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Lettere alla Musa PDF

208 Pages·1989·2.27 MB·Italian
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Prefazione 1 GUSTAVO FLAUBERT Lettere alla Mu sa TRADOTTE DA MERCEDE MÙNDULA A. F. FORMÍGGINI EDITORE IN ROMA 1938 ProPrietà letteraria I diritti di traduzione sono riservati per tutti i paesi. Nella filigrana di ogni foglio deve essere visibile l’impresa editoriale Modena, Tip O. Ferraguti e C. - 30 Giugno 1938 - XVI PREFAZIONE … «La deplorevole mania dell’analisi mi esauri- sce. Dubito di tutto e anche del mio dubbio. Mi hai creduto giovane e invece sono vecchio». Queste parole che Gustavo Flaubert scrive a soli venticinque anni parrebbero una posa e un’affetta- zione romantica se non fossero invece espressione di verità grave e sentita. «Sono fatto per veder morire ogni cosa intorno a me e dentro di me. Ho già assistito a infiniti funerali interiori». E altrove: «La felicità è una mostruosità, coloro che la cercano ne sono puniti». Egli non la cerca più: la vita non è altro che un buffo scherzo e l’umanità un’accolta di tristi o di sciocchi. Vissuto nel pieno fiorire del romanticismo si pone contro il mondo, la società e la vita come tutti i romantici; ma in Flaubert l’atteggiamento non è suggerito dalla moda del tempo, ed egli fa il «tene- broso» tutt’altro che per vezzo letterario. Venticinque anni, ma vissuti in una intensità di vita intima quasi spaventosa, tutta analisi turbo- 10 Prefazione lente e foghe contenute, sì che egli può veramente dire di aver trascorso la giovinezza «nel domare l’anima come un cavaliere il suo cavallo, e ora lo co- stringe a galoppare attraverso grandi distese a colpi di sperone, ora a procedere a rilento, o a saltare i fossati, o a correre al trotto e all’ambio, nient’altro che per divertirsi e per addestrarsi meglio». Non sempre per divertirsi: a ventun anni egli fu colpito da un male terribile, l’epilessia, e quel male acuendo ancor più la sua spasmodica sensi- bilità gettò ombre dense e grevi sul suo spirito ar- dente, ed è quasi certo che in seguito, nella vita, «una specie di apprensione gli restasse, un modo più cupo di veder le cose, una certa diffidenza per ogni avvenimento, un dubbio innanzi all’ap- parente felicità». Il male dette angosce e terrori alla sua anima, ma non ne distrusse la vampa secreta, l’intima passionalità. Il Flaubert pessimista, ironico, dominato dalla intelligenza sovrana si sovrappone all’altro tut- to impeto e fervore, fremiti appassionati e lirici entusiasmi senza soffocarlo. In lui si trovarono fuse due qualità di solito contrastanti: una mente terribilmente lucida e un cuore ingenuamente en- tusiasta; da questa fusione di misura e d’ardore, d’impassibilità apparente e di lirismo secreto, di osservazione penetrante e di ardore immagina- tivo nasce il fascino unico di Flaubert uomo e di Flaubert artista. Prefazione 11 Nessuno meglio di lui ha saputo scavare in sé stesso per scoprire i moti più nascosti, i brividi più sottili, i più inavvertiti dissidi, e queste lettere eloquenti, originali, profonde, in cui il suo pessi- mismo e il suo entusiasmo, la sua foga e la sua freddezza, la sua sincerità e la sua feroce ironia ci appaiono nel loro appassionato contrastare; queste lettere in cui l’autore di Madame Bovary ci rivela giorno per giorno la sua dolorosa e ineb- briante fatica di colosso paziente e minuzioso; queste lettere uniche per la loro sincerità elo- quente — tanto da farci indulgere verso l’autore che non ammira Dante mentre ammira i versi di Luisa Colet — nella loro originalità profonda e briosa, nella loro lacerante analisi, sono destinate anch’esse all’immortalità come la storia eterna della piccola Emma Bovary. ✩ ✩ ✩ Quando Gustavo Flaubert cominciò a scriverle nel 1846 era un fiero e selvatico provinciale che passava quasi tutto l’anno a Croisset, in Norman- dia, con la madre, vedova del dottor Flaubert, chi- rurgo di grande valore, già direttore dell’ospedale di Rouen, bella figura d’uomo e di studioso, sem- plice, diritto, brusco, di cui il figlio parla con quel senso di tenerezza pudica a lui abituale quando il cuore gli trema. 12 Prefazione Questa madre adorata, sopravvissuta alla morte del diletto compagno e di una figlia ven- tenne, riempie della sua ombra triste e amorosa, della sua apprensiva sollecitudine la vita del figlio rimasto. «Tu mi parli dei tuoi dolori — scriverà egli alla Colet — ma io ne vedo un altro, un al- tro qui, vicino a me, che non si lamenta mai, che sa anche sorridere, e accanto al quale il tuo, per grande che possa essere, non sarà altro che una puntura comparata a una piaga, una convulsione vicino a un’agonia». A Croisset, nella vecchia casa paterna cir- condata da un giardino magnifico e bagnata dalla Senna, egli passa quasi tutta la giornata nell’am- pio studio tappezzato di libri, con tre finestre sul giardino e due sul fiume. In questa stanza predilet- ta egli ha trascorso la più gran parte delta sua vita. Pochi oggetti (Flaubert odiava i cosidetti sopram- mobili artistici) ricordo dei suoi viaggi in Oriente; un gran piatto turco dov’erano numerose penne d’oca appuntite di cui egli si serviva nelle lunghe ore di lavoro; un gran divano anch’esso turco tutto coperto di cuscini dove ruggiva e si abbatteva nelle ore d’impotenza creatrice e una gran pelle d’orso… «Io sono rassegnato a vivere come ho sempre vissu- to, solo, con i grandi uomini intorno che mi tengono compagnia, e la mia pelle d’orso che ci sta d’incan- to, essendo un orso anch’io…». Ma quest’orso che sfoga sull’uomo, sul «borghe-

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