libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 1 I M M A G I N AP O L I Paolo Caputo Lavorare in team alla Fiat. da Melfi a Cordoba lucanialavoro C O L L A N A libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 2 libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 3 Indice Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 I I “pilastri” organizzativi della lean production Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 I principi operativi dell’ohnismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Linearizzazione e scomposizione cellulare del processo produttivo . . . 17 La sincronizzazione e il livellamento del flusso produttivo . . . . . . . . . . 21 Teamwork, autoattivazione e controllo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 La flessibilità strutturale della fabbrica ohnista . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 II Il post-fordismo nell’industria automobilistica Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 Crisi del fordismo e ristrutturazione organizzativa: La “scoperta” occidentale del sistema di produzione giapponese. . . . . 30 Il dibattito sulla lean production. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 Le metamorfosi nell’utilizzo della forza-lavoro: Gli operai da dipendenti a risorse umane. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 La nuova natura del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 I I I L’esperienza di Fiat Auto: dalla fabbrica fordista al Progetto Fabbrica Integrata La riposta della Fiat alla crisi degli anni Settanta e la strategia di superamento dell’organizzazione scientifica del lavoro. . . . . . . . . . . 48 La svolta degli anni Novanta: dal “piano della Qualità Totale” al progetto della Fabbrica Integrata. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 Struttura e caratteristiche di base dello stabilimento lucano . . . . . . . . 57 La realizzazione della Fabbrica Integrata di Cordoba. . . . . . . . . . . . . . 61 La logica operativa della Fabbrica Integrata. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 L’Unità Tecnologica Elementare come cellula produttiva . . . . . . . . . . . 71 libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 4 IV Nuovi accordi sindacali: il fondamento istituzionale della flessibilizzazione nell’utilizzo della forza lavoro Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79 Gli accordi di Melfi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 Il nuovo contratto collettivo argentino. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86 I vincoli posti dal “Convenio colectivo de trabajo” sull’organizzazione del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 L’opposizione dei lavoratori argentini all’applicazione del contratto. . . . . 91 V Da Melfi a Cordoba: i diversi “volti” della Fabbrica Integrata L’organizzazione quotidiana del turno di lavoro. . . . . . . . . . . . . . . . . . 97 Divisione del lavoro e nuova forma della cooperazione produttiva . . . 100 La pressione organizzativa sul team . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104 La gestione delle risorse umane a Melfi e a Cordoba . . . . . . . . . . . . 108 L’ e m e rgenza delle forme di resistenza in contesti di potere diversi. . . . . 122 VI Riflessioni sull’organizzazione del lavoro in team Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138 L’interpretazione teorica della natura del lavoro in team . . . . . . . . . . 139 La cellularizzazione come contesto organizzativo-disciplinare . . . . . . 142 Controllo e resistenza: dalla strategia generale alle sperimentazione delle concrete tattiche gestionali . . . . . . . . . . . 146 Alcune considerazioni finali. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150 Bibliografia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155 libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 5 Prefazione Il management FIAT è impegnato, da qualche mese, nel tentativo di va- r a re un piano industriale che riesca a risolvere i problemi di pro d u t t i v i t à e di mercato su scala internazionale. La recente ristrutturazione degli assetti di gestione dell’azienda, il re c u p e ro di risorse finanziarie per far fronte all’indebitamento e la progettazione di nuo- vi modelli, hanno certamente introdotto alcune novità con la riconquista di al- cune quote di mercato, soprattutto in Europa, ma la crisi permane. Nello stabilimento di Melfi e in quello di Cordoba, che il lavoro di Paolo Ca- puti aff ronta con lucidità e lungimiranza, si presentano problemi quasi tutti originati dal fallimento delle politiche legate alla fabbrica integrata. I picchi produttivi di Melfi, considerata la fabbrica automobilistica con m a g g i o re produttività in Europa, e quelli di Cordoba, mentre scontano s e n z ’ a l t ro gli effetti dei processi di ristrutturazione globale del segmen- to dell’auto, incorporano – dal punto di vista delle qualità e della condi- zione operaia – gli errori degli ideatori e dei progetti della cosiddetta “fabbrica integrata” che integrata non è. Sia a Melfi che a Cordoba, fab- briche gemelle, la partecipazione operaia non c’è stata e non c’è. La fatica non è diminuita, anzi è aumentata. A Melfi, come a Cordoba, la gestione autoritaria dentro e fuori i team, oltre a pro d u r re un conflitto di nuovo tipo che parte da “resistenze” individuali che qualche volta si traducono anche nella partecipazione agli scioperi indetti dalle organizzazioni sindacali, ha determinato un alto turn over – circa 2.000 in pochi anni nell’area del vulture-melfese – mentre in Argentina si è verifica- ta l’espulsione di un’intera generazione di lavoratori. Gli ultimi dati sulla produzione di Melfi, Cordoba è ai minimi produttivi, parla- no di 365.000 vetture prodotte nel 2000 (circa 1000 al giorno), 351.000 nel 2001, 327.000 nel 2002 fino a toccare 288.000 nel 2003 con una ri- duzione secca di 77.000 vetture . Secondo gli ultimi dati sindacali nel 2002, per tre volte, i dipendenti di Melfi sono stati messi in Cassa Integrazione Ordinaria ma l’incre m e n t o consistente della CIG ha interessato le aziende dell’indotto si è passiti da 90.000 ore nel 2001 a 170.000 ore nel 2002. Molti contratti a tempo determinato non sono stati rinnovati. Comples- sivamente la forza lavoro nell’area di Melfi è passata da 3.371 addetti nel 2001 a 3.408 nel 2002. L’ i n c remento di 40 unità, che si è registrato, lo si deve solamente a due aziende: La.Sme e l’ex Complasint. Gli occupati diretti della Fiat Sata si attestano intorno alle 5.400 unità, avendo l’azienda esternalizzato la manutenzione ed altri lavori per un totale di circa 800/1000 unità. 5 libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 6 A questi dati vanno sommati almeno altri 2.000 lavoratori impegnati nei servizi nell’ambito dell’area di Melfi. Per quanto concerne Cordoba, anche a fronte delle scelte effettuate dal management Fiat di ristrutturare l’im- pianto brasiliano, lo stabilimento è sottoutilizzato e lo stesso vale per i fornitori che sono allocati nella stessa area. Come uscirà la FIAT dai processi di ristrutturazione in corso a livello mondia- le? Ed ancora quale sarà il ruolo di Melfi, e quindi dell’intero mezzogiorno ita- liano, in rapporto alla scelta della proprietà di ridimensionare i siti pro d u t t i v i del Piemonte? Ed inoltre come si muoverà l’azienda torinese in America La- tina anche in relazione alla fortissima crisi finanziaria in atto nonostante al- cuni indici di ripresa che si manifestano in Brasile ed in Arg e n t i n a ? La questione centrale rimane sempre questa: gli economisti più attenti ri- spetto al settore auto sono dell’opinione che FIAT non può non pro d u r re al- meno 1.700.000 vetture/anno nei suoi stabilimenti sparsi per il mondo. Al momento ne mancano oltre 400.000. Ciò rappresenta un fortissimo con- dizionamento sui conti dell’azienda e per certi versi anche sulla condizione salariale, contrattuale nonché di vita dei lavoratori. Lo studio di Paolo Caputi, che va ad arricchire la ricerca su FIAT anche intro- ducendo elementi innovativi sul terreno della comparazione di due stabilimen- ti agli antipodi, segnala con forza il problema delle relazioni industriali. Su questo punto le capacità di ascolto del gruppo dirigente della casa tori- nese sono vicine allo zero e questo è un grosso pro b l e m a . To c c h e rebbe, quindi, alle istituzioni nazionali e locali, insieme alle par- ti sociali, aff ro n t a re con rinnovato impegno la questione del modo di p ro d u r re, di come e per chi. I recenti movimenti di lotta di Scanzano, contro il deposito delle scorie nu- cleari e quello di Rapolla contro l’elettrosmog, dicono che è possibile co- s t r u i re un’azione collettiva a sostegno della compatibilità ambientale. Forse è il caso di prepararsi a fare lo stesso con la FIAT di Melfi. La Regione Basilicata, che ha commissionato la ricerca all’Università della Calabria, sul piano industriale della FIAT e delle sue ricadute, si muove in questa direzione e lavorerà per contribuire al funzionamento dell’Osservato- rio sulla Fiat di Melfi anche per aff ro n t a re il problema della ristrutturazione dei processi di allocazione della componentistica e delle forniture . In questo quadro è stato illuminate il tentativo, per la verità bloccato, da parte di Fiat e Maserati di spostare la produzione di circuiti integrati dal- l’area di Melfi al Portogallo. 6 libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 7 Introduzione Il presente lavoro, frutto di una ricerca comparata tra gli stabilimenti au- tomobilistici Fiat di Melfi e Cordoba (Argentina), si inscrive all’interno del- l’attuale dibattito teorico sul mutamento della fabbrica e del lavoro nell’e- ra della globalizzazione. In particolare, nel testo vengono affrontate le problematiche legate agli effetti sul lavoro e sulle relazioni sociali interne alla fabbrica determinati dalla sperimentazione dei principi organizzativo- gestionali della cosiddetta lean production. E’ necessario premettere che, data la complessità e la diversificazione delle innovazioni produttive, tecnologiche e organizzative, la scelta di as- sumere quale ambito privilegiato d’osservazione il settore automobilistico non può non apparire, in qualche modo, arbitraria. Tale decisione è stata però motivata, oltre che dalla necessità di circoscrivere il contesto dell’a- nalisi, dalla consapevolezza del ruolo economico trainante nonché del va- lore “esemplare” per l’intero sistema produttivo e sociale rivestito dall’in- dustria dell’auto nel corso dell’ultimo secolo. I grandi complessi industriali tipici della fase fordista hanno subito un pro- cesso di sostanziale ridimensionamento: la fabbrica è cambiata, è diven- tata più snella, reattiva, flessibile, maneggevole e meno appariscente. Co- me testimoniato dalla letteratura internazionale sul tema, è possibile osser- v a re una comune logica di fondo che ha guidato le diverse innovazioni or- ganizzative del settore industriale oggetto d’analisi. Questa logica, letta a posteriori, ci consente di individuare un percorso evolutivo che, a grandi li- nee, ha accomunato la maggior parte delle imprese automobilistiche occi- dentali in direzione dell’adozione della strategia gestionale e dei principi or- ganizzativi fondamentali della lean pro d u c t i o n. Deverticalizzazione, just in t i m e, lavoro in t e a m, qualità totale, flessibilità, partecipazione, formazione continua sono diventati alcuni dei nuovi dogmi imperanti. Si tratta di capi- re qual è la reale portata di tali concetti e, soprattutto, quali sono le riper- cussioni sul lavoro operaio di un tale mutamento. La complessità delle trasformazioni in atto è palesemente testimoniata e si rispecchia nella diff e renziazione delle prospettive e delle interpretazioni teo- riche sul passaggio dal sistema pro d u t t i v o - o rganizzativo fordista al cosiddet- to post-fordismo. Nonostante ciò, negli ultimi anni è emersa una relativa con- v e rgenza delle diverse analisi su alcuni aspetti chiave degli attuali pro c e s s i di ristrutturazione tecnologica e organizzativa: flessibilità, integrazione e ap- p roccio sistemico ai cicli di produzione, riduzione dei livelli gerarchici e de- centramento gestionale, lavoro in squadra e coinvolgimento dei lavoratori ri- spetto alle necessità produttive. E’ proprio l’ampia ed apparentemente non p roblematica accettazione di tali concetti che ci ha spinto ad appro f o n d i re il significato e le valenze dei mutamenti in corso di svolgimento, soprattutto 7 libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 8 I n t ro d u z i o n e per quel che concerne l’organizzazione della produzione in t e a mdi lavoro nel- la sua interrelazione con le nuove strategie direzionali incentrate sui principi guida dettati dall’Human Resource Management. Per cogliere, al di là delle apparenze indotte dalla diffusione di una serie di pro- posizioni ideologiche, la concretezza e il nucleo reale del salto avvenuto ri- spetto all’organizzazione fordista del lavoro e della produzione, si è cercato di e v i t a re di cadere nella tentazione di pro c e d e re attraverso un approccio di ti- po settoriale, privilegiando invece l’analisi della logica operativa d’insieme del- la fabbrica post-fordista. In altri termini abbiamo ritenuto impossibile, o quan- to meno riduttivo, indagare separatamente singoli aspetti del nuovo paradig- ma produttivo, quali quelli della partecipazione, del coinvolgimento, del lavoro in t e a m, della gestione delle risorse umane, e così via. Così facendo, infatti, ciò che sarebbe sfuggito all’osservazione, il dato impossibile da rilevare sa- rebbe stato proprio la struttura di fondo del sistema, al cui interno sono com- plessivamente integrati i nuovi principi organizzativi, gestionali e pro d u t t i v i . Il problema teorico di partenza è consistito, quindi, non tanto, nell’indivi- duazione di alcuni particolari dispositivi organizzativo-gestionali tipici della lean pro d u c t i o n, quanto nella ricerca delle determinanti operative concre- te e dei nessi funzionali che “governano il sistema” snello, interpre t a n d o l i alla luce della loro integrazione generale. Questo approccio metodologico ci ha consentito di leggere i cambiamenti subiti dall’attività lavorativa e dal- le strategie gestionali, data la centralità del lavoro in t e a m. Lo studio, infatti, sottolinea come le riserve di flessibilità sistemica del- l’apparato produttivo snello, a diff e renza del fordismo, non siano più strutturate sulla tecnologia e sulle scorte interoperazionali bensì sul- l ’ o rganizzazione cellulare del lavoro . In sintesi, la diffusione pressoché generalizzata di forme organizzative ba- sate sul lavoro in team e la rinnovata attenzione alla centralità delle “risor- se umane”, a cui si accompagna l’avvento di stili innovativi di gestione di questo “fattore” strategico (lo Human Resource Management), derivano dal fatto che questi dispositivi organizzativo-direzionali si configurano qua- li meccanismi adeguati di gestione della forza lavoro, in grado cioè di sod- disfare in maniera conseguente le esigenze socio-tecniche della produzio- ne just in time. Tuttavia, in termini concreti, ossia dal punto di vista delle effettive sperimentazioni organizzative, tra il lavoro in team e lo Human Resource Management non esiste una relazione meccanica, predetermi- nata, bensì un rapporto mediato dalle peculiari traiettorie aziendali e, so- prattutto, dalle specificità dell’ambiente socio-economico e istituzionale in cui vengono messe in atto le esperienze produttive. 8 La letteratura internazionale, dopo aver teorizzato il modello paradigmatico libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 9 p o s t - f o rdista attraverso la concettualizzazione della lean pro d u c t i o n, ha suc- I n t ro d u z i o n e cessivamente colto la complessità delle realtà concrete emerse dalle ricer- che come “pluralismo dei modelli di impresa”. Ma anche questa teorizzazio- ne presenta alcuni evidenti limiti. La comparazione dei due stabilimenti Fiat oggetto della ricerca dimostra chiaramente che così come non esiste un modello invariante di lean production ( F reyssenet, 1998; Durand et al., 1999), allo stesso modo non esiste un modello gestionale, cioè una solu- zione invariante di governo della forza lavoro, applicabile in tutti i contesti e per tutte le situazioni. E’, invece, rilevabile una strategia generale, la cui realizzazione concreta implica l’operare di una molteplicità di approcci e pratiche quotidiane flessibili, messe in atto per far fronte alla complessità e alle “varianze del sistema” (Cerruti, 1993). Questa pluralità di scelte ge- stionali esprime la ricerca e la sperimentazione di nuovi meccanismi di go- verno e controllo sul lavoro (orientati a combinare efficienza e coinvolgi- mento) che si diff e renziano a seconda dei diversi contesti, dei vincoli e del- le peculiari resistenze incontrate, ma che, evidentemente, dovre b b e ro agi- re come “equivalenti funzionali” nel garantire la corretta operatività dei prin- cipi produttivi della nuova configurazione organizzativa, ossia le esigenze di governo del sistema produttivo l e a n. Questo risultato generale della ricerca è particolarmente significativo se si considera che gli impianti produttivi di Melfi e Cordoba, oltre ad essere inse- riti all’interno di una comune strategia aziendale, presentano le stesse carat- teristiche strutturali e organizzative di base. Da un punto di vista strutturale e organizzativo, la fabbrica di Cordoba costituisce, sostanzialmente, la co- pia gemella, anche se su scala ridotta, dell’impianto di Melfi (Bissaca, Isvor Fiat, 1998). Proprio questo elemento comune ci ha consentito di indagare le implicazioni dei contesti locali sulle dinamiche di gestione dei t e a mdi lavoro c o n c retamente poste in essere dal m a n a g e m e n tF i a t . La fabbrica di Melfi, per la cui analisi si è potuto attingere, oltre alla vasta let- teratura nazionale (Benassi, 1994; Bonazzi, 1999; Cerruti, 1995; Donzelli, 1994; Rieser, 1999, Volpato, 1998), anche al fondamentale apporto teori- co frutto di un programma pluriennale di ricerche accademiche realizzate al- l’interno del Dipartimento di Sociologia e Scienza Politica dell’Università del- la Calabria (Commisso, 1999; Costanzo, 1999; De Angelis, 2001; Fiocco, 1997, 1998b, 2001; Oliveri, 2001; Pulignano, 1997b; Sivini, 1999, 2001; Vitale, 2001), nasce in un contesto che assicura tutta una serie di garanzie istituzionali ai lavoratori e in un clima sostanzialmente pacificato. Ciò ha fa- vorito lo sviluppo di modalità specifiche di gestione dei t e a mdi lavoro. In par- t i c o l a re, è emersa la centralità funzionale di un complesso di pratiche dire- zionali, operate in risposta ai bisogni e alle resistenze dei lavoratori, che si 9 libro def BIS 15-04-2004 9:16 Pagina 10 I n t ro d u z i o n e esprimono essenzialmente nella forma relazionale interpersonale, appare n- temente paritaria, della “negoziazione privata” (relazioni face to face c h e sembrano pre s c i n d e re dai ruoli). Fin dal primo approccio con la realtà di C o rdoba, però, è stato chiaro che niente di tutto ciò era presente nel ca- so argentino, dove è stata rilevata la presenza di un clima sociale di fab- brica sostanzialmente caratterizzato da paura e tensione. Per cui è stato necessario riesaminare le ipotesi teoriche generali inizialmente formulate per Melfi che sembravano convalidare la tesi, ampiamente dibattuta nel corso degli ultimi decenni, che anche di fronte all’emergenza della sogget- tività operaia il m a n a g e m e n trispondesse sostanzialmente attivando prati- che di natura negoziale-consensuale. A diff e renza di Melfi, a Cordoba l’avvio della nuova fabbrica è stato pre c e d u- to e accompagnato da una intensa, anche se limitata nel tempo, fase di lotte operaie dovuta alla reazione dei lavoratori al licenziamento di una parte delle maestranze di uno stabilimento preesistente, ristrutturato per essere ingloba- to all’interno del nuovo impianto produttivo. La drastica risposta re p re s s i v a praticata dalla direzione aziendale ha portato ad una ricomposizione coerc i t i- va del clima sociale interno allo stabilimento, riprodotta attraverso l’uso stru- mentale delle sospensioni temporanee e dei licenziamenti. Il che ha determi- nato particolari effetti sulle modalità di gestione dei t e a mnella vita quotidiana di fabbrica, che segnano la diff e renza specifica con il caso italiano. Tuttavia, come vedremo, ciò non significa che la strategia gestionale del m a n a g e m e n t a rgentino si basi esclusivamente sulla paura. In realtà, poi- ché coercizione e controllo autoritario non sono di per sé sufficienti a ga- r a n t i re il buon funzionamento del nuovo sistema produttivo, il m a n a g e m e n t ha dovuto contemporaneamente pro c e d e re alla sperimentazione di speci- fiche tattiche gestionali di coinvolgimento e responsabilizzazione dei lavo- ratori. A Cordoba, infatti, la gestione relazionale quotidiana dei bisogni e delle resistenze si manifesta attraverso un “gioco comunicativo” diverso da quello di Melfi (centrato sulla negoziazione individuale), realizzato trami- te dinamiche sociali-relazionali di gruppo, innescate all’interno di uno spe- cifico dispositivo organizzativo di responsabilizzazione collettiva dei lavora- tori: il m i n i t e a m di Ute1. In pratica, si tratta di una sorta di team briefing quotidiano, il cui effetto principale risiede nel capovolgimento delle re l a z i o- ni solidaristiche tra pari in rapporti funzionali alla produzione: induce atteg- giamenti di autodisciplina e autoregolazione e sostiene l’agire di meccani- smi di pressione re c i p roca tra i lavoratori (peer pre s s u re) . D’altra parte, ad un’analisi più approfondita, neanche nella situazione di Melfi è possibile sostenere che siano assenti interventi di tipo re p re s s i v o . 10 Però, mentre a Cordoba l’uso strumentale delle sospensioni e dei licenzia-
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