LUSSURIA «Solo per colpa di cristiani impostori la lussuria è stata classificata tra i crimini». Così si esprime Sade sul finire del Settecento, quando i «lumi» della Ragione stanno cedendo il posto alle «lanterne» del Terrore. Si potrà concordare o meno con il Divin Marchese, ma la lussuria, più che un peccato, appare una forza debordante della natura. Sarà anche un vizio, ma sappiamo come da vizi privati nascano pubbliche virtù. La lussuria non è solo manifestazione di eros, creatività artistica, piacere della scoperta scientifica. E anche e soprattutto passione del conoscere, nel senso più ampio della parola. E per ciò può costituire il nucleo di una società aperta e libertaria, insofferente di qualsiasi costellazione di dogmi stabiliti. Così, in queste pagine, come complici della lussuria possono comparire i tipi più inaspettati: Dante, Shakespeare, Bruno, Mozart, Bunuel... Ma l'indiscusso protagonista resta sempre lui: Don Giovanni, che ancora una volta ripropone l'eterno viaggio attraverso la lussuria come potere, come piacere, come inganno e soprattutto come libertà. GIULIO GIORELLO Insegna Filosofia della Scienza all'Università degli Studi di Milano. Tra le sue pubblicazioni: «Di nessuna chiesa» (Raffaello Cortina, 2005), «Introduzione alla filosofia della scienza» (Bompiani, 2006), «Libertà. Un manifesto per credenti e non credenti» (con D. Antiseri, Bompiani, 2008), «Lo scimmione intelligente» (con E. Boncinelli, Rizzoli, 2009). € 15,00 Cover design: Miguel Sai & In copertina*. © 2009 by Me _ bv permission; Satanik è ci I lettori che desiderano informarsi sui libri e sull’insieme delle attività della Società editrice il Mulino possono consultare il sito Internet: www.mulino.it ISBN 978-88-15-13329-8 Copyright © 2010 by Società editrice il Mulino, Bologna. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fo tocopiata, riprodotta, archiviata, memorizzata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo - elettronico, meccanico, reprografico, digitale - se non nei termini previsti dalla legge che tutela il Diritto d’Autore. Per altre informazioni si veda il sito www.mulino.it/edizioni/fotocopie Indice Prologo p. 9 La «casta» Susannah 9 Eva futurista 10 Buio a mezzogiorno. Lusso, lussuria, lussazione 11 Eunuchi e stalloni 14 Schema di questo libro 16 I. Le dee «false e bugiarde». Lussuria come (im)potenza 21 «Istar delle stelle» 23 Inanna, l’albero e il tempio 23 Lussuria, morte, conoscenza 27 La pianta dell’irrequietezza 29 Il nudo di Inanna 31 Nata dalla spuma del mare 34 «Questa è Venere per noi» 35 Troppi dei in camera da letto 38 Nudi, a colazione 41 IL Cleopatra e le altre. Lussuria come (contro)potere 45 Due volte il sole 47 La nube purpurea 49 Nel vento 52 Nebulose del cielo e serpenti d’Egitto 55 Didone abbandonata (e mai presa) 59 La belle Hélène 62 «La natura mi ha donato un corpo di donna» 64 Indice III. Miseria e splendore delle dame galanti. Lussuria come piacere (e dolore) p. 69 Macchine e lussuria 71 Il «messale culabriense» 72 Fuoco d’amore 74 Sovrana e puttana 77 Paradosso della «mitezza» cristiana 79 Il copione di Anna Bolena... 81 «Ma le gambe...» 86 IV. Settecento mogli e trecento concubine. Lussuria come filosofia 93 Il «peccato» di Salomone... 95 ... e quello di Giordano 96 Santa e matrigna 99 Vincolo dei vincoli 101 Il volo della farfalla 107 La zampogna di Pan 108 «Dappertutto e in nessun luogo» 110 V. Regine della notte. Lussuria come inganno 115 E così sino al delitto 117 Desiderio e tradimento 120 Avvelenare l’anima 122 Inganni sivigliani 124 Agonie 127 «La bella religione dell’aritmetica» 133 L’artista e la sua musa 136 VI. Giochi di specchi. Lussuria come sovversione 141 Il consiglio di Bouvard, ovvero i modi dell’immaginazione 143 Continuavano a chiamarlo Trinità 146 «Ancora uno sforzo...» 148 Distruggere se stessi 153 Indice Epilogo p. 159 «Odor di femmina» 159 Cervello e linguaggio 160 Leoni, libertini e libertari 164 Congedo 167 Bibliografia 171 Indice dei nomi 195 Ringraziamenti 199 Crediti iconografici 200 Oh lussuria, nostro rifugio e nostra forza. James Joyce Prologo La «casta» Susannah Una sera di carnevale, tra belle dame mascherate, il nar ratore di II convitato delle ultime feste, tratto dai Racconti crudeli (1883) di Jean-Marie-Mathieu-Philippe-Auguste, conte di Villiers de l’Isle-Adam, autore del più celebre Èva futura (1886), è attratto da tale «Annah, o piuttosto Susan nah Jackson, la Circe scozzese, dai capelli più neri della notte», che «brilla indolente nel velluto rosso». Come dice uno dei personaggi, è «venuta al mondo [...] al solo scopo di ricordarci che la neve brucia». A questo «complimento lambiccato», formulato al declino della festa, si affianca la presentazione della «fredda Susannah» da parte del narra tore: Quella non incontratela, giovane straniero! E pari alle sabbie mobili: affossa il sistema nervoso. Distilla il desiderio. Una lunga crisi morbosa snervante e folle sarebbe la vostra sorte. Annovera diversi lutti fra i suoi ricordi. Il suo tipo di bellezza, di cui ella è sicura, provoca nei semplici mortali la febbre fino alla frenesia. Noi, invece, invitiamo lettrici e lettori ad andare in contro, su queste pagine, a tale casta personificazione della lussuria. Non si lascino fuorviare dalle ammonizioni che il narratore rivolge a giovinetti di corpo non robusto e pen siero debole. Per quanto vi supponiate di essere raffinato (in un’età forse ancora tenera, giovane straniero!), se la vostra cattiva stella per metterà che vi troviate sul [suo] cammino [...], non ci resterà che immaginarci un giovanissimo che si è sostentato esclusivamente di uova e di latte per vent’anni consecutivi, sottomesso d’un tratto, 9 Prologo senza vari preamboli, a una dieta esasperante (continua!) di spe- zie extrapiccanti e di condimenti il cui sapore ardente e fine gli sconvolge il gusto, lo spezza e lo stordisce, per avere il vostro fedele ritratto di lì a quindici giorni. Non stiamo propinando un altro vizio sotto la copertina «Lussuria». La metafora culinaria di Villiers de l’Isle-Adam cederà il passo, nelle pagine del nostro libro, a una glorifica zione della potenza femminile di ben diversa caratura. «Non più donne piovre dei focolai, dai tentacoli che esauriscono il sangue degli uomini e anemizzano i fanciulli»: saranno piuttosto femmine «bestialmente amorose, che distruggono nel desiderio anche la sua forza di rinnovamento». Èva futurista Quest’ultima citazione non è più da Villiers de l’Isle- Adam, bensì è tratta dal Manifesto della Donna futurista, stampato nel 1912 in volantini a Parigi e a Milano da una signora che, quanto a nome e cognome, può competere con l’autore di Èva futura: Anne-Jeanne-Valentine-Marianne Desglans de Cessiat-Vercell, più nota come Valentine de Saint-Point. Di illustre ascendenza (lionese, pronipote di Lamartine) ha al suo attivo una trilogia {Un amour, 1906; Un inceste, 1907; Une mort, 1910); del suo talento ha dato prova anche in pittura, al Salon des Indépendants. Non prendetela per il contraltare femminista di Marinetti (poi ché sul femminismo del proprio tempo Valentine nutriva non poche perplessità): Si lasci da parte il Femminismo. Il Femminismo è un errore politico. Il Femminismo è un errore cerebrale della donna, un errore che il suo istinto riconoscerà. No» bisogna dare alla donna nessuno dei diritti reclamati dal Femminismo. L’accordar loro questi diritti non produrrebbe alcuno dei disordini augurati dai futuristi, ma determinerebbe, anzi, un eccesso d'ordine. Così si legge nel Manifesto. L’errore «cerebrale» è anche «politico», perché l’esigere dei diritti per le donne equi 10 Prologo vale a imporre loro dei doveri, e questo significa relegare ancor più «la femmina» nel ghetto da cui si pretende di toglierla. Se le parole di Valentine possono funzionare come rasoio di Occam (o di Un chien andalou di Bunuel e Dall, 1929: pensiamo alla scena in cui una lama affilata incide l’occhio troppo curioso di una donna) contro il proliferare di ideologie femministe lasciamo giudicare alle lettrici (e anche ai lettori). Comunque, l’enfasi di Valentine sui ri schi dell’eccesso d’ordine evidenzia la sua distanza dalla «casta Susannah» di Villiers de l’Isle-Adam: in quel caso l’ordine era spezzato dalla lussuria, ma era l’ordine ciò che il notturno narratore rimpiangeva; qui è il disordine a essere «auspicato» dal futurista, a prescindere {pace Marinetti) se sia di genere maschile o femminile, quasi che si trattasse di sovversione programmata. La lussuria è forza, proclama Valentine in un secondo volantino, il Manifesto futurista della lussuria (1913, sempre Milano e Parigi): La lussuria è l’espressione di un essere proiettato al di là di sé stesso; è la gioia dolorosa di una carne compita, il dolore gau dioso di uno sbocciare; è l’unione carnale, quali si siano i segreti che uniscono gli esseri; è la sintesi sensoria e sensuale di un essere per la maggior liberazione del proprio spirito; è la comunione d’una particella dell’umanità con tutta la sensualità della terra; è il brivido panico di una particella della terra. Lungi dall’essere «peccato capitale», la lussuria sarebbe «virtù incitatrice». Anzi, solo la morale cristiana, succedendo alla morale pagana, fu por tata fatalmente a considerare la lussuria come una debolezza. Di quella gioia sana che è l’esplosione d’una carne possente, essa ha fatto una vergogna da nascondere, un vizio da rinnegare. L’ha coperto di ipocrisia, e questo ne ha fatto un peccato. Buio a mezzogiorno. Lusso, lussuria, lussazione Questo doppio rovesciamento (la lussuria, trasforma zione da forza vitale a vizio, e da vizio a peccato), però, per 11