COSTUME – SOCIETA’ – CULTURA CORLEONE: GLI USI, LE TRADIZIONI, IL DIALETTO SECONDA PARTE SCUOLA ELEMENTARE “C. FINOCCHIARO APRILE” CORLEONE A. S.2001/2002 1 Realizzato con il patRocinio dell’assessoRato beni culturali, ambientali e pubblica istruzione DELLA regione siciliana 2 SCUOLA ELEMENTARE STATALE C. FINOCCHIARO APRILE DI CORLEONE SECONDA PARTE 3 PREMESSA Il lavoro realizzato da alunni e docenti ha permesso di sperimentare, operativamente, il metodo della ricerca, attraverso l‟uso di varie fonti: la testimonianza degli anziani intervistati a casa e a scuola, la lettura di testi di illustri storici corleonesi e non ( Patti - Mangano – Governali – Anselmo ), le visite ai musei, i laboratori artigianali. Le attività hanno permesso di raggiungere un duplice obiettivo: quello di riportare alla luce usi, costumi, gastronomie scomparsi o trasformati e quello di promuovere nei bambini “il passaggio dalla cultura vissuta e assorbita direttamente dall‟ambiente di vita, alla cultura come ricostruzione intellettuale ”. Tutti gli alunni coinvolti hanno seguito attivamente i percorsi operativi tracciati, che hanno offerto loro occasioni di contatti, di analisi, di confronti inusuali e interessanti. Il racconto dei nonni, i testi consultati, i documenti iconografici hanno permesso a ciascuno di prendere coscienza del fluire delle generazioni e di costruire, pian piano, la propria identità culturale. Gli alunni hanno cominciato così a collocarsi nel tempo, entrando in contatto con la realtà delle generazioni che li hanno preceduti. Le indagini sulle feste solenni e minori, sulle tradizioni locali, sui riti, sui culti corredati di leggende, detti e canti popolari, che celebrano la profonda religiosità e il sentimento anche drammatico del sacro, ereditato da culture remote, hanno avviato gli alunni alla scoperta delle loro radici e alla necessità di conservarne il ricordo. I preziosi dati raccolti forniscono una inesauribile quantità di informazioni e documenti che i piccoli ricercatori sono riusciti a penetrare e ad analizzare, scoprendo la realtà in essi rappresentata e raffigurata . Sono emersi i mestieri maschili e femminili, le feste patronali, le celebrazioni religiose, le cerimonie e i rituali, la vita domestica, le preghiere, i giochi, il lutto che hanno costituito un vasto campo di indagine, il quale li ha introdotti ad alcune problematiche dell‟esistenza umana, in ogni periodo storico. 4 I nonni che hanno cercato e scavato tra ricordi, fatti, aneddoti , storie, orazioni, foto, oggetti della vita quotidiana del loro antico passato, si sono forse lasciati prendere da una sorta di malia, ma hanno sicuramente saputo raccontare, con veridicità e semplici parole “dialettali”, le storie vere intrise di affetti, di difficoltà, di miseria, di gioie e di dolori con le quali hanno contribuito a scrivere quella Storia, talvolta fredda e distaccata, che si legge e si studia sui libri. Ogni racconto, ogni testimonianza, ogni fotografia costituisce un piccolo pezzo dell‟ enorme puzzle della vita pubblica e privata del popolo corleonese, ed i bambini, con semplicità e arguzia, hanno fissato nelle loro produzioni: le bambole, le mattonelle, i disegni, tutto quello che hanno scoperto su questo enorme patrimonio culturale, di cui intendono appropriarsi, per tramandarlo ai posteri, nella consapevolezza che il nostro ambiente si trasforma insieme al resto del mondo, col progresso, la tecnologia in continua evoluzione e a contatto con altre culture, meritevoli di altrettanto rispetto. A testimonianza, forse, di quanto aveva affermato Giuseppe Pietrè: “in Sicilia il passato non è morto, ma ci accompagna e si manifesta presso la culla e la bara, nelle feste e nei giochi, negli spettacoli e in chiesa, nei riti e nelle tradizioni. Dappertutto, insomma, vive e parla”, e la scuola, insieme ai ragazzi, si impegna a tenere viva questa realtà. M. A. ODDO L. COLLETTI 5 LE STORIE DELLA STORIA Le mamme, le nonne, i bambini han cercato tra i loro ricordi curiosi han frugato aprendo quei vecchi bauli neri deposti in soffitta che parlan di “ieri” Han rovistato nei loro cassetti: gonne, sottane , pizzi e merletti, vestiti e pastrani color melanzana, corsetti, mutande, scialli, e collane. Ed ecco del nonno la vecchia “coppola” nera che indossava d‟inverno, dalla mattina alla sera, è sbiadita, sgualcita, dai tarli bucata, ma la nonna la tiene ben conservata. Ancora gli album hanno sfogliato, facendo un salto nel tempo passato. Hanno trovato tante foto ricordo color della seppia ed intorno col bordo. C‟è la cara bisnonna quand‟era bambina con la sua lunga e bella vestina di morbido vual e di chiffon e sul capo uno splendido chignon. C‟è la foto di gruppo famiglia con la mamma il papà e la figlia, nel loro scuro, elegante vestito che per l‟occasione era stato cucito. Fan corona all‟anziano e alla moglie i parenti e i nipoti di tutte le taglie. C‟è la bimba con la “scocca” di raso ripresa immobile accanto ad un vaso, la coperta di tessuto chiniglia le fa da sfondo con la sedia di paglia. C‟è un bambino di fine ottocento col lungo abitino ed i boccoli al vento. C‟è una donna col vitino da vespa e la gonna gonfia di seta crespa, le maniche strette e due lunghi pendenti che le scendon dai lobi, tutti lucenti. E poi, ancora, ci sono le spose, col velo in testa e nelle identiche pose. lo sposo dentro il suo abito scuro sta con la moglie davanti ad un muro, dove il fotografo ha ben disegnate bianche colonne ed ampie scalinate. Ci sono volti belli e sorridenti beffardi, paffuti, raffinati, eleganti, 6 sono quei volti ben incorniciati da capelli lisci e sulla nuca intrecciati, son bianchi, son neri, arricciati ad anelli oppure raccolti sotto i cappelli. E mentre si parla del tempo che fu i bimbi ascoltano col nasino all‟insù. Con un pochino di nostalgia e di velata malinconia, i nonni e le nonne han raccontato la vita che loro hanno vissuto, i fantastici giochi che hanno inventato, la poca infanzia che hanno rubato, quell‟istruzione che non hanno mai avuto, i mille mestieri che hanno imparato. Han parlato di fede, di gioia e dolore che gli han riempito la vita ed il cuore. Han recitato nel loro dialetto le antiche orazioni che dicevano a letto. Han cantato vispe, le canzonette delle serenate da giovanette. Il pane e la pasta hanno impastato, la lana col fuso hanno filato, han lavorato preziosi merletti e rammendato strappi perfetti. Le cantilene, le nenie, i lamenti han fatto sentire i nonni contenti. Eran contadini ed erano pastori tutti han nominato gli attrezzi e i lavori che causavan si, molti sudori, ma allora eran giovani, forti come tori. Cavalcavano arditi mulo e giumento E restavan nei campi dall‟alba al tramonto. Han raccontato di fame, di guerra e miserie, in verità raccontando della Storia le storie. M. ODDO 7 Il mercato e i mestieri scomparsi 8 “U CUNTU”: GIUFA' E LA STATUA DI GHISSU Si cunta ca cc'era 'na mamma, e avia un figliu chiamatu Giufà sta mamma di Giufà campava pòvira. Stu Giufà era babbu, e lagnusu e marioulu; sò matri avia'na puoco di tila e cci dissi a Giufà: «Pigliamu na puocu di tila; e la va'a 5 vinni 'ntra un paísi luntanu, e l'ha a vinnirí a chiddi pirsuni chi parlanu picca ». Giufà si parti' cu la tila n' cuoddu e si nni ij'a vinniri. Arrivatu 'ntra un paisi accumincià 'a vanniari: - «Cu' voli Ia tila!». Lu chiamavanu li genti e accuminciavanu a parlari assai, a cu ccí paria grossa, a cu ccí paria cara. Gìufà ccì paria cca parlavanu assa`, e un cci nni vulia dari. Camìna di ccà camina di dda , si nfila 'ntra un curtiglíu; ddà un c'era nuddu e cci truvà 'na statua di ghissu, e cci dissi Giufà: - «La vuliti accattari la tila» - e la statua 'un cci dava cuntu: ntantu vitti ca parlava picca; «Ora a vù, ca parrati picca, vhaìu a vinniri la tila » -; pigghia la tila e cci la stenni di supra: «Ora dumani viegnu pri li grana » e sì nnì ij . Quannu aghiurnà', cci ij pri li grana, e tila 'un ni truvà, e cci dicia: - «dùnami li grana dì la tila »; - e la statua 'un cci dicia nenti - « già ca un mi vo' dari li grana, ti fazzu vidiri cu' sugnu io »,- si 'mbresta un zappuni e va a mazzia la statua fina chi l'allavancà, e nní la panza cci truvà una bacaredda di dinari; sì minti li dinari nni lu saccu e si nni va nni so mà; arrivannu, a sò mà cci dissi: « La vínnivu la tila ad unu chi nun parlava, e grana a la sira un mi nni detti; pua cci jivi la matina cu lu zappuni, l'ammazzavu, lu jíttavu n' terra e mi detti sti dinari». - La mamma, ca era 'sperta, cci dissi: «Un díri nenti, ca a puoco a puoco nni jemmu manciannu sti dinari ». IL RACCONTO: GIUFÀ E LA STATUA DI GESSO Si racconta che c‟era una mamma che aveva un figlio chiamato Giufà ed erano poveri Giufà era allocco, scansa fatiche e birbante, sua madre aveva un poco di tela e disse a Giufà: «prendi la tela e vai a venderla al mercato, in un paese lontano, ma la devi vendere a quelle persone che parlano poco ».Giufà partì e arrivato in un paese ,nella piazza del mercato cominciò a strillare: «Chi vuole la tela? Comprate la tela!»La gente lo chiamava, ma a chi la tela pareva grossa, a chi pareva costosa e Giufà non la vendeva a nessuno. Camminando entrò in un cortile dove non c‟era nessuno solo una statua di gesso. Giufà pensò di vendere la tela a quell‟uomo che parlava poco, gliela stese addosso e gli disse che sarebbe tornato il giorno dopo, per i denari. Il giorno dopo Giufà, però, non trovò ne tela ne denari, allora si infuriò, prese una mazza e colpì la statua, la quale si ruppe.Dentro la pancia della statua, trovò una pentola piena di monete d‟ oro. Tutto felice e orgoglioso, Giufà portò i denari trovati alla madre, cosi poterono alleviare la loro povertà. (traduzione in italiano) 9 L‟ ABBANNIATURI Li primi di la musica inventuri Iu dicu ca in Sicilia sianu stati Li putirai e li vinnituri Chi quannu abbannianu Fannu gran cantati , si sentinu fari Trilli e murdenti e scivolati Comu si fussinu veri musici nati. LA PIAZZA DEL MERCATO A CORLEONE La piazza del mercato a Corleone si chiamava piazza delle “Buccerie”, dall‟antica porta araba , oggi si chiama Piazza Nascè. In questa piazza si svolgevano vari mestieri si vendevano vari prodotti della campagna ( u scaru). Vi era: l‟osteria ( taverna) il fondaco o albergo (funnacu) il fabbro o maniscalco (firraru) il falegname (mastru r‟ascia) il bottaio (vuttaru) lo stagnino ( stagnataru) l‟impagliasedie (m‟pagghiaseggi) il macellaio (chiancheri) il barbiere (varveri) il verduraio (virduraru) il ciabattino (scarparu) Antico laboratorio di falegname Museo etnografico “S.Leoluca” di Corleone 10
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