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Le armi del diavolo. Anatomia di una battaglia: Pavia, 24 febbraio 1525 PDF

232 Pages·2015·3.65 MB·Italian
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Pavia, 24 febbraio 1525. Nell’arco di poco più di una notte, si consuma una battaglia che segna una svolta fondamentale nel conflitto tra Francia e Sacro Romano Impero, determinando il passaggio del Nord Italia sotto l’influenza spagnola. Protagoniste di questo scontro epocale sono “le armi del diavolo”: archibugi e moschetti la cui efficacia, al tempo, era ancora messa in discussione, ma che resero senza dubbio la battaglia di Pavia uno dei fatti d’arme dagli esiti più sorprendenti di sempre. A raccontare questo momento cruciale per la storia d’Italia e dell’Occidente, sei punti di vista diversi: un bellicoso cavaliere scozzese che non vede l’ora di unirsi all’esercito del re di Francia Francesco I; un soldato spagnolo innamorato del suo moschetto e delle meraviglie del Nuovo Mondo; uno scagnozzo italiano, spiccio e versatile uomo di fiducia di Giovanni dalle Bande Nere; una nobildonna in declino trincerata nel suo elegante palazzo nel cuore della città assediata; un ingegnoso ferrarese, maestro nell’arte dell’artiglieria, che realizza cannoni miscelando sapienza tecnica, filosofie e superstizioni; perfino una vivandiera, indomita lanzichenecca capace di battersi con più eroismo di un uomo. I sei personaggi – ricostruiti dagli storici Marco Scardigli e Andrea Santangelo a partire da diari, corrispondenze e altre fonti del tempo – permettono al lettore moderno di scoprire, oltre alle dinamiche della guerra, anche le sensazioni, i valori e i progetti di uomini e donne comuni che parteciparono a quell’evento campale. Sei piccole storie che, accostate, disegnano la storia più grande di una battaglia che decise per due secoli almeno il destino dell’Europa. Tutti i diritti riservati © 2015, De Agostini Libri S.p.A., Novara Prima edizione e-book: novembre 2015 ISBN 978-88-511-3551-5 Le tavole alle pp. 72-73, 108-109, 138-139 sono di Andrea Pescio www.utetlibri.it www.deagostinilibri.it www.facebook.com/utetlibri @utetlibri Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma o con alcun mezzo elettronico, meccanico, in fotocopia, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio, televisione, senza autorizzazione scritta dell’Editore. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org Edizione elettronica realizzata da Gag srl Marco Scardigli Andrea Santangelo LE ARMI DEL DIAVOLO Anatomia di una battaglia: Pavia, 24 febbraio 1525 Indice Introduzione 1. Thomas Lenatt e il cavaliere di Montpenzat 2. Anna Ziegler e Hans Denk 3. La marchesa Isabella 4. Fazino Avogario 5. Juan de Guevara 6. Francesco Guasto 7. Anna Ziegler e Hans Denk 8. La marchesa Isabella 9. Fazino Avogario 10. Juan de Guevara 11. Francesco Guasto 12. Thomas Lenatt e il cavaliere di Montpenzat 13. Anna Ziegler e Hans Denk 14. La marchesa Isabella 15. Juan de Guevara 16. Thomas Lenatt e il cavaliere di Montpenzat 17. Francesco Guasto 18. Juan de Guevara 19. Fazino Avogario 20. Anna Ziegler e Hans Denk 21. La marchesa Isabella 22. Thomas Lenatt e il cavaliere di Montpenzat 23. Fazino Avogario 24. Thomas Lenatt e il cavaliere di Montpenzat 25. Fazino Avogario 26. Anna Ziegler e Hans Denk 27. Thomas Lenatt e il cavaliere di Montpenzat 28. Juan de Guevara 29. Francesco Guasto 30. Anna Ziegler e Hans Denk 31. Fazino Avogario 32. Anna Ziegler e Hans Denk 33. Fazino Avogario 34. Thomas Lenatt e il cavaliere di Montpenzat 35. Juan de Guevara 36. Thomas Lenatt e il cavaliere di Montpenzat 37. Juan de Guevara 38. Anna Ziegler e Hans Denk 39. Francesco Guasto 40. La marchesa Isabella 41. Anna Ziegler e Hans Denk 42. Fazino Avogario 43. La marchesa Isabella 44. Francesco Guasto 45. Thomas Lenatt 46. Juan de Guevara 47. Francesco Guasto 48. Anna Ziegler e Hans Denk 49. La marchesa Isabella 50. Thomas Lenatt Note storiche Bibliografia Introduzione Il primo trentennio del Cinquecento è stato il tempo della crisi del Rinascimento italiano, di Leonardo da Vinci e Niccolò Machiavelli, di Giulio II e Michelangelo, di Ludovico Ariosto e Raffaello, di Francesco Guicciardini e Tiziano. Fu anche il tempo in cui la Francia dell’impetuoso sovrano Francesco I di Valois e l’impero di Carlo V d’Asburgo (quello su cui non tramontava mai il sole), divenuti ormai i due più potenti Stati europei, si scontrarono per l’egemonia in Europa e il dominio dell’Italia. Il momento centrale di questo aspro e lungo conflitto fu la battaglia di Pavia, nel 1525, da cui dipesero gli sviluppi politici e militari dei due secoli seguenti. Ma Pavia fu anche uno dei fatti d’arme dagli esiti più sorprendenti della storia militare. Gli antefatti Nel 1519 il giovane Carlo d’Asburgo, re di Spagna, era riuscito a farsi eleggere imperatore del Sacro Romano Impero, nonostante la strenua opposizione del re di Francia, l’altrettanto giovane Francesco I di Valois. Per un complicato gioco di discendenze ed eredità, Carlo V si trovò a governare territori immensi: la Spagna, il regno di Napoli con Sicilia e Sardegna, le attuali Austria, Germania, Olanda e buona parte del Belgio, oltre ai paesi del Nuovo Mondo da poco scoperti. Per il nuovo imperatore i problemi erano enormi: basti ricordare che nel mondo tedesco cresceva con grande vigore il movimento della Riforma luterana e le ribellioni erano all’ordine del giorno, mentre ai confini orientali premeva l’impero ottomano. Però il suo dominio era pur sempre di dimensioni grandiose, come non s’era più visto dai tempi di Roma. Il primo a preoccuparsi di questa grandezza fu proprio il sovrano di Francia, che si vide praticamente circondato dalle terre imperiali. La guerra fu inevitabile e il campo di battaglia principale divenne la Lombardia, che ai tempi non era solo una terra ricchissima ed eccezionalmente evoluta per economia e cultura, ambita dai francesi almeno da tre decenni, ma anche un anello fondamentale per congiungere i possedimenti imperiali di sudovest (Spagna e Italia meridionale) e quelli di nordest (Germania, Austria), attraverso l’asse Genova-Milano- Valtellina-Tirolo. Il ducato di Milano era stato conquistato dalla Francia nel 1499, perso dopo la pur vittoriosa battaglia di Ravenna nel 1512 e ripreso con la battaglia di Marignano nel 1515. Infine era passato agli imperiali con la battaglia della Bicocca nel 1522. Da allora il conflitto non procedeva bene per i francesi, sconfitti ancora nel 1524 a Gattinara. Così Francesco I decise di sistemare le cose una volta per tutte e scese in Italia con un esercito per i tempi straordinariamente numeroso e potente: trentamila uomini, fra i quali le celebri fanterie svizzere e una moderna e abbondante artiglieria. Il cuore e il vanto dell’armata era la splendida cavalleria pesante formata dalla nobiltà e guidata personalmente dal sovrano. L’assedio di Pavia Di fronte a un esercito di quelle dimensioni le forze imperiali presenti in Lombardia non avevano speranza di resistere. Abbandonarono Milano, dove era esplosa un’epidemia di peste, e si ritirarono oltre l’Adda, però lasciando a Pavia una guarnigione di circa duemila spagnoli e cinquemila lanzichenecchi, al comando dell’ottimo e risoluto Antonio de Leyva. Francesco I, nonostante il parere contrario di molti suoi generali, che consigliavano di trascurare la città e di attaccare invece il grosso dei nemici, decise di porre l’assedio. Forse pensava che, disponendo di potenti artiglierie, sarebbe stato un affare di breve durata. Invece gli assalti vennero respinti e dove i cannoni riuscirono ad aprire brecce nelle mura, i difensori, aiutati dai cittadini, opposero fossati e terrapieni costruiti in gran velocità. L’autunno del 1524 fu freddo e piovoso e non favorì gli assedianti, che dovettero rassegnarsi a passare l’inverno attorno a Pavia. Agli inizi del febbraio 1525 giunse in soccorso della guarnigione un esercito imperiale, che – con altri rinforzi provenienti da Napoli e dalla Germania – contava poco più di ventimila uomini, al comando del viceré di Napoli, Charles de Lannoy, e di Fernando Francisco de Ávalos, marchese di Pescara. Lo componevano perlopiù fanterie di estrazione popolare, embrioni dei tercios spagnoli, dotate in numero notevole (per i tempi) delle “armi del diavolo”: archibugi e moschetti, che erano già stati impiegati in precedenza, ma di cui era ancora incerta l’efficacia. A queste fanterie si aggiungeva l’importante supporto dei lanzichenecchi. Nei mesi dell’assedio i francesi avevano circondato la città con una serie praticamente ininterrotta di opere di fortificazione e con postazioni di tiro per i cannoni. A nord era acquartierato il grosso delle forze: una parte delle fanterie francesi, la cavalleria nobile (o gendarmeria, perché i cavalieri pesanti del tempo erano detti gens d’armes), una parte delle fanterie svizzere, la Banda Nera, formata da lanzichenecchi fiamminghi, e la compagnia di Giovanni de’ Medici (detto dalle Bande Nere: attenzione a non fare confusione). Furono queste le truppe di parte francese protagoniste della battaglia. I loro accampamenti si trovavano in una riserva di caccia dei signori di Milano, un’area di forma trapezoidale, con la base minore a sud, appoggiata alla città di Pavia, e la maggiore a nord. Questo Parco – detto Parco vecchio, perché a settentrione era stato ingrandito con il Parco nuovo, che giungeva fino alla Certosa – misurava poco meno di cinque chilometri di lunghezza e altrettanti di larghezza, nel punto più ampio, ed era recintato da un solido muro alto più di due metri e interrotto da varie porte d’accesso. La gran parte dei fatti della battaglia avvennero al suo interno. Il terreno era pianeggiante, con molti boschetti e corsi d’acqua, il più importante dei quali era la Vernavola, che attraversava il Parco da nord a sud. Quasi al centro si trovava un piccolo castello, in realtà un lussuoso casino di caccia, chiamato Mirabello; qua e là erano collocate alcune cascine, mentre all’incirca in corrispondenza del vertice settentrionale, ma già nel Parco nuovo, c’era il villaggio di San Genesio. Su questo territorio oggi è stato istituito il

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