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Le pubblicità di Natale che hanno fatto epoca PDF

200 Pages·2017·16.59 MB·Italian
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Nativitas 85 WALTER FOCHESATO Le pubblicità di Natale che hanno fatto epoca CON OLTRE 200 IMMAGINI A COLORI INTERLINEA EDIZIONI NOVARA Dello stesso autore, nel catalogo Interlinea: Auguri di Buon Natale. Arte e tradizione delle cartoline augurali Raccontare la guerra. Libri per bambini e ragazzi Il gioco della guerra. L’infanzia nelle cartoline del primo conflitto mondiale © Novara 2017 interlinea srl edizioni via Mattei 21, 28100 Novara, tel. 0321 1992282 www.interlinea.com [email protected] Stampato da Italgrafica, Novara ISBN 978-88-6857-146-7 In copertina: For Santa, in “The National Geographic Magazine”, dicembre 1950, disegno di Haddon Sundblom, particolare Sommario Introduzione p. 7 Il pan del Toni e i suoi cugini » 23 Alzando il gomito (con classe) » 39 Il dolce (e il salato) » 55 Per le persone di buon gusto » 71 Eccellenze italiane » 83 Babbo Natale, la Coca-Cola e altre divagazioni » 99 Un mondo di copertine » 119 Donando libri » 137 Suggestioni invernali » 155 Tanti auguri da… » 171 … è per digerirti meglio! » 189 Concludendo (quando è ora di festeggiare) » 193 Notizia sull’autore » 195 Introduzione Muri e palizzate, birrerie e caffè, stazioni ferroviarie e battelli a vapore, piazze e viali, grandi città e umili paesi di provincia. Nella seconda metà dell’Ottocento, con l’invenzione del procedimento cromolitografico, i cartel- loni pubblicitari, prepotenti e festosi, invadono ogni an- golo e il paesaggio urbano muta profondamente. Si può tranquillamente dire che il mondo diventa a colori. Non solo affiche ma cartoline, figurine, periodici, libri, latte litografate e scatole in legno o in cartone, menu e bro- chure, locandine, dépliant e quant’altro: nasce la moder- na pubblicità. Scrive Vittorio Pica nel 1896: «Il cartellone illustrato, umile forma d’arte, anche nella sua gloria effimera, poi- ché il sole lo scolora, la pioggia l’inzuppa e lo macula, il vento lo lacera, corrisponde mirabilmente all’intensità febbrile dell’esistenza vorticosa delle nostre grandi città, alla mutabilità assidua e all’inestinguibile sete di nuovo delle anime nostre».1 Nel medesimo articolo, dedicato alla cartellonistica francese, analizzando l’opera di Jules Cheret e la sua pro- digiosa attività di affichista, nota come la gaiezza sma- gliante e il riso scanzonato e ardito delle sue figure abbia- no «sovente qualcosa di eccessivo e quasi di spasmodico, che ci rivela che siamo al cospetto di un’epoca nevrotica 1 per eccellenza».2 7 L’Italia, è ancora Pica a osservarlo in un altro articolo, scontava in questo campo «l’incurante indolenza dei no- stri industriali e dei nostri commercianti, i quali non hanno ancora compreso quanto grande sia il vantaggio di poter ricorrere alle soluzioni dell’arte per richiamare l’at- tenzione del pubblico sui loro prodotti».3 Ma, in realtà, a farsi sentire era soprattutto la debolezza del nostro appa- rato produttivo e il poco e lento diffondersi dei beni di consumo. Ad ogni modo ogni settore viene investito da questa rinnovata forma di comunicazione: dalle compagnie di navigazione alla nascente arte cinematografica, dalle au- tomobili alle grandi esposizioni, dal turismo all’opera li- rica, dai grandi magazzini all’abbigliamento, dalle bevan- de ai cibi, dai prodotti per la casa all’arredamento. Ed è, ovviamente, soltanto un rapido e incompleto elenco. Più in generale l’evoluzione della comunicazione pub- blicitaria accompagna i processi di crescita e di sviluppo dei grandi agglomerati urbani, giacché si impongono nuo- ve forme di interscambio e di comunicazione mentre – co- me osserva Andrea Rauch – «i rapporti interpersonali sembrano illanguidire e sbiadirsi nel mondo nuovo». I manifesti allora raccontano – afferma ancora Rauch – «di merci che possono essere alla portata di tutti […] ci fanno riappropriare di uno status che credevamo perso insieme alle nostre radici. Leggo, dunque sono. Compro, dunque sono. Ascolto e guardo, dunque sono».4 Certo è che la diffusione della réclame natalizia mi appare comunque lenta e limitata, concentrata non solo temporalmente ma soprattutto su alcuni scontati, se si 8 vuole, settori merceologici: liquori e spumanti, il panet- tone, il cioccolato in primis. Sfogliando alcune riviste (ad esempio “La Lettura”, “Il Secolo XX” o i periodici legati al Touring Club Italia- no), si nota come la presenza di alcuni inserzionisti si ri- peta costantemente per anni e anni e con una non comu- ne varietà di soluzioni grafiche e di autori. Penso, giusto per fare alcuni esempi, al ricostituente Proton, alla Su- chard, più tardi alla Cirio. Ebbene, i riferimenti alle festi- vità natalizie sono quasi assenti. Più facile rintracciare, in una cadenza che è pur sempre legata ai cicli stagionali, la presenza dell’inverno e dei suoi malanni (la Cibalgina o, ancor più, il Formitrol). Per quest’ultimo vi è poi la firma di un autore di asso- luta eleganza, legata alla lezione inglese dei primi del seco- lo, come Aleardo Terzi. Poi – se mi è concesso aprire una parentesi personale – il Formitrol fa parte del mio immagi- nario infantile, con il tubetto in latta litografata, dai toni pastello, e le pastiglie, buonissime, dal sapore leggermente acidulo e frizzante. Si scoprì, molto più tardi, che la for- maldeide era a dir poco dannosa alla salute ma da bambi- no, con la scusa del mal di gola, ne consumavo parecchie. Ben al di là, direi, delle pur blande posologie. Naturalmente questa non vuole e non può essere una sorta di riassunto della storia della pubblicità nel nostro Paese. Occorrerebbero ben altre competenze, forze (e spazi). Semplicemente intende offrire una rassegna di certo parziale e soggettiva, ma spero suggestiva, di imma- gini, capaci di affascinarci, incuriosirci, farci sorridere e riflettere. Sul filo della memoria, in certi casi, ma aperta 9

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