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Letterature Americane e altre arti PDF

235 Pages·2010·14.95 MB·Italian
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Letterature Americane e altre Arti Literaturas Americanas y otras Artes a cura di Eliana Guagliano Salerno (Italia), 13-15 Maggio 2009 Dipartimento Studi Linguistici e Letterari, Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Università degli Studi di Salerno Centro Studi Americanistici “Circolo Amerindiano” Sede di Salerno Giornate di chiusura del XXXI Convegno Internazionale di Americanistica XXXI Congreso Internacional de Americanística XXXI Congresso Internacional de Americanística XXXI International Congress of Americanists XXXI Congrès International des Américanistes Organizzato dal Centro Studi Americanistici “Circolo Amerindiano” Comitato Scientifico / Comité Científico / Segreteria Organizzativa / Secretaría de Comitê Científico / Scientific Committee / Organización / Organização / Organizational Comité Scientifique Staff / Secrétariat d’Organisation: Tullio Seppilli (Presidente) Centro Studi Americanistici “Circolo Gerando Bamonte, Maria de Lourdes Beldi de Amerindiano” Alcântara, Giulia Bogliolo Bruna, Claudio Cavatrunci, Luciano Giannelli, Víctor González Lucia Arvonio, Jenny Judith Collahua De la Cruz, Selanio, Piero Gorza, Rosa Maria Grillo, Alfredo Alessandra Daniele, Serena Ferraiolo, Immacolata López Austin, Giuseppe Orefici, Mario Humberto Forlano, Eliana Guagliano, Alessia Martignetti, Ruz Sosa, Romolo Santoni. Stefania Mucci, Concetta Nazzaro, Giulia Nuzzo, Letizia Pinto, Maria Strollo, Daniela Voto, Maria Teresa Vitola. Presidenza / Presidencia / Presidência / Chairman / Présidence Romolo Santoni ([email protected]), In collaborazione con / en colaboración con / Rosa Maria Grillo ([email protected]). em colaboração com / in cooperation with / en collaboration avec: Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari (Università degli Studi di Salerno). Centro Studi Americanistici “Circolo Amerindiano” Via Guardabassi, 10 – C.P. 249 06123 Perugia (Italia) Sede di Salerno Tel. e fax +39 075 57 20 716 Via Francesco la Francesca, 31 e-mail: [email protected] 84124 Salerno (Italia) http://www.amerindiano.org Tel. e fax +39 089 23 47 14 ISBN 978-88-7341-130-7 Letterature Americane e altre Arti / Literaturas Americanas y otras Artes Salerno, 13-15 Maggio 2009 Atti delle Giornate di Chiusura del XXXI Convegno Internazionale di Indice Americanistica, organizzate e coordinate da Rosa Maria Grillo Presentazione p. 7 Rosa Maria Grillo Musica / p. 15 Mª Teresa González de Garay Música Música en la poesía de Antonio Cisneros (Lima, 1942) Anexos de Música en la poesía de Antonio Cisneros (Lima, 1942) p. 43 Mario Prisco La canzone migrante. In viaggio verso gli States p. 55 Veronica Cona Homero Manzi e la nostalgia p.59 Romolo Santoni Storia e cultura nel corrido messicano p.71 Paola Attolino Chi ha paura della n-word? Uso, abuso e disuso di una powerful word nella cultura Hip Hop Pittura, Scultura, Architettura / p. 85 Guido Laino Pintura, Escultura, Arquitectura Ceci n’est pas l’humanité: riflessioni su un fallimento consapevole p. 95 Maria Gabriella Dionisi Percezioni creative e teorie artistiche p.105 Immacolata Forlano Irruzione dell’arte preispanica nella narrativa di Carlos Fuentes p.117 Mara Imbrogno Insidie delle statue antiche in Fuentes e Cortázar p.125 Paco Tovar Eugenio F. Granell: a cuento de la pintura p.139 Domenico Notari Una passeggiata nei boschi abitativi Letteratura e Viaggio / Literatura p.149 Anna Tylusińska-Kowalska y Viaje Adelaide Ristori e il teatro romantico italiano tra l’America Latina e la Polonia p.157 Nicola Bottiglieri Il linguaggio ibrido in Ande patagoniche di A. De Agostini Cinema /Cine p.169 Ilaria Magnani Señales de vida e illusioni di celluloide p.175 Teresa Cirillo G. Caín tra Hollywood e Cinecittà p.179 Carlo Mearilli Film e memoria: riflessi di parole e ricordi di scrittori latinoamericani nel cinema Antropologia e altre Arti / p.195 Cándida Ferrero Hernández Antropología y otras Artes Traducción e ilustración como argumento polémico. La primera versión latina de la Brevísima de Bartolomé de las Casas p.205 Cinzia Florio Ruote di Acosta: elementi decorativi, strumenti mnemonici o mezzi di scrittura? p.223 Piero Gorza Segni, memorie e testualità del mondo maya p.229 Francesco Napoli Una gustosa sfida. L’arte della cucina nella letteratura ispanica e italica Rosa Maria Grillo Presentazione Letterature Americane e altre Arti. Salerno 13-15 maggio 2009 / Literaturas Americanas y otras Artes. Salerno 13-15 de mayo de 2009 Presentazione Rosa Maria Grillo Università degli Studi di Salerno Campo immenso quello dei rapporti tra letterature a altre arti, in cui i singoli autori si sono ritagliati spazi inediti e accattivanti, hanno scoperto e svelato rapporti suggestivi, individuato nuovi campi d’indagine e percorso nuovi iter metodologici, nella più creativa ma sempre rigorosa interdisciplinarità. Per evidenti difficoltà logistiche, abbiamo delimitato, a volte arbitrariamente o un po’ forzosamente, alcune aere o, per usare il linguaggio accademico, accorpamenti, per offrire al lettore – così come, a suo tempo, al partecipante alle giornate salernitane del XXXI Convegno Internazionale di Americanistica del maggio 2009 – delle microaree omogenee e dei percorsi di lettura lineari ma anche frondosi e ramificati. In realtà, anche se il nostro intento nell’organizzare l’incontro annuale era quello di avere un percorso comparativo tra la Letteratura e l’Altro – ciò che letteratura non è, dalle scienze alle arti plastiche al linguaggio quotidiano e referenziale – naturalmente abbiamo dato all’aggettivo ‘comparativo’ uno spettro di connotazioni ampio e sfrangiato, tracimando i confini della disciplina stricto sensu per non rinunciare a preziosi outsider e testi liminali, particolarmente stimolanti proprio perché trasgressivi. Possiamo partire comunque, per un rapido excursus sui testi presenti nel volume, da un accostamento consacrato, cioè il forte rapporto o a volte identificazione tra letras di canzoni e poesia: in questa direzione si muove l’intervento di María Teresa González de Garay nella puntuale analisi della poesia del peruviano Antonio Cisneros: «la música está presente de manera muy relevante» in alcune poesie analizzate singolarmente, e riportate integre in appendice, ma anche «desperdigada por otros poemas suyos [...] en las varias alusiones al silencio, al canto y a los bailes y ceremonias». In questo percorso tra poesia e canzone González de Garay è penetrata nella Lima più profonda e variegata, grazie soprattutto a quella produzione che privilegia «una actitud estética que bucea en lo coloquial y lo conversacional». Persino in qualche titolo Cisneros fa appello al campo semantico della musica, con accostamenti audaci e dissacranti che riportano al livello della quotidianità anche le espressioni più auliche del canto e della poesia, come in Canto ceremonial contra un oso hormiguero. Sempre nel campo musicale, altri testi presentano risvolti più decisamente socioantropologici come nel caso di Mario Prisco, Veronica Cona e Paola Attolino. Il primo opera una rilettura della condizione napoletana tra Ottocento e Novecento, ponendo in relazione due fenomeni in apparenza eterogenei: la grande emigrazione oltreoceanica e l’esplosione della “canzone d’autore” napoletana, primo fra tutti «Salvatore Di Giacomo, l’autore che diede alla canzone napoletana una sua maggiore dignità artistica, anche perché le sue non erano semplici canzoni, ma poesie musicate». Mario Prisco non dimentica i vari elementi che permisero l’irradiamento della canzone d’autore al difuori di una ristretta cerchia culturale e geografica: da una parte i “posteggiatori”, che «traghettarono la musica popolare nel mondo borghese fino al punto da unificare i due tronconi della musica napoletana: quella popolare e quella artistica nata negli ultimi decenni dell’Ottocento», dall’altra l’emigrazione, con la “canzone migrante” come risultato di un «fenomeno socialmente drammatico» che però «fece da viatico agli sviluppi della canzone napoletana, creando uno straordinario bacino di utenza che fece affluire, specie negli Stati Uniti e in particolare a New York, un notevole numero di cantanti, mobilitando in tal modo le aziende che operavano nel settore». Il cerchio si chiude, infine, con il “ritorno” della “canzone d’autore” napoletana nei livelli alti della cultura e della società, a partire da quando, «nel 1903 al Metropolitan di New York», si esibisce Enrico Caruso «che avrà il merito di introdurre la musica napoletana nel repertorio lirico». Ma la storia continua, e nei due sensi: la canzone napoletana rimasta in patria viene contaminata da ritmi provenienti d’oltre oceano, dal fox al charleston e al rock, al blues, al jazz, con nomi altrettanto significativi come Carosone, la Nuova Compagnia di Canto popolare, Pino Daniele. Legato sermpre all’emigrazione italiana, ma questa volta nel Río de la Plata, è l’intervento di Veronica Cona sul tango e uno dei suoi massimi esponenti, Homero Manzi, figlio di emigrati campani, che opera una vera rivoluzione sconfessando due luoghi comuni delle origini del fenómeno tanguero: il tango-canzone come espressione di sentimenti ‘migratori’ come la nostalgia del paese d’origine, la solitudine ecc., e rivolto a un pubblico popolare. 7 Rosa Maria Grillo Presentazione Letterature Americane e altre Arti. Salerno 13-15 maggio 2009 / Literaturas Americanas y otras Artes. Salerno 13-15 de mayo de 2009 Nelle letras di Manzi, infatti, «la causa della nostalgia non è la stessa che permea tanghi come La violeta o Giuseppe el zapatero [...] bensì quelli di un uomo che è ormai argentino di seconda generazione, che lotta per l’integrazione propria e di tutti gli altri figli di immigrati e che, allo stesso tempo, lotta per un’Argentina indipendente dal dominio straniero; [...] la nostalgia, che rimane il sentimento cardine dell’universo tanghero, non è rivolta verso l’Italia, ma verso la sua infanzia argentina e la quotidianità dei barrios di inizio secolo ormai travolti e stravolti dal progresso». L’altra ‘rivoluzione’, ricorda Veronica Cona, è la qualità poetica delle sue letras, lontana da frasi stereotipate e facili rime, influenzata invece dalla poesia ‘colta’ soprattutto di origine spagnola. Un’altra storia di musica, amori e tanto altro è quella che ci racconta Romolo Santoni percorrendo insieme ai corridos messicani alcune vicende, epoche, personaggi, dall’epoca coloniale all’attualissimo narcocorrido, riflettendo sui cambiamenti di messaggio e di comunicazione che passano attraverso questo genere popolare. Come i generi simili del Medioevo europeo – a cui probabilmente si è ispirato - «il Corrido [...] fu deputato e assolse pienamente il ruolo che era stato dei musicisti erranti del Medioevo. Soprattutto nelle epoche più intense e drammatiche della storia del grande paese nordamericano. Come fu già nell’opera dei trovieri, dei trovatori e dei menestrelli erranti, gli autori anonimi del popolo messicano affidarono al corrido oltre agli amori, la storia, gli insegnamenti morali, le istanze politiche». E infatti è proprio nei momenti dei maggiori capovolgimenti e metamorfosi politico-sociali che il corrido impone la sua forza, fatta di saggezza spicciola, ironia, a volte persino umorismo macabro: nelle lotte di indipendenza dalla Spagna e poi dalla intervención francesa, nella Rivoluzione del 1910 e ora, con il narcotraffico e l’emigrazione chicana, il corrido ha sempre trovato ispirazione e materia per il suo continuo rinnovamento, fino ad ‘emigrare’ nel vicino Stato del Nord. E qui, in ambiente urbano contemporaneo, ci ricongiungiamo con il testo di Paola Attolino, che parte da tematiche socio ed etnolinguistiche per approdare alla musica e alle sue possibili funzioni di rivendicazione e rappresentazione di fenomeni sociali. Infatti, partendo dalla disamina di tre termini dello stesso campo semantico dell’inglese statunitense, Nigger, Negro e Nigga, apparentemente equivalenti ma che connotano invece prospettive e sentimenti diversi, giunge all’Hip Hop e alla sua “riappropriazione” di queste famigerate n-word: «La cultura Hip Hop è caratterizzata da un aspetto molto interessante che la accomuna ad alcune arti marziali: si prende la forza dell’avversario, quella utilizzata per l’attacco, e la si piega a proprio vantaggio». È l’operazione che compie con questi termini, ma la riappropriazione delle n-word sicuramente non è indolore o esente da polemiche, anche se Attolino ne sottolinea il valore livellante e panetnico: «Chiunque si senta membro della Hip Hop Nation può identificarsi come nigga, qualunque sia il colore della sua pelle. L’importante è che il “code” venga interpretato e utilizzato correttamente, in altre parole che si sia consapevoli di tutto quello che c’è dietro la parola nigga» Come ponte tra le diverse arti e diversi ambiti linguistici e culturali delle Americhe e dell’Europa, si presenta l’intervento di Guido Laino che, divagando tra letteratura, pittura, musica facendoci scorgere risposte dall’apparenza rassicurante alla grande domanda di tutti i tempi - cosa è questo «soggetto tanto complesso, e quasi inavvicinabile, come l’umanità, o la massa»? – ci conduce alla constatazione del riconoscimento dei limiti di ogni atto cognitivo e dell’impossibilità di formulare un discorso complessivo sulla smisurata variabilità dei destini umani: «l’arte allora ripiega su una visione ellittica, che parla attraverso gli spazi vuoti, il non-detto, il pudore della reticenza. Provare a esprimere ciò che si sa essere inesprimibile equivale a fronteggiare un fallimento certo e consapevole, eppure è proprio nei margini indistinti di questo fallimento, è nelle mancanze, nei limiti del linguaggio, nei silenzi della compassione, che si intravede la sostanza irriducibile dell’umanità». Fiducioso invece nella capacità ermeneutiche e rappresentative delle Arti – musica e pittura, nello specifico – e della loro condivisione di spazi, progetti, strumenti, prospettive, è il testo di Maria Gabriella Dionisi, che dedica una prima parte del suo lavoro alla musica in Alejo Carpentier (a Cuba ma non solo; come critico musicale, saggista, musicologo, scrittore; musica colta e popolare, europea, afro, amerindia ecc.) e la seconda alla pittura in Octavio Paz (da quella precolombiana alla contemporanea, passando per i “mostri sacri” del muralismo messicano). Entrambi gli autori hanno praticato e promosso una nuova strada (ancor prima della affermazione della transgenericità delle operazioni culturali nella postmodernità): la “critica creativa”, in cui «scrittori e poeti di grande fama che, liberi da tutti i vincoli imposti da una rigorosa adesione ai canoni stilistici, strutturali e contenutistici della critica d’arte “pura”, riescono a superare il codice comunicativo tecnico e di fatto realizzano testi davanti ai quali non possiamo non domandarci: è un saggio o è una nuova forma di narrativa?». Domanda senza risposta, naturalmente, a cui la postmodernità ci ha abituato, ma che applicata ad autori che hanno iniziato a scrivere negli anni 20 e 30 del 900, suona rivoluzionaria e invitante a ulteriori indagini. 8 Rosa Maria Grillo Presentazione Letterature Americane e altre Arti. Salerno 13-15 maggio 2009 / Literaturas Americanas y otras Artes. Salerno 13-15 de mayo de 2009 Alla pittura e alla letteratura messicane è dedicato anche l’intervento di Immacolata Forlano, in particolare a due racconti di Carlos Fuentes accomunati da presenze, simboli e, soprattutto, un pensiero profondo che dalla prima epoca accompagnerà sempre la sua scrittura, tanto saggistica che creativa: l’attualità del mondo indigeno nel Messico contemporaneo e la necessità del sacrificio rituale di chi non lo riconosce perché lo disprezza o semplicemente lo relega in un passato morto e inattuale. Anche il tempo attuale si trasfigura nel tempo ciclico dell’eterno ritorno: «Filiberto in Chac Mool e Oliverio in Por boca de los dioses vengono sopraffatti da un passato che compie, attraverso le due divinità, il suo “eterno” viaggio nel Messico moderno e afferma la propria esistenza, incarnata in coloro che da esso discendono. Avviene in questo modo un’inversione di tempi, il passato sul presente, e di ruoli, la cultura dominata sulla dominante. Infatti, come scrive Carlos Fuentes, la vera modernità “pasa por un encuentro con la vigencia de nuestro pasado. De lo contrario, se convierte en una forma de orfandad […].Nombre y voz, memoria y deseo, son los lazos de unión profunda entre nuestros orígenes, nuestro presente y nuestro porvenir”». Quadri parlanti, statue animate, divinità vendicative, avvicinano l’analisi di Immacolata Forlano a quella di Mara Imbrogno che analizza due testi canonici, Chac Mool di Carlos Fuentes e El ídolo de las Cícladas di Cortázar, dimostrando come, oltre ad una serie di parallelismi, «sono accomunati dal fatto di rappresentare entrambi il terreno di un intenso confronto, che in realtà assume le forme di un conflitto, tra presente e passato». Che il “passato” appartenga a tradizioni e culture diverse – passato preispanico nel messicano Fuentes, passato greco classico nell’argentino Cortázar – non sembra incidere nel discorso di fondo perché, come ricorda Rosalba Campra, «Il tempo mitico rappresenta l’unico trionfo reale sulla temporalità: è un non-tempo». Un non tempo, sicuramente, ma non un non luogo, poiché la scelta dell’uno o dell’altro “passato” si inscrive, nei due autori, all’interno delle «rispettive tematiche e preoccupazioni ricorrenti»: il passato preispanico come elemento irrinunciabile dell’identità messicana in Fuentes, «el lado de acá y el lado de allá» nell’opera tutta di Cortázar. La pittura, ma questa volta di un artista spagnolo, il «poeta, pintor, escultor, figurinista y arquitecto escenográfico» Eugenio F. Granell, protagonista delle avanguardie spagnole e americane, che in tutte le manifestazioni artististiche, racconta Paco Tovar, si muove con lo stesso passo, utilizzando sinesteticamente i diversi principi e tecniche: «tradición y novedad serán los principios estéticos que las justifican; sensibilidad, criterio e imaginación, el tono de sus fantasías; humanidad y conciencia libertaria, sus apuestas ideológicas; vehemencia, sinceridad, humor y descaro, sus impulsos [...] Todo ello surge al ritmo de la historia y al compás de aventuras. Lejos de un realismo trasnochado, tiende a ser barroco y es surrealista, negándose a juegos y amaneramientos de salón; desvela querencias en artificios tragicómicos de vieja escuela y nuevo cuño, denunciando supercherías». Come suggerisce il titolo del suo intervento, Paco Tovar si sofferma sul rapporto poesia-pittura, lasciandosi guidare dalla riflessioni dello stesso artista: «Creo que toda la pintura es literatura y toda literatura es pintura escrita». Sulla stessa linea si muove Domenico Notari, individuando analogie ed elementi comuni tra letteratura e architettura nelle tre tappe obbligate di ogni processo di comunicazione: atto creativo, prodotto, fruizione. Architetto, scrittore e docente di scrittura creativa, Notari amalgama in questo testo i suoi tre ambiti di attività: «progettare la casa come un racconto [...] E leggerla anche, come un racconto». Ma anche al contrario, perché «anche il metodo dell’architetto [può] essere utile allo scrittore, cioè [...] progettare un racconto o un romanzo come una casa». E tra esempi, citazioni, rinvii, commenti, prospetti, schizzi, si snodano davanti al lettore le ‘impalcature’ che reggono le due costruzioni, si svelano segreti, misteri, vincoli, congegni: ‘trucchi del mestiere’ che serviranno all’apprendista – architetto o scrittore, ma anche al fruitore dell’uno o dell’altro prodotto – a vivere questa avventura con maggiore cognizione di causa. Al viaggio e alle sue possibili rappresentazioni e contaminazioni – lungi dall’invocare una impossibile univocità della etichetta ‘letteratura di viaggio’ – sono dedicati i lavori di Nicola Bottiglieri e Anna Tylusińska-Kowalska, accomunati dalla eccentricità dei due viaggiatori, l’uno padre salesiano e l’altra attrice di fama, per i quali il viaggiare, da strumento di lavoro e indispensabile mezzo per raggiungere il luogo assegnato, diventa elemento di conoscenza e di arricchimento interiore. Anna Tylusińska-Kowalska ripercorre i viaggi in America Latina e Polonia di Adelaide Ristori, «una grande ambasciatrice del teatro italiano del XIX secolo, ma anche una grande viaggiatrice»: trattandosi di una attrice italiana dell’800, il suo viaggio si snoda naturalmente seguendo itinerari teatrali ma non disdegnando tappe artistiche e turistiche. Nelle sue Memorie, infatti, «Le descrizioni, la sensibilità artistica con la quale descrive le 9 Rosa Maria Grillo Presentazione Letterature Americane e altre Arti. Salerno 13-15 maggio 2009 / Literaturas Americanas y otras Artes. Salerno 13-15 de mayo de 2009 varie tappe dei suoi percorsi artistici, costituiscono un contributo importantissimo alla conoscenza non soltanto dell’Europa di allora - di paesi, come la Polonia, che nel secondo Ottocento non erano al centro dell’attenzione delle Grandi Potenze - ma anche dell’America Latina che in quell’epoca stava diventando una terra sempre più affascinante per gli Europei». Accanto a queste descrizioni artistiche, l’itinerario teatrale, arricchito dai puntuali commenti di Anna Tylusińska-Kowalska: le notizie, le recensioni sulle opere da lei interpretate presentano un panorama vivace del mondo teatrale italiano dell’epoca e dei gusti della critica e del pubblico dei paesi da lei visitati. Se il teatro è stato l’ideale ‘compagno di viaggio’ di Adelaide Restori, per Alberto Maria De Agostini lo è la fotografia. Il «solido ed elegante volume Andes Patagónicos (Viajes de exploración a la cordillera patagónica austral) (1941) corredato da [un] ricco apparato iconografico, [che] racconta le esplorazioni compiute dal padre salesiano Alberto Maria De Agostini sulle Ande meridionali negli anni a cavallo fra il 1920 ed il 1940», è lo spunto che permette a Nicola Bottiglieri una «riflessione su scrittura, velocità, cinema e aeroplani» che spazia dall’ L’AEROPOESIA. Manifesto futurista ai poeti e agli aviatori di Marinetti alle Lezioni Americane di Italo Calvino: la meraviglia del viaggiatore di fronte a scenari inediti (le Ande viste dall’alto) trova una sua nuova e valida modalità espressiva nella fotografia (dall’alto) con tecniche che rendono visivamente la velocità e il movimento ma, sembra ricordarci il letterato Bottiglieri, la qualità del reportage è data dalla compresenza di «immagini e parole, una scrittura ibrida che si avvale della successione narrativa sia dell’ordine delle foto che del racconto letterario. In fondo nei libri di De Agostini la scrittura finisce per chiarire quell’inconscio ottico che ha motivato la foto». Immagini e parole, binomio indissolubile anche negli interventi di Ilaria Magnani, Teresa Cirillo e Carlo Mearilli, ma questa volta riferito al cinema, e con angolazioni, prospettive e discorsi molto diversificati. La prima analizza il romanzo Señales de vida di Graciela Schvartz, che si apre con un «ampio e minuzioso riassunto di Via col vento [che ] si trasforma nello scenario sul quale prendono vita le trepidazioni della protagonista, Irene, riassunte ed esemplificate nelle emozioni con cui commenta la proiezione del film e soprattutto con cui segue le traversie dei personaggi, affascinata –beninteso- dalla volitiva Scarlett (o Rossella, secondo la tradizione italiana). Le vicende di una trama universalmente conosciuta diventano lo stimolo e l’artificio per dare risalto alla figura della giovane spettatrice e fondamentalmente per esplorarne gli stati d’animo e le aspettative adolescenziali». Un film, quindi, come attante in una impalcatura narrativa, ma ancor di più, come elemento di crescita e di confronto per la protagonista ma anche per il lettore, al cui immaginario Via col vento parla in codici diversificati secondo l’estrazione, la cultura, l’età, il sesso ecc. Se Magnani fa appello al principio di identificazione, Teresa Cirillo invita al distanziamento ironico e al gioco: quello a cui ci convoca Guillermo Cabrera Infante proponendoci una serie di sdoppiamenti e specularità tra narratore e critico cinematografico, tra biografo e autobiografo, tra persona e personaggio. Uno scrittore «che guarda il mondo reale e il mondo della celluloide da due differenti punti di vista, da due posizioni che, in teoria, potrebbero appartenere a persone e a personalità distinte e contrastanti, a titolari di strumenti espressivi, di forme e modi di scrittura diversi: da una parte le calibrate sintesi critiche del recensore, dall’altra le capacità inventive, le suggestioni, le fibrillazioni, gli sconfinamenti del narratore che si abbandona volentieri all’autobiografismo». Questo sdoppiamento – o moltiplicazione – di personalità porta non soltanto alla creazione del nom de plume di G. Caín, ma a tutta una serie di apocrifi e giochi intertestuali che culmina nella pubblicazione di Un oficio del siglo XX , collage di recensioni e appunti pseudobiografici, in cui «il narratore decide senza batter ciglio di uccidere Caín, di eliminare il suo doppio speculare ricalcando, a ruoli invertiti, il biblico fratricidio». Il risultato è un gioco di specchi in cui prevale l’ironia e il piacere della scrittura, sia essa creativa-finzionale o critico-referenziale, senza barriere e rivendicazioni autoriali. Confini sfumati di genere e di rapporto finzione/realtà, ma tutto giocato sul registro drammatico, sono presenti anche nel testo di Carlo Mearilli che confronta libri di memorie, documentari e film sulle dittature del Cono Sur per indagare sul rapporto tra vita, letteratura e cinema. Il testo prende le mosse dall’acronimo H.I.J.O.S. (Hijos e Hijas por la Identidad y la Justicia contra el Olvido y el Silencio), che è anche il titolo dello struggente film di Marco Bechis, e poi analizza testi – memorie, romanzi, film, documentari - di Alonso Cueto, Patricio Guzmán, Marco Bechis, Isabel Allende, Enrico Calamai, Mauricio Rosencof, che, con la macchina da presa o con la penna, hanno dato il loro contributo per non dimenticare, in questa lotta ancor oggi più che mai necessaria «contra el Olvido y el Silencio» Di altri orrori della Storia, antichi ma non dimenticati, scrive Cándida Ferrero in un testo al crocevia tra diverse discipline e saperi: indaga infatti sulla «dedicatoria y proemio al lector de la primera edición en latín de la Brevísima 10

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Hop è caratterizzata da un aspetto molto interessante che la accomuna ad alcune arti marziali: si prende la forza dell'avversario, quella Juventus all'attaccante dell'Inter Mario Balotelli, sono costati alla squadra torinese la grave sanzione di giocare un Ma, senza scomodare troppo la semiotica
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