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L’uomo della Provvidenza. Mussolini, ascesa e caduta di un mito PDF

225 Pages·2004·1.83 MB·Italian
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A oltre mezzo secolo dalla sua morte, è possibile parlare di Mussolini con asettica obiettività? Arrigo Petacco raccoglie la sfida e ricostruisce la straordinaria vicenda del «figlio del fabbro» facendola emergere dal fitto polverone di esaltazione e di denigrazione nel quale è stata sempre avvolta. Non si tratta dell'ennesima biografia di Mussolini, ma di una scelta accurata degli episodi più significativi della sua parabola politica, ricostruiti grazie a numerose testimonianze raccolte in archivi pubblici e privati, fra cui spicca quella del tutto inedita della figlia Edda. Con la consueta agilità di scrittura, l'autore ripercorre in un'avvincente carrellata gli anni della giovinezza del Duce, dal sogno rivoluzionario agli amori burrascosi, all'attività di giornalista e di scrittore. Rievoca poi i principali avvenimenti di cui, una volta conquistato il potere, fu l'indiscutibile protagonista: dal caso Matteotti al Concordato con la Chiesa, dalle grandi riforme economiche alle imprese militari, per giungere nel 1938 a quella Conferenza internazionale di Monaco che lo fece assurgere al rango di grande statista, ma segnò anche l'inizio della sua inarrestabile caduta. Arrigo Petacco (Castelnuovo Magra, La Spezia 1929) vive abitualmente a Portovenere Giornalista, inviato speciale, ha collaborato a «Grazia», «Epoca», «Panorama», «Corriere della Sera», «Il Tempo», «Il Resto del Carlino». È stato inoltre direttore direttore di «Storia Illustrata» e «La Nazione». Ha sceneggiato alcuni film e realizzato numerosi programmi televisivi di successo. Nei suoi libri affronta i grandi misteri della storia, ribaltando spesso verità giudicate incontestabili. Nella collezione Oscar troviamo: L'amante dell'imperatore. Ammazzate quel fascista!, L'anarchico che venne dall'America, L'archivio segreto di Mussolini, L'armata nel deserto, Le battaglie navali del Mediterraneo nella Seconda guerra mondiale, Il comunista in camicia nera, La Croce e la Mezzaluna, L'esodo Faccetta nera, Joe Petrosino, La nostra guerra 1940-1945, Il prefetto di ferro, I ragazzi del '44, Regina, La regina del Sud, La signora delta Vandea, Il Superfascista. ART DIRECTOR GIACOMO CALLO PROGETTO GRAFICO VALENTINA CANTONE IN COPERTINA MUSSOLINI DURANTE UN DISCORSO AGLI ITALIANI FOTO CENTRO DOCUMENTAZIONE MONDADORI Oscar storia Arrigo Petacco L'uomo della Provvidenza Mussolini, ascesa e caduta di un mito OSCAR MONDADORI © 2004 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano I edizione Le Scie ottobre 2004 I edizione Oscar storia aprile 2006 ISBN 978-88-04-55393-9 Questo volume è stato stampato presso Mondadori Printing S.p.A. Stabilimento NSM - Clés (TN) Stampato in Italia. Printed in Italy Ristampe: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 2008 2009 2010 2011 2012 2013 www.arrigopetacco.net www.librimondadori.it INDICE L'uomo della Provvidenza INDICE L'UOMO DELLA PROVVIDENZA I Possiamo definirlo «grande»? II Il giorno più bello III «Ho bisogno di essere qualcuno» IV Tre destini incrociati V Dittatore per caso? VI Quattro attentati VII Ai ferri corti con la mafia VIII Il gulag del regime IX Il Concordato X Gli anni del consenso XI Il maestro e l'apprendista XII L'ultima illusione XIII Il male assoluto XIV La carta sbagliata XV Il mistero del carteggio Bibliografia Referenze fotografiche Indice dei nomi L'UOMO DELLA PROVVIDENZA A Paolo I POSSIAMO DEFINIRLO «GRANDE»? Ora che, dopo avere proiettato la sua ombra inquietante su tutto il XX secolo, è stato finalmente sdoganato dall'attualità e collocato nella storia, ora che ci è consentito trattarlo in maniera asettica, come Cavour, Crispi o Giolitti, senza lasciarci sopraffare dalle emozioni, possiamo trovarci d'accordo nel dire che Benito Mussolini fu, nel bene e nel male, un grande uomo, un grande rivoluzionario, un grande politico, un grande statista? Nessun italiano, prima e dopo di lui, ha mai suscitato tanto entusiasmo, tanto isterismo, tanta speranza, tanto orgoglioso patriottismo e tanto dolore. Nessun italiano è stato più amato e più rinnegato, nessuno ha lasciato dietro di sé tanto amore, tanto odio e tanta rovina. La grandezza di Mussolini è connessa con tutti questi eccessi. Figlio di se stesso, senza maestri e senza modelli, demagogo e redentore, tattico e opportunista, egli si staglia gigantesco fra gli italiani del suo tempo. Storia nostrani e stranieri, questi ultimi forse più noti in Italia che a casa loro, si affannano da decenni per ridicolizzarlo sottolineando le sue debolezze, le sue vanterie, il suo narcisismo e la sua megalomania, ma evitano di spiegare come un uomo di tal fatta sia riuscito a farsi gioco in un paio d'anni dell'intera classe dirigente italiana, ad affascinare per quasi vent'anni milioni e milioni di connazionali e a conquistarsi il rispetto, se non l'ammirazione, delle personalità più importanti del suo tempo sia in Italia che nel resto del mondo. Qual era dunque il suo segreto? Rivoluzionario, socialista, pacifista, interventista, repubblicano, monarchico, e infine Duce e condottiero, egli si distingue da Lenin, da Hitler e dagli altri dittatori del suo tempo proprio per questa sua funambolica capacità di trasformarsi. Quelli conquistarono il potere fidando su incrollabili certezze e obbedendo a schemi precedentemente stabiliti, lui lo conquistò mutando i suoi programmi in corso d'opera con la disinvoltura di un esperto giocoliere. Mai un concorrente ebbe l'ardire di misurarsi con lui e la sua rivoluzione, a differenza delle altre, non divorò neppure i propri figli come vorrebbe la leggenda: lui la dominò in ogni fase, fino al suo esaurimento, senza uccidere i suoi concorrenti e senza mai ricorrere a bagni di sangue o a purghe purificatrici. Costretto a cercare una via d'uscita fra una destra acefala, reazionaria e spaventata e una sinistra impazzita che «voleva fare come in Russia», Mussolini riuscì, con l'uso spregiudicato della persuasione e della violenza, a organizzare un partito nuovo e diverso compiendo il «miracolo» di unire nello stesso fascio monarchici e repubblicani, cattolici e anticlericali, estremisti di destra ed estremisti di sinistra. La sua ideologia originale e suggestiva, ma anche così confusa e raffazzonata da offrire le più svariate interpretazioni, affascinò le masse e trovò persino oltre i confini nazionali neofiti entusiasti, cultori autorevoli e volenterosi imitatori. Il suo nazionalismo aggressivo riscattò l'umile Italietta provinciale e la portò all'onor del mondo collocandola di prepotenza nel cosiddetto concerto delle grandi nazioni europee, del quale, per oltre un decennio, fu lui stesso uno dei massimi protagonisti, se non addirittura il perno principale. Il suo «genio» è stato unanimemente riconosciuto dai grandi del suo tempo. Pio XI lo definì «l'uomo della Provvidenza», Pio XII «il più grande uomo da me conosciuto e tra i più profondamente buoni». Per Winston Churchill era «il nuovo Cesare del XX secolo e il più grande legislatore vivente». Il Mahatma Gandhi ebbe a dire di lui: «Sfortunatamente io non sono un uomo superiore come il signor Mussolini». Thomas Mann lo definì «un semidio», Lenin «il solo socialista capace di guidare il popolo italiano alla rivoluzione». Rudyard Kipling invitava gli italiani ad amarlo «perché per l'Italia il Duce è tutto». Per l'arcivescovo di Canterbury era «l'unico gigante d'Europa» e per Thomas Edison «il più grande genio dell'era moderna», mentre, da parte sua, il presidente americano Franklin Delano Roosevelt, con il New Deal, faceva tesoro delle esperienze corporative compiute dal fascismo per fare uscire gli Stati Uniti dalla crisi. Naturalmente furono fattori esterni a favorire l'ascesa di Mussolini, ma il suo merito consiste nell'averne saputo approfittare. Dopo gli sconquassi della prima guerra mondiale, il crollo dei grandi imperi e la vittoria dei bolscevichi in Russia (che aveva dato vita alla III Internazionale, cui avevano aderito tutti i partiti comunisti europei ponendosi agli ordini di Mosca) una grande inquietudine si era diffusa in Europa e in America. Inquietudine aggravata dalla crisi delle democrazie parlamentari, che ora parevano esaurite e incapaci di comporre i contrasti fra le classi sociali, nonché di affrontare gli enormi problemi economici del dopoguerra. In quegli anni, soprattutto fra il 1919 e il 1920 (il cosiddetto «biennio rosso»), l'Italia era considerata un paese a rischio, pericolosamente vicina a un collasso rivoluzionario che avrebbe potuto estendersi al resto del continente. Di conseguenza, quando nel 1922 Mussolini conquistò il potere con la violenza, ma anche con il consenso popolare, molti tirarono un sospiro di sollievo. La rivoluzione fascista e la creazione dello Stato corporativo furono infatti salutati da molti intellettuali e da molti uomini politici come la scoperta della mitica «terza via» fra capitalismo e comunismo che da tempo molti andavano invano cercando. La vulgata antifascista, tuttora corrente malgrado le rettifiche documentate di Renzo De Felice, continua a presentare il fascismo come il braccio armato del capitalismo composto quasi esclusivamente da una minoranza facinorosa di «piccoli borghesi» ambiziosi e frustrati. Ma ciò non corrisponde affatto a verità: si tratta di una invenzione di comodo degli storici antifascisti i quali ricorsero a questo escamotage semplicemente perché non sapevano come spiegare altrimenti la repentina crescita di massa registrata dal fascismo. Da un lato, infatti, come ha documentato recentemente Romolo Gobbi, essi non potevano attribuirla alla sola borghesia perché notoriamente minoritaria e comunque poco propensa a sporcarsi le mani, e dall'altro non volevano riconoscere la forte adesione al movimento fascista della classe operaia perché nell'immaginario collettivo il proletariato doveva figurare come sua vittima e non come suo fondamentale supporto. Proprio per questa ragione fu scelta l'incolpevole piccola borghesia quale principale responsabile di quella crescita, e vennero sbrigativamente definiti «teppa» o «lumpen» (sottoproletari) gli operai, i contadini e i disoccupati che costituirono il nerbo principale delle cosiddette squadre d'azione. Il fascismo fu in realtà un grande movimento di massa nel quale, grazie anche alle vaste aperture sociali promesse dal suo confuso programma, affluì con

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