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Lavoro, famiglia, psichiatria. Il ruolo della psichiatria nelle istituzioni PDF

202 Pages·1976·6.92 MB·Italian
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È ipotesi di lavoro di questa collana che la medicina — come la scienza — sia un modo del potere: che, anzi, nella conversione e gestione scientifica di dottrine e pratiche, contenuti e messaggi, enti e funzioni, ruoli e istituti, divenga propriamente potere, sostanza e'forma del suo esercizio. Come tale — pur nel comando cui obbedisce — è abilitata a dettare statuti, tracciare limiti, codificare eventi, attribuire significati: è cioè capace, ad un tempo, di legge e di giudizio, ovvero di assolutezza. Anche la verità di questa ipotesi, come di altre, può essere saggiata ai limiti del suo campo di applicabilità: cosi l'analisi della pratica psichiatrica ai limiti della violenza asilare e quella della sperimentazione umana ai limiti dell’asilo violento confermano, con i loro risultati, la penetranza del metodo nella misura in cui questo raggiunge e scopre le radici di classe di un potere medico esercitato per conto di un privilegio sociale. Ma i limiti se centrali mancano di generalità esauriente e se marginali si vestono di apparente eccezionalità: in un caso e nell’altro è sempre nelle loro vicinanze che si alza la polvere delle dispute di appartenenza; a un insieme o a un sistema, purché sia altro da quello imputato. Per questo un'ipotesi già formulata ha bisogno di nuove verifiche, ulteriori ricerche, più ampie ricognizioni che attraversino tutte le mappe della cittadella sanitaria. Il potere che le appartiene, cosi come quello cui appartiene, può celarsi in ogni suo punto ma estinguersi in nessuno: cercarlo e scoprirlo è già sfidarlo. Interviste con Dominique Bureau, specializzanda in psichiatria Bernard de Fréminville, presidente del sindacato degli spe- cializzandi in psichiatria e redattore capo di “Psychiatrie d’aujourd’hui" Christian Garnier, specializzando in psichiatria Roger Gentis, primario dell'ospedale psichiatrico di Fleury- les-Aubray Jean-Pierre Klein, medico psichiatra Serge Mallet, economista Yvon Morin, specializzanda in psichiatria Jacques Ribes, avvocato Pierre Sadoul, disegnatore e specializzando in psichiatria e un altro psichiatra uno psicologo un ex internato la moglie dell’ex internato un’educatrice alcuni infermieri un poliziotto un direttore di scuola (di cui non possiamo, per ragioni evidenti, fare il nome). n.BovkM M Cf/J.fcChQ ÌX LAVORO PflmKRM PJKHMTRM Il ruolo della psichiatria nelle istituzioni Prefazione di Stefano Mistura Feltrinelli Titolo dell’opera originale Travail, famille, psychiatrie ou Le role des "psy” dans les institutions d'état (Copyright © 1972 by Mercure de France, Paris) Traduzione dal francese di Lidia Crescini Prima edizione italiana: aprile 1974 Copyright by © Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano PREFAZIONE Questo libro non propone sottili analisi e astratte teo­ rizzazioni psichiatriche: raccoglie invece, abbastanza inso­ litamente, testimonianze rese — in sedi, ruoli e funzioni diverse — da alcuni protagonisti della quotidiana vicenda psichiatrica: medici e infermieri, poliziotti e magistrati, insegnanti e psicologi, un "paziente" e sua moglie, altri ancora. Del contenuto di tali testimonianze e di quello com­ plessivo di un libro pur cosi francese, anche il lettore ita­ liano può appropriarsi facilmente ed utilmente — senza la mediazione di un prefatore — percorrendo, di capitolo in capitolo, le stazioni di un reticolo istituzionale psi­ chiatrico nel quale, oltre le numerose differenze onoma­ stiche ed organizzative, riconoscerà la struttura e la so­ stanza del nostro. Tuttavia, l'opportunità di presentare Lavoro, famiglia, psichiatria si conferma come duplice occasione: da una parte per informare, almeno sommariamente, sulla situa­ zione della psichiatria francese — forse la più articolata, complessa e significativa dell'Europa occidentale — e dal­ l’altra per leggere e discutere alcuni dei problemi, cosi crudamente emergenti da queste pagine, alla luce della situazione italiana. In Francia esistono oggi diverse "scuole" psichiatriche cui corrispondono sia impianti teorici sia modi reali di gestione del disturbo mentale. Qui, naturalmente, non si vuol compiere una ricognizione di tutti i gruppi e grup­ petti psichiatrici e psicoanalitici fioriti colà negli ulti­ mi tempi, ma dare un cenno delle tendenze che hanno 7 maggiormente inciso sulla evoluzione della pratica psichia­ trica all’interno ed all'esterno dell'istituzione. In questo senso va subito segnalata, quale primo polo del discorso, quella cerchia baronale-accademica delle uni­ versità e dei maggiori ospedali che in Francia, come in altri paesi, detiene tuttora un enorme potere. Il loro modello teorico, nei confronti della malattia mentale, è quello medico-clinico tradizionale. Per loro, l’in­ contro col malato si risolve col mettere il malato tra pa­ rentesi, estraniandolo dalla sua realtà, e con l’attribuirgli una diagnosi che sia già prevista in qualche categoria nosografica. La realtà pratica che sottende l’atteggia­ mento organicistico degli psichiatri tradizionali è rappre­ sentata dai manicomi chiusi, all’interno dei quali non si è ancora fatto, salvo rarissime eccezioni, alcuno sforzo di liberalizzazione e di trasformazione. Il fatto che in Francia la psicoanalisi è molto penetrata anche negli ambienti universitari non ha per nulla cambia­ to la sostanza della situazione: né per quanto concerne la formazione degli psichiatri, né per quanto concerne il regime di violenza manicomiale. Uno dei gruppi che ha avuto maggiore influenza nella psichiatria francese è stato quello che si è raccolto in­ torno alla rivista "L’Evolution Psychiatrique” fondata nel 1925 da A. Hesnard e R. Laforgue (già dai primi mesi di pubblicazione risultò chiaro che si voleva, attraverso que­ sto strumento, immettere un vento nuovo nella psichiatria tradizionale usando della psicoanalisi come forza di pe­ netrazione) e passata nel 1947 sotto la direzione di E. Minkowski e H. Ey. E. Minkowski, molto tradotto anche in italiano, è stato uno dei primi psichiatri che si sono scoperti insofferenti verso gli schemi dottrinari e nosografici tradizionali ed ha cercato di fondare una nuova psicopatologia mutuando molte idee dal bergsonismo e dalla fenomenologia. Egli aveva chiaramente compreso che la nosografia classica era inadeguata alla realtà vivente del malato mentale: la psichiatria, se voleva tornare ad avere un senso, superare la crisi in cui era caduta, doveva cessare di essere esclusi­ vamente uno strumento semiologico perché, in caso con­ trario, non sarebbe mai stata in grado di esaurire e di comprendere il fatto psicopatologico. Minkowski riusci, per un certo periodo, a creare un movimento, una "cor­ rente” nuova nella psichiatria. Promosse la ricerca di stru­ menti conoscitivi e interpretativi piu. congrui al partico­ lare modo di vivere e di esperire dell’uomo sano e ma­ lato. Rifiutando il metodo delle scienze tradizionali e di quelle fisiche in particolare, tentò di cogliere e di appro­ fondire il fenomeno della qualità, della singolarità, della irriducibilità dell’uomo. Minkowski però, ad un certo punto, perse l'egemonia nella rivista e anche molta della carica eversiva, già pro­ pria della sua nuova psicopatologia, venne declinando. H. Ey fece prevalere pian piano il suo orientamento or­ gano-dinamico: niente altro che l’applicazione di un me­ todo psicologico molto eclettico alla psichiatria organici­ stica tradizionale. Dal 1968, comunque, “L’Evolution Psychiatrique” ha ab­ bandonato qualsiasi proposta anche solo riformista all’in­ terno della "scienza” psichiatrica. Anzi, si è sempre più. al­ leata con il potere accademico per combattere qualsiasi serio tentativo di rinnovamento. Un esempio chiaro di questo atteggiamento si è avuto nel numero di gennaio- marzo 1972 che formula una sentenza spietata, e senza possibilità di appello, per quell’orientamento psichiatrico che va sotto il nome di “anti-psichiatria.” In che modo possiamo spiegarci il fallimento del rin­ novamento psichiatrico proposto da E. Minkowski? Forse constatando che l’iniziale sforzo di restituire la soggetti­ vità al malato mentale e per ciò stesso un senso alla psi­ chiatria, si era esaurito nella rifondazione di una scienza in larga misura ideologica per mancanza di un rapporto reale con l'uomo e di capacità a superare la distanza tra la psichiatria ed il suo oggetto che era, ed è tuttora, il malato manicomializzato. Questo distacco dalla realtà isti­ tuzionale ha senz’altro lasciato ampio spazio di manovra a tutte le forze reazionarie che agivano e agiscono in psichiatria. Un terzo polo importante per la comprensione della situazione psichiatrica in Francia è costituito dal movi­ mento denominato "Psicoterapia istituzionale." Dobbiamo distinguere senz'altro due fasi nella storia 9 della "Psicoterapia istituzionale”: una prima che fa parte, a pieno diritto, di quella che è stata definita la rivoluzio­ ne psichiatrica del secondo dopoguerra; ed una seconda nella quale l’aspetto principale è costituito dall’applica­ zione della psicoanalisi a livello istituzionale. Si può affer­ mare senza timore che il significato di rottura presente nella prima fase non fa più neppure capolino nella se­ conda. La “Psicoterapia istituzionale” nasce subito dopo la seconda guerra mondiale, soprattutto ad opera di F. Tosquelles, nell’ospedale psichiatrico di Saint-Alban. È un movimento di liberazione all’interno degli ospedali psichiatrici che sorge sull’onda della Resistenza ed è ali­ mentato da un’ideologia prevalentemente marxista. È con­ temporaneo ad un analogo movimento inglese, iniziato da Maxwell Jones, e noto come “Comunità terapeutica.” Col passare degli anni, comunque, ed anche per influenza del­ lo stesso Tosquelles, la carica anti-istituzionale del mo­ vimento decresce proporzionalmente alla penetrazione nel novimento stesso della psicoanalisi. Da qualche anno la realizzazione pratica più compiuta di "Psicoterapia istitu­ zionale” ad indirizzo psicoanalitico (si tratta soprattutto della psicoanalisi di derivazione lacaniana) è la Clinica di Chàteau de la Borde a Cour-Cheverny, un piccolo paese a circa 150 chilometri da Parigi. La Clinica de la Borde è privata, è diretta dallo psichiatra J. Oury, e costituisce un punto di riferimento importante per la psichiatria in Francia. Credo sia utile far conoscere ai lettori quale è stato il significato dell’esperienza della “Comunità terapeutica” in Inghilterra e della “Psicoterapia istituzionale” in Fran­ cia. È importante anche stabilirne la portata sia dal pun­ to di vista della gestione istituzionale, sia dal punto di vi­ sta politico e sociale più in generale. La “Comunità terapeutica” di Maxwell Jones nasce in Inghilterra negli anni '40. Si tratta certamente di un rifiuto della logica violenta e custodialistica del manico­ mio tradizionale e di una proposta di una nuova gestione del malato mentale. In cosa consiste, in breve, questa proposta? Maxwell Jones parte dalla convinzione che il malato mentale è il prodotto di una esclusione sociale e che all’interno dell’istituzione egli piano piano regredi­ 10

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