita il 24 febbraio 2022, il Presidente non ha ottenuto il pieno appoggio degli oligarchi, a causa dell’inevitabile inasprimento delle sanzioni che sarebbe seguito, e che puntualmente è arrivato. Certo, bisogna spezzare una lancia a favore di Putin: l’intervento militare russo è stato gravemente provocato dalla politica estera americana di Joe Biden, che dal momento della sua elezione ha dirottato repentinamente la direzione della politica estera di Donald Trump, la quale era invece chiaramente orientata a conservare una posizione russa più neutrale nei confronti della Cina, la quale in tutta questa faccenda appare sempre più come colei che tra i due litiganti gode davvero . Invece, la classica fame di guerra del Pentagono e del Partito Democratico statunitense stanno deviando sempre più la Russia di Putin verso un Asse russo-cinese, che a lungo andare può risultare davvero pericoloso per il mondo intero. Devozione religiosa o nazionalismo? Il primo elemento di fascino è quindi falso: nessuna monarchia carismatica in Russia. Il secondo punto è ancora più problematico, ossia la protezione di Putin nei confronti dell’identità cristiana. Per comprenderla pienamente, bisogna capire che la Caduta del Muro del 1989 e il conseguente improvviso collasso dell’Impero sovietico non hanno significato la morte del comunismo, come qualcuno ingenuamente (o tatticamente) sostiene, ma solo un ennesimo mutamento del socialismo. A cominciare dal socialismo russo. L’ideologia politica di Putin può essere definita prossima a quella che in Italia ha assunto il nome di “rossobrunismo” e che, in effetti, curiosamente, assume grande fascino in una fetta del mondo conservatore della Destra (specialmente quella che va verso e oltre la zona “extraparlamentare”) e in una fetta più importante del mondo tradizionalista cattolico. Dico curiosamente, perché il rossobrunismo è dichiaratamente socialista e anti-capitalista, e il socialismo risulta incompatibile con il Magistero tradizionale della Chiesa cattolica, a cominciare dalla Rerum Novarum di Leone XIII (1891). Quindi, si assiste al paradosso per il quale i rossobruni cattolici, da una parte, attaccano le deviazioni dottrinali moderniste di Roma, etichettandole come degenerazioni del protestantesimo e del pensiero rivoluzionario in genere; dall’altra, invece, accolgono a braccia aperte lo statalismo più spinto, che pure – come ho cercato di argomentare altrove – discende dallo stesso spirito protestante. 1 In realtà, questo è parte di un problema più ampio che colpisce il mondo cattolico tradizionale, ossia la corretta comprensione di cosa sia la Tradizione, e non è facile, visto che – com’è noto agli storici – nell’Ottocento sono nate diverse tradizioni fittizie, che pretendono di affondare le proprie radici nel Medioevo e nell’Antichità, ma che di fatto sono pure invenzioni moderne. Ma cosa si intende di fatto con l’espressione “rossobrunismo”? Come suggerisce l’espressione, il rossobrunismo è un compromesso hegeliano tra il comunismo - “rosso” – e il nazionalismo – “bruno”. Proprio in Russia, il rossobrunismo trova uno dei propri massimi esponenti ideologici, Aleksandr Gel’evič Dugin, che per diverso tempo è stato consigliere negli Affari Esteri della Russia nonché un grande sostenitore di Putin, per allontanarsene più recentemente, 2 a causa degli avvicinamenti del Presidente all’Occidente, il quale per Dugin rappresenta “la forma essenziale del titanismo” e della hybris contro la volontà divina. Ritengo, penso a buona ragione, che Dugin sia il filosofo contemporaneo e vivente più importante , non perché le tesi da lui professate siano corrette logicamente e vere , ma perché sono le più influenti . In effetti, a differenza del comunismo ateo dei sovietici, il socialismo sui generis di Dugin ha una forte componente religiosa. Ed è qui che entra in ballo il secondo elemento di fascino del rossobrunismo putiniano. La politica di “proselitismo ateo” di Stalin non è mai riuscita a eliminare la forte, consolidata e secolare identità religiosa del popolo russo. A differenza del popolo coreano o del popolo cinese, quello russo vede nella fede del Dio trinitario e nella devozione mariana punti di riferimento che neanche i gulag possono cancellare. Il collasso sovietico ha quindi accelerato il cambio di paradigma del socialismo russo nei confronti della religione. Non più la lotta al cristianesimo, ma il suo protettorato, in quanto parte integrante dell’identità nazionale. E questo processo è stato molto facile da attuare in Russia a causa del tipo particolare di cristianesimo che qui è praticato. Gli ortodossi, infatti, a differenza dei cattolici, non hanno mai avuto una Chiesa indipendente dal potere civile. L’unica eccezione degna di nota è forse l’esperienza delle grotte di Kiev e del Paterikon . 3 Quella che nei secoli è stata presentata come libertà dal Patriarca di Roma (cioè dal Papa) è sempre stata in realtà sottomissione alla potestà politica . A cominciare dall’Impero bizantino, dove il cristianesimo ortodosso è nato intorno all’anno Mille. Il cesaropapismo – così viene chiamato dagli storici – è proprio il sistema per cui il potere politico assume su di sé la competenza dell’autorità religiosa, anche nelle questioni disciplinari e dottrinali. È così che va visto il favore del rossobrunismo nei confronti della Chiesa: non una sottomissione a una verità che lo precede, ma un controllo per fini politico- economici. In questo senso, si può dire che il cesaropapismo ortodosso (prima al Basileus di Costantinopoli, poi allo Tzar di Mosca) è stato antesignano del “cesaropapismo protestante” (si pensi, a titolo d’esempio, al Re d’Inghilterra, capo dello Stato e della Chiesa anglicana al contempo, a partire dallo Scisma del XVI secolo). Quando la Chiesa è sottomessa al potere politico, non è mai una Chiesa libera al servizio della verità. Nessun favore nei confronti del cristianesimo, dunque, ma mera strumentalizzazione politica. Il potere temporale del papa romano ha garantito, nei secoli, la libertà dottrinale dalle manomissioni funzionali e machiavelliche dei re e degli imperatori sulla dottrina e sull’organizzazione gerarchica della Chiesa. E infatti, molti re e imperatori (si pensi alla Francia moderna) hanno sempre cercato di minare la libertas Ecclesiae , perché ritenuta scomoda ai propri fini e alla conservazione del potere personale. Abbiamo una prova dell’incompatibilità di fondo del cattolicesimo con il rossobrunismo nella stessa dichiarazione dell’ideologo Dugin: “Questa civiltà cattolica era così inorganica e instabile che, anche nei suoi periodi migliori (come il Medioevo), ospitava un certo numero di elementi dubbi e a volte apertamente contro-iniziatici. Questo insostenibile compromesso fu finalmente scosso e le componenti della tradizione occidentale entrarono in aperta contraddizione. Il cattolicesimo rifiutò l’esoterismo non cristiano e alla fine scese al livello della contraddittoria moralità giudeo-cristiana secolarizzata”. 4 Dugin ritiene che, per il rossobrunismo, il cattolicesimo sia un ostacolo da sconfiggere e piegare, un elemento dello spirito occidentale, non autenticamente “euroasiatico”, come vedremo a breve. È curioso quindi che i “rossobruni cattolici”, da un lato, tendano a criticare papa Francesco e la Chiesa modernista per le sue aperture al mondo laico e, quindi, la sottomissione della Chiesa cattolica contemporanea alle “ragioni di Stato” ideologiche occidentali; dall’altra parte, però, vedono con favore Putin e la sua cerchia, che desidererebbero la sottomissione (anche dottrinale) della Chiesa cattolica alle “ragioni di Stato” post-bolsceviche orientali. È curioso anche notare il linguaggio che Putin ha adottato negli ultimi giorni nei suoi interventi pubblici, chiaramente di matrice sovietica (non dobbiamo dimenticare che Vladimir Putin è un ex membro del KGB, il famigerato quanto crudele servizio segreto dell’URSS): “dobbiamo denazificare l’Ucraina” – e forse, con essa, l’intero Occidente. Ma cosa il governo ucraino di Zelens’kyj abbia di “nazista” (leggi: nazional-socialista) non è molto chiaro. Anzi, da quanto abbiamo detto finora, pare che il nazionalsocialismo di hitleriana memoria abbia qualcosa di più prossimo al Putin rossobruno che alla variante ucraina di Beppe Grillo. Ed è curioso osservare anche che, mentre da una parte Putin accusa Zelens’kyj di “nazismo”, dall’altra egli riceve sempre più l’appoggio del siriano Bashar al-Assad, il quale – com’è noto – è capo del partito Ba’th , nazionalista e socialista (ricorda nulla l’accostamento di questi due termini?), e per di più

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