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Les .iiij. tenz d’aage d’ome: Testo, traduzione e note PDF

456 Pages·2020·1.705 MB·Italian
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Filippo da Novara Les .iiij. tenz d’aage d’ome Testo, traduzione e note a cura di Silvio Melani Quaderni di | 1 Francigena Direzione / Editors-in-chief GIOVANNI BORRIERO, Università degli Studi di Padova FRANCESCA GAMBINO, Università degli Studi di Padova Comitato scientifico / Advisory Board CARLOS ALVAR, Universidad de Alcalá ALVISE ANDREOSE, Università degli Studi e-Campus FRANCESCO BORGHESI, The University of Sidney FURIO BRUGNOLO, Università degli Studi di Padova KEITH BUSBY, The University of Wisconsin ROBERTA CAPELLI, Università degli Studi di Trento DAN OCTAVIAN CEPRAGA, Università degli Studi di Padova CATHERINE GAULLIER-BOUGASSAS, Université de Lille 3 SIMON GAUNT, King’s College London BERNHARD HUSS, Freie Universität Berlin, Germania JOHN HAJEK, The University of Melbourne MARCO INFURNA, Università Ca’ Foscari - Venezia CATHERINE GAULLIER-BOUGASSAS, Université de Lille 3 GIOSUÈ LACHIN, Università degli Studi di Padova STEPHEN P. MCCORMICK, Washington and Lee University LUCA MORLINO, Università degli Studi di Trento GIANFELICE PERON, Università degli Studi di Padova LORENZO RENZI, Università degli Studi di Padova ANDREA RIZZI, The University of Melbourne RAYMUND WILHELM, Alpen-Adria-Universität Klagenfurt, Austria ZENO VERLATO, Opera del Vocabolario Italiano, CNR LESLIE ZARKER MORGAN, Loyola University Maryland Redazione / Editorial Staff ALESSANDRO BAMPA, Università degli Studi di Padova CHIARA CAPPELLI, Università degli Studi di Padova RACHELE FASSANELLI, Università degli Studi di Padova, Editor in chief MARCO FRANCESCON, Università degli Studi di Trento LUCA GATTI, Università degli Studi di Padova FEDERICO GUARIGLIA, Università di Verona SERENA MODENA, Università degli Studi di Padova FABIO SANGIOVANNI, Università degli Studi di Padova BENEDETTA VISCIDI, Università degli Studi di Padova Francigena is an international peer-reviewed journal with an accompanying monograph series entitled “Quaderni di Francigena” ISSN 2724-0975 Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari Via E. Vendramini, 13 35137 PADOVA [email protected] Filippo da Novara Les .iiij. tenz d’aage d’ome Testo, traduzione e note a cura di Silvio Melani This work is licensed under http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/ Realizzazione grafica a cura di Arun Maltese ([email protected]) Volume pubblicato nel maggio 2020 DOI: 10.25430/2724-0975/1 INDICE 1. Introduzione 1.1. Filippo da Novara: notizie biografiche e storiche 5 1.2. Le età dell’uomo 27 1.3. Religiosità e morale nei .iiij. tens d’aage d’ome 38 1.4. I testimoni dei .iiij. tens d’aage d’ome 79 1.5. Nota linguistica 121 1.6. I rapporti tra i manoscritti 189 Filippo da Novara – Les .iiij. tenz d’aage d’ome 237 Appendici 417 Indici 421 Bibliografia 427 3 1. INTRODUZIONE* 1.1. Filippo da Novara: notizie biografiche e storiche1 1.1.1. Non conosciamo e probabilmente non conosceremo mai l’esatta data di nascita di Filippo da Novara, così come probabilmente non conosceremo mai con certezza le ragioni per le quali lasciò l’Italia e andò a stabilirsi in Oriente. Stando a quanto il trattato di morale oggetto di questa edizione ci rivela, il primo libro scritto dal Novarese era dedicato, nella sua prima parte, al racconto delle circostanze e dei motivi di questo trasferimento2, ma proprio quella è una delle parti perdute dell’opera. Ciò che possiamo fare, in simili casi, è produrre i dati del dossier pervenuti fino a noi, limitandoci a formulare, sulla scorta di quelli, congetture il più possibile ragionevoli. La prima notizia certa in ordine cronologico tra quante riguardano Filippo ce la dà lui stesso nel Livre de forme de plait, che è la seconda delle opere da lui scritte. Grazie a quella veniamo a sapere che egli fu sotto le mura di Damietta al tempo della Quinta Crociata, crociata che durò dal 1218 al 1221. Era allora al seguito di un cavaliere cipriota chiamato Pierre Chappe, che i documenti ci dicono vicino agli ambienti di corte dei re di Cipro3. Sono notizie importanti e sulle quali torneremo in seguito. Ci permettono intanto di stabilire che fin da allora Filippo si trovava in Oriente. Possiamo inoltre dedurne che già a quel tempo parlava il francese fluentemente, e soprattutto con quella corretta pronuncia che è indizio di una conoscenza non solo libresca. Come vedremo, infatti, fu in una particolare occasione lodato dal grande signore oltremarino Rodolfo di Tiberiade per il suo talento nel leggere ad alta voce quei romanzi cavallereschi che all’epoca erano esclusivamente in lingua d’oïl4. Queste notizie * Licenziando questa edizione mi è gradito ringraziare per il minuzioso lavoro di revisione la redazione di «Francigena». Ringrazio poi Laura Minervini per la sua revisione delle note linguistiche. Il mio ringraziamento speciale va a Francesca Gambino e Giovanni Borriero, che questa edizione hanno promosso e accolto. 1 Nei riferimenti al testo edito, ad es. (1.1), il primo numero rimanda al capitolo e il secondo al paragrafo. Nei rinvii all’introduzione il riferimento numerico (anche questo del tipo 1.1) è preceduto da intr. (intr. 1.1). 2 «Phelipes de Novaire, qui fist cest livre, en fist autres .ij. Le premier fist de lui meesmes une partie, car la est dit dont il fu, et comment et por quoi il vint deça la mer, et comment il se contint et maintint longuement par la grace Nostre Seignor» (5.25). 3 Vedi almeno le indicazioni in Melani 1994, p. 38, n. 82, e in Edbury 2009, pp. 16 e 32. 4 «Il avint que je fui au premier siege de Damiete o messire Piere Chape, et messire Rau de Tabarie menga un jor o lui. Aprés mengier, messire Piere me fist lire devant lui en .i. romans. Messire Rau dist que je lisoie moult bien. Aprés fu messire Rau malade, et messire Piere Chape, a la requeste de messire Rau, me manda lirre 5 FILIPPO DA NOVARA – LES .IIIJ. TENZ D’AAGE D’OME sono peraltro poco utili per recuperare la cronologia esatta e le cause del suo allontanarsi per sempre da Novara. Supponendo però che Filippo, al tempo della lunga campagna militare di Damietta, fosse arrivato allora in Oriente, propongo di esaminare qui i principali fatti contem- poranei della storia novarese. 1.1.2. Il 25 ottobre del 1219, nella Basilica di San Gaudenzio a Novara, i rappresentanti del Comune cittadino e del vescovo ascoltarono il dispositivo del lodo emesso dal vescovo di Torino Giacomo di Carisio, vicario imperiale, e da Enrico di Settala, arcivescovo di Milano, la sede vescovile di cui quella di Novara era suffraganea. Questo lodo avrebbe dovuto mettere fine a una lotta ventennale tra il Comune e il vescovo novaresi. Quest’ultimo aveva reagito a tutta una serie di attentati alle proprie prerogative secolari da parte dell’istituzione civile. Recentemente il Comune si era impadronito manu militari di vari feudi e fortezze patrimonio del vescovado, soprattutto in Valsesia e nei dintorni del lago d’Orta. Ma la lotta stava logorando anche il Comune, per cui entrambi gli avversari decisero di rimettersi all’arbitrato dei due principi della Chiesa. Uno di loro (quello di Torino) rappresentava anche, nel Nord Italia, il potere del giovane imperatore Federico II, che si apprestava proprio allora a recarsi a Roma per la sua incoronazione. Il 22 luglio del 1219 le parti in conflitto giurarono di accettare il giudizio dei due prelati, qualunque esso fosse stato. L’accettazione di questi arbitri ebbe conseguenze infelici per il Comune: il 25 ottobre, la sentenza che venne letta accoglieva in tutto le richieste del vescovo di Novara, e forse gli concedeva anche qualcosa in più. Nella basilica teatro dell’avvenimento successe un parapiglia. I rappresentanti del Comune e quella porzione di pubblico legata al partito comunale insorsero protestando violentemente, ma il vescovo di Torino li ammonì ricordando loro il solenne giuramento di accettare il verdetto qualunque fosse stato. Non fu probabilmente questo richiamo il motivo per il quale il Comune capitolò di fronte alle disposizioni del lodo: piuttosto, la volontà di concludere comunque una guerra lunga che aveva stremato la città5. Leggendo il trattato di morale incontriamo una calda raccomandazione di Filippo ai giovani uomini: quella di non contendere mai con tre persone, vale a dire il signore, la moglie e il prelato. I motivi addotti dal Novarese in quest’ultimo caso sono più d’uno: il primo è che si rischia di morire nella vergogna o addirittura scomunicati. Inoltre, gli uomini di chiesa, nei processi intentati contro di loro, sono al tempo stesso parte in causa e giudici. Infine, se si ricorre in appello contro una loro sentenza presso i loro superiori, ci si rivolge in ogni caso ad ecclesiastici, i quali mai andranno contro gli interessi dei confratelli, o dell’istituzione cui appartengono6. Ciò potrebbe costituire infatti un pericoloso precedente, utilizzabile in futuro devant lui. Issi avint que .iii. mois et plus y fui, et moult me desplaisoit ce que moult me deust pleire. Messire Rau dormet poi et malvaisement; et quant je avoie leu tant com il voleit, il meismes me conteit moult de chozes dou royaume de Jerusalem et des us et des assises, et disoit que je les retenisse. Et je, qui moult doutai sa maniere, otreai tout» (Edbury 2009, p. 122). La raccomandazione fatta da Rodolfo di Tiberiade a Filippo di tenere bene a mente quelle esoteriche nozioni di diritto gerosolimitano significa secondo me che già allora era nota la sua volontà (o la sua necessità) di stabilirsi definitivamente in Oltremare: per un uomo destinato a tornare in Italia, una simile raccomandazione (come del resto il dono) sarebbe stata priva di senso. 5 Su questi avvenimenti della storia di Novara si veda almeno Cognasso 1971, pp. 169-180. 6 «[…] au prelat, a tort ou a droit, quel que soit la querele, il estuet que l’an vaigne a sa merci, a la vie ou a 6 1. INTRODUZIONE contro loro stessi. È notevole la somiglianza tra il quadro tracciato da Filippo e il caso del lodo novarese del 25 ottobre 1219. Potremmo forse ipotizzare per questo che Filippo sia stato spettatore diretto degli avvenimenti di quel giorno, o ne abbia comunque ricevuto notizie. Anzi, l’amarezza che si avverte nella sua constatazione che, quando ci si contrappone agli ecclesiastici, non si può mai sperare di ottenere giustizia, farebbe pensare proprio a una velata allusione ai fatti del 1219. Se corrispondesse alla realtà, questa ipotesi che lo vorrebbe testimone diretto di quell’episodio storico, dovremmo concludere che il Novarese sicuramente non poteva trovarsi sotto le mura di Damietta durante la prima fase della campagna, terminata con la temporanea conquista cristiana della città il 5 novembre del 1219. Potrebbe però essere stato presente durante il seguito di quella sfortunata impresa. 1.1.3. Il 29 marzo 1220 re Giovanni I di Gerusalemme, in contrasto con i capi occidentali della Crociata, abbandonò Damietta per far rientro nel suo regno. Con lui partì anche il contingente armato messo a disposizione dal re di Cipro. Ma doveva trascorrere ancora più di un anno perché la partita si chiudesse. Nell’estate del 1220 una flotta egiziana sorprese alla fonda una flotta crociata giunta carica di rinforzi a Limassol di Cipro, affondando o catturando tutte le navi e facendo – così si disse – migliaia di prigionieri7. Potrebbe Filippo essere giunto con quella spedizione ed essere scampato in qualche modo al disastro? Forse sì, e se non ne abbiamo la prova, non abbiamo neppure la prova del contrario. Ma perché avrebbe dovuto unirsi proprio allora ai rinforzi della crociata? Una (anche se certo non l’unica) delle possibili ragioni è che vi fu all’improvviso costretto. Per molti la crociata era un’occasione di riscatto, soprattutto da “colpe” commesse contro la Chiesa. Anche gli eretici e i nemici della Chiesa che avevano abiurato potevano essere obbligati, per penitenza, a seguire un pellegrinaggio armato8. Poteva dunque Filippo essere stato tra gli uomini del Comune di Novara gravati da scomunica prima della pace dell’ottobre 12199? Poteva essere stato punito in modo parti- colarmente duro perché considerato, oltre che nemico politico della Chiesa, addirittura un uomo di idee eterodosse se non proprio un eretico? Anche in tal caso non si può andare al di là di quelle che sono soltanto mere congetture. Fanno tuttavia pensare a un sentimento religioso quantomeno inquieto (e consapevolmente inquieto) alcune allusioni al mondo, alla la mort, qui ne vuet morir escommeniez ou avilliez. Et il ont tel avantage, que il, qui sont adversaire, sont juge de lor querele meïmes; et se l’an apele de lor sentence ou soverain d’ax, toute voie est ce a clers, et il sont presque tuit feru en .j. coing; car ce qui est a l’un puet avenir a l’autre» (2.12). 7 Mas Latrie 1871, cap. XXXVI, pp. 429-430. 8 Cfr. Schmidt 1848-1849, I, p. 19 e ss. Un caso illustre di crociato per forza fu quello di Raimondo VII di Tolosa, giudicato eretico e protettore di eretici. Tra gli articoli del trattato di Parigi-Meaux del 1229, con il quale accettava di sottomettersi alla Chiesa e al re di Francia, vi era anche quello in base al quale egli accettava di farsi crociato e di servire per cinque anni in Oriente, imbarcandosi entro il 1230 (anche se in seguito fu dispensato dal voto), cfr. Roquebert 2003, p. 364. Racconta Nelli 1969, p. 188: «Parfois, la ville [di Tolosa] était traversée par des croisés forcés. C’étaient des cathares repentis qui passaient en Terre sainte pour y expier leurs péchés, ou y accomplir la pénitence imposée. Ils prenaient un air innocent, mais dans l’ensemble, ne songeaient qu’à se venger du trâitre qui les avait dénoncé, à conspirer contre l’Église, et à répandre, jusqu’en Palestine, leurs croyances dualistes». 9 La scomunica era stata corroborata da Onorio III nel 1218, cfr. Cognasso 1971, p. 177. 7 FILIPPO DA NOVARA – LES .IIIJ. TENZ D’AAGE D’OME morale, alla religione e alla Chiesa che si possono raccogliere all’interno dei .iiij. tenz d’aage d’ome10. 1.1.4. Torniamo ora alla notizia da Filippo stesso fornitaci, secondo la quale egli si trovava «a Damietta, durante il primo assedio»11. L’indicazione «primo assedio» non significa necessa - riamente, credo, che egli stesse partecipando alle operazioni militari che portarono alla con quista della città il 5 novembre del 1219: i crociati si trattennero infatti nei pressi di quest’ultima per altri due anni, quasi senza saper che fare della loro conquista. Alla fine, nel 1221, nella stagione meno opportuna, quella della piena del Nilo, la usarono come base per un tentativo di invasione dell’Egitto, con obiettivo il Cairo. Questa mossa avventata ebbe come conseguenza una tremenda sconfitta. Ma prima, il 7 luglio 1221, Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme, ritornò a Damietta. Con lui, o quasi contemporaneamente al suo ritorno, vennero, si pensa, anche alcuni ciprioti12. Può darsi dunque che Filippo (se scampato al disastro di Limassol oppure se giunto relativamente da poco tempo a Cipro) si fosse unito proprio a questi ultimi. L’espressione «durante il primo assedio» potrebbe doversi intendere in senso lato: un qualsiasi momento dell’intera campagna di Damietta, anche successivo alla conquista del 1219. 1.1.5. Filippo scrisse in francese tutte e tre le sue opere maggiori: 1) i cosiddetti Mémoires (di fatto però anepigrafi), 2) il Livre de forme de plait (una sorta di manuale pratico di giurisprudenza feudale oltremarina, il cui titolo si ricava dalla rubrica di due dei tre manoscritti che lo conservano, A ed M,oltre che dalla nota bio-bibliografica posta al termine del trattato qui edito)13, 3) i .iiij. tenz d’aage d’ome (titolo ricavato, forse un po’ forzosamente, da una annotazione del prologo, ma che adotto per comodità)14. Come ho in precedenza ricordato, di sicuro, al tempo della sua presenza a Damietta, Filippo conosceva molto bene il francese: mentre era al seguito del cavaliere franco-cipriota Pierre Chappe, fu inviato da costui al capezzale dell’importante e autorevole signore oltremarino Rodolfo di Tiberiade, per distrarre quest’ultimo con la lettura di romanzi da una grave forma di insonnia che lo aveva colpito. Il fatto che Filippo li leggesse con la giusta intonazione e con la giusta pronuncia – secondo quanto gli disse lo stesso Rodolfo di Tiberiade – fa capire che egli era in possesso di più che di una infarinatura della lingua d’oïl. Ma soprattutto, Rodolfo di Tiberiade, per ricompensarlo, pensò di trasmettergli le sue profonde nozioni di diritto feudale oltremarino15. Si trattava di 10 Si veda intr. 3. 11 Damietta fu anche – nel 1249 – l’obiettivo della prima delle due crociate condotte da re Luigi IX di Francia. Filippo precisa che si tratta del primo dei due assedi, il che ci permette di collocare la composizione del trattato giuridico dopo il 1249. 12 Hill 2010, p. 87. Cfr anche Edbury 1994, p. 75. 13 Cfr. Edbury 2009, p. 34. 14 «Cil qui fist cest conte avoit .lxx. ans passez quant il l’amprint, et en ce lonc espace de vie que Diex li ot doné avoit il essaié et usé le pooir et la meniere des .iiij. tenz d’aage d’ome» (1.1). 15 Da quando la conquista di Gerusalemme da parte del Saladino (1187) aveva portato alla perdita della copia in cui era trascritta la versione ufficiale dei testi di legge del regno, i grandi signori avevano sempre resistito 8

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