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L’intrepido Larth. Storia di un guerriero etrusco PDF

38 Pages·2017·4.807 MB·Italian
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L’INTREPIDO LARTH Storia di un guerriero etrusco a cura di Luana Cenciaioli e Giuseppe M. Della Fina L’INTREPIDO LARTH Storia di un guerriero etrusco a cura di Luana Cenciaioli e Giuseppe M. Della Fina Orvieto Piazza del Duomo Museo “Claudio Faina” – Museo Archeologico Nazionale 12 aprile – 17 settembre 2017 EDIZIONI QUASAR CATALOGO E MOSTRA Progetto scientiico Luana Cenciaioli, Giuseppe M. Della Fina Testi di Luana Cenciaioli Giuseppe M. Della Fina Marco Soia Fotograie Archivio MANU (Museo archeologico nazionale dell’Umbria) Fondazione per il Museo “Claudio Faina” Restauri Luciano Bartoli, Giuliana Germini Progetto graico Marco Saioni Si ringraziano per la collaborazione Simonetta Agabitini, Patrizia Lazzarini, Maria Luisa Manfredi, Andrea Mariottini, Cristina Martini, Massimo Paolucci, Ludovica Savio, Francesco Urbani e il personale di vigilanza e accoglienza del Museo archeologico nazionale di Orvieto e del Museo “Claudio Faina” In copertina Cippo a testa di guerriero. Seconda metà del VI sec. a.C. © Fondazione per il Museo “Claudio Faina” Polo Museale dell’Umbria eISBN 978-88-7140-807-1 Roma 2017, Edizioni Quasar di S. Tognon srl via Ajaccio 43, I-00198 Roma tel. 0685358444, fax. 0685833591 www.edizioniquasar.it – e-mail: [email protected] Introduzione “Nella prima settimana di novembre esplorava una tomba, la quale per la sua importanza sia di costruzione, che per gli oggetti contenutivi esige che sia particolarmente descritta”, così scriveva Gian Francesco Gamurrini nel primo resoconto della scoperta della tomba del Guerriero pub- blicato nel fascicolo, relativo al febbraio 1881, della rivista “Notizie degli Scavi di Antichità”. La scoperta era stata efettuata da Riccardo Mancini mentre conduceva indagini archeologiche in terreni di sua proprietà. Il suggerimento di G.F. Gamurrini, uno dei maggiori archeologi del suo tempo, è stato alla base del progetto della mostra L’intrepido Larth. Storia di un guerriero etrusco allestita presso il Museo “Claudio Faina” e il Museo Archeologico Nazionale di Orvieto, due luoghi della cultura che si afacciano sulla stessa Piazza del Duomo e che – per motivi diversi – possono essere considerati i testimoni di una stagione dell’archeologia orvietana particolarmente vivace e che portò al pieno riconoscimento dell’etruscità della città. Un periodo intenso di scavi e ricerche, con le sue luci e le sue ombre, che venne avviato dalla sco- perta delle tombe dipinte Golini I e II in località Settecamini nel 1863 e si concluse nei primi anni del Novecento, quando il Regno d’Italia riuscì a dotarsi di una legge in grado di assicurare la tutela del patrimonio archeologico nazionale. Lungo il percorso espositivo – articolato signiicativamente attraverso i due musei – si potranno analizzare i tempi e i modi della scoperta e osservare il ricco corredo funerario che caratterizzava la tomba e, al cui interno, spiccano una serie di vasi attici di particolare interesse. Si potrà, inoltre, tornare ad osservare, con una consapevolezza maggiore, il cippo a testa di guer- riero che si conferma come una delle opere più riuscite della scultura in pietra degli Etruschi. Luana Cenciaioli – Giuseppe M. Della Fina 5 La necropoli di Crocifisso del Tufo Disegno di Adolfo Cozza, architetto e archeologo, con esempi dell’architet- tura funeraria e delle iscrizioni presenti nella necropoli di Crociisso del Tufo (Fondazione per il Museo “Claudio Faina”: biblioteca) Orvieto, posta su una rupe che si erge isolata e superba, domina la valle sottostante attraversata da vie di comunicazione che si diramano verso i territori circostanti. Alla base della rupe si dispongono tutt’intor- no le necropoli etrusche, formando una sorta di anello che cinge la città: a nord Crociisso del Tufo, così chiamata da una croce scolpita nel tufo all’interno di una cappella rupestre, a sud Cannicella, che prende il nome dai tanti canneti della zona. La storia degli scavi della necropoli di Crociisso del Tufo è lunga e complessa: le prime notizie relative alla presenza di tombe e iscrizioni etrusche risalgono alla ine del Settecento, e poi nel corso dell’Ottocento, nel 1816 e nel 1830-31, in occasione dei lavori per l’apertura della via Cassia Nuova. Gli scavi, eseguiti dal marchese Ludovico Gualterio nella veste di Gonfaloniere della città, restituirono tombe a camera disposte lungo una linea parallela alla rupe tufacea; costruite con blocchi di tufo erano a uno o a due ambienti, co- perte con pseudovolte e ornate nella parte superiore da una fascia modanata. Bisogna però aspettare l’ultimo trentennio dell’Ottocento, periodo in cui s’incrementarono le ricerche ad opera di Riccardo Mancini, Giovanni Golini, Gian Francesco Gamurrini e Adolfo Cozza per avere un quadro completo. R. Mancini e G. Golini condussero scavi inalizzati prevalentemente al recupero de- gli oggetti più signiicativi per inserirli nel iorente mercato di antichità del tempo ricorrendo anche alla realizzazione di cunicoli attraverso i quali si poteva passare da una tomba all’altra tramite le pareti senza rimuovere la terra sovrastante. Le fortunate campagne di scavo di Riccardo Mancini ebbero inizio a partire dal 1872, prima in terreni di sua proprietà, poi in quelli limitroi. La supervisione delle indagini spettò a Gian Francesco Gamurrini che successivamente ottenne l’intervento diretto della Regia Deputazione per l’Etruria e del Ministero della Pubblica Istruzione per il ripristino e la conservazione di tali importanti testimonianze. Nel 1880 fu recu- perata la tomba del Guerriero. Tra il 1884 e il 1885 le indagini passarono agli organi ministeriali ed, in particolare, al conte Eugenio Faina, ispettore onorario dei monumenti e scavi dell’Orvietano, e a Gian Francesco Gamurrini, con la collabora- 6 zione preziosa di Adolfo Cozza per la redazione degli elenchi dei materiali e dei disegni. Negli anni Sessanta del Novecento ripresero le indagini in concessione da parte della Fondazione per il Museo “Claudio Faina” con la direzione di Mario Bizzarri, allora funzionario della Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria. Nel 1964 l’area passò alla Soprintendenza archeologica per l’Umbria, e le ricerche continuarono con Umberto Ciotti e Anna Eugenia Feruglio. A quest’ultima si devono importanti lavori di consolidamento e restauro delle strutture architettoniche, tenendo conto delle problematiche ambientali e della struttura del terreno sul quale era impostata la necropoli. In anni più recenti, sotto la direzione di Paolo Bruschetti, sono state efettuate opere legate alla musealizzazione del sito e alla sua fruibilità. Dal 2015 le ricerche sono riprese con scavi in concessione al Comune di Orvieto, diretti da Claudio Biz- zarri. Gli oggetti recuperati durante le prime indagini non ebbero una precisa collocazione, alcuni furono de- positati presso il Palazzo Comunale, molti furono acquistati dai conti Mauro e Eugenio Faina per la loro raccolta. Per impedire la dispersione dei reperti e per consentirne la conservazione nacque il Museo Civico Archeologico o sezione archeologica del Museo dell’Opera del Duomo. Le raccolte si arricchirono con il progredire delle indagini archeologiche grazie al deposito, disposto dalla Direzione Generale del Ministero della Pubblica Istruzione, dei materiali sia di proprietà governativa che di quelli acquistati con fondi mi- nisteriali, o a cui lo Stato aveva partecipato inanziariamente; tra questi l’intero corredo della tomba del Guerriero. Nel 1979, dopo una lunga diatriba per la sistemazione delle raccolte archeologiche orvietane e la stipula di una convenzione tra l’Opera del Duomo di Orvieto e la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria, venne stabilito il trasferimento, nella nuova sede al pianterreno del Palazzo Papale (Palazzo di Martino IV) desti- nato a Museo Archeologico Nazionale, di tutto il materiale depositato presso l’Opera del Duomo tranne quei reperti che in precedenza erano stati destinati a costituire l’odierno Museo Civico Archeologico ospi- tato al pianterreno di Palazzo Faina. La necropoli di Crociisso del Tufo, che tra le orvietane è quella che ha restituito il maggior numero di tombe, ha raggiunto la sua mas- sima estensione tra la metà del VI e il V sec. a.C., ma sono note anche tombe più antiche, come quelle a circolo, e altre scendono sino al III sec. a.C. Destinate ad un singolo grup- po familiare di due o tre individui, accolgono sia inumati che incinerati. Del tipo a camera hanno un vano quadrangolare (m 3x2 circa) semi-ipogeo, costruito con blocchi di tufo, in opera quadrata, con doppia parete esterna ed interna e copertura a pseudo-volta. Nella maggior parte dei casi si discende nelle tombe tramite un paio di gradini: all’interno si trova- no banchine addossate alla parete di fondo e ad una delle pareti laterali su cui erano depo- sti i defunti; i relativi corredi funebri, collocati sulle banchine ed a terra, erano costituiti da una elevata quantità di beni di importazione e da prodotti di fabbrica locale sia ceramici Visitatori nella necropoli di Crociisso del Tufo negli anni Dieci del Nove- cento (Fondo fotograico Pericle Perali, ISAO) che metallici. 7 Necropoli di Crociisso del Tufo All’esterno la muratura in prossimità del coronamento del dado è modanata e il tetto è coperto da uno stra- to di terra; davanti alla porta o sopra la copertura, sono posti dei cippi con funzione di segnacolo funerario. Sull’architrave della porta in tufo, corre l’iscrizione con il nome della famiglia titolare del sepolcro, secondo la formula parlante mi + prenome + gentilizio (io sono di…). Raramente sono attestate tombe di dimensio- ni maggiori (con due vani) o più piccole, destinate ad un solo individuo. Ai margini delle tombe sono state individuate sepolture minori a cassetta, formate da lastre di tufo con cippo centrale iscritto. Tra le tombe sono ricavati piccoli camminamenti che consentono il raggiungimento dei luoghi di sepol- tura. La necropoli è organizzata seguendo un piano urbanistico piuttosto regolare, dove le tombe si di- spongono lungo le strade che s’incrociano ad angolo retto e i singoli lotti di proprietà sono segnati da cippi inissi ai lati delle facciate. La regolare disposizione delle tombe presuppone una normativa generale, una sorta di piano regolatore a cui i singoli dovevano attenersi nel costruire le tombe di famiglia. Il risultato è quello di un impianto ur- banistico regolare con strade diritte, parallele e perpendicolari tra di loro, su cui si afacciavano gli ingressi di ciascuna unità. Tutto ciò testimonia una società vivace con un forte governo centrale: un’impressione confermata dall’alto numero di famiglie, molte delle quali di origine non etrusca, ma accolte con pieni diritti all’interno della comunità. La cosiddetta “Tomba del Guerriero”, iden- tiicata con la K 279, fu scavata nel novem- bre 1880 da Riccardo Mancini, in una zona della necropoli di sua proprietà, poi Nan- narelli. Si tratta di una sepoltura a doppia camera costruita in blocchi di tufo, con in- gresso rivolto a Ovest, chiusa da una porta; da qui tramite un piccolo ambiente si acce- deva alla camera funebre, suddivisa in due vani da un setto centrale. L’intera struttura era circondata da una seconda parete in tufo e l’intercapedine tra le due murature era riempita da “un miscuglio di argilla ne- 8 rastra e piccoli sassi”. Pianta della necropoli di Crociisso del Tufo (Archivio MANU) La volta era crollata all’interno insieme ai cippi che si trovavano sopra la tomba, tra cui quello a testa elmata conservato nel Museo Civico Archeologico (Palazzo Faina) con il nome del defunto inumato larth cuperes aranthia (CIE 5000), nominativo e patronimico. Si potrebbe trattare di un personaggio di origine cereta- no-veiente, come mostrano i confronti epigraici, trasferitosi ad Orvieto, svolgendo l’attività di militare, probabilmente mercenario. Il corredo fu trovato in una situazione sconvolta, sia per il crollo della volta, sia per l’azione di scavatori già in epoca antica. Conservato nella quasi totalità e costituito da numerosi vasi attici, ne venne impedita la dispersione grazie all’intervento di Gian Francesco Gamurrini che lo scelse tra i materiali degli scavi Mancini da acquisire per l’allora nascente Museo Civico Archeologico (o sezio- ne archeologica dell’Opera del Duomo) facendolo acquistare dal Ministero della Pubblica Istruzione con la partecipazione del Comune di Orvieto e della stessa Opera del Duomo. Importante fu l’intervento del conte Eugenio Faina che – per facilitare l’acquisto - anticipò personalmente la quota spettante allo Stato. La tomba, rinterrata dopo lo scavo, non è più visibile. L’identiicazione del materiale del corredo funerario si deve ad Anna Eugenia Feruglio e Adriano Maggia- ni. Ora esso è esposto al Museo Archeologico Nazionale di Orvieto, mentre il cippo a testa di guerriero è visibile nell’attuale Museo Civico Archeologico ospitato nel Palazzo Faina e gestito dalla Fondazione per il Museo “Claudio Faina”. La inalità di questa mostra è quella di rendere visibile e fruibile al pubblico questo splendido corredo nella sua interezza, unendo idealmente in questa occasione i due musei, secondo il ilo conduttore della docu- mentazione. Luana Cenciaioli BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Della Fina 2006 = G.M. Della Fina, Il Museo glio, Todi-Orvieto, Perugia 1998, pp. 143-153 dell’Opera del Duomo. Sezione archeologica, Bruschetti 2006 = P. Bruschetti, Etruschi a Orvie- in P. Bruschetti, Etruschi a Orvieto. Il Museo Ar- Feruglio 2003 = A.E. Feruglio, Le necropoli etru- to. Il Museo Archeologico Nazionale di Orvieto. cheologico Nazionale di Orvieto. Collezioni e sche, G.M. Della Fina – C. Fratini (a cura di), Collezioni e territorio, Perugia 2006 territorio, Perugia 2006 Storia di Orvieto. I. Antichità, Perugia 2003, pp. 275-328 Bruschetti 2012 = P. Bruschetti, La necropoli di Della Fina 2013 = G.M. Della Fina, La storia de- Crocifisso del Tufo a Orvieto. Contesti tombali. gli studi, in Da Orvieto a Bolsena: un percorso tra Maggiani 2005 = A. Maggiani, Il cippo di Larth Monumenti Etruschi 10, Pisa-Roma 2012 Etruschi e Romani, a cura di G.M. Della Fina- E. Cupures veiente e gli altri semata a testa umana Pellegrini (a cura di), Pisa 2013, pp. 45-59 da Orvieto, in AnnFaina, XII, 2005, pp. 29-73 Della Fina 1989 = G.M. Della Fina, La ricerca dell’Antico in Orvieto fra Trecento e Ottocento, Feruglio 1998 = A.E. Feruglio, La necropoli di Roma 1989 Crocifisso del Tufo, in P. Bruschetti – A.E. Feru- 9 La nuova Italia e i beni archeologici: la scoperta della tomba del Guerriero Rivista “Notizie degli Scavi di Antichità” (settembre 1887), tav. VII con il disegno di alcuni cippi rinve- nuti nelle necropoli di Orvieto realizzato da Adolfo Cozza. Alla ig. 9 è rafigurato un secondo cippo a testa di guerriero, rinvenuto sempre nella necropoli di Crociisso del Tufo, e conservato attualmen- te presso il Museo Archeologico Nazio- nale di Firenze Tra le sculture etrusche più note igura sicuramente il cippo a testa di guerriero proveniente dalla necropoli di Crociisso del Tufo e visibile oggi nel Museo Civico Archeologico di Orvieto ospitato al pianterreno di Palazzo Faina. L’opera, studiata in maniera approfondita da Adriano Maggiani1, può essere datata agli anni 530-520 a.C. e reca un’iscrizione con l’indicazione del possibile committente (o, almeno, del personaggio che il cippo voleva ricordare): Larth Cupures iglio di Aranth. Essa anche è stata oggetto di attenzione da parte di Maggiani che – grazie a una serie di osservazioni scaturite soprattutto dal suo esame – ha ipotizzato che Larth avesse un’origine italica, probabilmente sabina, e che il genitore, durante la prima metà del VI secolo a.C., fosse entrato in Etruria stanziandosi inizialmente a Veio e che Larth da lì, in un secondo momento, avesse deciso di spostarsi a Velzna (Orvieto) facendo aidamento sulle sue doti di guerriero (ricordate e – se si vuole – esaltate nello stesso cippo funerario). Nella nuova città, che viveva un stagione vivace e di sviluppo sociale ed economico, avrebbe avuto una carriera luminosa culminata con l’ingresso nell’aristocrazia locale e con l’assunzione di un ruolo di primo piano all’interno della comunità2. Sempre a Maggiani si deve un inquadramento storico-artistico dell’opera – anche in riferimento all’altro cippo a testa di guerriero proveniente dalla stessa necropoli e conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze – che appare pienamente condivisibile3. Valutazioni che hanno capovolto il giudizio critico tra le due opere riconoscendo all’esemplare conservato in Orvieto un primato: “i due cippi a testa elmata sono abbastanza vicini nel tempo, come dimostra il tipo degli elmi, anche se il cippo del Museo [Palazzo] Faina precede stilisticamente quello di Firenze … Questa conclusione mi sembra rovesci la pro- spettiva tradizionale che vedeva nel cippo Faina una replica immiserita di quello del Museo di Firenze”4. 1 Maggiani 2005, pp. 29-73 2 Maggiani 2005, pp. 46-47 3 Maggiani 2005, pp. 35-39 10 4 Maggiani 2005, p. 41 In questo saggio ci si vuole limitare a ricostruire le modalità della scoperta e a suggerire come esse possano essere indicative del modo di operare nella nuova Italia uniicata da nemmeno venti anni: il ritrovamento avvenne, infatti, nel novembre del 18805. Ci soccorre la letteratura dell’epoca e la documentazione di archivio. La notizia del ritrovamento venne data sulle due riviste più prestigiose del tempo per quanto riguarda l’Italia: Notizie degli Scavi di Antichità e il Bullettino dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica6. Due pubblicazioni che avevano posizioni di- stinte e dialettiche: la prima vicina agli indirizzi del Ministero della Pubblica Istruzione e quindi al Governo Italiano, l’altra collegata all’Instituto di Corrispondenza Archeologica che aveva svolto dalla sua fondazio- ne, avvenuta nel 1829, un ruolo importante nell’archeologia della penisola, ma che aveva avuto e aveva connessioni con il mercato di antichità. Gian Francesco Gamurrini, Reale Commissario dei Musei e degli Scavi della Toscana e dell’Umbria, sce- glie, innanzitutto, d’inquadrare topograicamente il ritrovamento: “Gli scavi recentemente eseguiti dal sig. ing. Riccardo Mancini ebbero lo scopo di esplorare minutamente la necropoli etrusca al Crociisso del Tufo, nella parte contigua a quella da lui ceduta al r. Governo, e che si appella le Conce… Il piccolo resedio ora tentato dall’ing. Mancini resta al tramonto, e non lungi da una fonte perenne; intorno alla quale, sebbe- ne per la sua purezza ed abbondanza avesse ricevuto dai popoli primitivi ed etruschi qualche venerazione, non si scorgono adesso che costruzioni piuttosto recenti. Dopo breve tratto si trova la porta maggiore, la quale per molti sicuri indizi si deve credere la primitiva porta della città: e forse questa è una delle ragioni locali, perché nel terreno esplorato sono apparse delle tombe di antichissima data”7. Gamurrini, dopo aver preso in esame altri ritrovamenti realizzati da Riccardo Mancini, si concentra sulla tomba del Guerriero: “Nella prima settimana di novembre esplorava una tomba, la quale per la sua impor- tanza sia di costruzione, che per gli oggetti contenutivi esige che sia particolarmente descritta”8. La descri- zione l’aida esplicitamente alle parole presenti nel rapporto redatto dallo stesso Mancini: “La tomba era Copertina di un fascicolo della rivista Copertina di un fascicolo della rivista Pianta della tomba del Guerriero in “Bulletti- “Notizie degli Scavi di Antichità” (febbra- “Bullettino dell’Instituto di Corrispon- no dell’Instituto di Corrispondenza Archeo- io 1881) con, all’interno, la notizia, data denza Archeologica” XII, dicembre logica” XII, dicembre 1881 da Gian Francesco Gamurrini, del ritro- 1881, con, all’interno, l’articolo di vamento della tomba del Guerriero nella Wolfgang Helbig sulla scoperta della necropoli orvietana di Crociisso del Tufo tomba del Guerriero 5 Klakowicz 1972, pp. 18-22 e 201-203; Klakowicz 1972a, pp. 201-204. Sull’archeologia del primo cinquantennio post-unitario si vedano almeno i recenti studi: Örma – Sandberg 2011; Capaldi – Fröhlich – Gasparri 2014; Barbanera 2015 6 Gamurrini 1881, pp. 50-53; Helbig 1881, pp. 263-273 7 Gamurrini 1881, p. 47 8 Gamurrini 1881, p. 50 11

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