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L’intervista letteraria. Storia e teoria di un genere trascurato PDF

112 Pages·00.906 MB·Italian
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lingue e letterature carocci / 297 I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Corso Vittorio Emanuele ii, 229 00186 Roma telefono 06 / 42 81 84 17 fax 06 / 42 74 79 31 Siamo su: www.carocci.it www.facebook.com/caroccieditore www.twitter.com/caroccieditore Federico Fastelli L’intervista letteraria Storia e teoria di un genere trascurato C Carocci editore Il volume è frutto della ricerca svolta presso il Dipartimento di Formazione, Lingue, Intercultura, Letterature e Psicologia dell’Università degli Studi di Firenze, e beneficia per la pubblicazione di contributi dell’ateneo. 1a edizione, dicembre 2019 © copyright 2019 by Carocci editore S.p.A., Roma Realizzazione editoriale: Edimill S.r.l., Bologna Finito di stampare nel dicembre 2019 da Litografia Varo (Pisa) isbn 978-88-430-9853-8 Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. Indice Introduzione. L’insuccesso del signor Carrère 9 1. Che cos’è un’intervista 15 1.1. La società dell’intervista 15 1.2. L’intervista come genere 19 1.3. L’intervista letteraria 26 2. Storia dell’intervista 39 2.1. Un genere moderno 39 2.2. Un genere americano 46 2.3. Un genere intermediale 51 3. Letteratura e intervista 59 3.1. Giornalisti, scrittori e letterati 59 3.2. Jules Huret e l’inchiesta letteraria 66 3.3. Un’ora con… 72 3.4. L’intervistatore scrittore 79 3.5. “The Paris Review” 84 Riferimenti bibliografici 93 Indice dei nomi 103 7 Introduzione L’insuccesso del signor Carrère C’è un racconto piuttosto divertente che descrive lo statuto precario dell’oggetto di studio di questo libro. Si tratta della ricostruzione di un’e- sperienza fallimentare vissuta personalmente dallo scrittore Emmanuel Carrère. Contattato da una nota rivista cinematografica per intervistare la grande Catherine Deneuve, Carrère accetta dopo qualche iniziale per- plessità. Decide tuttavia di non preparare delle vere e proprie domande. Riguarda alcuni dei film dell’attrice, rilegge la sua raccolta di taccuini À l’ombre de moi-même (2004) e telefona a Pascal Bonitzer, l’ultima persona ad averla intervistata. Nonostante l’amico regista lo metta in guardia – in- tervistare Deneuve non è cosa semplice, o almeno non lo è stato per lui –, Carrère idealizza il suo incontro: non vuole costruire la solita intervista da giornalista cinematografico, anche perché non lo è. Non è a caccia di gossip e si propone di evitare questioni troppo complicate. Non intende mettere in difficoltà l’intervistata. Immagina l’intervista come una conversazione, uno scambio da cui emergerà un «ritratto complice e pieno di sfumature» (Carrère, 2017, p. 245). Carrère conta sul fatto che è stata proprio Deneuve a proporre il suo nome alla redazione della rivista. Dunque è certo che l’attrice apprezza il suo lavoro e conosce i suoi romanzi, magari anche i suoi film. È convinto che l’incontro si trasformerà in un’esperienza dialettica nella quale, al mo- mento opportuno, intervistata e intervistatore convergeranno spontanea- mente sui giusti argomenti. L’appuntamento presso il vecchio Cinéma Panthéon del Quartiere la- tino si risolve in un vero e proprio disastro. La conversazione stenta a decol- lare e l’intervistatore sprofonda in pochi minuti in una sorta di imbarazza- ta titubanza, di impacciato disagio. In due ore di registrazione, sbobinate nei giorni successivi, non trova materiali significativi da rieditare nella ti- pica forma del “botta e risposta”, che caratterizza di norma il genere. Deci- de quindi di rimpiazzare il pezzo promesso a “Première” con la narrazione 9 l’intervista letteraria della propria peculiare (e in un certo modo indimenticabile) esperienza, che intitola ironicamente Comment j’ai complètement raté mon interview de Catherine Deneuve (Come ho completamente cannato la mia intervista a Catherine Deneuve, nella traduzione italiana del 2017)1. Cos’è andato stor- to? Perché l’idea iniziale non ha funzionato? È stato il temperamento de- ciso e un po’ snob di Catherine Deneuve a mandare in fumo le aspettative dello scrittore, o piuttosto è stato lui a non prepararsi in maniera adeguata? Le ragioni del fallimento chiamano in causa, in primo luogo, l’inti- ma parentela dell’intervista con altri generi dialogici. Carrère rifiuta espli- citamente il ruolo del giornalista, e il modello formale del dialogo diret- to, con domande dell’intervistatore e risposte dell’intervistato riportate fra virgolette. Sa bene, infatti, che l’intervista, intesa senza ulteriori spe- cificazioni, è una declinazione testuale specifica che proviene dalla storia dell’informazione. Sa che ha molto a che fare con il gossip e con il sensa- zionalismo, con il reportage e con l’inchiesta, nonché con l’idea moderna di opinione pubblica. Ma sa anche che, nel caso di interviste a personali- tà straordinarie dell’arte, del cinema e della letteratura, il termine “inter- vista” non esaurisce le possibilità del genere entro lo schematico modello che il giornalismo ci ha reso familiare, né entro la “macchina binaria” di opposizioni preconfezionate (intervistato-intervistatore, uomo-scrittore, vita-opera, intenzione-significazione), che, come ha detto una volta Clai- re Parnet dialogando a distanza con Gilles Deleuze, preformerebbe le do- mande «sulla base delle risposte supposte probabili secondo le significa- zioni dominanti»2. Quando Carrère pensa all’arduo compito che si è assunto, utilizza quindi termini come “incontro”, “visita”, “conversazione”, “dialogo”, sovrap- ponendo, in maniera impropria, l’intervista a diversi generi testuali. Lo fa perché ha in mente alcuni esempi. Pensa quasi certamente a Truman Ca- 1. Si legge nella raccolta di articoli e saggi Il est avantageux d’avoir où aller (2016), di- sponibile in italiano per la traduzione di Francesco Bergamasco col titolo Propizio è avere ove recarsi (2017). 2. Secondo Parnet, quindi: «il procedimento per domande e risposte non è conve- niente per ragioni molto semplici. Il tono delle domande può variare: c’è un tono perfido- maligno, o al contrario un tono servile, o anche da pari a pari. Lo si ascolta tutti i giorni in televisione. […] Quale che sia il tono, il procedimento domanda-risposta è fatto proprio per alimentare i dualismi. Per esempio, in un’intervista letteraria si trova innanzi tutto il dualismo intervistatore-intervistato, poi, al di là di questo, il dualismo uomo-scrittore, vita-opera nell’intervistato stesso, e inoltre il dualismo opera-intenzione o significazione dell’opera» (Deleuze, Parnet, 1977, p. 25). 10

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