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Le arti-terapie nel contesto della riabilitazione psicosociale in italia PDF

27 Pages·2017·0.5 MB·Italian
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Psichiatria e Psicoterapia (2016) 35, 4, 154-180 LE ARTI-TERAPIE NEL CONTESTO DELLA RIABILITAZIONE PSICOSOCIALE IN ITALIA: UNA RASSEGNA CRITICA Umberto Volpe, Diana Facchini, Roberta Magnotti, Sara Diamare, Elisabetta Denti, Caterina A. Viganò Introduzione Il concetto di “arte-terapia” è stato, nel tempo, sviluppato e rimodellato in molti e differenti modi ed è stato spesso associato a varie espressioni anglosassoni quali “creative art therapies” o “expressive therapies”. Seguendo una recente formulazione della British Association of Art Therapists, l’arte-terapia può essere convenientemente definita come una “forma di psicoterapia che impiega il mezzo artistico come modalità primaria di comunicazione” (Waller 1991). Tale definizione, tuttavia, predilige una concettualizzazione dell’arte-terapia intesa come “art in therapy” (l’arte rappresenta un mezzo espressivo, emotivamente immediato, da collocare all’interno di un percorso psicoterapeutico più strutturato), a scapito della concettualizzazione nota come “art as therapy” (ovvero, l’arte come forma di terapia risocializzante e facilitante l’espressione emotiva per sé), ancor oggi ampiamente rappresentata nell’ambito della riabilitazione psichiatrica (Edwards 2004). In realtà, la complessa e reciproca dialettica tra arte e psichiatria ha rappresentato per molti secoli l’oggetto di indagine di molti studiosi. Già nell’antica cultura greca era da tempo diffusa l’idea che l’arte rappresentasse un naturale compendio alla medicina nell’alleviare le sofferenze umane. Non a caso nella Grecia antica si collocavano i teatri in prossimità dei tempi dedicati ad Asclepio (dio greco della medicina) il cui santuario era dedicato alla guarigione dei malati, svolgendo di fatto funzioni di ospedale della regione, e nei teatri i riti di guarigione promuovevano processi “catartici”, secondo i dettami della medicina ippocratica (Gladding 1992). Il rapporto tra arte e psichiatria tuttavia inizia ad articolarsi in modo più compiuto solo nel XIX secolo, quando la stessa psichiatria muove i suoi primi passi come disciplina autonoma. Fin dall’inizio dell’800, i principi di Philippe Pinel si diffondono in Europa e favoriscono l’introduzione dell’espressione artistica come parte integrante del cosiddetto “trattamento morale”. Intorno alla seconda metà dell’ottocento, vari psichiatri Europei iniziarono altresì a interrogarsi sul lavoro artistico degli “alienati” come possibile veicolo comunicativo privilegiato di alcuni aspetti della “degenerazione mentale” (Naumburg 1953). Sarà però solo il secolo successivo, con la diffusione delle teorie psicoanalitiche relative al rapporto tra produzione artistica e meccanismi inconsci, a portare da un lato all’impiego sempre più assiduo dei simboli artistici (soprattutto grafici) come elemento diagnostico aggiuntivo e, dall’altro, a promuovere un uso “terapeutico” dell’espressione artistica (Bedoni e Tosatti 2000, MacGregor 1989). L’espressione “art-therapy” viene compiutamente utilizzata per la prima volta nel 1942 (Hill SottomeSSo maggio 2016, accettato Dicembre 2016 154 © Giovanni Fioriti Editore s.r.l. Le arti-terapie nel contesto della riabilitazione psicosociale in italia 1945) ma già negli anni a cavallo tra le due guerre mondiali, prevalentemente nei paesi anglosassoni, si diffonde in modo stabile e organico l’impiego dell’arte-terapia intesa in senso moderno come efficace supporto alle prassi riabilitative. In tal senso, appare cruciale altresì il contributo che la corrente filosofica e artistica del Surrealismo ha apportato nel definire le relazioni tra creazione artistica e processi psicologici. Fin dalla prima formulazione del Manifest sur Surrealisme di Andrè Breton (Breton 1962), il processo creativo alla base dell’espressione artistica viene ridefinito dai surrealisti come prodotto di “forze inconsce personali” più che della “ragione”; non sorprende pertanto che molti artisti surrealisti incoraggiarono e sostennero i primi tentativi di riavvicinare l’espressione artistica alla sofferenza psicologica, recandosi essi stessi negli ospedali psichiatrici e lavorando direttamente con pazienti, per lo più psicotici, già negli anni successivi alla prima guerra mondiale (Hogan 2001). In Italia, l’arte-terapia ha conosciuto una diffusione sostanzialmente bimodale. Un iniziale interesse verso l’uso delle arti in psichiatria in Italia si colloca alla fine dei conflitti mondiali e ha sostanzialmente seguito, nel contesto degli ospedali psichiatrici, l’orientamento internazionale dominato dalla corrente di pensiero psicoanalitica, riconoscendo al proprio interno la centralità della comunicazione non-verbale in grado di trascendere la limitazione verbali e cinetiche dei pazienti, promuovendo l’espressione emotiva e la facilitazione dei processi creativi, la crucialità dei processi transferali, il rinforzo del ruolo dell’empatia e della relazione terapeutica, la promozione della consapevolezza di sé e della malattia, nonché il reinvestimento verso spinte più costruttive (Freeman RD e Freeman I 1956). Nelle successive decadi del XX secolo, in Italia si sono diffusi differenti approcci arte-terapeutici, sulla base di evidenze empiriche (sebbene non sistematicamente raccolte e a volte tutt’altro che metodologicamente ineccepibili) relative al buon impatto sui processi di risocializzazione e i costi contenuti. Tuttavia, dopo la graduale chiusura degli ospedali psichiatrici, il parallelo spostamento verso paradigmi di psichiatria orientata alla comunità, la revisione critica dei paradigmi psicoanalitici, associata a una applicazione indiscriminata (o, più spesso, inappropriata) di tali tecniche hanno probabilmente determinato una deriva che ha trascinato le arti-terapie, come altri approcci riabilitativi, sempre più verso l’intrattenimento e sempre meno verso una vera e propria riabilitazione psichiatrica (Saraceno 1995, Ba 2003). Tuttavia, al passaggio nel terzo millennio, l’impiego dell’arte nella riabilitazione psichiatrica ha conosciuto un nuovo impulso, legato a un maggior rigore metodologico e all’accumulo di crescenti evidenze scientifiche. Dopo le iniziali indagini relative alla semplice soddisfazione degli utenti coinvolti in programmi di arte-terapia, sono stati condotti vari studi randomizzati e controllati a dimostrare l’efficacia di tali approcci riabilitativi come trattamento aggiuntivo, soprattutto per le psicosi funzionali (Crawford e Patterson 2007). Questo secondo picco di interesse verso l’applicazione delle discipline artistiche alla riabilitazione psichiatrica non è stato solo associato a un maggior rigore metodologico nel documentare l’efficacia di tali approcci, con valutazioni di esito standardizzate e riproducibili, ma anche e soprattutto mediante l’applicazione di modelli di riferimento non più esclusivamente psicoanalitici (si sono diffusi molti approcci di orientamento cognitivo, narrativo, sistemico-relazionale, centrato sulla persona, etc.), l’estensione a popolazioni (non più solo pazienti con psicosi croniche, ma pazienti con varie diagnosi psichiatriche, spesso con una storia recente di malattia e differenti livelli di gravità) e setting differenti (soprattutto, Psichiatria e Psicoterapia (2016) 35,4 155 Umberto Volpe et al. le strutture psichiatriche territoriali e le residenze a carattere riabilitativo, in programmi a breve nonché lungo termine) (Beveridge 2001). Non sorprende, pertanto, che nella recente revisione delle linee-guida per il trattamento della schizofrenia il National Collaborating Centre for Mental Health abbia riconfermato che le “art- therapies“ rappresentino, a oggi, uno degli strumenti raccomandati per promuovere (unitamente a una psicoterapia strutturata) la guarigione dei pazienti con schizofrenia, specie se di età giovane e con prevalenti sintomi affettivi e/o negativi (notoriamente poco sensibili all’azione dei farmaci antipsicotici di prima e seconda generazione) (UK National Collaborating Centre for Mental Health 2010). Sebbene le evidenze a oggi disponibili (Simpson e Keen 2011, Crawford et al. 2010, Roberts et al. 2007, Hanevik et al. 2013, Shiou-Fang et al. 2013) non consentano ancora di chiarire definitivamente il ruolo e l’impatto delle arti-terapie nella riabilitazione psichiatrica, appare utile illustrare lo status artis in tale ambito del sapere psichiatrico nel nostro Paese. Più specificamente, questa rassegna si propone come obiettivo quello di fornire una sintesi critica dei concetti di base, degli attuali paradigmi applicativi e delle esperienze ed evidenze disponibili relativamente all’impiego delle arti-terapie più praticate in Italia e riconosciute a livello internazionale ovvero, la riabilitazione mediante le arti grafiche, la musicoterapia, la danza-movimento-terapia e la teatro- terapia. 1. Arti grafiche L’uomo ha da sempre sentito il bisogno di esprimersi attraverso l’arte, probabilmente perché, come afferma Lorenzetti “non si può raggiungere la conoscenza senza attraversare l’immaginazione, senza la capacità di inventare, di usare la fantasia” (Lorenzetti 1995). L’arte terapia mediante l’impiego di tecniche grafiche ha avuto origine da quella che per lungo tempo è stata definita “psicopatologia dell’espressione” e che vedeva nella produzione grafica e artistica del malato mentale la rappresentazione stessa della sua patologia. Esistono però significative differenze tra l’operato dell’artista e l’espressione artistica del malato mentale: nella costruzione di un’opera d’arte esistono due fasi sostanziali, una di ispirazione e una di ulteriore elaborazione, per arrivare al prodotto finale. Mentre l’artista nella fase di ispirazione ha la capacità di allentare il controllo razionale dell’Io e far emergere l’inconscio, per poi ripristinare un adeguato rapporto di realtà che gli permette di elaborare il materiale emerso e arrivare al prodotto artistico, i pazienti con disturbi gravi vengono spesso sopraffatti dall’emergere dell’inconscio con una possibile perdita della capacità di tornare al rapporto di realtà ed entrare nella fase elaborativa produttiva (Petrella 2000). Il primo riconoscimento ufficiale del possibile valore artistico delle opere di individui affetti da disturbi mentali è legato a Jean Dubuffet, fondatore della Compagnie de l’Art Brut nel 1924, che dedicò molti anni di studio all’osservazione delle produzioni artistiche dei malati mentali, quali ad esempio la produzione di Carlo e di Aloyse, esposta al Museo dell’Art Brut di Losanna. Il primo utilizzo delle arti grafiche ed espressive come tecnica riabilitativa risale ai primi anni del XX secolo e si deve a Hans Prinzhorn (Prinzhorn 1991) aver riconosciuto nella spinta creativa dei suoi pazienti schizofrenici un “bisogno di espressione”. Nella seconda metà del ‘900, l’interesse 156 Psichiatria e Psicoterapia (2016) 35,4 Le arti-terapie nel contesto della riabilitazione psicosociale in italia per l’attività grafica si organizza come un vero e proprio modello terapeutico, grazie anche ai contributi di studiosi quali Margareth Naumburg (Naumburg 1966) ed Edith Kramer (Kramer 1977). Questi primi approcci furono orientati inizialmente all’osservazione e classificazione delle diverse modalità nelle quali l’enigmatico e il patologico prendevano forma nei disegni dei pazienti con disturbi mentali in cerca di eventuali associazioni con le principali categorie della nosografia psichiatrica. Per alcuni decenni, cioè, si tese a negare il valore artistico all’arte patologica in quanto non “intenzionale” e ricca di imprecisioni formali (dovute all’incapacità tecnica). Un altro iniziale filone di studi sull’arte terapia tendeva invece a considerare l’espressione grafica dei pazienti con disturbi mentali sostanzialmente come un documento dell’evoluzione patologica (molti gli studi di psichiatri su opere di artisti famosi che si sono ammalati, come nel celebre caso di Vincent Van Gogh (Recalcati 2009). Solo nel corso delle decadi successive l’arte-terapia conoscerà una più definitiva formalizzazione legata a un’integrazione tra la considerazione del momento artistico, come oggettivazione della sintomatologia, e l’analisi del valore narrativo del disegno con l’interesse orientato alla storia psicologica del soggetto in termini di conflitti, difese, mondo dell’inconscio. Attualmente, l'arte-terapia riflette un'ampia varietà di assunti teorici e ha ricevuto forti influenze dall'approccio umanistico, gestaltico, evolutivo e corporeo (Gamma e Bortino 1982). In comune ai diversi approcci teorici vi è la convergenza nel considerare il linguaggio dell'arte un tramite attraverso cui strutturare aspetti psico-affettivi-emotivi e socio-relazionali e nel contempo migliorare le abilità residue. Inoltre, come sostiene Hannemann (Hannemann 2006) l'attività creativa è utile nel combattere l'apatia, l'ansia e l'agitazione, riduce la depressione e l'isolamento, migliora il benessere del paziente, l'umore, le capacità e le qualità sensoriali e, nelle fasi finali di vita, permette di liberare le proprie emozioni, agendo anche contro la mancanza di prospettiva di vita e di speranza. Studi condotti in Germania (Aissen-Crewett 1987) e in Svezia (Wikström 2000) hanno dimostrato che non solo l'operatività diretta ma anche la discussione su opere d'arte visive, mostrano effetti positivi su varie dimensioni (quelle più significativamente incrementate sono la comunicazione, il dialogo, la relazione, la capacità di discussione, autostima). Il percorso riabilitativo incentrato sulle arti grafiche si svolge in genere in tre fasi principali, ovvero: 1) conoscenza-osservazione (diagnosi); 2) intervento/gestione; 3) valutazione dei risultati e feedback correttivi. Il setting dell’arte-terapia (atelier) deve essere un luogo accogliente e protetto in cui sperimentare un’atmosfera empatica e vivere un’esperienza terapeutica con piacere e leggerezza. Durante i primi incontri, è opportuno stimolare spesso l’esecuzione di un disegno a tema libero. Questo approccio consente di rilevare le capacità espressive e tecniche del paziente. Tuttavia va tenuto presente anche che il disegno libero può evocare intense risposte emotive (tabella 1) e che può non essere facile ottenere dai pazienti, soprattutto quelli affetti da disturbi psicotici, una valida produzione figurativa spontanea. Spesso la proposta di disegnare su fogli colorati o neri può essere un’alternativa rassicurante. Nei primi incontri con pazienti particolarmente disorganizzati o “bloccati”, il terapeuta può intervenire direttamente sul disegno aiutandoli a esprimere ciò che desiderano e non si sentono in grado di disegnare. Tale modalità di approccio facilita l’avvio di un’alleanza terapeutica, rassicura e facilita l’integrazione nel gruppo (Ba e Viganò 1996, Magnotti 2007, Ba e Magnotti 2002). Psichiatria e Psicoterapia (2016) 35,4 157 Umberto Volpe et al. Tabella 1. Reazioni emotive al disegno libero • paura di attivare modalità di comunicazione considerate infantili • timore del giudizio negativo • paura di sentirsi “scoperto” e “intruso” • Sindrome del “foglio bianco”(fonte di angoscia, in quanto evoca sentimenti di incapacità e inadeguatezza o rievoca troppo tangibilmente l’esperienza di vuoto interiore) Spesso è utile prevedere, nel percorso arte-terapeutico, diverse “tappe” per mediare il lavoro su differenti contenuti emotivi attraverso specifici temi e proposte creative. Alcune delle principali tecniche utilizzate per la terapia grafica ed espressiva sono brevemente illustrate nella tabella 2. Durante le sedute è importante a stabilire e mantenere la “giusta distanza” dall’altro, ovvero a proporsi senza invadere né farsi invadere. All’interno del gruppo di lavoro spesso si instaurano dialoghi circolari e sinergici, con condivisione di percezioni, immagini e affetti; non di rado, a ciò si accompagna un “galleggiamento” di emozioni condivise, capaci di attivare dinamiche personali e complicate risonanze, tanto su aspetti del mondo interno di ciascuno quanto su aspetti del mondo esterno o gruppale. In tal senso, la figura dell’arte-terapeuta assume un ruolo centrale; i principali compiti e le caratteristiche essenziali del terapeuta sono riassunte in tabella 3. In genere, il momento finale delle sedute di arte-terapia è rappresentato dall’osservazione in gruppo dei lavori, un momento che spesso si rivela particolarmente ricco di significati emotivi: oltre al commento circa i vissuti dei partecipanti, si discute della scelta estetica del lavoro che più colpisce l’attenzione di ciascuno, si analizzano le dinamiche relazionali che sono alla base della scelta dei temi e della rappresentazione dell’opera. Va sempre rimarcato a chi partecipa all’atelier che lo scopo dell’attività non è favorire l’individualizzazione, bensì Tabella 2. Tecniche di espressione grafica Tecnica Caratteristiche principali Disegno della • ricco di contenuti emotivi e rimandi affettivi figura umana • molto utile per esprimere il vissuto corporeo Ritratto • attiva una particolare relazione transferale, che consente al ritrattista e al (ciascuno ritrae suo modello la reciproca ricostruzione di un’immagine di sé il compagno che • favorisce la reciproca presa di coscienza della propria identità corporea si presta a fare • favorisce il riconoscimento della propria identità da modello) • il ritrattista si vede riflesso nel proprio modello, il modello accetta di essere osservato • a ritratto ultimato, inoltre, aumenta coscienza di avere saputo affrontare e superare una “prova”, con il piacere per una nuova capacità acquisita. • tutti possono osservare, confrontare, discutere il prodotto artistico • alcuni possono chiedere di essere ritratti, prestandosi ad essere osservati, riconosciuti, riprodotti (contrasta la tendenza all’isolamento e spinge alla ricerca della conferma della propria identità) 158 Psichiatria e Psicoterapia (2016) 35,4 Le arti-terapie nel contesto della riabilitazione psicosociale in italia Tabella 2. Continua Disegno del • utilizzare un foglio di grandi dimensioni contorno • consente di restituire percettivamente una immagine di “corpo intero” del corpo • Particolarmente utile nei casi in cui esistano problemi relativi alla riprodotto a frammentazione e/o distorsione dell’ immagine corporea. dimensione reale • Il “vestire” il protagonista del disegno può essere utile anche per rivelare (bodytracing) i livelli di cura di sé e del corpo, oltre che favorire il riconoscimento della propria identità. Disegno • è particolarmente adatto a pazienti che utilizzano meccanismi di geometrico “razionalizzazione” come “difesa emotiva” • le forme geometriche sono strutturate, di facile esecuzione, avulse da caratteristiche simboliche evidenti • non vincola all’aderenza alla riproduzione di un oggetto reale. • il paziente può scegliere la forma, il colore, la collocazione spaziali (queste scelte sono riferibili a criteri logico-formali, ma anche affettivi) • spesso pazienti molto ansiosi o vicini ad una fase di scompenso psicotico scelgono questo tipo di modalità espressiva (il disegno geometrico tende a favorire i processi di “strutturazione” e “ricomposizione”). Mandala • produzione di un numero libero di cerchi concentrici, seguita dalla collocazione di colori, forme, oggetti, parole, al loro interno (a partire dall’anello più esterno fino al cerchio che ne costituisce il centro) • particolarmente utile con i pazienti con psicosi, quando si trovano in difficoltà di fronte ad uno “spazio bianco” e non delimitato (che potrebbe riempirsi di oggetti “scissi” e minacciosi, a rappresentare il suo “mondo interno”) • il mandala tende a creare una “struttura grafica”, in cui organizzare le immagini secondo criteri di lontananza, vicinanza, confine, polarità (dentro-fuori) Tabella 2. Tecniche di espressione grafica Copia dal vero • utile per riportare l’attenzione sul confronto con la realtà Tecnica Caratteristiche principali • tecniche e materiali sono spesso lasciati alla libera scelta del paziente, onde facilitare la presa di contatto con il mezzo senza evocare ansie, frustrazioni Disegno della • ricco di contenuti emotivi e rimandi affettivi o altri sentimenti negativi. figura umana • molto utile per esprimere il vissuto corporeo • mette in atto processi di analisi, pianificazione, controllo e verifica Ritratto • attiva una particolare relazione transferale, che consente al ritrattista e al • richiede impegno e capacità tecniche superiori a quelle necessarie per altre (ciascuno ritrae suo modello la reciproca ricostruzione di un’immagine di sé attività grafiche il compagno che • favorisce la reciproca presa di coscienza della propria identità corporea • necessita di uno specifico bagaglio tecnico del terapeuta si presta a fare • favorisce il riconoscimento della propria identità Scultura • associato al piacere che rimanda direttamente all’infanzia ma al tempo da modello) • il ritrattista si vede riflesso nel proprio modello, il modello accetta di essere stesso ad un atavico senso di potenza e di forza, legato al vissuto di “dare osservato forma” e “dare vita” • a ritratto ultimato, inoltre, aumenta coscienza di avere saputo affrontare e • la costruzione di oggetti concreti può essere molto gratificante, soprattutto superare una “prova”, con il piacere per una nuova capacità acquisita. se l’oggetto viene costruito per qualcuno o per uno scopo preciso • tutti possono osservare, confrontare, discutere il prodotto artistico • la realizzazione di oggetti in creta richiede una certa abilità di • alcuni possono chiedere di essere ritratti, prestandosi ad essere osservati, pianificazione e può essere percepita come un compito impegnativo; riconosciuti, riprodotti (contrasta la tendenza all’isolamento e spinge alla tuttavia, in genere, viene vissuta come una tecnica semplice e immediata, ricerca della conferma della propria identità) facilmente attuabile anche con pazienti gravi Psichiatria e Psicoterapia (2016) 35,4 159 Umberto Volpe et al. Tabella 3. Ruoli dell’arte-terapeuta • favorisce la proiezione delle funzioni di oggetto-sé • facilita i processi di “significazione” e il senso di compiutezza personale • promuove l’autonomia del paziente e riduce la tendenza alla fusionalità • aiuta a delineare i confini tra sé e il mondo • stimola un rapporto con realtà più armonioso e adeguato • interviene per favorire livelli di espressione e comunicazione più efficaci e strutturati • promuove la creatività individuale e l’identificazione/elaborazione delle reazioni emotive (che spesso scaturiscono da riattualizzazioni di conflitti o traumi più o meno recenti) • il terapeuta tende a mantenere lo stesso atteggiamento e lo stesso ruolo, a prescindere dalla tecnica espressiva impiegata creare relazione con gli altri, mettere in comune con l’altro le proprie potenzialità, per creare un oggetto frutto della comunicazione e dell’incontro. In linea generale, le arti grafiche usate in riabilitazione comprendono differenti tecniche che in generale propongono un approccio globale alla persona, sfruttando tutti i canali conoscitivi (sensorialità, competenze cognitive, esperienza, immaginazione, intuito ecc.) e tutte le capacità espressive (linguaggio verbale, non verbale, artistico), allo scopo di valorizzare l’individuo nella sua interezza. L’intervento riabilitativo mediante le arti espressive è dunque mirato alla ricostituzione di un’organizzazione funzionale, la più efficace possibile, delle strutture del sé intrapsichico (corporeo, espressivo, verbale), che sono alla base delle relazioni oggettuali. L’arte-terapia è una tecnica riabilitativa ampiamente diffusa in Italia, anche se le evidenze pubblicate in merito agli esiti di questo intervento restano ancora esigue (Ba e Magnotti 2002). 2. Musicoterapia La musicoterapia (Mt) può essere convenientemente definita come “l'uso della musica e/o dei suoi elementi (suono, ritmo, melodia e armonia) a opera di un musicoterapista qualificato, in rapporto individuale o di gruppo, all'interno di un processo definito, per facilitare e promuovere la comunicazione, le relazioni, l'apprendimento, la mobilizzazione, l'espressione, la organizzazione e altri obiettivi terapeutici degni di rilievo nella prospettiva di assolvere i bisogni fisici, emotivi, mentali, sociali e cognitivi” (Wheeler 1996). La Mt è una disciplina che ha origini antiche ma in particolare negli ultimi anni si sono accumulate numerose evidenze scientifiche a favore della sua efficacia, in ambiti differenti e complementari quali quello della psicologia, e della clinica psichiatrica, della musicologia (Di Franco 2001). La Mt si pone come scopo principale quello di sviluppare potenziali e/o riabilitare funzioni dell'individuo in modo che egli possa ottenere una migliore integrazione intra- e/o interpersonale, nonché una migliore qualità della vita (Bruscia 2010). Pertanto, la Mt si pone come un intervento riabilitativo complesso, che mira a gestire intense e delicate relazioni (ad esempio, tra 160 Psichiatria e Psicoterapia (2016) 35,4 Le arti-terapie nel contesto della riabilitazione psicosociale in italia musicoterapista e il gruppo, tra musicoterapista e il singolo individuo, tra i singoli individui e il gruppo, tra singoli individui) in termini di emozioni, corporeità, oltre che di produzioni sonoro– musicali. Una caratteristica peculiare della Mt è l’intenso legame all’area dell’affettività: questo approccio riabilitativo, infatti, si occupa preminentemente delle possibilità comunicative a partire dallo scambio empatico stabilito tra le componenti umane all’interno del setting. La Mt favorisce l’esplorazione del sé, la “mobilizzazione” degli affetti, lo sviluppo delle abilità creative e cognitive, promuovendo un globale miglioramento delle funzioni psichiche danneggiate (Scardovelli 1999). L’atteggiamento terapeutico del musicoterapista dovrebbe essere sempre olistico e centrato sulla persona: l’uso del suono abbraccia in maniera globale la problematica del soggetto/ paziente e di per sé stimola la percezione dell’interezza del proprio senso di sé. La presenza del musicoterapista è di cruciale importanza per il setting e, pertanto, i gruppi di musicoterapia possono essere condotti solo da personale adeguatamente qualificato. Le principali competenze di base del musicoterapista e i ruoli che deve ricoprire durante le sedute sono riassunte in tabella 4. In estrema sintesi, il ruolo del musicoterapista è quello di dare il via a una comprensione reciproca, a un dialogo sonoro, a una “manifestazione musicale” dei processi transferali. Il setting della Mt assume come cornice di riferimento generale la definizione che Winnicott dà della situazione psicoanalitica tradizionale (Winnicott 1985). In tale descrizione, vengono tracciate non solo le caratteristiche fisiche, ma anche le caratteristiche emotive e cognitive del contesto della Mt. Il setting rappresenta sia l’ambiente e il rapporto che viene creato nella relazione tra musicoterapista e paziente o gruppo, e che è lo spazio fisico e mentale, il “luogo protetto” dove si svolge il trattamento, sempre adattandosi alle esigenze del soggetto. Il setting di Mt può essere costituito da uno studio ma può anche stabilirsi all’aperto (ad esempio, in acqua) (Benenzon et Tabella 4. Competenze di base del musicoterapista Competenza Descrizione Empatia • capacità di adattare le competenze musicali di base nella relazione d’aiuto, nella prospettiva di ottenere risultati di tipo riabilitativo, preventivo, terapeutico • tale capacità implica l’abilità nel manipolare il linguaggio sonoro-musicale in forma coerente, ma anche in forma non coerente (il soggetto potrebbe esprimersi in modo poco organizzato) Osservazione • capacità di osservare gli aspetti sonoro-musicali emergenti dalla relazione musicoterapica e le modifiche nel comportamento, relativamente all’ipotesi di trattamento • va messa in atto mediante la compilazione di protocolli strutturati, includendo l’ascolto del materiale sonoro registrato e/o mediante l’uso della videoregistrazione Valutazione • capacità di raccogliere le osservazioni e oggettivare l’incisività dell’intervento • abilità di modificare in corso d’opera le strategie previste all’inizio del processo Psichiatria e Psicoterapia (2016) 35,4 161 Umberto Volpe et al. al. 2006). Una peculiarità del setting della Mt risiede nel rilievo attribuito alla corporeità e dalla presenza fisica; pertanto, l‘operatore dovrà essere in grado di mettere a disposizione una valida capacità di comprendere gli stati d’animo altrui, di gestire le attivazioni emotive e trasformare i pensieri del paziente in emozioni comunicabili (Benenzon 1998). Per quanto riguarda gli strumenti da adoperare, si tende a preferire quelli “ritmici” o quelli “melodici”, in genere tutti inclusi nel cosiddetto “strumentario Orff” (Orff 1990). Tali strumenti devono essere di facile uso, immediati, evocativi, simbolici, producono suoni aleatori e concreti in una gamma variegata per timbro, altezza e intensità. Insieme agli operatori, gli strumenti sono oggetti intermediari necessari per lo scambio affettivo. Gli strumenti si caratterizzano per forma, sonorità e sensazioni diverse e rimandano a valenze simboliche differenti: dai 4 elementi fondamentali (acqua, aria, terra e fuoco) alla differenza di genere (strumento “femminile” o “maschile”) o a specifici simboli archetipici (ad esempio, legati al cerchio, alla croce, alla spirale, al mandala). I suoni generati, durante la sessione, tendono spesso a ripetersi in forma caleidoscopica, privilegiando strutture e loop ricorrenti (spesso a volte seguono il principio della “variazione continua” (François et al. 2015). In funzione del setting e degli obiettivi di lavoro, verranno privilegiati alcuni strumenti, come tastiera, chitarra, flauto, su altri ad esempio quelli della tradizione popolare che parlano un linguaggio arcaico e primitivo, tenendo anche in conto il ruolo del corpo e della voce. Attualmente, esistono molti differenti modelli strutturati di Mt, che spesso trovano applicazioni specifiche e danno vita a un’ulteriormente ampia serie di orientamenti sul territorio nazionale italiano. Tuttavia, molti degli orientamenti attuati nel nostro paese si esplicano in due ambiti principali (ovvero, quello pedagogico e quello clinico) e seguono a tre fondamentali filoni, ovvero quello umanistico, quello cognitivo-comportamentale e quello psicodinamico (Di Franco 2002, Lecourt 1996) le cui caratteristiche principali sono riassunte nella tabella 5. La caratteristica comune ai diversi orientamenti è rintracciabile nel fatto che la musicoterapia è sempre un processo sistematico e Tabella 5. Principali modelli di musicoterapia Modello Caratteristiche Umanistico • prevede l’uso del suono in maniera “creativa” • predilige il “qui e ora” dell’esperienza • intravede nel paziente le componenti di potenziale musicista • questo approccio è meno spinto verso aspetti di tipo didattico e pedagogico, mentre è maggiormente sbilanciato su aspetti intuitivi (soprattutto quelli emergenti dalla relazione) Cognitivo- • si basa principalmente sull’uso del suono come “stimolo”, che fa Comportamentale scaturire una “reazione” • orientato prevalentemente a lavorare su meccanismi attentivi • si rivolge più direttamente al sintomo Psicodinamico • assume valenze diverse a seconda della cornice di riferimento teorica (freudiano, junghiano, gestaltico, sistemico-relazionale); • in ogni caso, è sempre centrale in tali modelli l’uso del suono all’interno della relazione tra paziente e operatore • mirato all’esplorazione delle risposte emozionali all’interno dei processi di transfert e controtransfert 162 Psichiatria e Psicoterapia (2016) 35,4 Le arti-terapie nel contesto della riabilitazione psicosociale in italia regolare, operato dal musicoterapista, volto al conseguimento di specifici “obiettivi”: nell’arco di una serie di incontri programmati, si tende a favorire un graduale cambiamento dell’utente. Le fasi di un programma di Mt sono analoghe a quelle di altri approcci riabilitativi ma la peculiarità della Mt risiede nella centralità che la musica riveste in tutte le fasi: 1) l’accertamento o “inquadramento sonoro”, durante il quale il terapista osserva il paziente, stabilisce gli obiettivi e organizza il trattamento; 2) il trattamento vero e proprio, in cui l’intervento musicale mira a indurre un significativo cambiamento della condizione emotivo-affettiva del paziente; 3) la valutazione, che consiste nel verificare gli esiti dell’intervento attraverso l’ascolto e l’analisi della produzione sonora. Vale la pena di precisare che la Mt non si caratterizza per la presenza di finalità estetiche nella relazione sonora (allo scopo di facilitare l’espressione emotiva da parte dei partecipanti) mentre posizione centrale occupa la rappresentazione dei bisogni emergenti dell’individuo. L’intento del terapeuta deve essere quello di accompagnare e sostenere il soggetto nel suo percorso espressivo, di trasformare e adattare le sonorità verso forme condivisibili. Durante il IX World Congress of Music Therapy, tenutosi a Washington nel 1999, i maggiori esperti del settore hanno individuato cinque paradigmi applicativi di riferimento le cui caratteristiche principali sono riassunte nella tabella 6. L’attuale prassi della Mt nasce dall’impiego delle tecniche sopra descritte singolarmente o in modo “combinato”, sempre privilegiando però gli aspetti empatici e relazionali e facilitando la libertà espressiva dell’utente, allo scopo di trasformare positivamente sensazioni legate a vissuti di inibizione, inadeguatezza o ansia “da prestazione”. L’apertura di nuovi “canali di comunicazione” costituisce il punto centrale di ciascuna seduta: nel percorso terapeutico, lo scopo centrale resta quello di restituire all’individuo la rielaborazione di modelli dinamici del proprio psichismo e delle proprie relazioni, con la possibilità di produrre sensazioni gratificanti Tabella 6. Principali paradigmi applicativi della musicoterapia secondo la World Federation of Music Therapy Modello di MT Caratteristiche Modello Nordoff-Robbins messo a punto grazie alla collaborazione tra pianisti e pedagogisti, prevede il trattamento in coppia terapica; si basa sull’improvvisazione e utilizza il pianoforte e le percussioni: il terapista suona il pianoforte, il paziente il tamburo, sostenuto dal co-terapista. Modello “junghiano” di M. si basa sulla improvvisazione libera e verbalizzazione; il terapista Priestley improvvisa e dopo aver suonato fa parlare il paziente. Modello comportamentista fa intervenire lo stimolo sonoro su problematiche precise; di C. Masden Modello dell’immaginario in cui l’ascolto di brani classici finalizzati a tematiche emotive, guidato di Helen Bonny somministrato in posizione di rilassamento, induce dinamiche conflittuali su cui lavorare Modello psico–dinamico di utilizza la musica come mezzo per arrivare alla relazione R. Benenzon Psichiatria e Psicoterapia (2016) 35,4 163

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riferimento non più esclusivamente psicoanalitici (si sono diffusi molti approcci di orientamento cognitivo, narrativo Inner Traditions,. Rochester. Adorisio A, Garcia M (2008). Danzamovimentoterapia. Modelli e pratiche nell'esperienza italiana. MaGi,. Roma. Aissen-Crewett M (1987). Esthetic trai
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