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Lezioni sul tempo, la memoria e il racconto PDF

329 Pages·2004·3.19 MB·Italian
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Paolo Spinicci Lezioni sul tempo, la memoria e il racconto (Filosofia teoretica I, anno accademico 2003-2004) in appendice: Paola Basso «Tout se tient»: l'immagine dell'orologio nella filosofia moderna GIUGNO 2004, CUEM, MILANO LEZIONI INTRODUTTIVE.........................................................6 Lezione prima.................................................................................7 1 Considerazioni introduttive.......................................................7 Lezione seconda............................................................................17 1. Una favola antica....................................................................17 2. Le ragione di una favola.........................................................28 PARTE PRIMA............................................................................31 Due immagini della temporalità.................................................31 Lezione terza.................................................................................32 1. L’irrealtà del tempo: due diversi modi di intendere la temporalità..................................................................................32 2. L’argomento di McTaggart.....................................................42 Lezione quarta..............................................................................47 1. La contraddizione nella serie A..............................................47 2. Argomenti e dimostrazioni.....................................................57 Lezione quinta...............................................................................62 1. Proposizioni e fatti temporali..................................................62 2. Delle proposizioni di tipo A non si può fare a meno..............68 Lezione sesta..................................................................................73 1. Il presente: una determinazione soggettiva?...........................73 2. La grammatica del presente, la grammatica dei vissuti..........80 Lezione settima.............................................................................86 1. Una piega pragmatica.............................................................86 2. Siamo sempre ora...................................................................91 Lezione ottava.............................................................................102 1. Uno sguardo indietro............................................................102 2. La fenomenologia: considerazioni introduttive....................110 Lezione nona...............................................................................116 3 1. Qualche considerazioni metodologica..................................116 2. Oggetti temporali, oggetti «nel loro come» e la struttura soggettiva della temporalità......................................................123 Lezione decima............................................................................130 1. Il diagramma temporale........................................................130 2. Il senso del diagramma temporale e le serie di McTaggart..140 Lezione undicesima.....................................................................147 1. Uno sguardo indietro............................................................147 2. Il sole, la sabbia, le ruote dentate..........................................152 Lezione dodicesima.....................................................................168 1. Considerazioni conclusive....................................................168 2. Un nuovo aspetto del nostro problema.................................176 PARTE SECONDA....................................................................178 La memoria...............................................................................178 Lezione tredicesima....................................................................179 1. Considerazioni introduttive..................................................179 2. I ricordi ci appartengono.......................................................189 Lezione quattordicesima............................................................195 1. La chiusura del ricordo.........................................................195 2. Il ricordo e il presente...........................................................199 Lezione quindicesima.................................................................206 1. Due immagini della memoria...............................................206 2. Un esempio...........................................................................215 PARTE TERZA..........................................................................229 Racconto......................................................................................229 Lezione sedicesima......................................................................230 1. Le ragioni del signore dei venti............................................230 2. Calendari solari, calendari lunari..........................................241 4 Lezione diciassettesima..............................................................249 1. Misurare e scandire...............................................................249 2. Ritmi semplici e ritmi composti...........................................258 Lezione diciottesima...................................................................263 1. Mircea Eliade: fenomenologia e storia del sacro..................263 2. Il significato del sacro...........................................................270 Lezione diciannovesima.............................................................277 1. Archetipi e ripetizione..........................................................277 2. La rigenerazione del tempo..................................................285 Lezione ventesima.......................................................................295 1. Il sacro: un concetto originario?...........................................295 2. Qualche conclusione.............................................................305 APPENDICE...............................................................................309 «Tout se tient»: l’immagine dell’orologio nella filosofia moderna.....309 1. Considerazioni introduttive..................................................310 2. Le caratteristiche ‘fenomenologiche’ dell’orologio.............310 3. Concetti esemplificati dall’orologio.....................................317 5 LEZIONI INTRODUTTIVE 6 LEZIONE PRIMA 1 Considerazioni introduttive Il tema che quest’anno vorrei affrontare con voi — il tema del tem- po — credo superi le mie capacità. Si tratta di un tema complesso, che ha una sua storia intricata nella riflessione filosofica e che tocca una molteplicità di questioni molto difficili. Il tempo è una realtà che in vario modo pervade la nostra vita e la nostra cultura, e del tempo infatti parliamo come di una dimensione che ha un significa- to esistenziale e sociologico: il tempo è una delle grandezze intorno alle quali ruota la nostra vita e la nostra cultura, e diverse società hanno diverse immagini del tempo. La storia degli uomini è anche storia delle diverse forme in cui si comprende il tempo e del diffe- rente ruolo che la sua misurazione assume nelle diverse epoche e nelle diverse culture. La nostra è una società dominata dall’orologio e dalla misurazione esatta del tempo, ma non è sempre stato così: per molti e molti anni il Sole è stato l’unico metro del tempo — un metro impreciso che scandiva ala durata dei giorni con il passo mu- tevole che il ciclo delle stagioni gli attribuiva. Ma il tempo non è soltanto uno dei cardini su cui ruota la nostra esistenza: è anche, e soprattutto, una delle grandezze elementari della fisica. Il tempo è il cardine su cui ruota la nozione di movimento e di cambiamento, ed è anche chiamato direttamente in causa dalla nozione di causalità: l’ordinamento obiettivo nel tempo è in vario modo intrecciato con il nesso che determina la successione degli effetti alle cause, e non c’è bisogno di addentrarsi più di tanto nella fisica novecentesca per scoprire quanti problemi si annidino in queste considerazioni che appaiono in una forma più semplice già nelle pagine kantiane della Critica della ragion pura. Di questi problemi, tuttavia, non parleremo e non soltanto perché un corso di lezioni deve comunque delimitare l’orizzonte entro cui intende muoversi e rinunciare fin da principio ad abbracciare un ter- reno troppo vasto, ma anche perché è comunque opportuno distin- guere la prospettiva teorica che compete ad un’analisi epistemolo- gica in senso stretto dalle riflessioni che sono proprie di una dottri- 7 na dell’esperienza. Sul terreno delle indagini scientifiche i concetti debbono essere in vario modo riformulati, e la storia di questa con- tinua revisione concettuale è un segno della complessità del cam- mino che la riflessione compie per delineare un’immagine del mon- do che meglio risponda ai requisiti che la realtà impone. Questo punto deve tuttavia essere ben chiaro: se di realtà obiettiva parliamo, allora non possiamo che discutere di ciò che la scienza ci propone. E tuttavia sarebbe, credo, privo di senso sostenere che i concetti di cui le scienze si avvalgono debbano essere imposti an- che sul terreno della nostra esistenza quotidiana. La fisica sostiene, e a ragione, che non vi sono colori nelle cose, ma solo differenti ca- pacità di reagire alla luce; riconoscere che così stanno le cose non significa tuttavia storcere la bocca quando sentiamo parlare dei co- lori. La neve è bianca, il cielo è azzurro, quest’inchiostro è nero ─ normalmente ci esprimiamo proprio così, almeno sin quando non ci immergiamo nel linguaggio teorico della fisica; e tuttavia negare queste affermazioni così ovvie non vuol dire disporsi sul terreno di una superiore esattezza: vuol dire invece confondere gli oggetti che percepiamo e che esperiamo con le entità della fisica. La neve è bianca per la buona ragione che con la parola «neve» intendo pro- prio questo oggetto che vedo e che tocco, e non un qualche altro oggetto fatto di atomi e di elettroni. La fisica ha le sue ragioni per costringerci ad avvalersi dei suoi concetti e il mondo di cui ci parla non è un altro mondo rispetto al nostro; tutt’altro: è proprio questo nostro mondo che dobbiamo pensare così, come la fisica ci insegna. Ma questo non significa che le partizioni che tracciamo nel mondo sensibile abbiano un loro corrispettivo sul terreno della fisica o del- le scienze in generale. E proprio come non vi è ragione di costringe- re la fisica ad accettare come significative le partizioni e le classifi- cazioni che l’esperienza traccia, così non vi è un motivo particolare per sentirsi costretti a far valere sul terreno del mondo della vita i concetti e le verità delle scienze naturali. Vi è, comunque, un’ulteriore ragione per non costringere il mon- do della vita nel linguaggio della scienza, ed è che i concetti di cui le scienze si avvalgono implicano le certezze che animano la nostra comune esperienza. Del mondo così come lo conosciamo le scienze scoprono la natura reale, ma questo non toglie che la stessa possibi- lità di pensare e conoscere la realtà così come le scienze vengono nel tempo scoprendola poggia infine sulle forme di categorizzazio- 8 ne dell’esperienza che appartengono al mondo della vita e che sono presupposte dalla stessa possibilità di un orizzonte dialogico. Di qui l’andamento di queste lezioni che avranno come tema il concetto di tempo che l’esperienza comune ci porge — un concetto che proprio in virtù della sua elementarità deve essere discusso per primo. A questa prima delimitazione del terreno di indagine dovremo tut- tavia farne seguire molte altre, che non hanno alle spalle altre ra- gioni se non questa — quando ci si imbatte in un problema difficile è opportuno riconoscere i propri limiti. E così vi chiedo fin da prin- cipio il permesso di dimenticarmi di tanti problemi che pure an- drebbero affrontati e discussi, ma che dobbiamo invece mettere da canto, per concentrare la nostra attenzione innanzitutto su un aspet- to della grammatica della temporalità: il suo esser sospesa tra la di- mensione del fluire e del permanere. Il tempo passa, eppure è una forma d’ordinamento che c’è — una volta per tutte. L’istante che ora viviamo è un punto senza dimensione che precipita nel passato — è un’osservazione che abbiamo sentito molte volte, e che ha dal- la sua molte buone ragioni. E tuttavia alla retorica del divenire e al- le sue immagini così familiari — l’immagine del fiume che scorre, della sabbia che cade nella clessidra, della fiamma che divora la candela — non è difficile opporre le immagini del permanere: per quanto debbano di continuo muoversi, le lancette non possono ab- bandonare il quadrante ed ogni loro possibile posizione (e insieme ogni futura posizione degli ingranaggi dell’orologio) è già come racchiusa nella natura stessa di quei meccanismi, nello spettro dei suoi possibili movimenti. Parleremo dunque solo del tempo e del nesso che lega il fluire al permanere. Del resto, anche se ci manteniamo vicini a questa cop- pia di concetti, le cose da dire sono molte e il tempo non perde quella sua particolarissima centralità che nella nostra vita gli spetta. Il tempo passa, — questo lo sappiamo davvero tutti, e non possiamo nemmeno pensare che un istante si sottragga a questa legge o che possa davvero aprirsi nuovamente un varco nella presenza. E tutta- via il passare del tempo non è soltanto un continuo fluire, ma è an- che ciò che determina una forma di ordinamento immutabile. Ciò che accade si dispone nella dialettica temporale del divenire che dal futuro conduce al presente e dal presente al passato, e tuttavia al di là del gioco mutevole della prospettiva temporale, gli eventi si le- gano ad un istante di tempo, e nel loro accadere si appropriano di 9 una posizione temporale che non potrà più mutare. Il futuro si fa presente e il presente passato, ma a questo divenire fa da contrap- punto il tempo come successione ordinati di luoghi disposti secondo il criterio del prima e del poi — un ordinamento rigido, che non muta con il passare del tempo, poiché non accadrà mai che nel suo sprofondare nel passato la battaglia di Canne si faccia più o meno discosta dalla battaglia del Trasimeno o che accada prima di essa. Del resto, questa duplice forma del tempo sembra radicarsi anche nella natura dei giudizi che al tempo si legano. Sin quando ci muo- viamo sul terreno del senso comune e delle forme del linguaggio quotidiano dire di qualcosa che c’è significa anche riconoscerne la presenza. Se diciamo a qualcuno di prendere il libro sul tavolo è perché sul tavolo ora c’è il libro che ci serve: il suo esserci fa tutt’uno con il suo esserci ora. Di un’azione non fatta possiamo dire che la faremo e, alla stessa stregua, dire ad una persona reduce da uno spavento che è tutto passato vuol dire semplicemente ricono- scere che ciò di cui ci si preoccupava non esiste più e che non vi è più nulla da temere. Le cose passate non ci sono più, e questa mas- sima così ovvia risuona in una veste più aulica nelle parole di Mefi- stofele che nel Faust ci ricorda che parlare del passato significa in- dugiare su una parola sciocca, poiché passato e nulla sono un’unica cosa. All’immagine del tempo come un processo che conduce gli eventi sul palcoscenico dell’esistenza per poi nuovamente sottrarli al ter- reno dell’essere fa eco la tesi secondo la quale la temporalità altro non sarebbe che un sistema di relazioni che possono essere descritte e constatate in un linguaggio privo di determinazioni temporali. E quanto più cerchiamo di connettere le une alle altre le determina- zioni del flusso e della permanenza, tanto più ci imbattiamo in dif- ficoltà che sembra difficile sanare. Il tempo passa, ma il tempo è anche un sistema di relazioni che permane. La pace di Nimega è prima della battaglia di Waterloo e lo resterà per sempre, proprio come ciò che tra breve accadrà è comunque già da ora in un rappor- to temporale determinato con ogni altro evento — un rapporto che può essere asserito in un linguaggio privo di flessione temporale, proprio come accade quando diciamo che 5 è maggiore di 3 o che un pentagono ha 5 lati. Del resto, se ci poniamo in questa nuova prospettiva, proprio le osservazioni che abbiamo dianzi avanzato e che miravano a stringere in un unico nodo l’esserci e la presenza ci 10

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