FRANCESCO ALBERONI — L'ALBERO. DELLA nile. Digitized by the Internet Archive in 2022 with funding from Kahle/Austin Foundation https://archive.org/details/lalberodellavita0000albe SAGGI BLU Altri libri dello stesso autore: L’élite senza potere Vita e Pensiero, Milano, 1963. Ripubblicato da Bompiani, Milano, 1973. Consumi e società Il Mulino, Bologna, 1964. Seconda edizione accresciuta, 1967. L’integrazione dell’immigrato nella società industriale (in coll. con G. Baglioni) Il Mulino, Bologna, 1966. L’attivista di partito (in coll. con A. Manoukian, F. Olivetti e A. Tosi) Il Mulino, Bologna,1967. Statu nascenti Il Mulino, Bologna, 1968. Classi e generazioni Il Mulino, Bologna, 1970. Italia in trasformazione Il Mulino, Bologna 1976 Innamoramento e amore Garzanti, Milano 1979 Movimento e istituzione Il Mulino, Bologna, 1981 Le ragioni del bene e del male Garzanti, Milano, 1981. L'amicizia Garzanti, Milano, 1984. L’erotismo Garzanti, Milano, 1986. Pubblico e Privato Garzanti, Milano, 1987. L’altruismo e la morale (in coll. con S. Veca) Garzanti, Milano 1988. FRANCESCO ALBERONI L’albero della vita GARZANTI Prima edizione: febbraio 1982 Undicesima edizione: dicembre 1988 ISBN 88-11-59901-6 © Garzanti Editore s.p.a., 1982 Printed in Italy INTRODUZIONE Ho scritto questo libro mentre stava uscendo la seconda edizione di Movimento e istituzione col sottotitolo teoria generale (Il Mulino, Bologna 1981). Movimento e isti- tuzione è un libro di sociologia, forse una delle ultime opere di teoria sociologica, lungo quasi seicento pagine. Verrà studiato in qualche università, ma saranno pochi gli intellettuali, gli uomini di cultura ed i politici che lo leggeranno veramente. Il mondo moderno ci rende fret- tolosi, superficiali. Quale giornalista, quale critico ha tanto tempo da dedicarvi? Ora, nei molti anni in cui ho lavorato attorno al grande tema dello stato nascente, dei movimenti, delle istituzioni e delle civilizzazioni cul- turali — quasi vent'anni — io non sono stato spinto dal desiderio di compiere un’opera erudita. Ho costruito una teoria generale per avere e fornire uno strumento adatto a comprendere e agire in questo mondo che, già alla metà degli anni Sessanta, stava subendo uno sconvolgimento radicale. Ciò che stiamo facendo avrà conseguenze incal- colabili sul futuro. Come studioso non ho perciò cercato soltanto una elegante sistemazione concettuale, ma ho tentato di cogliere la struttura del processo autogene- tico del sociale; le forze, razionali ed irrazionali, che spingono individui e società, attraverso una distruzione creatrice, verso qualcosa che essi intravvedono come una meta ultima. In Movimento e istituzione mi sono imposto la più rigorosa disciplina scientifica: a) scrivere solo ciò che D appare dimostrato e b) farlo in modo tale da essere con- futabile. In un libro di scienza non c’è spazio per la speranza. Avrei addirittura potuto scrivere la dinamica dello stato nascente in equazioni, come stavo per fare con Ilya Prigogine e Giuseppe Lanzavecchia.' Ma so che vi sono altre cose che la scienza non può, almeno per ora, dimostrare; cose che ho pensato, cose in cui credo, cose in cui spero. So che, per me, è questa la parte più importante del mio lavoro, perché anch'io, come tutti, ho bisogno di un orientamento sul mondo, perché la vita non può scorrere se non ha un senso e non ha un futuro. Ecco perché, proprio mentre rifinivo con freddezza la teoria sociologica generale, ho sentito il bisogno ed il dovere di dire anche ciò che ho intrav- visto nei vent'anni durante i quali vi ho lavorato: il pre-scientifico, in cui l’intuizione non è ancora diventata ipotesi, teoria, corollario, verifica; l'illuminazione che ac- compagna qualunque scoperta scientifica, e che è sempre un vedere al di là, anche se poi quello che si riesce a trat- tenere è pochissimo. A questo livello la scoperta scientifica ha la stessa natura della poesia e della visione profetica, è una breccia che lo slancio vitale fa nel muro delle appa- renze, un vedere oltre, sia pure per un istante. Molti stu- diosi hanno saputo comunicare queste intuizioni, queste rapide accensioni, attraverso la poesia, il romanzo o il teatro. Io so di non avere alcuna vocazione letteraria; non so scrivere un racconto e mi perdo nel leggere un roman- zo. È per questo motivo che ho scelto di dare a questo materiale poetico-scientifico la forma di un saggio breve, così come avevo fatto per [Innamoramento e amore. Chi 1 La teoria della dinamica fondata sui tre principi è, effettivamente, di tipo termodinamico. Prima della sua stesura definitiva mi ha molto giovato un seminario tenuto a Milano da Ilya Prigogine. In seguito Lan- zavecchia ha rivisto criticamente il mio testo. Sul pensiero di Prigogine vedi La nuova alleanza, Longanesi, Milano 1979. 6 conosce le mie opere si accorgerà che, in questo lavoro, vi è una influenza di Ernst Bloch, di Teilhard de Char- din e di Edgar Morin. 2 ERNST BLOCH. L'influenza di Bloch è avvenuta anche grazie alle con- versazioni con Francesco Coppellotti con cui, in un seminario all’Istituto di Sociologia dell’Università di Milano da me diretto, abbiamo a lungo discusso dei rapporti fra il concetto di avvento di un avvento dello stato nascente e quello di Vorschein di Bloch. Restando sul terreno puramente sociologico lo stato nascente può essere ridotto a un sistema categoriale e, quindi, questa esperienza viene spiegata come una diversa strutturazione del tempo. Il Vorschein è, invece, una pre-apparizione e, quindi, una uto- pia. Rispetto a Movimento e istituzione c’è stato quindi un mio avvici- namento a Bloch, però io continuo ad essere dell’opinione che lo stato nascente sia transitorio. L’esistenza di un sistema categoriale come quello dello stato nascente comunque dimostra che nell’uomo vi è una struttura che lo predispone a mutare e che la direzione della « mutazione umana » è già predeterminata. La letteratura su Bloch in italiano incomincia ad essere abbondante. A mio giudizio particolarmente importanti sono: Atei- smo nel cristianesimo, Per la religione dell'esodo e del regno, trad. ital. e introduzione di Francesco Coppellotti, Feltrinelli, Milano 1971; Religione in eredità (antologia di scritti di filosofia della religione a cura di S. Molt- mann e R. Stunk), trad. ital. e prefazione di F. Coppellotti, Morcellia- na, Brescia 1979; Spirito dell’Utopia (seconda versione rielaborata 1923, 1964), nota critica, trad. ital. e note di F. Coppellotti e V. Bertolino, La Nuova Italia, Firenze 1981. Sul concetto di tempo in Bloch vedi REMO BopEI, Multiversum. Tempo e storia in Ernst Bloch, Bibliopolis, Napoli 1979. Sulle mie critiche ;a Bloch vedi, in Movimento e istituzione, le Pp. 50-53 e, più in generale, il capitolo sulla democrazia, pp. 255-268. TEILHARD DE CHARDIN. Il punto di contatto fra il pensiero di Teil- hard de Chardin e il mio è rappresentato da alcuni suoi scritti del tempo di guerra ed in particolare La nostalgia del fronte. Vedi Opere di Teil- hard de Chardin, Il Saggiatore, Milano 1970, vol. v, pp. 229-291. Qui Teilhard osserva che avvicinandosi al fronte «la corazza paralizzante e assorbente delle preoccupazioni piccole e grandi di salute, di famiglia, di successo, di avvenire ... scivola dall'anima senza fatica, come un abito logoro (p. 240) ... Ah come è doloroso trovarsi così di rado in presenza di un’opera da compiere: un’opera alla quale l’anima sente di donarsi tutt’in- tiera ... per una volta almeno il compito umano si rivela superiore alle nostre aspirazioni (p. 248) ... Con la guerra, una fessura si era prodotta ne!la crosta delle banalità e delle convenzioni. Una «finestra» si era aper- ta, svelante i meccanismi segreti e gli strati profondi del divenire umano » (p. 248). In questo periodo Teilhard de Chardin vive uno stato nascente che si riconosce nella solidarietà collettiva, nell’unio mistica della frater- nità d’armi. Egli parla di una « realtà sovrumana che era apparsa ai com- battenti » e osserva che «l’umanità nasce principalmente nelle ore di 7 L’albero della vita, perciò, non è un libro sociologico. Chi vuole, con serietà, criticare la teoria sociologica che sta dietro queste pagine, deve sobbarcarsi la lettura — arriverei a dire lo studio — di Movimento e istituzione. Qui espongo una ipotesi sul mondo, do voce alla intui- zione che ha alimentato i miei studi sulla trasformazione sociale con le sue grandezze ed i suoi orrori. In questo libro racconto la meraviglia che ho sempre provato di fronte alla straordinaria creatività della vita, dalle forme biologiche all’uomo, alle società complesse; lo stupore di fronte alla sua patetica fragilità e alla sua stupefacente intelligenza. Questo avvicinamento fra bios e società viene per me naturale, per la mia biografia. Ho studiato e mi sono laureato in medicina, per anni ho lavorato sul crisi ». È stata, probabilmente, una sciagura che questo grande pensatore abbia sperimentato lo stato nascente in corrispondenza di una guerra e non di un movimento o di un amore. Egli, infatti, è perfino spaventato dai suoi sentimenti. In seguito cercherà di trovare una finalità nella guerra in quanto essa, comunque, stabilisce dei legami attraverso le frontiere e in tal modo unifica, sia pur dolorosamente, il mondo. Io penso che la via mae- stra dell’umanità sia quella di una elaborazione razionale della speranza dello stato nascente e che la guerra oggi ne costituisca, invece, un prodotto irrazionale. Un altro concetto cruciale di Teilhard de Chardin da me utilizzato è quello di complessità, ma mi sembra che oggi tutti gli dob- biamo questo riconoscimento. EDGAR MORIN. Il mio debito con Morin risale al Journal de Californie, Seuil, Paris 1970. Mi ha colpito in modo particolare un passaggio in cui, parlando con Jonas Salk all’Harvard Club, Morin scrive: « Dico a Salk: «Non può essere un caso che la rivoluzione biologica arrivi nel momento in cui l’uomo ha bisogno di rivoluzionare se stesso.» Il suo viso si illumina. Ho capito. Per lui è al di là di ogni dubbio che la rivoluzione biologica viene dal bios stesso, che essa appare perché l’uomo è già in rivoluzione e per portare a compimento questa rivoluzione ... in un certo senso il DNA esce dal suo segreto, inizia il suo strip-tease sotto il microscopio dei bio- logi che egli stesso ha attratto, perché ha bisogno dell’arma scientifico- tecnica con cui raggiungere un nuovo livello di sviluppo » (p. 108). Morin ritorna sul tema ne Le paradigme perdu: la nature humaine, Seuil, Paris 1973. Scrivendo la Vie de la Vie, Seuil, Paris 1980 e Pour sortir du vingtième siècle, Fernand Nathan, Paris 1981, egli diventa più prudente, come si addice a chi lavora col metodo scientifico. Anche nel caso di Morin questa intuizione, comunque, deriva da uno stato nascente come chiunque può accertare analizzando il Journal de Californie. 8