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Lavoro in ambiente domestico, telelavoro e lavoro a progetto PDF

547 Pages·2010·3.24 MB·Italian
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Progetto di Ricerca. n. 1403, finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali Lavoro in ambiente domestico, telelavoro e lavoro a progetto: linee guida e buone prassi per la prevenzione dai rischi, anche in chiave comparata, alla luce della riforma del mercato del lavoro in Italia. (dicembre 2009) a cura di Maria Giovannone, Silvia Spattini (responsabile scientifico) INDICE SOMMARIO Premessa: posizione del problema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 Parte I QUADRO DI RIFERIMENTO CONCETTUALE 1. L’evoluzione dei modelli di organizzazione del lavoro e delle tipologie contrattuali nell’ottica della salute e sicurezza sul lavoro: dimensione e fenomenologia in chiave comparata. . . . . . . . . . . . . . 9 2. Gli infortuni sul lavoro in Italia nel contesto comparato: il quadro statistico per tipologia contrattuale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 Parte II IL QUADRO INTERNAZIONALE, COMUNITARIO E COMPARATO SEZIONE A LAVORO DOMESTICO, TELELAVORO E LAVORO ECONOMICAMENTE DIPENDENTE: ANALISI COMPARATA DELLE LINEE GUIDA E DELLE BUONE PRASSI PER LA PREVENZIONE DEL RISCHIO IN UN MERCATO DEL LAVORO RIFORMATO 1. Definizione e campi di applicazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 2. Prospettiva internazionale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 3. Vulnerabilità, stress, insicurezza e outsourcing (esternalizzazione). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 4. La salute e sicurezza e la legislazione nel Regno Unito. . . . . . . . 139 5. La trasposizione in Italia della direttiva comunitaria in materia protezione dei lavoratori atipici nel contesto comparato . . . . . . . . . 179 I SEZIONE B LAVORO “DECENTE” E DIRITTI UMANI: UN’ANALISI PER CATEGORIE SOGGETTIVE E COMPARTI 6. La tutela della salute e sicurezza nel lavoro sommerso ed irregolare: una prospettiva internazionale e comparata . . . . . . . . . 195 7. I lavoratori vulnerabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205 8. La tutela della donna lavoratrice nelle attività pericolose. . . . . . . 211 9. Tutela della salute e sicurezza e lavoro “decente” in alcuni comparti: tessile, calzaturiero, commercio, turismo, agricoltura 225 10. Buone prassi, contrattazione collettiva e bilateralità in alcuni comparti: tessile, calzaturiero, agricoltura, commercio e turismo. 233 Parte III RICOGNIZIONE DEL QUADRO NAZIONALE ALLA LUCE DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 81 DEL 2008 E DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA SEZIONE A IL LAVORO IN AMBIENTE DOMESTICO 1. La tutela della salute e sicurezza nell’ambito del rapporto di lavoro domestico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253 2. L’attività di colf e badanti. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281 3. Il caso dei servizi di assistenza alla persona. . . . . . . . . . . . . . . . . 299 SEZIONE B IL TELELAVORO 4. Il telelavoro ed il lavoro a domicilio: inquadramento giuridico. . . 313 5. Mappatura del fenomeno infortunistico e di rischio nel telelavoro. . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . 319 6. Ricognizione del quadro italiano in materia di telelavoro (leggi, accordi locali e contratti collettivi). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 325 7. La tutela prevenzionistica dei telelavoratori ex lege ed ex contratto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 331 II SEZIONE C IL LAVORO A PROGETTO E LE NUOVE FORME DI LAVORO AUTONOMO E PARASUBORDINATO 8. La tutela della salute e sicurezza nel lavoro autonomo e parasubordinato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 349 9. I collaboratori coordinati e continuativi, i lavoratori a progetto, gli occasionali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 355 10. Fenomeno infortunistico e buone pratiche: focus sul lavoro a progetto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 361 Parte IV PROSPETTIVE EVOLUTIVE TRA BUONE PRATICHE E RIFORME DEL QUADRO NORMATIVO SEZIONE A IL TESTO UNICO DELLA SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI LAVORO DOPO IL CORRETTIVO 1. La tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dopo il decreto legislativo n. 106 del 2009: il nuovo Testo Unico . . . . . . . 373 2. Campo di applicazione e tipologie contrattuali . . . . . . . . . . . . . . . . 381 3. Tipologie di lavoro flessibile e valutazione del rischio . . . . . . . . . . 387 SEZIONE B I MODELLI DI ORGANIZZAZIONE E DI GESTIONE E LE PROSPETTIVE DELLA CERTFICAZIONE 1. Sicurezza e responsabilità penale-amministrativa degli enti collettivi: i modelli di organizzazione e gestione . . . . . . . . . . . . . . 393 2. Delega di funzioni e modelli organizzativi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 409 3. Le certificazioni di qualità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 419 4. La certificazione dei modelli organizzativi del lavoro nella prospettiva della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori . . . . . 427 5. Un’ipotesi operativa: verso un prototipo di procedura di certificazione della qualità nella gestione dei rapporti di lavoro. . . 451 6. Esternalizzazioni produttive e tutela della salute e sicurezza sul lavoro tra certificazione e sistemi di qualificazione delle imprese. . 461 7. Prospettive di riforma del quadro legale nazionale: verso uno «Statuto dei lavori». . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 481 III Parte V ALLEGATI 1. Allegati . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 485 2. Tabelle riepilogative e grafici. . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . 519 Elenco delle abbreviazioni Notizie sugli autori IV PREMESSA: POSIZIONE DEL PROBLEMA Nell’ordinamento italiano il lavoro domestico è uno speciale rapporto di lavoro le cui caratteristiche principali si rinvengono nel fatto di essere prestato all’interno e a favore di una famiglia o di convivenze varie e di essere sottratto alla disciplina limitativa dei licenziamenti. Il telelavoro, dal canto suo, secondo la definizione fornita dall’Accordo interconfederale per il recepimento dell’accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002 tra UNICE/UEAPME, CEEP e CES del 9 giugno 2004, dell’Accordo interconfederale per il recepimento dell’accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002 tra UNICE/UEAPME, CEEP e CES del 9 giugno 2004, «costituisce una forma di organizzazione e/o di svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell’informazione nell’ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l’attività lavorativa, che potrebbe anche essere svolta nei locali dell’impresa, viene regolarmente svolta al di fuori dei locali della stessa». Per quanto concerne il lavoro a progetto, questo è un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, c.d. parasubordinato, la cui prestazione dedotta in contratto è resa nella modalità a progetto. Caratteristica del lavoro a progetto, in quanto lavoro autonomo, è la facoltà, del lavoratore, di gestire autonomamente il suo tempo di lavoro e di determinare, salvo diverse intese col committente, il luogo della prestazione lavorativa che, pertanto, potrà anche essere il proprio domicilio. Altra rilevante caratteristica di tale rapporto di lavoro è la necessaria determinazione o determinabilità del termine. Da quanto detto sopra si evince che il lavoro domestico, il telelavoro ed il lavoro a progetto possono prevedere come luogo di esecuzione della prestazione dedotta in contratto il domicilio del prestatore di lavoro ovvero il domicilio di altra persona, destinataria del servizio prestato (in particolare nel lavoro domestico). La crescente diffusione di queste modalità di impiego, si inscrive, in un più ampio fenomeno di modificazione dei modelli di organizzazione del lavoro. Per le particolari condizioni, oggettive e soggettive, di svolgimento della prestazione, poi, queste fattispecie sembrano esporre i lavoratori a peculiari criticità nella gestione della salute e sicurezza, tali da rendere costoro soggetti particolarmente vulnerabili. Esse, inoltre, riguardano in modo trasversale molteplici settori produttivi. A tale vulnerabilità ha cercato di porre rimedio, quanto meno sul piano meramente normativo, il decreto legislativo n. 81 del 2008 che, per la prima volta, detta, nel nostro ordinamento, una più compiuta disciplina per la gestione della salute e sicurezza nell’ambito di queste tipologie contrattuali, con particolare riferimento al telelavoro ed al lavoro a progetto. La sicurezza sul lavoro, soprattutto per il coinvolgimento di interessi fondamentali dell’ordinamento, è uno dei temi più importanti nella materia del lavoro. Essa, inoltre, come enfatizzato dalle recenti fonti comunitarie (Libro Bianco della Commissione Europea per la salute, relativo al periodo 2008-2013 e Comunicazione della Commissione Europea: Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro: strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro), costituisce uno valore assoluto e trasversale, strumentale al conseguimento di maggiori livelli di benessere, produttività e prosperità economica. Ogni anno mediamente il 6% dei lavoratori italiani subisce un incidente sul lavoro. Si tratta di quasi un milione di incidenti di diversa natura e gravità, dei quali circa 600 mila con esiti di inabilità superiore a tre giorni, oltre 27 mila determinano una invalidità permanente nella vittima, e più di 1.300 ne causano la morte. Ciò equivale a dire che ogni giorno tre persone perdono la vita per disgrazie legate alla propria attività lavorativa. 1 Nell’ordinamento italiano, una tappa fondamentale in tal senso, è rappresentata decreto legislativo n. 81 del 2008, ancor più alla luce delle recenti modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 106 del 2009. Invero, il Testo Unico, quanto meno sul piano giuridico formale, ha cercato di porre rimedio alla particolare vulnerabilità di tali lavoratori e che, per la prima volta, tenta di delineare, nel nostro ordinamento, una compiuta disciplina per la gestione della salute e sicurezza in relazione a queste tipologie contrattuali, con particolare riferimento al telelavoro e al lavoro a progetto. Esso, infatti, ha abrogato i principali corpi normativi previgenti (decreto legislativo n. 626 del 1994, decreto legislativo n. 494 del 1996 e decreti degli anni Cinquanta) e ha ridisciplinato l’intera materia della sicurezza sul lavoro. Con specifico riferimento alle tipologie di impiego oggetto della ricerca, l’articolo 3 del decreto legislativo n. 81 del 2008 ha, per la prima volta, regolamentato, sotto il profilo prevenzionistico, il telelavoro subordinato (comma 10) ed inserito, nell’ambito di una legge speciale in materia antinfortunistica, una disposizione ad hoc per il lavoro a progetto (comma 7). Il Testo Unico cambia notevolmente il quadro giuridico, in una materia molto delicata, venendo incontro alle esigenze di maggiori tutele e di maggiore effettività. Proprio tali esigenze, infatti, erano confluite negli anni passati in svariati tentativi di disciplina organica della materia delle salute e sicurezza, puntualmente falliti. Nel corso di tali tentativi si era cercato di guardare all’esperienza comparata, europea ed internazionale, per trarre ispirazione da modelli normativi più avanzati, tuttavia senza alcun esito. Ancora lacunosa ed incerta la disciplina in materia di lavoro domestico. Nello specifico del lavoro domestico, infatti, il problema degli infortuni è di rilevante importanza in quanto coinvolge circa 6.000 mila infortuni all’anno. Le più recenti statistiche, confermano, poi, che le mura domestiche, entro cui tali servizi vengono spesso espletati, non garantiscono affatto un ambiente di lavoro sicuro, anzi il tasso degli infortuni è sempre più elevato. Nel 2009, infatti, si stima un aumento delle morti legato ad incidenti domestici intorno al 20%, di cui buona parte riguarda in particolare le donne. Tali incidenti sarebbero, in particolare, connessi all’esposizione al rischio fisico, dettato dalla esposizione ad impianti elettrici e di riscaldamento mal funzionanti. Le dimensioni del fenomeno, del resto, avevano già indotto il legislatore a ravvisare la necessità di riconoscere una protezione alle persone che subiscono infortuni domestici. In questo senso, già la legge 3 dicembre 1999, n. 493, dava attuazione ai principi di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro sanciti dalla Costituzione. Su tali principi, ampiamente ribaditi in sede comunitaria, sono basati l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e l’obbligo di adottare nello svolgimento del lavoro tutte le misure di prevenzione e sicurezza. Con questa disciplina anche il lavoro domestico assurgeva a meritata dignità con il riconoscimento della sua tutela. Al fine di rafforzare le tutele a favore di tali soggetti, poi, nel marzo 2005, la Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sugli infortuni sul lavoro, istituita dal Senato, aveva segnalato le seguenti proposte di intervento normativo: una maggiore informazione e formazione sul tema della sicurezza negli ambienti domestici; la costituzione di un osservatorio presso il Ministero della salute; la predisposizione di un piano della sicurezza nelle abitazioni; l’istituzione di due registri nazionali, di cui uno per gli infortuni domestici e l’altro per le malattie professionali causate da esposizioni in ambito domestico; l’estensione degli infortuni domestici tutelati, ricomprendendo quelli mortali e riducendo il grado minimo di invalidità per l’indennizzo. Tuttavia, nonostante la rilevanza del fenomeno, mentre il nuovo quadro normativo disegnato dal Testo Unico, da una parte, tutela in modo più pregnante ed incisivo il lavoro a domicilio, dall’altra non ricomprende altrettanto incisivamente nel campo d’applicazione soggettiva coloro che espletano servizi di assistenza domiciliare ed i lavoratori domestici, in generale. In materia di lavoro a domicilio, infatti, gli articoli 36, comma 2, lett. b, e 37, comma 4, lett. c, prevedono rispettivamente che, anche nei confronti dei lavoratori a domicilio, trovano applicazione gli obblighi di «informazione sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi» e gli obblighi di formazione «in occasione dell’introduzione di nuove 2 sostanze e preparati pericolosi». Il decreto legislativo n. 81 del 2008 ha, così, riconfermato gli obblighi di informazione e formazione (articolo 3, comma 9, e articolo 36, comma 3), già previsti dall’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 626 del 1994, sia pur con alcune limitazioni rispetto agli obblighi generali di informazione. Per il lavoro domestico e per i servizi di assistenza domiciliare, invece, il quadro normativo sembra essere ancora incerto. L’articolo 2 comma 1, lett. a, del decreto legislativo n. 81 del 2008, infatti, definisce lavoratore la «persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari», tagliando fuori, in modo non del tutto chiaro, molteplici figure professionali, quali colf, badanti ed operatori sanitari, anche di grande rilievo sociale. Pare, tuttavia, che l’esclusione di tali soggetti, delineata dal Testo Unico, operi soltanto per gli addetti ai servizi di cura del rispettivo datore di lavoro, e non per gli addetti messi dal loro datore di lavoro a disposizione di terzi (dipendenti di cooperative sociali, di agenzie di somministrazione, di strutture sanitarie pubbliche chiamati a prestare la propria attività presso il domicilio privato dell’assistito). Gli operatori sanitari, infatti, che operano presso il domicilio dell’assistito, sembrano rientrare nella definizione di addetti ai servizi domestici. Le badanti, poi, svolgono una forma di lavoro domestico, che si specifica per essere destinata a garantire assistenza di persone che non sono in condizioni di piena autosufficienza, o che comunque hanno bisogno di assistenza in ragione di condizioni di salute o di età. Tali soggetti sono infatti esposti a peculiari criticità derivanti dall’organizzazione dell’orario di lavoro, dai rischi legati all’assistenza di una persona non autosufficiente o malata e dalla movimentazione dei carichi, oltre che essere più facilmente esposti al rischio biologico, al rischio da allergie e ai rischi collegati allo stress lavorativo o al burn-out. A questo, poi, si aggiunge il frequente deficit linguistico, se si prende in considerazione che la maggior parte delle colf e badanti proviene solitamente dall’estero, per cui alle difficoltà sopra esposte, si aggiungono quelle di comprensione linguistica e di differente percezione dei rischi. Certamente più incisivo l’intervento normativo in materia di telelavoro rispetto al quale, da tempo, si erano manifestate esigenze di una regolamentazione che potesse completare la più limitata disciplina dettata dall’accordo interconfederale per il settore della Pubblica Amministrazione, in ragione del vantaggio individuale e sociale di questo strumento. Già quest’ultimo accordo, infatti, aveva delineato un’interessante definizione di tale fattispecie prevedendo che «il telelavoro costituisce per le imprese una modalità di svolgimento della prestazione che consente di modernizzare l’organizzazione del lavoro e per i lavoratori una modalità di svolgimento della prestazione che permette di conciliare l’attività lavorativa con la vita sociale offrendo loro maggiore autonomia nell’assolvimento dei compiti loro affidati». Esso inoltre dettava una normativa da adottare in materia di salute e sicurezza prevedendo anche la possibilità di verifiche della corretta applicazione della normativa da parte del datore, delle rappresentanze dei lavoratori, delle autorità competenti, previo preavviso e consenso nel caso l’attività venga svolta a domicilio, prevedendo, d’altro lato, che il lavoratore possa chiedere ispezioni. Il decreto legislativo n. 81 del 2008, poi, ha previsto delle disposizioni prevenzionistiche ad hoc per i telelavoratori subordinati, autonomi e parasubordinati. I primi sono coloro che «effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informativo e telematico, compreso quello di cui al DPR 8 marzo 1999, n. 70 e di cui all’accordo quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002» (articolo 3, comma 10, del decreto legislativo n. 81 del 2008). L’articolo 3, comma 10, del decreto legislativo n. 81 del 2008, inoltre, ha regolamentato espressamente le modalità e le forme legittime di accesso nel domicilio dei lavoratori da parte dei datori di lavoro, delle rappresentanze dei lavoratori e delle autorità competenti, al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro. Ricalcando alla lettera quanto previsto, in sede comunitaria, dall’accordo quadro del 16 luglio 2002 (articolo 8) e, in sede nazionale, dall’accordo interconfederale del 9 giugno 2004, il 3 citato comma 10, ha poi, statuisce che l’accesso al domicilio del telelavoratore è subordinato a preavviso e al consenso di quest’ultimo, nei limiti di quanto previsto dalla normativa nazionale e dalla contrattazione collettiva. Rispetto a questi ultimi, infatti, il decreto legislativo n. 81 del 2008 ha ridisciplinato ed ampliato le tutele prevenzionistiche, estendendo agli stessi quanto statuito dall’articolo 21, commi 1 e 2, (per i lavoratori autonomi in generale) in tema di attrezzature di lavoro, dispositivi di prevenzione e protezione, sorveglianza sanitaria e formazione. Riguardo, invece, al telelavoro parasubordinato, con riferimento ai lavoratori a progetto, il comma 7 dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 81 del 2008 si è limitato a ribadire quanto già previsto dall’articolo 61, comma 4, del decreto legislativo n. 276 del 2003, ossia la piena applicabilità della normativa antinfortunistica nei casi in cui la prestazione di lavoro si svolga nei luoghi di lavoro del committente. Tale tutela è stata, però, estesa dal nuovo decreto anche ai telelavoratori che operano con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, nei cui confronti il citato decreto legislativo n. 276 del 2003 non trova applicazione. Da questo quadro di tutele più stringenti, restano tuttavia esclusi i telelavoratori parasubordinati che non lavorano nei locali di pertinenza del datore di lavoro committente. Ad essi, infatti, si applicano le più blande disposizioni relative ai lavoratori autonomi, essendo considerati ad essi equiparabili. Si lascia così aperto il dubbio sulla maggiore opportunità di far prevalere le criticità di natura tecnico-organizzativa, piuttosto che il tipo di vincolo giuridico con il committente. Per quanto riguarda il lavoro a progetto, introdotto dal decreto legislativo n. 276 del 2003, il decreto legislativo n. 81 del 2008 si è limitato, a richiamare e ribadire (remake) quanto già espresso dall’articolo 66, comma 4, del nel decreto legislativo n. 276 del 2003 riproponendo, così, le medesime problematiche interpretative, e soprattutto applicative, che erano sorte nella vigenza della precedente disciplina. Nonostante l’intervento legislativo, persiste così una disparità di trattamento in materia prevenzionistica tra i collaboratori che svolgono la propria prestazione lavorativa nei luoghi di lavoro del committente e coloro che svolgono tale prestazione all’esterno. Infatti i collaboratori a progetto, che svolgono la propria prestazione lavorativa all’interno dei luoghi di lavoro del committente, possono beneficiare della normativa prevenzionistica – alla stregua dei lavoratori subordinati standard –, diversamente, i lavoratori a progetto, che svolgono la propria prestazione fuori dei confini dell’azienda, non solo non godono delle suddette tutele, ma sono tenuti a quei comportamenti di “auto-protezione” previsti dall’articolo 21 del Testo Unico, al pari dei lavoratori autonomi. Da questa indagine, emerge con chiarezza che, al tanto enfatizzato ampliamento del campo soggettivo delle tutele, operato con il decreto legislativo n. 81 del 2008, non pare esser seguita una risposta ordinamentale capace di garantire delle risposte tecnico-organizzative atte a mitigare le peculiari criticità delle varie forme di impiego, soprattutto di quelle dalla natura più ibrida, come il lavoro a domestico, il telelavoro ed il lavoro a progetto. Ciò produce carenza di effettività e la necessità di sviluppare prassi virtuose che possano colmare questi vuoti ed accompagnare il dettato normativo con l’ implementazione di linee guida e buone prassi, cui la legge n. 123 del 2007 e lo stesso Testo Unico, fanno più volte riferimento. Si richiede, cioè, la messa a punto di modelli di gestione della salute e sicurezza che compensino la maggiore vulnerabilità di questi lavoratori e garantiscano l’auspicato innalzamento dei livelli di effettività e di lavoro “decente”, secondo la locuzione cara all’OIL. Con riferimento più specifico al lavoro domestico e alla prestazione di servizi di cura alla persona, poi, il quadro normativo sembra essere ancora incompleto, tagliando fuori questi soggetti dal campo di applicazione soggettivo delle tutele, almeno quando tali soggetti espletino l’attività a favore diretto del datore di lavoro e della sua famiglia. In tale contesto si inscrive pertanto il presente lavoro di ricerca. Una volta analizzata la concreta operatività della disciplina normativa dettata per la tutela della salute e sicurezza di queste tipologie di impiego e valutata le criticità nel sopperire alla particolare vulnerabilità dei lavoratori in esse impiegati, obiettivo della ricerca è quello di favorire lo sviluppo di modelli 4

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fattori individuali: le cose che una persona può cambiare (sonno, fitness, fumo) e le cose che non si può cambiare (età, Una quota significativa dei lavoratori temporanei è riluttante e insoddisfatta. Poco meno della metà di tutti i
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