Una traduzione più libera, ma assai più fruibile, che rivela storie piccanti, vivaci e sarcastiche, proprie di una mentalità medievale acuta e dissacratoria, ai più è del tutto sconosciuta e insospettata.
«Questo libro raccoglie le traduzioni di venti fabliaux molto libertini, che mostrano non solo il rapporto con il sesso del 1200, ma anche la smaccata disinvoltura espressiva a cui forse, confessiamolo, non siamo pronti» - Valentina Desalvo, la Repubblica
«Una materia che nelle mani di uno storico del calibro di Alessandro Barbero, provvisto della giusta ironia e arguzia, si è trasformata in un volume godibilissimo, ricco di trovate sorprendenti» - La Stampa
“La fortuna critica dei fabliaux è andata regolarmente crescendo nel corso degli ultimi decenni. Il Medioevo francese ci ha lasciato circa centocinquanta di questi poemetti in rima baciata, generalmente di ottonari, lunghi poche centinaia di versi, e di contenuto per lo più erotico, se non francamente osceno”.
Oggi, un apprezzato accademico come Alessandro Barbero ripropone una traduzione di questi godibilissimi poemetti distaccandosi dal tradizionale approccio filologico. I fabliaux, infatti, sono tutti scritti in versi, in lingua d’oil, e come tali tradotti in francese moderno. L’operazione che qui si è voluta tentare, con lusinghieri risultati, è stata quella di riproporre la loro freschezza ed immediatezza ad un pubblico più vasto, avvezzo alla lettura in prosa come è quello contemporaneo. Ne è risultata una traduzione più libera, ma assai più fruibile, che rivela storie piccanti, vivaci e sarcastiche, proprie di una mentalità medievale acuta e dissacratoria, ai più è del tutto sconosciuta e insospettata.La fortuna critica dei fabliaux è andata regolarmente crescendo nel corso degli
ultimi decenni. Il Medioevo francese ci ha lasciato circa centocinquanta di questi
poemetti in rima baciata, generalmente di ottonari, lunghi poche centinaia di versi,
e di contenuto per lo più erotico, se non francamente osceno. La scommessa che il
curatore di questo volume (...) ha proposto all'amico direttore della collana, e
di cui un editore coraggioso ha accettato di farsi complice, è di fingere che nell'epoca
in cui viviamo nè le parole, né le cose facciano più paura, nemmeno nei titoli.
Ma sarà poi davvero così? (A. Barbero)