INDICE Prologo A, come “Analisi tecnica”, la tua migliore amica B, come “Balle finanziarie”, quelle fanno sempre comodo C, come “Coerenza”, che barba! D, come “Diversificazione”, una brutta parola E, come “Enormi guadagni”, aspettateveli sempre F, come “Fiducia”, e quella nelle performance passate deve essere cieca G, come “Guru”, fidatevi sempre di loro H, come “Hedge fund e fondi flessibili”, i mitici I, come “Immobili”, sono sempre la scelta migliore J, come “Junk bond”, il fascino discreto della spazzatura K, come “Klondike”, una miniera per tutti L, come “Lascia perdere l’economia” M, come “Massimi e minimi”, due concetti misteriosi N, come “Novità”, e che siano parecchio dinamiche! O, come “Over the counter”, perché a noi piace così P, come “Professionisti navigati”. Ovvero: come commercialisti, avvocati & Co. possono aiutarti a fare un vero disastro con i tuoi risparmi Q, come “Quelli che… mettono i soldi in banca” R, come “Rating”, questo sconosciuto S, come “Spese”, il tormento e l’estasi dell’investitore T, come “Te lo do io l’affare!” U, come “UFO”, Unione Fregature Organizzate, meglio conosciuto come multilevel marketing V, come “Valute”, ricchi in un giorno come George Soros W, come “W le Poste!” X, come “X-file previdenziali” Y, come “Yahoo! Ho fatto il più grande investimento della storia!” Z, come “Zavorrati”, grazie a polizze, gestioni patrimoniali e prodotti garantiti Epilogo. E se i soldi non li voglio perdere? “Non lo so!” Bibiliografia Colophon Prologo “A, come Atrocità; / Doppia T, come Terremoto e Tragedia; / I, come Ira di Dio: / L, come Lago di sangue e A, come Adesso vengo e ti sfascio le corna.” (Diego Abatantuono in “Attila, flagello di Dio”, 1982) La scanzonata citazione posta all’inizio di questo ABC un po’ dissacratorio sul mondo della gestione del risparmio, richiama il linguaggio, a metà tra il serio e il faceto, che troverete leggendo una dopo l’altra le lettere di questo piccolo compendio sul come aggirare le fregature finanziarie. Se però fossi voluto entrare più profondamente nel merito della questione, e del perché abbia pensato di scrivere di risparmio e investimenti in tal modo, sarebbe stato certamente più appropriato (e anche un po’ presuntuoso) iniziare con le parole di uno dei più grandi filosofi del ’900, Hans Georg Gadamer, che nella sua opera principale, Verità e metodo scrisse: “È più difficile porre domande che offrire risposte perché per essere capaci di domandare bisogna voler sapere ed essere convinti di non sapere, [...], il domandare è piuttosto un patire che un agire, [...], l’arte del domandare è l’arte del domandare ancora, ossia l’arte stessa del pensare”. Anche se Gadamer si riferiva a ideali ben più elevati del denaro, come la comprensione tra i popoli, il senso della vita, la crescita attraverso la dialettica, non posso non notare come l’arte del domandare in finanza da parte del grande pubblico, non solo non sia esercitata in modo appropriato, ma pare essere addirittura un concetto misterioso. Se a prima vista il titolo di questo lavoro sembra provocatorio, davanti a certi, diffusissimi comportamenti posti in essere con la più totale naturalezza da molte persone, si è veramente portati a credere che per taluni lo scopo ultimo del loro agire finanziario sia proprio quello di perdere del denaro. Ho provato allora a elencare i più diffusi tra gli errori, i miti e le curiosità che caratterizzano così spesso l’atteggiamento di chi si trova a dover gestire i propri risparmi, mettendomi per questa volta nei panni di un folle intento a proporre qualcosa che va contro il normale buon senso, e cioè, appunto, come perdere meglio piuttosto che guadagnare. È una richiesta “nascosta” così diffusa, che forse aiuterà i lettori a meglio riconoscere i comportamenti più irrazionali, patrimonio di non pochi risparmiatori, e a evitare i tanti luoghi comuni che sorreggono subdolamente il sistema economico, sia che si tratti di obbligazioni, di valute, di immobili, di materie prime o di titoli azionari. A proposito di questi ultimi, credo che, al di là degli innumerevoli studi antropologici e teologici del mondo, la vera prova che discendiamo tutti da un unico Adamo risieda nell’incredibile identità di comportamento masochistico che il cittadino medio attua nei confronti del mercato azionario, senza distinzione di razza, epoca, cultura o livello di ricchezza. Che siano olandesi del Seicento, francesi del Settecento, americani dell’Ottocento, giapponesi del Novecento o cinesi del Duemila, nulla cambia. E dopo quattro secoli ancora si fatica a capire che ci sono solo due tipi di investitori: quelli che usano le azioni come fossero fiche di un casinò (e sono la maggior parte), e che fanno la stessa brutta fine del frequentatore medio dei casinò; e quelli che invece investono poco alla volta infischiandosene delle mode, dei collocamenti pubblici, delle “dritte” degli amici del bar, e stanno ad aspettare senza fretta il passaggio dei cadaveri dalla sponda del fiume. Anche per loro investire è giocare al casinò, solo che hanno la parte del banco. Ecco che allora, prima leggeremo una dopo l’altra le lettere del nostro particolare alfabeto, affinando così la “tecnica” distruttiva dei primi, estendendo il discorso a tutte le forme di investimento, perché la cosa più importante è conoscere l’avversario. Poi, nell’epilogo di questo racconto, rifletteremo su come usare al meglio le informazioni che abbiamo raccolto strada facendo, per poter entrare anche noi nella cerchia di coloro che tengono il banco. E la sorpresa è che per quel ruolo, al contrario di quel che accade dentro i veri casinò, c’è posto per tutti. A, come “Analisi tecnica”, la tua migliore amica Non credo si possa iniziare un piccolo saggio come questo in un modo migliore. “Analisi tecnica”: che coppia di meravigliose parole! Con “analisi” indichiamo solitamente il frutto di una nutriente spremuta cerebrale, la spiegazione di un evento complesso ottenuta grazie al ragionamento. Con “tecnica”, in questo particolare contesto, indichiamo né più né meno che “qualsiasi segno possiate immaginare o vedere in un grafico a qualsiasi elemento esso si riferisca sulla faccia della terra e dell’intero universo”; un concetto generoso, insomma. Infatti, l’analisi tecnica è uno strumento pensato per essere in grado di spiegare qualsiasi cosa possa accadere al prezzo di un qualsiasi bene scambiato in un qualsiasi mercato, dalle uova sode alle azioni indonesiane, dal prezzo dell’oro a quello dei copertoni usati. L’investitore che con costanza si applica allo studio dell’analisi tecnica apprenderà sino in fondo il forte significato di queste parole: “Se il prezzo di un titolo non salirà più del 10% né scenderà meno del 10%, allora resterà in una banda di oscillazione del 20%. Tuttavia, dopo le accurate e dovute analisi stocastiche, si può affermare con ragionevole certezza che se il prezzo violerà la resistenza posta oltre il 10% allora ci potrebbero essere grossi guadagni; se invece saranno i supporti a essere violati con un calo del 10% allora sarà uno scenario di forti perdite a prevalere. L’importante è stabilire con convinzione sin da ora che se non accadrà nulla di tutto ciò il prezzo del titolo resterà sostanzialmente invariato, salvo imprevisti”. Ricordate cosa dissero i medici che vistarono Pinocchio e che dovevano stabilire se fosse vivo o morto? “Il burattino è bell’e morto; ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo”! Com’è facile comprendere, con tutte queste “certezze” l’analisi tecnica è la migliore amica di chiunque abbia voglia di perdere denaro e opportunità in un mercato. Scopo di questa “disciplina” è osservare un grafico pieno di linee, curve e istogrammi, e in base solo a quello, pensate che forza, senza neanche sapere di cosa si stia trattando, “decifrare” il futuro andamento dei prezzi di borsa. Come diceva Maurizio Crozza in una vecchia imitazione di Arrigo Sacchi, “è una cosa veramente straordineria”. Per il “tecnico” il trading a tutte le ore diventa una nuova religione. Generico, pressappochista, autocelebrativo, il suo vocabolario abbonda oltre ogni misura di termini ipotetici, vera garanzia per fare dei bei buchi nell’acqua. Agli incontri, ai meeting, alle convention di settore i “tecnici” possono essere identificati con facilità. Sono quelli di fianco a un video, con abiti di pronto moda sul nero, eleganza ordinaria priva di fantasia, una gesticolazione eccessiva, sorrisi abbondanti e sguardo di ovvio, bonario paternalismo di fronte a ogni domanda del pubblico, sempre ingenua, e con una dialettica da gallo di provincia un po’ spaccone, che a ogni termine come ipervenduto, stocastico, “testa e spalle” quasi va in erezione. Sono infatti solo uomini, e basterebbe questo a sancire la superiorità femminile. Gli astanti che circondano i “mastri trader” presentano un misto tra sete di sapere e problemi lombari, che costringono i malcapitati a sedersi in attesa del convegno che inizia mezz’ora dopo in una sala vicina. Ma anche lo spettatore meno smaliziato, pur osservando con insana curiosità l’agire del tecnico, tradisce nello sguardo un pensiero fatale: “ma se tu sai veramente come far denaro col trading perché lo dovresti venire a raccontare a tutta questa folla?” E volendo il nostro eroe proprio perdere denaro magari rinuncia anche al convegno successivo. Il segreto del fascino dell’analista tecnico è di natura antropologica. Il tecnico pensa di sapere del popolo quello che neanche il popolo sa di pensare. Infatti, ci sono milioni di persone che operano sugli stessi titoli e che vedono gli stessi grafici e fanno le stesse analisi tecniche, il che elimina alla fonte, qualsiasi possibilità continuativa di guadagno con tali metodologie. A conferma di ciò, non mancano decine di studi, continuamente aggiornati, che testimoniano come sia il trading frenetico in sé (con qualunque sistema sia portato avanti, non solo con l’analisi tecnica) a essere storicamente perdente nei grandi mercati evoluti, specialmente se si considerano i notevoli costi prodotti dalle continue transazioni e le tasse. Uno dei grandi guru dell’analisi tecnica è certamente John Bollinger, che con le sue “bande” semina il terrore sui mercati azionari. Su Il Sole 24 Ore dell’8 giugno 2003 si riportavano le sue previsioni: “Il Toro? Tornerà tra dieci anni” fu il suo verdetto. La sua ricetta era allora, viste le “nubi” in arrivo, di abbandonare la straregia del “compra e tieni che crea solo frustrazioni, mentre solo gli operatori professionisti in grado di sfruttare le oscillazioni e la volatilità del mercato riescono a guadagnare. Bisogna andare a cercare continuamente i settori che stanno registrando le performance migliori”. Sarà, ma dal giugno 2003 per 4 anni in borsa ha regnato il Toro quasi continuamente e chiunque avesse comperato allora qualsiasi listino (America, Europa, Asia, Emergenti) nel suo complesso senza stare a movimentare nulla né a spulciare tra i settori (tra l’altro tutti in crescita), avrebbe ottenuto ottimi risultati. Chissà che ha detto Bollinger nel 2007, prima della crisi? Saperlo non è molto importante. In realtà non dovete fare affidamento sull’analisi tecnica neanche per perdere denaro. Può capitare benissimo che grazie a questa specie di astrologia finanziaria vi troviate assai ricchi, perché come l’oroscopo del giornale della domenica può azzeccare come sarà la vostra settimana (il livello di vaghezza è più o meno lo stesso), così i chartisti (dall’inglese “chart”, grafico) possono fare centro. Dopotutto il grande santone dei tecnici William Delbert Gann (1878- 1955), “il più grande trader di tutti i tempi”, che la leggenda vuole capace di realizzare un guadagno del 4000% nel solo 1932 (!!!), diceva di essere ispirato dalla bibbia, dall’astrologia, dalla cosmologia e, troppa grazia, anche dalla matematica. Era un tipo curioso, inventore della “legge delle vibrazioni”, il cui motto di derivazione biblica era niente meno che “se conosci la verità, conosci tutto”. Vagamente tautologico. Va bèh, siamo al solito livello del lancio della monetina!{1} Per esempio, a ottobre 2006 in occasione del meeting mondiale degli analisti tecnici che si tenne a Lugano, Marting Pring, uno dei principali esponenti della categoria, intervistato dal Sole 24 Ore{2}, si espresse correttamente prevedendo che le azioni americane erano molto lontane dai massimi (in realtà sarebbero cresciute solo di un altro 10%), ma poi aggiunse, sbagliando completamente il timing, che le materie prime erano in fase discendente, pur all’interno di un ciclo secolare rialzista. In realtà per i due anni successivi le commodities non hanno fatto che segnare rialzi record sino all’estate 2008, alla vigilia della crisi. C’è anche da aggiungere che, al contrario di quanto spesso si dice, i prezzi reali delle materie prime, petrolio escluso, sono in fase fortemente discendente da mezzo secolo{3}. Che fare dunque? Affidarsi o no ai tecnici per perdere denaro? Nel 2005 Citigroup, che di denaro non ne voleva perdere, e che allora era il più grosso gruppo bancario del mondo, risolse in modo draconiano la faccenda e si liberò della sua intera squadra di analisti tecnici, il cui lavoro fu ritenuto del tutto inutile. Ha avuto ragione? Direi di sì, anche se gli analisti tecnici, visto il tracollo di Citigroup nel 2008-2009 potrebbero esultare con un “ben gli sta!”. Il problema è che tutte le banche sono state vittime della grande crisi del 2008, sia quelle che si affidavano ancora ai tecnici sia quelle che li snobbavano. B, come “Balle finanziarie”, quelle fanno sempre comodo Di queste in circolazione ce ne sono una quantità tale da soddisfare anche il più fine dei palati; voi gustatevele tutte senza pensare alla linea: saranno sempre ottime per fare un bel disastro da tre stelle Michelin nei vostri investimenti. Vediamone solo alcune. CERTI INVESTIMENTI SONO MEGLIO DI ALTRI Agli investitori vengono continuamente propinati dati di ogni tipo che esaltano l’indispensabilità di una qualche forma di investimento. E così scopriamo che le azioni a bassa capitalizzazione, cioè quelle delle imprese più piccole (le small cap) nel lungo periodo sono le migliori, che le obbligazioni convertibili non devono mancare nel portafoglio, così come le azioni immobiliari, biotecnologiche, il mercato arabo, i prodotti agricoli e via dicendo. Poi si scopre che una certa società sta lanciando quel particolare prodotto e le statistiche che state leggendo sono poco più che spot commerciali, ricchi di speranza che tutto vada per il verso giusto. Una nota, stimata e indipendente società svizzera, per esempio, a inizio 2008 lanciò un nuovo fondo specializzato sulla Russia, allegando alla scheda del prodotto tutto un elenco di opportunità per cui le azioni dei nuovi zar dell’economia non dovevano mancare nel portafoglio. Il mercato Russo alla fine di quell’anno fece segnare ribassi superiori al 70%, e nella primavera del 2010 (nonostante un recupero del 200% dai minimi di marzo 2009) era ancora sotto di oltre il 30%, ma non credo sia stata cattiva fede. A fine settembre dello stesso anno, a un meeting cui