1 TESTATINA IDEE / filosofia nuova serie L’ETICADIFINEVITA 156 2 TESTATINA 3 TESTATINA Fabrizio Turoldo L’ETICA DI FINE VITA 4 TESTATINA Grafica di copertina di Rossana Quarta © 2010, Città Nuova Editrice Via Pieve Torina, 55 - 00156 Roma tel. 063216212 - e-mail: [email protected] ISBN 978-88-311-0165-3 Finito di stampare nel mese di marzo 2010 dalla tipografia Città Nuova della P.A.M.O.M. Via S. Romano in Garfagnana, 23 00148 Roma - tel. 066530467 e-mail: [email protected] 5 TESTATINA Dedico questo libro alla memoria di mio padre, Duilio Turoldo 25.09.1937 - 03.12.2004 6 TESTATINA 7 INTRODUZIONE INTRODUZIONE La bioetica è percepita, presso larghi settori dell’opinione pubblica, come un’etica dei limiti e dei confini. Tale percezio- ne è in parte giustificata, perché uno dei compiti della bioetica è anche quello di porre dei limiti e dei confini, soprattutto quando il superamento di tali limiti rischia di minacciare realtà preziose, quali la dignità umana, il mondo animale o le risorse ambientali. Tuttavia, la bioetica non può e non deve limitarsi semplicemente a porre dei confini. Warren T. Reich, uno dei pionieri di questa nuova disciplina, ha giustamente osservato che un’eccessiva ed esclusiva attenzione ai confini porta a per- dere di vista il centro. Per esempio, l’attenzione ai limiti da por- re alle tecnologie mediche alla fine della vita e le relative pro- blematiche dell’accanimento terapeutico e dell’eutanasia non devono far perdere di vista il centro che, in questo caso, è rap- presentato dal significato che assume la vita quando si trova in condizioni di sofferenza, oppure dal significato che può assu- mere la cura, sempre in bilico tra pura prestazione tecnica e presa in carico integrale della persona sofferente. Osserva infat- ti, a questo proposito, Reich: «Un bel principio a nostra dispo- sizione dice che non siamo obbligati ad usare metodi terapeu- tici sproporzionati. Bene, questo è un limite, ma l’etica dei limi- ti presuppone qualcosa che riguarda l’etica che non è dei limi- ti e che fa emergere invece la domanda centrale: perché pren- dersi cura della vita umana? perché in particolare prendersi cu- ra della vita degli handicappati? cos’è in definitiva che ci lega 8 INTRODUZIONE tanto l’uno alla vita degli altri da spingerci ad assumere respon- sabilità l’uno verso l’altro? Questo è quello che io chiamo “il centro”. A questo certamente dovrà porre più attenzione la bioetica nei prossimi anni»1. Passare dalla periferia al centro si- gnifica integrare l’etica delle norme e dei principi con l’etica delle virtù e dei valori. Le due prospettive sono complementa- ri e non si escludono a vicenda, anche se tra di loro esiste un or- dine gerarchico, come mostra molto bene Paul Ricoeur nei tre capitoli di Sé come un altro, dedicati al rapporto tra la morale del dovere e l’etica delle virtù2. Questa premessa è necessaria per presentare un volume che giunge a prendere in considerazione il tema del limite, so- lo dopo essere passato attraverso il “centro”, cercando di ri- spondere alle domande che sono state così bene formulate da Reich sopra: «perché prendersi cura della vita umana? perché in particolare prendersi cura della vita dei malati? cos’è in de- finitiva che ci lega tanto l’uno alla vita degli altri da spingerci ad assumere responsabilità l’uno verso l’altro?». Il libro è dedica- to infatti alla critica del riduzionismo medico, ad una prospet- tiva culturale, figlia dell’iperspecializzazione scientifica moder- na, che tende a ridurre la persona al suo organismo ed il mala- to alla sua malattia. Le varie riflessioni che vengono proposte al lettore mirano a mostrare come “umanizzare le cure” non signi- fichi soltanto dare maggiore autonomia al malato né, tantome- no, avere solamente maggiore preoccupazione per il consenso informato. La prima parte del libro mette infatti in evidenza il ruolo della cura, secondo le prospettive della bioetica al femmi- nile, con l’effettivo contributo che essa fornisce alla prassi so- cio-assistenziale. In seguito il volume si sofferma sul tema della sofferenza e del dolore e della crisi esistenziale che colpisce il 1 W.T. Reich, La metafora che domina la Bioetica è il dialogo: una Bioeti- ca senza dialogo è un controsenso, in C. Viafora (a cura di), Vent’anni di Bioe- tica, Padova 1990, p. 133. 2 P. Ricoeur, Sé come un altro, Milano 1993, pp. 263-407. 9 INTRODUZIONE malato terminale il quale, come ha più volte affermato Cecily Sounders, soffre di un “dolore totale”, che non è solo un dolo- re fisico, ma anche una sofferenza psicologica e spirituale. A ta- le dolore totale deve dunque corrispondere una cura globale, che non limiti la sua attenzione solo alla malattia, ma sia capa- ce di rivolgersi alla persona malata in quanto tale. In altri ter- mini si potrebbe dire che alla prospettiva specialistica del “to cure”, inteso come un curare in senso tecnico-medico, occorre far subentrare la prospettiva olistica del “to care”, che è un prendersi cura globalmente della persona malata e di cui il “to cure” deve rimanere un capitolo pur sempre importantissimo, ma tuttavia solo un capitolo. Questo passaggio, così necessario per l’intera prassi medica, è tanto più urgente nel campo delle cure di fine vita, dove le possibilità di un intervento curativo con finalità guaritive sono quanto mai ristrette. Un secondo gi- ro di riflessioni, condotte sempre nella prima parte del volume, mira ad evidenziare i limiti dell’autonomia, limiti che derivano immediatamente dalla condizione umana. La seconda parte del libro entra infine nel merito dell’attuale dibattito sul limite del- le cure mediche, sull’accanimento terapeutico, sull’eutanasia e sul testamento biologico, facendo però tesoro delle riflessioni svolte nella prima parte, senza le quali, come abbiamo sottoli- neato sopra, si perderebbe di vista quel “centro”, senza il qua- le verrebbero meno i punti di riferimento e di orientamento più essenziali.