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L'emirato sulle montagne. Note per una storia della resistenza musulmana in Sicilia nell'età di Federico II di Svevia PDF

75 Pages·1987·2.216 MB·Italian
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FERDINANDO MAURICI L'EMIRATO · SULLE MONTAGNE CENTRO DI DOCUMENTA ZIO E E RICERCA PER LA SICILIA A TICA «PAOLO ORSI» · Fìg. 1 - Monte Jato. Versante settentrionale. "e non ti lascia il rumore dei cam rossi di saraceni e di crociati" (S. Quasimodo, Che lunga notte) FERDINANDO MAURICI L'EMIRATO SULLE MONTAGNE Note per una storia della resistenza musulmana in Sicilia nell'età di Federico II di Svevia Introduzione di VITTORIO GIUSTOLISI CENTRO DI DOCUMENTAZIONE E RICERCA PER LA SICILIA ANTICA «PAOLO ORSI»· © Copyright 198 7 by Centro di Documentazione e Ricerca per la Sicilia Antica «P. Orsi» Stampato in Italia - Printed in Italy Stampatori Tipolitografi Associati - Via Maggiore Toselli, 21 - Palermo INTRODUZIONE Durante le campagne di ricerca da me svolte nella Valle del Be/ice, svariate sono state le volte in cui mi sono imbattuto, quasi sempre sulla cima di alture, in stanziamenti medievali, le cui tracce di supe,:ficie più chiaramente leggibili (il cocciame sparso) suggerivano un'occupazione dei siti durante la prima metà del XIII secolo. Alcuni di tali siti sono stati segnalati nelle mie pubblicazioni, altri invece no, perché incompleti di dati sufficientemente congrui. La ribellione musulma na sotto Federico II, così come è possibile conoscerla dalle scarne notizie storiche rimaste, è stato il riferimento più plausibile a ·;éui ho riténuto dovere ricorrere per spiegare l'insorgere di alcuni fortilizi, posti· in posizione esageratamente difensiva, specie quando a supporto della tesi ho potuto avvalermi di prove abbastanz,a eloquenti come ad esempio il ritrovamento di monete emesse dal capo dei rivoltosi, Jbn Abbad. Ma già nel 19 74, quando conducevo un'esplorazione nei territori di Terrasini e Partinico, avevo percepito il ruolo strategico che nel Val di Maz,ara era stato assunto da una rocca sul Monte Palmeto (: la Montagnola), posta a guardia del litorale di S. Cataldo, il naturale sbocco a mare di Jato, notoriamente uno dei capisaldi dei ribelli musulmani. I ruderi di quest'ultima, ancora prima che venissero iniziati gli scavi ufficiali, mi avevano peraltro chiaramente suggerito la consistenz,a del problema storico, specie alla vista di un gruppo di sei monete d'argento di Ibn Abbad (fig. 3), recuperate sulla supe,:ficie del terreno e consegnate al Museo Civico di Partinico (tali monete andate in un primo momento smarrite tra i materiali delle raccolte sono state finalmente ritrovate ed esposte). Occasione di ulteriore verifica della questione mi forniva poi l'esplorazione di Monte della Giudecca, da me effettuata nel 1983, dopo cioè che del sito, basandomi su presupposti topografici, avevo già proposto l'identificazione con Platano. L 'indagi ne sul monte intrapresa soprattutto per accertare l'eventuale esistenz,a di insedia menti precedenti a quelli medievali, genericamente noti, mi aveva infatti permesso 5 alcune precisaziom; purtroppo rimaste inedite, e tra queste la sicura ed intensa occupazione del sito tra le fine del Xli e la prima metà del Xlii secolo, epoca dopo la quale molto scarse apparivano le tracce di occupazione. Presento qui le immagini dei luoghi e dei ruderi a quel tempo riprese (figg. 5 -11J nonché quelle di alcuni campioni delle ceramiche (figg. 12-17 J sparse nell'area dell'insediamento ( attualmente presso il Museo civico di Partinico) e ciò al fine di mostrare le fasi principali di occupazione e la congruità dell'ipotesi proposta circa l'identifìcazione del sito con la fortez:za di Platano. È stato però durante l'esplorazione di Rocca d'Ente/la (1978-1981), che tutta la problematica topogrefica relativa alla ribellione di Jbn Abbad ba acquistato ai miei occhi tanto interesse e fascino da indurmi a richiedere al doti. Ferdinando Maurici la redazione di un saggio sulle particolari vicende storiche, oltre che una sintesi delle acquisizioni archeologiche a queste collegabilz'. Tale lavoro bo ritenuto utile come primo passo verso lo studio di un punto nodale delle vicende siciliane (fino ad oggi trascurato dagli storici) dalla cui più corretta interpretazione penso dipenda una più valida opinione sul destino toccato ad un vasto territorio, recentemente, di nuovo colpito, da calamità naturali. Pur non essendo un esperto di storia medioevale, ma avendo studiato le fasi culturali più antiche del territorio in questione, allo scopo di fornire un'indicazione per future indagini, mi permetto di segnalare quella che ritengo sia una omissione nel lavoro di M aurici: il totale silenzio sulla popolazione locale di tradizione, cultura e religione non musulmana, dal cui comportamento, a mio avviso favorevole ai rivoltosi, potremmo forse evincere, quale peculiare manifestazione, un'ancestrale vocazione all'indipenden~ (mi riferisco chiaramente a tutta la storia del popolo e/imo). Altra obiezione a conclusioni di carattere particolare di Maurici, vorrei muovere riguardo alle sue vedute intorno alla fine di lbn Abbad (vero "giallo" storico, difficilmente risolvibile in termini definitivi) nonché in merito all'opinione negativa espressa circa l'esisten~ di una figlia del capo ribelle, apparsa alla luce della storia solo di recente, grazie alla fortunata scoperta di un testo del XIV secolo di al-Himyari. In merito alla prima questione, in seguito probabilmente allo scambio di opinioni intercorso, bo notato che F. Maurici ba leggermente modifìcato la sua opinione (in un primo tempo del tutto aderente alla versione del Tariq Mansuri). Non sono riuscito a convincerlo invece circa l'effettiva esisten~ di una 'figlia" di lbn Abbad, che tiene Ente/la fino alla morte nonostante a tale proposito gli abbia anche prospettato l'esisten~ di un'antica e signifìcativa leggenda locale, che per sostam:jare la mia tesi bo creduto opportuno fare rilevare in alcune sue varianti dalla dott.ssa Maria Carcasio e riprodurre in un libretto allegato al presente testo. Quel che mi ba convinto riguardo alla maggiore veridicità della versione di al-Himyari rispetto a quella del Tariq Mansuri, a parte naturalmente la 6 sopratJtJivenza delle tradizioni popolari, è stata: la precisa descrizione in al Himyari dei luoghi di Ente/la (descrizione che bisogna però adattare a situazioni cronologicamente successive); la considerazione che ben difficilmente da una mentalità decisamente maschilista qual'è notoriamente quella della cultura araba sarebbe stato scambiato di sesso un personaggio che di tanta prodezza e coraggio aveva dato prova; la scarsa credibilità del Tariq Mansuri circa la resa spontanea di Ibn Abbad, quando cioè egli si trovava ancora provvisto di forze sufficienti per una resistenza, che nei fatt~ anche dopo la sua morte, si è dimostrata tenace e di lunga durata. La morte di Ibn Abbad richiama alla mia mente quella molto recente del bandito Giuliano, disonoratamente ottenuta ed eroicamente travestita. Non mi meraviglierei in verità se l'uomo che Federico fece pubblicamente gi11stiziare fosse stato un sostituto di Ibn Abbad, oppure lo stesso Ibn Abbad proditoriamente catturato e forse già ucciso. Venendo ad Ente/la e considerando l'ampia estensione del suo altipiano, tutto interamente occupato dai rivoltosi (così come chiaramente indicano i ritrovamenti) è facile capire come sia accaduto che da tale consistenza difensiva abbia deciso di resistere la figlia di Ibn Abbad quando colse in inganno Federico, facendosi inviare trecento cavalieri. Tale episodio iefatti sarebbe inspiegabile qualora lo si volesse riferire al castelletto arroccato sul picco più elevato dell'altipiano (Pizzo Regina), luogo verosimilmente di dimora del capo, capace di contenere, al massimo, un centinaio di persone e che dovette servire come ultimo baluardo di resistenza. A tale ultimo rifugio, a cui si oppose, dopo che l'altipiano era stato interamente preso dall'armata sveva, una torre di sorveglianza, dobbiamo ritenere alluda il racconto di al-Himyari quando riferisce della fiera e disperata risposta che la figlia di lbn Abbad diede alla subdola proposta amorosa fatta da Federico. La torre in questione, da me intravista ancora sepolta, ritengo sia quella ormai messa del tutto allo scoperto dagli scavi della Scuola Normale di Pisa (figg. 18-19). In realtà sarebbe stato molto facile, per un'armata che era riuscita a prendere la vasta rocca, eliminare d'assalto la resistenza del castelletto, ancora del tutto interrato, che si trova sul picco da me indicato con la lettera L nella notizia preliminare che ne ho fornita. Cosa è stato che ha fatto indugiare chi conduceva le operazioni militari e lo ha indotto a costruire tale eventuale torre di guardia? Era solo la considerazione che gli occupanti il castelletto, in verità forse non più di cinquanta, completamente bloccati e senza via di scampo, in breve tempo sarebbero stati costretti ad arrendersi? Oppure fu la curiosità di Federico II a volerlo. Anche se sa di romantico, a me piace credere che sia stato cosi È più che pensabile iifatti che Federico volesse conoscere di persona la donna che gli aveva dato tanto filo da torcere. Da quale presupposto poteva sorgere d'altronde la storia dell'interesse amoroso 7 di Federico se non dalla constatazione della sua effettiva presenza nel luogo e nelle circostanze descritte! Come ho già detto in altra sede, non so come debbano interpretarsi le ossa umane che a varie riprese sono state ritrovate nella zona immediatamente adiacente al castelletto, visto che esse molto probabilmente non provengono da sepolture. Anche questa volta a me piace credere che sia stato in seguito ad una sortita disperata che si sia concluso l'ultimo atto dei ribelli di Ente/la, allo stesso momento in cui la figlia di Jbn Abbad spirava per la morte che lei stessa si era inflitta. È evidente che si sono fatte una serie di illazioni. Ma in tal modo spero lo stesso di aver potuto iniziare un dibattito nel quale è auspicabile che nuovi e più autorevoli contributi potranno aggiungersi per la scoperta di una verità storica che io considero tra le più affascinanti del medioevo siciliano. Soprattutto però spero d'aver potuto sollecitare l'interesse scientifico di chi predisporrà al più presto pgssibile lo scavo del castelletto, dove la tradizione popolare continua a riconoscere la tomba della "Regina''. A questo ultimo scopo è finalizzata l'edizione dell'opuscolo che aggiungo al saggio di Maurici, dove insieme alle tradizioni popolari relative alla vicenda è riportata in tre lingue diverse il racconto di al-Himyari. Gli episodi di quest'ulti mo, iefìne, ho dato ad illustrare ad alcuni artisti siciliani, tutto quanto come omaggio ad Ente/la, ma soprattutto allo spirito indomito di libertà, rimasto purtroppo anonimo, che nell'alto della sua rocca visse i suoi ultimi momenti di disperata agonia. Vittorio Giustolisi hg. 2 - \fonte Jato. Versante settentrionale. Accesso alla sommità attraverso un sentiero scavato nella roccia. Foto eseguita nel 1968. 2 3 4 5 6 Fig. 3 - Monete di Ibn Abbàd rinvenute sul Monte Jato. Foggiate in una lega d'argento e rame esse recano in naskhi le scritte seguenti: Muhammad figlio di 'A.bbad principe dell'Islam./ NotJ vi è altro dio al/'i11fuori di Allah e Maometto è il Suo profeta. I loro rispettivi diametri e pesi sono i seguenti: 1 (mm. 16; gr. 0,35 c.); 2 (mm. 15; gr. 0,40 c.); 3 (mm. 12; gr. 0,40 c.); 4 (mm. 15; gr. 0,43 c.); 5 (mm. 17; gr. 0,55); 6 (mm. 16; gr. 0,66 c.). Si tratta di denari, ad eccezione della moneta di cui al n' 3, la quale probabilmente è invece un mezzo denaro. Il peso piuttosto basso dei denari potrebbe trovare spiega zione nelle particolari ristrettezze in cui vennero spesso a trovarsi i ribelli arabi. Pesi più alti troviamo in una rassegna fatta recentemente da Franco D'Angelo (in Studi Magrebini, VII, 1975, pp. 149-153). Come l'autore stesso mi avverte, però, la pesatura degli esemplari presentati non è stata fatta con bilance di precisione. 10

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