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M. Terenzio Varrone. De vita populi Romani. Introduzione e commento PDF

569 Pages·2015·3.002 MB·Italian
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4 Commenti a testi latini e greCi per l’insegnamento universitario collana diretta da gianfranco lotito volumi pubbliCati 1. carlotta scantamburlo, Svetonio, Vita di Cesare. Introduzione, traduzione e commento 2. francesco bracci, Plinio il Giovane, Epistole, Libro X. Introduzione, traduzione e commento 3. pierpaolo campana, Il ciclo di Gellio nel liber catulliano. Per una nuova lettura di Catull. 74, 80, 88, 89, 90, 91, 116 antonino pittà m. terenzio varrone, de vita populi Romani introduzione e commento Varro, Marcus Terentius De vita populi romani / M. Terenzio Varrone ; introduzione e commento [di] Antonino Pittà. - Pisa : Pisa university press, 2015. - (Commenti a testi latini e greci per l’insegnamento universitario ; 4) 878.01 (22.) I. Pittà, Antonino 1. Varrone, Marco Terenzio - De vita populi romani CIP a cura del Sistema bibliotecario dell’Università di Pisa Progetto grafico, editing e impaginazione David Nieri © Copyright 2015 by Pisa University Press srl Società con socio unico Università di Pisa Capitale Sociale Euro 20.000,00 i.v. - Partita IVA 02047370503 Sede legale: Lungarno Pacinotti 43/44 - 56126, Pisa Tel. + 39 050 2212056 Fax + 39 050 2212945 e-mail: [email protected] Membro Coordinamento University Press Italiane ISBN 978-88-6741-437-6 Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail [email protected] e sito web www.aidro.org Indice introduzione Il de vita populi Romani: datazione e argomento 7 Le fonti dei frammenti del de vita 12 Nonio Marcello come fonte: la “lex Lindsay” 20 L’ordine dei frammenti del de vita in base alla “lex Lindsay” 30 Le serie “sicure” 30 Le serie “fuori posto” 39 La sezione sui recipienti 46 La sezione sul vino 53 Prospetto dell’ordine dei frammenti 61 Commento Libro I 67 Frammenti dal contesto incerto 230 Libro II 234 Struttura del l. 2 234 Frammenti dal contesto incerto 332 Libro III 350 Struttura del l. 3 350 Libro IV 440 Struttura del l. 4 440 Fragmenta libri incerti 497 appendice Varrone e Lucrezio (con cenni sulla datazione delle Menippeae) 517 Bibliografia 537 Indice dei passi citati 547 Indice dei termini e delle forme notevoli 557 Ringraziamenti 563 Introduzione il de vita populi Romani: datazione e argomento Il de vita populi Romani fu composto da Varrone probabilmente nel 43 a.C. e de- dicato ad Attico1. Quanto al titolo dell’opera e al numero di libri, questi ci sono testimoniati dal catalogo delle opere varroniane redatto da San Girolamo2, dove il de vita è menzionato subito di seguito alle antiquitates (scripsit igitur Varro: XLV3 libros antiquitatum; IIII de vita populi Romani). Il nome del dedicatario ci è fornito da Carisio (ars 1, 161.25-28 B.), che usa la formula ad Atticum. È comunemente ammesso che si tratti di T. Pomponio Attico, il celebre amico di Cicerone, che era in buoni rapporti anche col Reatino4. Ancor più che sull’iden- tità del dedicatario, i tentativi di datare l’opera si basano sul contenuto di alcu- ni frammenti: diverse citazioni tratte dal quarto libro, infatti, si riferiscono alla guerra civile fra Cesare e Pompeo; ne consegue che la composizione del de vita deve essere successiva allo scoppio del bellum civile, cioè al 49 a.C.5. La stessa de- dica ad Attico fornisce un termine ante quem: poiché Attico muore nel 32, l’ope- 1 Cfr. Riposati 1939, pp. 81-87; Cardauns 2001, pp. 61-62. 2 Ep. 33.2 (ad Paulam). 3 L’indicazione del numero dei libri delle antiquitates fornita da Girolamo è errata, essendo quarantuno il numero corretto. 4 Vedi Della Corte 1954, pp. 147-192. 5 I fr. 116-118 R. (427-429 S.) si riferiscono a eventi bellici verificatisi a conflitto iniziato e il fr. 120 R. = 431 S. (ita huius belli horribilis finis facta) lascia pensare che Varrone abbia assistito al termine dello scontro (prove che porterebbero a datare l’opera a dopo il 44). Va detto che nel fr. 120 non è specificato in modo esplicito quale sia il “bellum horribile” cui ci si riferisce; tuttavia il periodo che fornisce l’inquadramento cronologico al quarto libro (a cui è attribuito il nostro frammento) è proprio quello della fine della repubblica, cosa che potreb- be favorire l’identificazione con la guerra fra Cesare e Pompeo. Ancora, va detto che il raro sintagma “bellum horribile” è significativamente usato da Cicerone proprio in riferimento alla minaccia di una guerra civile (Cat. 2.15: dum modo a vobis huius horribilis belli ac nefarii periculum depellatur). 7 antonino pittà ra deve essere stata composta prima di questa data6. Volendo procedere a una datazione più precisa, un fattore spinge a datare con buona probabilità l’opera al 43 a.C. Il de vita, infatti, presenta numerosi punti di contatto con un’altra opera di Varrone, il de gente populi Romani7. Il de gente è databile con sicurezza al 43, poiché Varrone, nello stilare una cronologia che, partendo dall’età mitica, giungesse fino ai suoi giorni, impiega come termine di riferimento l’anno del consolato di Irzio e Pansa (fr. 20). Poiché il de gente e il de vita si rifanno alla stessa fonte (il βίος Ἑλλάδος di Dicearco), è verosimile immaginare che siano state concepite e realizzate nello stesso periodo, così da comporre una sorta di dittico. Per questo ipotizzo per il de vita (che concettualmente segue il de gente) una datazione agli anni 43-42 a.C. Come ho detto, tanto per il de gente che per il de vita Varrone prende come modello l’opera di Dicearco8 intitolata βίος Ἑλλάδος, di cui purtroppo re- stano frustuli troppo esigui perché si possa tentare di ricostruirne l’assetto9. Vi sono tuttavia dei punti sicuri: l’opera, in tre libri, era aperta da una trattazione sulle origini del genere umano e sul progresso che aveva condotto, tramite la scoperta della pastorizia e dell’allevamento, dallo stato di natura a quello di ci- viltà (fr. 49 Wehrli). A questa parte seguiva un computo cronologico volto a illustrare quante generazioni intercorrevano dai primordi mitici dell’umanità fino alla formazione della civiltà greca (fr. 58 W.). È verosimile che in questa sezione Dicearco accennasse ai contributi recati dalle culture orientali in campo civile e scientifico (fr. 57 W.). Conclusa questa sezione introduttiva, si ritiene che Dicearco passasse all’illustrazione della “vita della Grecia” in senso proprio, vale a dire procedesse a una rassegna di tipo antiquario ed enciclopedico volta a chiarire le origini dei fenomeni culturali fondamentali per la civiltà greca. Pur- troppo, disponiamo di pochissimi frammenti tratti da questa sezione, che pure doveva costituire la parte più corposa dell’opera. L’unico dato ipotizzabile con 6 Meno probabile mi sembra l’accostamento fra la pubblicazione da parte di Attico, forse nel 47, del liber annalis e la composizione del de vita. 7 Sul de gente, vedi Fraccaro 1907 (in particolare pp. 69-82). 8 La consultazione da parte di Varrone dell’opera di Dicearco è “dichiarata” a r.r. 1, 2.16, auc- tore doctissimo homine Dicaearcho, qui Graeciae vita qualis fuerit ab initio nobis ita ostendit. 9 I contributi principali per la ricostruzione dell’opera restano la discussione di Müller in FHG II 227-241, la voce della RE (V, 1 548.31-550.8) e la trattazione di Wehrli 1944, pp. 56-64. Sui punti di contatto con il de vita populi Romani, vedi Ax 2000, pp. 337-369. 8 m. terenzio varrone, de vita populi romani una certa sicurezza è che lo spettro dei temi trattati fosse notevolmente ampio: Dicearco, infatti, discuteva tanto dell’etimologia e della nascita delle principali istituzioni civili (fr. 52 W.), quanto di questioni letterarie (il fr. 63 W. discute l’impiego che Euripide avrebbe fatto della Medea di Neofrone), così come resta- no frammenti relativi alla musica (fr. 60 W., sulle nacchere) o alla spiegazione di proverbi (fr. 59 W.). La Kulturgeschichte di Dicearco, dunque, doveva abbraccia- re i molteplici aspetti caratterizzanti la civiltà greca (per usare le parole di Müller, p. 228: «vitam Graeciae, id est civitatum historiam, hominum in vita publica et privata mores et instituta, artium literarumque [sic] momenta praecipua, et horum omnium progressus et conversiones»). Infine, un ulteriore indizio utile per la ricostruzione dell’assetto dell’opera è fornito dal fatto che un frammento riferibile con certezza al terzo libro parla di Filippo di Macedonia e di Dario III (fr. 64 W.). Sulla base di questa informazione si può sostenere che Dicearco spin- gesse la propria trattazione fino all’età a lui contemporanea; dato che questa era descritta nell’ultimo libro, mentre nel primo si trovava la sezione sui primordi della civiltà, si può inoltre ipotizzare che Dicearco esaminasse le varie forme del- la civiltà greca seguendo l’ordine in cui esse erano apparse e che quindi dispones- se la materia dell’opera, lungo i tre libri, anche in base a un criterio cronologico. Del resto, come si vedrà ben presto, questo criterio è scrupolosamente adottato in due opere che prendono il βίος Ἑλλάδος come modello: un’opera omonima attribuita a un Giasone (probabilmente conosciuta da Varrone e impiegata come fonte per il suo de vita10) e, appunto, il de vita populi Romani. Date queste indicazioni preliminari sul βίος Ἑλλάδος di Dicearco, passerei a indicare la modalità specifica in cui Varrone impiega il suo modello. Il Reatino, 10 Dell’opera di Giasone resta soltanto un frammento, per cui è difficile individuare par- ticolari punti di contatto, per il contenuto, con il de vita di Varrone. Tuttavia, la voce della Suda (p. 605 A. 52-53) dedicata a Giasone fornisce due informazioni interessanti: il suo βίος Ἑλλάδος era in quattro libri, esattamente come il de vita, e la materia dell’opera era disposta in base a un criterio cronologico (il primo libro trattava τὴν ἀρχαιολογίαν Ἑλλάδος, il secondo il periodo successivo alle guerre persiane, il terzo l’età di Alessandro Magno e il quarto quella ellenistica), con un procedimento molto simile a quello adottato da Varrone nel de vita per esporre le vicende romane dalla monarchia fino ai suoi giorni. Questi punti di contatto fra le due opere potrebbero suggerire che Varrone abbia in effetti considerato anche l’opera di Giasone come modello per un’organizzazione più razionale degli argomenti, per quanto l’esiguità dei dati in nostro possesso non autorizzi a trarre altre conclusioni. 9

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