1 Tesi di abilitazione Le porte lignee di Santa Sabina La zona liminare del nartece e l’iniziazione cristiana Ivan Foletti BRNO 2014 2 3 Indice Introduzione 5 I. Status quaestionis – alcune riflessioni storiografiche 11 I.1. Primi studi 12 I.2. La storia dell’arte universale: Seroux d’Agincourt, Burckhardt, Schnaase, Cavalcaselle e Crowe 14 I.3. Il metodo iconografico, gli studi monografici e la questione orientale: Kondakov, Berthier, Wiegand e Strzygowski 18 I.4. Cinque decenni di “vuoto”, l’Italo-Gallic School e Félix Darsy 24 I.5. Sahoko Tsuji: una tesi celata dalla storia? 33 I.6. Alla ricerca del “programma”, Gisela Jeremias e Jean-Michel Spieser 36 I. 7. Nuove domande tra Cultus et decor e Seeing medieval art 41 II. Porta, luogo passaggio, di iniziazione e di protezione 43 II.1. Spazio liminare 43 II.2. L’atrio tardoantico, quali funzioni? 45 II. 3. Sono la porta 51 III. Le porte e l’atrio di Santa Sabina: quali funzioni? 54 IV. Immagini, liturgia e omiletica 66 IV. 1. L’eclissi di Roma e la scelta di Ambrogio 67 IV. 2. Lo sguardo battesimale 69 IV. 3. Una sinfonia interpretativa? 139 IV. 4. Come si costruisce un racconto? 143 V. Stile e Retorica 151 V. 1. Stili e maniere: problema storiografico e realtà materiale 151 V. 2. La nuova retorica cristiana? 160 V. 3. Stile e iconografia 173 V. 4. Un “ordine” nuovo 179 Conclusioni 183 Corpus iconografico e critico 188 1. “Crocifissione” 189 4 2. Le pie donne al sepolcro 195 3. Adorazione dei Magi 197 4. Trasfigurazione (Traditio Legis) 201 5. I miracoli del Cristo 208 6. I miracoli di Mosè 214 7. Assunzione di Enoch (Ascensione) 222 8. La Teofania (Parusia) 230 9. Apparizione del Cristo risorto agli apostoli 237 10. Il Cristo incontra le pie donne nel giardino 239 11. Annuncio del tradimento di Pietro 242 12. Il ratto di Abacuc 246 13. La vocazione di Mosè e il dono della legge (vocazione di Mosè sull’Horeb) 250 14. Il cosiddetto pannello dell’Acclamatio 258 15. L’assunzione di Elia 264 16. Il miracolo dei serpenti e il passaggio del Mar Rosso 268 17. Il Cristo davanti a Pilato e la Via Crucis 272 18. Il Cristo davanti a Caifa 275 Bibliografia 278 1. Letteratura secondaria 278 2. Fonti antiche e testi inediti 303 5 Introduzione Chi visita oggi l’Aventino e giunge alla basilica di Santa Sabina si avvicina a questo elegante edificio tardoantico dal lato sud-est, quello della facciata laterale, sulla quale un’entrata moderna gli permetterà poi di accedere all’interno (fig. 1). Fig. 1. Giuseppe Vasi, Basilica di Santa Sabina (vista dalla piazza di Pietro d’Illirico), Roma, 1761. In questo modo, chi penetra nella basilica non si accorge neppure dell’esistenza di un nartece – confondibile con l’entrata del chiostro domenicano – e dell’originale ingresso principale (fig. 2). Il visitatore accorto vi accederà solo in un secondo momento, quando andrà ad ammirare l’antica porta lignea e, negli ultimi anni, un’imago murale della Theotokos (fig. 3-4). Con ogni probabilità lo spazio del nartece non lo colpirà: si tratta di un ambiente scuro e stranamente sproporzionato. Per poter ammirare bene la porta e l’affresco, è addirittura necessaria un’illuminazione 6 artificiale. A prima vista, insomma, non vi sono ragioni per dedicare attenzione a questo luogo, che appare come contenitore, privo d’interesse, di opere eccezionali. Fig. 2. Nartece, basilica di Santa Sabina, Roma, 421-431. Quanto descritto per il semplice curioso riflette, paradossalmente, la fortuna critica del nartece di Santa Sabina negli studi. Eccetto pochissimi lavori, che perlopiù gli hanno dedicato soltanto brevi descrizioni, lo spazio d’accesso alla basilica di Santa Sabina è stato di fatto ignorato dalla ricerca. Molta più fortuna hanno avuto le celebri porte lignee e, dopo la sua scoperta, recentissima, anche l’immagine della Theotokos. La storiografia appare così determinata dalle mutilazioni subita da questo luogo nei secoli. L’originale ed elegante portico antico, zona di transito tra le due grandi arterie dell’Aventino – il vicus Altus e il vicus Armilustrii –, è diventato marginale dopo la scomparsa del vicus Altus. Nei secoli il nartece è stato inoltre tagliato dalla costruzione del campanile nel suo lato settentrionale, dall’edificazione di un 7 dormitorio per i frati nella sua parte superiore, che ha radicalmente abbassato il soffitto e, infine, dalla chiusura delle polifore originali. Sono progressivamente scomparsi gli affreschi che decoravano questo spazio e l’antica anticamera, riccamente ornata, ha perso non solo la sua funzione ma anche il suo brio. È proprio a causa di questa progressiva riduzione – e forse in parte anche per l’attenzione conferita dalla tradizione storiografica alle immagini figurative – che il nartece ha cominciato a essere percepito anche negli studi come un luogo a servizio delle immagini che ospitava. Fig. 3. Porta lignea, basilica di Santa Sabina, Roma, 421-431. 8 Questo libro parte proprio da questo stato dei fatti e vorrebbe cercare invertire il paradigma: il nartece non è stato concepito per le immagini, ma sono le immagini a essere nate per ornarlo. In altri termini, l’interesse, il prestigio e l’importanza di queste ultime non sono che il riflesso della funzione di tutto un ambiente dove architettura, immagine e performance liturgica vivevano in naturale sinergia. Fig. 4. Theotokos con i committenti, basilica di Santa Sabina, Roma, 600. Le pagine che seguiranno saranno dedicate soltanto alla prima parte della storia di questo luogo, quella immediatamente successiva alla costruzione della basilica voluta da Pietro d’Illiria negli anni di Celestino I (421-431) e di Sisto III (432-440). La gran parte del volume sarà inoltre occupata dallo studio della più antica immagine del nartece, quella della porta lignea. La porta non sarà però più guardata come oggetto indipendente, ma studiata come parte integrante di uno spazio architettonico e comprensibile soltanto al suo interno, nelle dinamiche che lo caratterizzavano. Più precisamente, non si cercherà di focalizzarsi sulle caratteristiche architettoniche del nartece, quanto piuttosto di riflettere sulla sua funzione e attraverso essa comprendere il contesto culturale della nascita delle immagini che lo ornano. 9 Nel primo capitolo si ripercorreranno i principali studi sul nartece di Santa Sabina focalizzandosi sul monumento che ha ricevuto maggiore attenzione, la celebre porta lignea. L’obiettivo è comprendere non solo in che modo la storiografia ha interpretato questo monumento, ma anche le ragioni storiche che hanno guidato le diverse interpretazioni. In questo capitolo si tenterà con poche brevissime osservazioni anche di delineare le basi metodologiche di questo volume. Il secondo capitolo sarà dedicato a una riflessione sulla funzione degli spazi d’accesso, di “zone liminari”. Partendo dagli studi antropologici, ma anche dalla storia architettonica tardoantica, lo scopo di questo capitolo sarà di riconoscere le funzioni peculiari dei luoghi di passaggio: dalla protezione e dalla difesa dal male all’iniziazione, nel senso più vasto di questo termine. La terza parte di questo libro sarà un tentativo di trasportare al caso concreto quanto osservato sull’uso dei narteci in senso generale. Attraverso uno studio della liturgia stazionaria romana, della funzione battesimale di Santa Sabina, fino a una valutazione della personalità del committente della chiesa, l’intenzione è quella di vedere quanto l’uso di una nozione di “zona liminare” possa essere applicata all’Aventino. Il capitolo successivo – il più esteso di tutto il lavoro – sarà uno studio iconologico dei rilievi della porta. Incrociando dati omiletici, liturgici e visuali, si cercherà di comprendere questa grande e complessa imago, proprio attraverso la prospettiva dell’uso – iniziatico e penitenziale – di tutto il nartece. Il quinto e ultimo capitolo sarà ugualmente dedicato alle porte per capire i meccanismi attraverso i quali un oggetto così polimorfo può essere stato composto. Incrociando i dati visivi con quelli iconologici del capitolo precedente si tenterà di ipotizzare quale era la disposizione originale dei diversi elementi di questa immagine. Dopo le conclusioni sarà quindi dato spazio a un corpus iconografico dei diciotto rilievi noti e conservati oggi delle porte. Lo scopo di quest’ultima parte è di 10 dare al lettore la possibilità di comprendere le scelte iconografiche cruciali del quarto capitolo senza appesantire inutilmente il testo. La speranza di chi scrive è che questo libro possa gettare una luce nuova su uno dei luoghi più interessanti e spettacolari del mondo tardoantico, rimasto ingiustamente in ombra per secoli. Allo stesso modo l’ambizione è di valutare da un punto di vista il più completo e complesso possibile il significato di un artefatto unico e straordinario come lo sono le porte della basilica di Santa Sabina.
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