Description:Le memorie, l’ironia, una capacità di raccontare composta di divertimento e desiderio di condividere, una scrittura naturalmente felice, senza mai un inciampo o un artificio, un bacino di aneddoti in cui pescare pressoché sconfinato, la vanità umanissima e affascinante di credere e far credere di averli tutti vissuti in prima persona. Sono alcune qualità narrative di Gian Carlo Fusco, da cui fluiscono racconti brevi e lunghi tanto originali e piacevoli da stupirsi che siano rimasti tanto a lungo in ombra, dopo la morte dello scrittore, fino alla riscoperta recente a partire dalle Rose del ventennio (ripubblicato da questa casa editrice nel 2000). Ma dentro di essi circola anche l’onda elettrica dell’intelligenza da ritrattista: forse pochi come Fusco hanno saputo capire e ritrarre, con pochi tratti di scrittura, in un episodio, in una battuta, nel capriccio di un evento, il carattere degli italiani, quell’eterno italico che in certe situazioni, in certe stagioni circoscritte o in certe strutture ricorrenti della storia sembrano distillarsi nella loro più cristallina purezza: i vizi, ma anche le doti. E quando si dice «vizi degli italiani» si pensa immediatamente a un fustigare moralistico, all’invettiva e al sarcasmo, ma dall’umorismo di Fusco sono del tutto assenti, prevalente è una specie di felicità di esserci comunque. E quando una certa figurina, un carattere o un personaggio offrono, come in ogni racconto accade, l’esemplare micidiale dei tempi, vibra come un moto di contentezza per la possibilità di divertircisi. E si trasmette al lettore, come in questi bozzetti di italiani, cose viste prevalentemente in età fascista, che raggiungono il culmine e si risolvono in un pranzo, per lo più a base di pasta.