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Lo sviluppo. Storia di una credenza occidentale PDF

320 Pages·1997·8.167 MB·Italian
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_ ; sÉÉaT'raup^ GILBERT RIST LO SVILUPPO STORIA DI UNA CREDENZA OCCIDENTALE BOLLATI BORING HIERI mm Per mezzo secolo, la credenza nello sviluppo ha fatto illudere sull'av­ vento del benessere per tutti. Di fronte alla situazione attuale, carat­ terizzata da miseria e disoccupazione nel Nord come nel Sud del mondo, l'autore s'interroga sulla persistenza di quella che considera alla stregua di una credenza religiosa. E risalendo il corso della sto­ ria recente (e meno recente: la colonizzazione) cerca di fare il punto sulle teorie e sulle strategie che hanno preteso di trasformare il mondo - e, si può dire, lo hanno in effetti trasformato, anche se non nel senso propagandato! Dopo i capitoli introduttivi, che offrono una definizione dello «sviluppo» come «mito occidentale», nonché una sintesi delle premesse della mondializzazione, il libro ricostruisce analiticamente le vicende delle teorie dello sviluppo e delle loro proiezioni istituzio­ nali a livello di organizzazioni internazionali. Si va dal Punto iv di Tru­ man (1948) che lanciò la nozione di sottosviluppo, alla Conferenza di Bandung (1955), al trionfo del terzomondismo (rapporto Ham- marskjòld, 1975), alle teorie attuali dello sviluppo sostenibile, o dure­ vole, o umano. Il tutto è visto nella prospettiva unificante della glo­ balizzazione e soprattutto della diffusione su scala planetaria di quello che per l'autore è un tratto costitutivo dell'immaginario occi­ dentale. In questo senso, il libro rientra in un'antropologia critica della modernità che osa affrontare i temi già proposti con successo da Serge Latouche in L'occidentalizzazione del mondo. Gilbert Rist è professore all'lnstitut universitaire d'études du dévelop- pement (lUED), Ginevra. In precedenza ha insegnato a Tunisi, diretto il Centro Europe-Tiers Monde e collaborato con l'Università delle Nazioni Unite. E autore di vari libri scritti in collaborazione o da lui diretti, tra i quali Le Nord perdu, Lausanne 1992 e La culture, otage du développement? Paris 1994. ISBN 88-339-1038-5 9 788833 910383 Saggi. Storia e scienze sociali Gilbert Rist Lo sviluppo Storia di una credenza occidentale Bollati Boringhieri Prima edizione maggio 1997 © 1997 Bollati Boringhieri editore s.r.L, Torino, corso Vittorio Emanuele 86 I diritti di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati Stampato in Italia dalla Stampatre di Torino ISBN 88-339-1038-5 Titolo originale Le Développement. Histoire d’une croyance occidentale ©1996 Presses de la Fondation Nationale des Sciences Politiques, Paris Traduzione di Alfredo Saisano In copertina, Patrick Zachmann, Shanghai © Patrick Zachmann, Magnum Stampato su carta Palatina delle Cartiere Miliani Fabriano Indice 7 Introduzione 17 1. Definizione Il pensiero corrente, 17 Precauzioni metodologiche, 18 Elementi di una defi­ nizione, 21 Una definizione scandalosa?, 26 Lo «sviluppo» come elemento della religione moderna, 28 33 2. Le metamorfosi di un mito occidentale Le conseguenze implicite della metafora, 33 Punti di riferimento per l’interpre­ tazione occidentale della storia, 36 Conclusione, 49 53 3. Gli inizi della mondializzazione La colonizzazione, 54 La Società delle nazioni e il sistema dei mandati, 63 Conclusione, 70 73 4. L’invenzione dello sviluppo Il «punto iv» del presidente Truman, 74 Una nuova visione del mondo: il «sot­ tosviluppo», 76 L’egemonia americana, 79 Una struttura paradigmatica nuo­ va, 80 L’era dello «sviluppo», 82 84 5. La formazione della dottrina e delle istituzioni internazionali La conferenza di Bandung (1955), 83 Le nuove istituzioni internazionali di «svi­ luppo», 91 96 6. La modernizzazione tra storia e profezia Una filosofia della storia, 97 Anticomunismo o marxismo senza Marx?, 102 Le voci dissidenti, 106 6 INDICE III 7. Le periferie e lo studio della storia Il neomarxismo negli Stati Uniti, 113 I dependentistas latino-americani, 115 Nuovo paradigma ma presupposti vecchi, 118 Appendice, 122 I2Ó 8. L'autonomia sociale: il passato comune come modello del futuro Ujamaa o l’esperienza tanzaniana, 128 I princìpi della self-reliance, 137 Conclusione, 139 144 9. Il trionfo del terzomondismo Il Nuovo ordine economico internazionale, 147 Una via originale: il rapporto Dag I Iammarskjòld (1975), 158 La coda della cometa, 161 L’approccio dei «bisogni fondamentali», 165 Conclusione, 172 10. L'ambiente o la nuova natura dello «sviluppo» 174 Ritorno alla economia classica e supplemento di anima umanitaria, 174 «Svilup­ po durevole» o crescita eterna?, 182 Il Vertice della Terra, 190 Conclusione, 194 11. Il misto di realismo e di buoni sentimenti 199 La commissione Sud, 200 II Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo e lo «sviluppo umano», 206 12. L'illusione postmoderna: la globalizzazione come 212 simulacro dello «sviluppo» Sull’utilità dei malintesi, 214 II destino delle organizzazioni, 223 La glo­ balizzazione o il ritorno alla normalità, 226 La realtà virtuale come rifugio della credenza, 229 Al di là dello «sviluppo», 233 241 Conclusione 253 Note 301 Riferimenti bibliografici 3II Indice dei nomi Introduzione La forza del discorso sullo «sviluppo» dipende dalla seduzione che esso esercita. In tutti i sensi del termine: incantare, piacere, affascinare, illudere, ma anche ingannare, distogliere dalla verità, indurre in errore. Come non soccombere all’idea che esisterebbe un modo per eliminare la povertà che disturba? Come osare pen­ sare, simultaneamente, che il rimedio potrebbe aggravare il male che si vuole combattere? Già Ulisse doveva tappare le orecchie dei compagni e legarsi all’albero della sua nave per non cedere al canto delle sirene... Questo è il prezzo da pagare sin dall’inizio per uscire vincitore dalla prova che consiste nell’esaminare lucidamente la storia dello «sviluppo». Perché si è potuto credere che fosse necessario e urgente fare di tutto per affrettare il processo di «sviluppo» - supposto favo­ rire la prosperità dei paesi del Nord come del Sud - mentre, per secoli, nessuno o quasi si era preoccupato di alleviare, con misure strutturali, la miseria degli altri, soprattutto quando questi abita­ vano altri continenti? Qual è l’origine di questo compito collet­ tivo, sempre criticato per i suoi insuccessi, ma la cui fondatezza a quanto pare non può essere messa in dubbio? Come ritrovarsi nei tanti dibattiti che, ormai da cinque decenni, tentano di appor­ tare una soluzione ai problemi posti dalla indigenza della maggio­ ranza di fronte all’opulenza della minoranza? Come spiegare que­ sto fenomeno che mobilita non solo le speranze di milioni di persone, ma anche risorse finanziarie considerevoli e che pure sem­ bra allontanarsi, come l’orizzonte, a mano a mano che si crede di avvicinarvisi?

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