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L'onda trascorrente. I «Canti» di Leopardi in Saba, Montale, Sereni e Giudici PDF

203 Pages·2022·7.042 MB·Italian
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Vincenzo Allegrini L'onda trascorrente I Canti di Leopardi in Saba, Montale, Sereni e Giudici Quodlibet Studio Indice 9 Premessa 15 Sigle delle edizioni di riferimento I. Umberto Saba e i fili d'oro di Leopardi 19 r.1 Una «stanzetta» triestina 27 r.2 Il «filo d'oro» di Silvia: le origini 31 1.3 Un verde germoglio 34 r.4 «Al fiato della primavera» 3 8 1. 5 Intermezzo 40 1.6 Due fanciulli inesperti 4 3 1. 7 Giovanezza 47 1.8 Fanciulle, ninfe, passanti 52 1.9 La brama e una Preghiera 56 I.Io Aspasia a Trieste 60 I.II Un canto «per se stesso» (e altre canzonette) 6 5 I. I 2 Voci, finestre, borghi 69 1.13 Nuvole e foglie 6 INDICE 2. Eugenio Montale «and not much Leopardi»? 77 2. r Un volatile color lavagna 79 2.2 Leopardi e gli altri. Dalle trincee d'Europa alla Roma letterata 88 2.3 Un astro assente 90 2.4 Prima e dopo Leopardi 9 3 2. 5 Mnemonicità, troppa luce e troppa polvere 96 2.6 «E lo pensava anche il Leopardi» 99 2. 7 Filantropi e quattrini 102 2.8 Arietta, Ezekiel e una «mano diaccia» 109 2.9 Ancora su alcuni topoi e scenari leopardiani 114 2.10 «Un sufolo bizzarro» 3. Vittorio Sereni Una connaturata intonazione 117 3. 1 Il terreno di Leopardi 121 3.2 Foglie, colori, raggi lunari 126 3.3 Sogni estivi e Angeliche pensose 129 3 .4 Solitudine, idillio, fabbrica 13 3 3. 5 Tableaux leopardiani 136 3.6 Un canto notturno 13 8 3. 7 Vento e ritorno 146 3.8 Carboni irti al sole e rive sfavillanti 149 3.9 «Tra le perse primavere» 152 3.10 Diana r 5 6 3. I 1 Proserpina 161 3.12 Un'erinni, Tenochtitlàn, farfalle e baratri INDICE 7 4. Giovanni Giudici Il leopardismo del bricoleur 167 4. 1 Un ragazzo di Recanati 175 4.2 Gestione ironica, bricolage, naturalezza 180 4.3 Un cavaliere-cantore I 8 5 4.4 La stazione di Pisa e un «commendatore» 188 4.5 La «parte» e le «ore» migliori 193 4.6 Setter, crinali, socchiuse imposte 96 4. 7 Aulla, L'infinito e un luogo di piante I 200 4. 8 Parodia, eros (e morte) 207 Indice dei nomi 211 Indice dei luoghi leopardiani Premessa Al giorno d'oggi l'attenzione della critica sul leopardismo dei no stri lirici del Novecento è quanto mai vigile1 E tuttavia, se non poche • sono ormai le incursioni su singoli poeti (o anche, meno spesso, su gruppi di autori):z., ciò che manca davvero è un esaustivo e aggiornato quadro d'assieme, in parte fermo ancora a un fondamentale studio di Lonardi pubblicato per la prima volta nel 19743. Questo libro non ha l'ambizione di assolvere a un compito così ampio, adatto sem mai a un lavoro collettivo, come è quello del progetto da cui nasce (L'eredità di Leopardi nella poesia italiana del Novecento, diretto da Massimo Natale presso l'Università di Verona). Le pagine che seguono mirano perciò a fornire un primo campione, con il quale si intende ricostruire la ricezione di Leopardi - in particolar modo dei Canti, ma non senza accenni ad altre opere - da parte di quat tro protagonisti assoluti del primo e del secondo Novecento: Saba e Montale da un lato, Sereni e Giudici dall'altro. Nel fare ciò, ho ritenuto necessario uno spoglio integrale dei testi, sia in prosa sia in versi, non solo per desiderio di esaustività; assai forte, ad esempio, è 1 Basti ricordare, da ultimo, il XIV Convegno internazionale di studi leopardiani, tenutosi a Recanati nel settembre 2.017, che ha visto interventi su Pascoli, Gozzano, Saba, Montale, Luzi, Caproni, Rosselli (e altri). Più nel dettaglio, cfr. Maria Valeria Dominioni, Luca Chiurchiù (a cura di), Leopardi e la c11/t11ra del Novece11to. Modi e forme di ima presenza, Atti del xiv Convegno internazionale di studi leopardiani (Recanati, 2. 7-30 settembre 2.017), Olschki, Firenze 2.02.0 (in particolare, sui poeti, pp. 165-315). Una più completa bibliografia sugli autori presi in esame sarà fornita nei prossimi capitoli. 1 Per esempio gli ermetici, sui quali si veda Anna Dolfi, Leopardi e il Novece11to: sul leopardismo dei poeti, Le Lettere, Firenze 2.009. 3 Cfr. Gilberto Lonardi, Leopardismo. Tre saggi sugli usi di Leopardi dall'Otto al Novecento, Sansoni, Firen1.e 1974 (ma d'ora in avanti si citerà dalla più recente edizione del 1990, ristampata sempre da Sansoni). IO PREMESSA l'intreccio - per ragioni diverse - tra i due piani di scrittura in Sereni e in Giudici. Ancora, la presenza di Leopardi nelle prose di Montale e Saba - nascosta nel primo caso, esibita nel secondo - ci dice non poco anche sulla funzione che svolgono i Canti nelle rispettive opere poetiche dei due autori. In sede preliminare, mi limiterò a illustrare alcune scelte e a mo strare brevemente le direttrici principali dell'influsso leopardiano (il lettore, se vorrà, troverà più avanti maggiori dettagli). Partiamo dalla prosa, e da una prima considerazione: se in tutti e quattro i poeti sono numerose le menzioni di Leopardi, assai rari sono invece gli in terventi mirati. Soltanto tre, infatti, sono gli scritti dedicati per intero al poeta ottocentesco: i primi due - per mano di Montale e Sereni - sono relativi alla polemica pascoliana sull'inesattezza di certi scenari naturali (a partire dall'improbabile compresenza di «rose» e «viole» nel Sabato del villaggio); l'altro, ad opera di Giudici, fa ricorso all' In finito semplicemente per provare «come l'ordine delle parole di un verso non possa essere variato senza che ne sia alterato il suo valore in termini di lingua poetica»4. Eppure, come anticipato, il nome di Leopardi si fa più insistente in altri contesti; per esempio, negli scritti pseudo-autobiografici o negli interventi autoesegetici, secondo una pratica che accomuna i quattro autori: costante in Sabas, più rara (e spesso attiva per contrasto) in Montale6, ancora forte in Sereni7 e di nuovo centralissima in Giudici8 Quest'ultimo, inoltre, non manca di • " ACP, L'infinito, p. 33. Del resto, in Un ragazzo di Recanati- una lettera a Giacomo sulla quale cfr. infra, pp. 167-175 - lo stesso Giudici ammetterà di non aver «mai serino nulla di rilevante» su Leopardi «tranne un breve articolo in cui raccomandavo a chi si trovasse a leggere la poesia L'infinito di rispettare la scansione dei versi [ ... ) oltre a spiegare che, pur potendosi scrivere in una decina d'altri modi e sempre risultando un regolare endecasillabo, quel Sempre caro mi {11 quest'ermo colle non tollerava, in termini di lingua poetica, altra formulazione» (..-o, Un ragazzo di Recanati, p. 161). s Nel poeta triestino i rimandi a Leopardi vanno infatti dalla Prefazione al Canzoniere r9.2r (CA2.1) sino agli ultimi scritti del 1957. 6 Si pensi a D11e sciacalli a guinzaglio (1950) e ad alcune interviste, come Q11este le ragioni del mio lungo silenzio {1962.), per cui cfr. infra, pp. 94-96. 7 E ciò sin dalla lettera del 3 agosto 1936 a Luciano Anceschi, sulla quale cfr. infra, p. 12.0. 8 Ricordo qui soltanto uno dei più illuminanti scritti giudiciani, La gestio11e iro11ica (1964), che da un lato traccia linee di continuità con l'operazione poetica leopardiana (vedremo in che senso), dall'altro lato fornisce indicazioni su come interpretare le riprese dai Canti. A tal proposito, cfr. infra, pp. 175-177. PREMESSA II riportare lunghi estratti dallo Zibaldone9, come in misura minore fa anche Sereni (il quale, nel porsi- come Saba - sulla scia di Petrarca e di Leopardi, trascrive dal diario proprio alcuni giudizi sul poeta dei Rerum vulgarium fragmenta)1°. Quanto a Montale, andrà osservato che anch'egli si serve di Leopardi in qualità di auctoritas, seppur in chiave rovesciata, per sminuire cioè la portata o l'efficacia, in contesti differenti, di certe opinioni su altri autori, lingue o letterature. Non dirò qui dei commenti sparsi sui singoli canti, delle prose che da essi prendono il titolo11 o delle varie allusioni alla figura, alle opere e alle tematiche affrontate dal recanatese, magari con traspo sizioni spaziali e temporali. È il caso invece di mettere in risalto la non trascurabile attenzione che i poeti rivolgono al 'Leopardi degli altri'. Complice anche tale funzione schermante, stavolta il capitolo più ricco è fornito da Montale, il quale rintraccia e segnala le lettu re leopardiane di poeti, prosatori, critici e intellettuali tanto italiani (Solmi, Ridolfi, Ceccardi, Cardarelli, lo stesso Saba) quanto stranieri (Lawrence, Morgan, Crémieux, Gide, Pound, i poeti americani). Se reni, invece, dedica qualche battuta ai leopardismi - così diversi- di Solmi e Pasolini; Giudici a quelli di Zanzotto, Palazzeschi e Jahier. Affine ma non identico è poi il discorso sugli accostamenti tra l'au tore dei Canti e altri scrittori successivi, senza dover necessariamente parlare di fonti. Montale, ad esempio, propone in più occasioni il parallelismo con Baudelaire; Sereni con Pavese, Lee Masters, Apol linaire e Char (con la mediazione di Caproni) e persino con i pittori Morioni e Mattioli. Passando ora alla produzione in versi, è forse inutile precisare che è stata necessaria una selezione dei testi, soprattutto nei casi di Montale e Saba, sui quali molto è stato scritto. Dunque, nei primi due capitoli ho cercato di non concentrarmi troppo sulle liriche più frequentate e, allo stesso tempo, di restituire un quadro fedele delle principali modalità di confronto, ripresa, allusione o anche scontro con Leopardi. Pertanto, nel capitolo primo, ho scelto di ricostruire la 9 Così è nella Dama no11 cercata (1983), che contiene una lunga citazione da z 2.2.5- 226, e nell'autocommento alla Vita in versi (1986); ma si veda i11fra, pp. 177-179. 10 Faccio riferimento a Petrarca, 11el/a s11a fi11zio11e la sua verità (1974), per cui cfr. infra, p. 120 nota 19. 11 Bastino due esempi: Le magnifiche sorti ( 19 50) di Montale e I/ canto 11ott1m10 ( 1979) di Sereni. 12. PREMESSA storia di un canto e di un mito - quello di Silvia (e di Proserpina)12 - recuperato da Saba in tutta la sua parabola poetica, dalle liriche gio vanili e rifiutate al Canzoniere vero e proprio. Oltre al «filo d'oro» 13 di Silvia, ho tentato inoltre di riavvolgere il «filo» di un'altra donna dei Canti, alquanto diversa: l'Aspasia del ciclo fiorentino, che in Saba inizia a lasciare tracce consistenti ancor prima di quanto non sia sta to già notato (ossia prima della 'scoperta' di Freud). Mi sono infine soffermato sulle metafore e sulle figure vegetali, o persino inorgani che, che in certe zone del Canzoniere - e dei Canti - sovrappongono la loro voce a quella dell'io lirico (sul modello di Imitazione, presente sino alle raccolte conclusive). Un approccio simile ho adottato nel capitolo su Montale, dove sono tornato anzitutto sulle riscritture di A Silvia e delle Ricordan ze - ovvero sul topos della fanciulla morta in tenera età - ma con maggiore attenzione verso le liriche meno spesso chiamate in causa, almeno da questo punto di vista (tra tutte, 'Ezekiel saw the Wheel' della Bufera e altro). I restanti paragrafi sono invece dedicati alle poe sie che fondono insieme più motivi o immagini provenienti da luoghi diversi dell'opera leopardiana, a partire da Corrispondenze (1936) delle Occasioni, che attingono al Passero solitario e al Canto nottur no, fino a giungere all'Ombra della magnolia ... (1947) e al Primo gennaio (1 970) della Bufera e altro e di Satura: la prima dialoga con La ginestra e il Canto notturno, la seconda sviluppa un tema delle Operette morali e un'immagine della Vita solitaria. Del resto, tale 'mescolanza' è osservabile già nelle Poesie disperse, e in particolare in Flauti-fagotti (1922), che, come vedremo, contiene riprese dalla Sera del dì di festa, dalle Ricordanze e, forse, dal Sogno. Un criterio più inclusivo ho scelto invece per Sereni e, soprattut to, per Giudici (poeta, quest'ultimo, che a differenza degli altri ha co nosciuto soltanto un'edizione commentata, per quanto complessiva e assai attenta ai riverberi dai Canti). Nel caso di Sereni, mi è parso di nuovo che il profondo sostrato leopardiano dei suoi versi riguardi non n Sulla trama persefonea di A Silvia rinvio a Franco D'lntino, J misteri di Silvia. Motivo persefo11eo e mistica ele11si11a i11 Leopardi, «Filologia e critica,., 2., 1994, pp. 2.11- 2.71 e a Id., I.:a more i11dicibile. Eros e morte sacrificale 11ei Canti di Leopardi, Marsilio, Venezia 2.021 (in particolare, pp. 95-195). 1.J TLP, La prosa al servizio della poesia: le prefazio11i ai libri di versi, Ai miei lettori (Canzoniere 1921), p. 1129. PREMESSA 13 solo e non tanto il lessico, le immagini e il paesaggio naturale (attraver sato però da presenze nuove e inquietanti: la torpediniera, i convogli, le automobili), ma anche e soprattutto i topoi {la foglia caduta, lo stor mire del vento, il ritorno al borgo natio, l'addio prematuro alla giovi nezza, le morti giovanili} e i mitologemi (d i Diana e, ancora una volta, di Proserpina). D'altronde, è proprio a una singolarissima riscrittura del mito e delle 'favole antiche' che approda il leopardismo dell'ultimo Sereni, quello ad esempio di Autostrada della Cisa (1 977-1979 ), che rimodula, in modo ormai sfumato, figure, scenari e temi dell'Ultimo canto di Saffo, di Alla Primavera e dell'Inno ai Patriarchi. Ancora diverso è il caso di Giudici, il quale, vestendo i panni del poeta-bricoleur, rimescola, traspone e rovescia ironicamente più ma teriali. A risuonare qua e là, anzitutto, è il linguaggio dei Canti, con calchi tanto letterali quanto stridenti, seguiti spesso da immediati ab bassamenti di tono. Qualcosa di simile vale, oltre che per certe for mule divenute magari proverbiali (ad esempio, i «moti del cuore» 14 della Stazione di Pisa), per i tratti metrico-prosodici e per le rime: si pensi non solo alla celebre serie in -aie del Canto notturno, riproposta in più occasioni, ma anche alle più ricercate rime impètro : indietro (Salutz 1.9) e invano : umano (Dalla stazione di Aulla), attestate nel Passero solitario e nella canzone Ad Angelo Mai. Consistente è pure l'elenco dei motivi, se non proprio suggeriti, perlomeno condivisi con la poesia di Leopardi: la morte in vita, il 'risorgimento', il rimpianto per la giovinezza perduta, il ritorno alle illusioni, l'attesa vana del dì festivo, la 'fratellanza' tra Amore e Morte, l'infinito ed altro ancora. Leopardiane, poi, mi sono parse alcune immagini per niente scontate (le socchiuse imposte, il tuono tra i crinali) e certe figure animali (la greggia) e umane. Ebbene, tra quest'ultime un ruolo privilegiato spet ta di nuovo a Silvia, la fanciulla che rivive ora nei panni di una non più giovane popolana, Gemma Alfè, oggetto non del ricordo ma del rimpianto (meramente erotico) per una giovanile occasione perduta: stavolta, perciò, il canto pisano - che è uno dei fils rouges di questo li bro - ha una funzione assai diversa da quella assunta in Saba, Montale e Sereni (diversissimo, si vedrà, è pure il registro}. In ultimo, Giudici, come Saba e SerenPs, va anche oltre i Canti, se è vero che l'eco delle ,,. PT, La stazio11e di Pisa, IV, v. 13, p. 760. 1 s Saba riscrive infatti la puerile E11tro dipinta gabbia, mentre Sereni cita, in prosa e in poesia, l'abbo7.zo A11gelica. PREMESSA cosiddette canzoni rifiutate - e delle morti innocenti in esse descritte - risuona nella voce del poeta-cantore medievale di Salutz, libero di viaggiare avanti e indietro nel tempo e di pescare a suo piacimento dai grandi autori dell'Ottocento: Leopardi, Flaubert e Tolstoj16• I paragrafi 1-8 del cap. 1 riproducono, con aggiustamenti dovuti al contesto, il saggio Saba e «il filo d, oro» di Silvia. Un caso di inter testualità leopardiana, pubblicato in «Bollettino di italianistica», 1, 2021, pp. 88-112. Il resto del volume è inedito. Ringrazio Franco D'lntino e Massimo Natale per la cura con cui hanno seguito le mie ricerche e per l'entusiasmo che mi hanno tra smesso nell'indirizzarle. Sono grato, poi, a Valerio Camarotto e a Davide Pettinicchio, che hanno letto e commentato il manoscritto; a Giuseppe Sandrini, interlocutore attento; a Corrado Viola, al quale devo suggerimenti relativi ad alcuni punti specifici. Ringrazio infine il Laboratorio Leopardi e la Fondazione Christian Cappelluti per il loro sostegno in questi anni; un pensiero va, in particolare, a Federica Barboni, Aretina Bellizzi, Novella Bellucci, Marco Capriotti e Flavia Di Battista. 16 Cfr. infra, pp. 180-185.

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