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Le Storie Vol. I (libri I-IV) PDF

837 Pages·1996·28.92 MB·Italian
by  Erodoto
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CEASSICI TOR Ri CLASSICI LATINI COLLEZIONE FONDATA DA AUGUSTO ROSTAGNI DIRETTA DA ITALO LANA CLASSICI ETERNI id 9 pi A I LE STORIE di Erodoto A CURA DI ARISTIDE COLONNA E FIORENZA BEVILACQUA Volume primo Libri I-IV UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE TORINESE ς ο © 1996 Unione Tipografico-Editrice Torinese corso Raffaello, 28 - 10125 Torino Ristampa 1998 Introduzione, nota biografica, nota bibliografica, nota cri- tica e testo greco a cura di Aristide Colonna. Traduzione e commento a cura di Fiorenza Bevilacqua. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qual- siasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi. L'Editore potrà concedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre una porzione non superiore a un decimo del presente volume e fino a un massimo di settantacinque pagine. Le richieste di riproduzione vanno inoltrate all’Associa- zione Italiana per i Diritti di Riproduzione delle Opere dell'ingegno (AIDRO), via delle Erbe, 2 - 20121 Milano Tel. e Fax 02/809506 Fotocomposizione: Compedit - ‘l'orino Stampa: Tipografia Torinese - Grugliasco (Torino) ISBN 88-02-04912-2 INTRODUZIONE «Questa è l’esposizione della ricerca di Erodoto di Alicarnasso, affinché le azioni degli uomini non vadano perdute con il tempo e le imprese grandi e meravigliose, compiute sia dai Greci sia dai bar- bari, non rimangano prive di fama, e in particolare i motivi per i quali combatterono gli uni contro gli altri». In queste parole, con cui Erodoto inizia la sua opera, si possono individuare gli elementi fondamentali della materia storica trattata e del metodo usato nel ricercare ed esporre i fatti. L'espressione ànbdelig iotoging compare per la prima volta nella letteratura greca ed indica qualcosa di nuovo: alla narrazione delle gesta epiche o mi- tiche si sostituisce la «esposizione», cioè il resoconto della iotogin, che è indagine personale di natura storica, compiuta dallo scrittore; lo scopo di questa esposizione è il proposito di fissare in una testi- monianza scritta tanto i fatti degni di memoria compiuti da gente greca e non greca, quanto le cause della guerra che si svolse al tempo dell’autore. Se in base a questo programma svolto da Erodoto, egli è stato considerato da antichi e moderni, come il «padre della storia», è pur vero che quasi mezzo secolo prima nella stessa regione della Grecia, cioè nella Ionia, lo scrittore Ecateo di Mileto scrisse un’opera in prosa, dal titolo Gerealogie, che può essere definita con una certa approssimazione la più antica opera storica dei Greci. In realtà questo scrittore, la cui opera è andata perduta, salvo pochi frammenti, iniziava il suo racconto con un proemio parallelo a quello erodoteo: «Ecateo di Mileto così dice: io scrivo queste cose, come a me sembrano veraci; difatti i racconti dei Greci sono, come appare chiaramente, innumerevoli e degni di riso». La differenza dei due programmi così enunciati si rivela subito sostanziale, malgrado i punti di contatto esteriori: l'indicazione del nome dell'autore, e la natura della materia trattata. Le tradizioni d’indole mitica e storica raccolte dal logografo Ecateo sono attinte ai poemi epici, a cominciare da Omero, e si ordinano cronologica- mente per genealogie, ma esse sono poste al vaglio soggettivo del- IO INTRODUZIONE l’autore, il quale fra le innumerevoli versioni di un mito sceglie quella che appare più verisimile, e delle narrazioni chiaramente favo- lose tenta di dare una interpretazione logica: così il mito di Eracle, che scende nell’Ade per portar fuori Cerbero incatenato, è inteso da lui nel senso che Cerbero era un serpente velenoso, chiamato «il cane guardiano dell’Ade» per la forza del suo veleno. Accade in tal modo che il racconto di Ecateo si ponga in uno stadio intermedio fra l’epico e lo storico; ben diversamente l’oggetto della ricerca di Erodoto sono i fatti (Eoya) compiuti dagli uomini: non quei fatti della vita quotidiana che Esiodo aveva cantato nel suo poema degli "Egya, ma quelli che, uscendo dal comune, son degni di ammira- Ζίοπε (δωυμαστά), ε la cui fama deve essere trasmessa alla posterità, sia che si tratti di imprese belliche, sia di realizzazioni dell’ingegno, come templi, statue, opere letterarie. Lo scopo dichiarato di non far perdere la fama a tali opere, ma di immortalarle con il racconto, ri- mane in fondo l’ideale omerico, per il quale la poesia ha la stessa funzione del tumulo innalzato dagli Achei sulla riva dell’Ellesponto, suprema testimonianza delle gesta di Achille «per quelli che vivono adesso e per quelli che saranno in futuro». La sostanziale diversità del racconto epico da quello erodoteo era già avvertita chiaramente dal filosofo Aristotele, quando nella Poetica (p. 1451 2) scriveva: «Lo storico e il poeta non sono differenti perché si esprimono in versi oppure in prosa; gli scritti di Erodoto si possono volgere in versi, e resta sempre un'opera di storia con la struttura metrica come senza metro. Ma la differenza è questa, che lo storico espone gli eventi reali, e il poeta quali fatti possono avvenire» (trad. Gallavot- ti). Eppure, come vedremo, lo storico si è servito senza risparmio della tecnica narrativa e stilistica di Omero, così da essere conside- rato a ragione suo discepolo diretto. I Per apprendere e valutare questi «eventi reali», oggetto della sua indagine, Erodoto si trovava in una posizione di estrema difficoltà, dacché prima di lui nessuno aveva messo per iscritto tale materia, se si &ccettuano i logografi, ai quali egli attinse non di rado, ma sempre con forte spirito critico, come mostrano i vari luoghi in cui sono po- ste in discussione o respinte come false le notizie date da Ecateo. A sciogliere questo nodo sovvenne in modo egregio l’indole del- l’uomo Erodoto, cioè la sua insaziabile curiosità di conoscere perso- nalmente regioni e popoli. Essa dovette spingerlo fin dagli anni della INTRODUZIONE II prima giovinezza ad allontanarsi da Alicarnasso, dove era nato at- torno al 484 a. C., per intraprendere viaggi di varia lunghezza, i quali sebbene in parte siano contestati dalla critica moderna, trovano nelle pagine delle Storie testimonianze di una realtà indiscutibile. Uno dei viaggi ultimi e più importanti della sua vita fu quello che lo condusse a Turi, colonia panellenica fondata da Atene il 443 a. C., dove si re- carono anche altri scrittori di quel tempo, come Protagora ed Ippo- damo di Mileto, e dove per la sua fama gli fu attribuita la cittadi- nanza onoraria; come «Erodoto Turio» divenne ben presto a tutti noto, e come tale chiamato qualche tempo dopo all’inizio delle $fo- rie, al posto dell'originario «Erodoto di Alicarnasso». Ma ancor più significativo e ricco di conseguenze letterarie ed etiche per Erodoto fu il viaggio (0 forse i viaggi), che egli fece ad Atene, quando Pericle era al suo apogeo; di certo nel tempo, in cui Sofocle scriveva l’Anti- gone, Erodoto leggeva ai cittadini ateniesi un brano della sua opera, ricevendone onoranze e forse anche un onorario cospicuo. Quanto il soggiorno ateniese abbia influito sullo spirito di Erodoto mostrano apertamente le sue tendenze stilistiche e le sue idee etico-religiose, messe in evidenza mezzo secolo fa da Luigia Achillea Stella. Non meno importante del soggiorno ateniese, dal punto di vista geogra- fico e storico, appare il viaggio compiuto in diverse località del- l'Egitto, in varie tappe, che lo storico si preoccupa di puntualizzare con precisione quasi meticolosa, come nel caso della ricerca sul fiume Nilo (II, 29, 1) «andando a vedere personalmente fino alla città di Elefantina, e da qui in poi attingendo informazioni a voce»; egli dichiara di essersi recato a Tebe e ad Eliopoli, per potere stabi- lire se il racconto dei sacerdoti di Efesto a Menfi trovasse conferma in quelle due città: «dicono infatti che i sacerdoti di Eliopoli sono i più sapienti tra gli Egiziani» (II, 3, 1). La sua permanenza in Egitto non deve essere stata breve o occasionale, e i suoi discorsi con i sa- cerdoti egiziani costituiscono la testimonianza di particolari etnici e religiosi fino ad allora ignorati: proprio i sacerdoti di Tebe gli svela- rono il grossolano errore di Ecateo, che si vantava di avere un dio come sedicesimo antenato, e gli mostrarono trecentoquarantacin- que statue di sommi sacerdoti, ognuno figlio dell'altro, ed ognuno πίρωµις nato da ratowpug, cioè non «dio», ma «uomo eccellente». Meno documentati, ma non meno certi, si debbono considerare i viaggi dello storico in altre regioni dell'Oriente, nella Scizia, a Babi- lonia, in Macedonia, in Siria e forse nella Colchide. Nella Grecia, la città di Delfi attrasse l’attenzione di Erodoto in modo partico- lare per la sua funzione di centro religioso. Ciò che colpisce, è la scarsa testimonianza del suo interesse per i luoghi dell'Italia, come la 12 INTRODUZIONE Campania, il Lazio, l’Etruria, la Liguria; solo la Magna Grecia, con Turi, Sibari e le località adiacenti, rientra nelle conoscenze dirette dello storico; non è improbabile che durante il suo soggiorno a Turi l'interesse per i viaggi si sia affievolito, a causa dell'impegno sempre più vivo dedicato alla composizione dell’opera. INI I viaggi di Erodoto non sono, come può apparire a prima vista, e come forse fu in realtà durante l’esperienza della prima giovinezza, il frutto spontaneo della curiosità spiccata dell’uomo Erodoto per tutto il mondo che lo circondava, vicino e lontano, ma costituiscono il fondamento solido e necessario di tutta la sua iotogin, così definita nel proemio. La congerie immensa di dati etnografici raccolti in ogni singola regione visitata e di notizie mitiche e storiche sugli eventi di ognuno di quei popoli, offriva ad Erodoto l'occasione di tracciare un profilo ben documentato di paesi come l'Egitto, la Lidia, la Per- sia; il materiale così ordinato offriva la possibilità di una narrazione storica, che egli definiva con il nome di A6yog «storia», e nella sua maturità durante il soggiorno a Turi lo storico si trovò a disposizione una serie innumerevole di X6yor, che dovevano apparire come altret- tante monografie compiute e fra loro indipendenti, non ancora trac- ciate con mano sicura, ma nello stato di abbozzo, o meglio, di ap- punti ordinati frettolosamente. Ma accanto a questa materia grezza di natura geo-etnografica e storica, si sentiva la presenza di qualcosa più grande e universale, cioè la presenza del conflitto recente tra i Greci e i Persiani, che aveva svegliato l'interesse e l'entusiasmo dei poeti tragici, come Frinico ed Eschilo. Alla fine del proemio, quella breve frase aggiunta «e fra l’altro per quale causa i Greci ed i bar- bari si fecero guerra» getta una luce nuova sulle intenzioni dell’au- tore di rendere immortali le imprese grandi e meravigliose compiute dai Greci e dai non Greci, poiché le ultime parole hanno un riferi- mento preciso: non si tratta di tutte le imprese che Erodoto cono- sceva, ma della guerra fra Greci e Persiani, che si era conclusa quando egli era appena nato o nei primi anni della sua infanzia. In realtà questo riferimento al conflitto greco-persiano non si può giu- dicare «appena allusivo», come viene definito da qualcuno recente- mente, ma esprime il motivo intimo, il fondamento su cui lo scrittore volle poggiare l’intero frutto della sua ricerca, ed a cui si ispirò nel disporre ed ordinare la materia: non a caso uno dei maggiori studiosi di storia antica volle considerare l’opera di Erodoto come una vera e

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