Paul Faure La vita quotidiana in Grecia ai tempi della guerra BIBLIOTECA DELLA STORIA VITE QUOTIDIANE Paul Faure La vita quotidiana in Grecia ai tempi della guerra di Troia 1250 a.C. CORSIERE DELLA SERA VITE QUOTIDIANE Biblioteca della storia. Vite quotidiane Volume 1 - Paul Faure, La vita quotidiana in Grecia ai tempi della guerra di Troia Proprietà letteraria riservata © 1994 Hachette Littératures © 1995-2017 Rizzoli Libri S.p.A. / BUR Rizzoli Titolo originale: La vie quotidienne en Grece au temps de la Guerre de Troie Traduzione di Paola Varani Edizione speciale su licenza di Rizzoli Libri S.p.A., Milano per Corriere della Sera © 2017 RCS MediaGroup S.p.A. LE GRANDI OPERE DEL CORRIERE DELLA SERA N. 15 del 28 dicembre 2017 Direttore responsabile: Luciano Fontana RCS MediaGroup S.p.A. Via Solferino 28, 20121 Milano Sede legale: via Rizzoli 8, 20132 Milano Reg. Trib. n. 537 del 19/07/2004 ISSN 1824-45800 Responsabile area collaterali Corriere della Sera: Luisa Sacchi Editor: Barbara Brambilla L’Editore si dichiara a disposizione degli eventuali aventi diritto per la traduzione che, nonostante le ricerche eseguite, non è stato possibile rintracciare. La vita quotidiana in Grecia ai tempi della guerra di Troia V P g y r T© • A A T «li t!//ì2 bella dalle bianche braccia, a Elena, che è anche Marianna, in omaggio Introduzione La resurrezione di un mondo Otto maschere doro simili a soli pietrificati — splendenti, ma gnetiche, in qualche modo terribili - sono conservate nelle vetrine del Museo archeologico di Atene. Da oltre cento anni folle di visitatori si rivolgono domande sul mistero che esse rappresentano: quale dramma avranno visto nella ricca Mice ne quegli occhi dalle gonfie palpebre serrate? Quali profumi avranno inalato quei nasi diritti dalle narici sottili? Quelle labbra simili a un taglio quali preghiere avranno pronunciato, quali ordini, quali grida; quali cibi e bevande avranno assa porato; avranno dato e ricevuto baci? E quel viso di forma triangolare dai baffi a punta, la mosca imperiale sul mento, la barba a ventaglio è forse quello di Agamennone, il re dei re, il padre uccisore,1 il marito ingannato, il vincitore assassinato? Sopracciglia corrugate, bocche chiuse, gli otto volti sem brano sprofondati nel loro sonno di eternità, ma talvolta 1 1 Per ottenere il favore celeste per la flotta anche in partenza per Troia, Agamennone aveva offerto in sacrificio agli dei la propria figlia Ifigenia. La moglie Clitennestra, durante la sua assenza, fu sedotta da Egisto, il quale uccise Agamennone quando questi tornò vincitore da Troia [N.d.T]. 9 La vita quotidiana in Grecia ai tempi delta guerra di Troia un gioco di luci, una diversa illuminazione animano len tamente queste maschere di dei impassibili. Ed ecco che la loro maestà svanisce e sembrano sorridere. Le labbra si fanno turgide: «No, non siamo Atreo o Tieste o Menelao, né Agamennone o Egisto e neppure i loro figli. Siamo vis suti trecento-trecentocinquanta anni prima della guerra di Troia. Siamo coloro che hanno costruito i primi palazzi nel Peloponneso, abbiamo maneggiato le spade, ci siamo ador nati dei gioielli, abbiamo bevuto nelle coppe che vedete nelle vetrine. Se volete farci parlare della civiltà che abbia mo creato, dovete rivolgervi ai poeti, ai drammaturghi, agli artisti dell’antichità, agli archeologi moderni, ai decodifica tori di scritture sconosciute, a tutti quei sognatori grazie ai quali il mito è divenuto storia». Questi eroi non hanno mai cessato di vivere. Simili a fan tasmi, hanno sempre abitato nell’immaginazione degli stu diosi: dai più antichi poeti a noi noti giù giù fino a Jean- Paul Sartre e oltre, una foltissima schiera di autori ha ce lebrato in musica, in versi o in prosa le loro imprese e il loro pietoso destino. Ben prima di Omero - che compose VIliade e certamente anche XOdissea nell’VIII secolo a.C. - le loro gesta erano state esaltate dai cantori sacri intorno alle tombe, dagli aedi erranti di banchetto in banchetto, dai narratori sulle pubbliche piazze. E in tutti c’era la con sapevolezza che il XIII secolo prima della nostra era aveva rappresentato un’età di incomparabile splendore. Spesso i personaggi di Omero alludono a un ricco patrimonio di io La resurrezione di un mondo epopee e di canti di avventure, tra i quali i primi poeti ave vano scelto i loro materiali. Ma, e ben più importante, gli eroi della guerra di Troia - l’élite degli Achei, sia che li si voglia considerare guerrieri o banditi, il fior fiore delle forze difensive asiatiche - dovevano essere i protagonisti di canti di esaltazione o di scherno mentre erano ancora in vita: bardi e buffoni si ritrovano da un capo all’altro del mondo indoeuropeo più antico e, senza di loro, sarebbe impensabi le che potesse giungere fino a noi una così grande quantità di notizie, anche se più o meno deformate, su avvenimenti lontanissimi, imprese valorose e gravide di conseguenze, crimini o bestialità. Le descrizioni che Omero ci ha lasciato nt\YIliade e nell^ Odissea si riferiscono a una civiltà, a usi e costumi che non esistevano già più ai suoi tempi e che egli ricavava dal la tradizione. Si parla di città scomparse da cinquecento anni, di dei più antichi di quelli che venivano onorati dai suoi contemporanei. Vengono usati termini sacri, formule e locuzioni poetiche che persino Omero non comprendeva più, o almeno sembra lecito fare questa supposizione visto il gran numero di interpretazioni divergenti che i suoi suc cessori e i suoi commentatori ci hanno trasmesso. La rappresentazione del mondo miceneo, per quanto splendida potesse apparire tra i bagliori degli apparati guer reschi, aveva bisogno di drammatizzazione. Non bastava raccontare di come Elena, sposa del biondo Menelao, fosse stata sedotta e rapita dal bel Paride-Alessandro,2 secondo- genito di Priamo; di come gli Achei della Grecia continen 2 Alessandro (Alexandros) è il nome con cui Omero preferisce chiamare Paride [N.d.T], 11 La vita quotidiana in Grecia ai tempi della guerra di Troia tale e delle isole avessero armato una immensa flotta, si fos sero mossi alla volta della Troade per vendicare raffronto, l’avessero vinta e saccheggiata e infine, sulla via del ritorno, si fossero persi. Per ridare vita a quelle vecchie storie oc correva metterle in scena. Uno psicodramma che avrebbe riguardato l’intera Grecia? Già nel VII secolo, durante gare e concorsi, i cantori, rivestiti da costumi di gala, si facevano attori: mimavano, dialogavano. A Tebe come a Sicione, cori tragici interpreta vano le dolorose disavventure degli eroi. I Greci dell’epoca arcaica, un popolo che ha concepito l’esistenza come un dibattito e come un dialogo, e anche come un dramma, scelsero il ditirambo e la tragedia come forme di espres sione della loro filosofia di vita. Il teatro classico, ispirato interamente alle avventure degli uomini e degli dei vissuti all’epoca della guerra di Troia, ha cercato di farli rivivere. Il significato profondo della tragedia attica sta nel con flitto tra la responsabilità personale e le forze collettive che perseguitano gli eroi, li maledicono o li abbattono. Il teatro di Eschilo, di Sofocle e di Euripide risuona costantemente di un doppio grido: perché? e ahimè! Edipo, Achille, Dio niso, Eracle, Cassandra, Elettra, Antigone tornano in vita per spiegarsi, giustificarsi, comprendere il proprio amaro destino, e nello scorrere dei secoli gli uomini li hanno visti interpretare il loro ruolo così tante volte che hanno finito per credere in loro come si crede a dei simboli, a esseri mi steriosamente reali e presenti. Appare quindi legittimo non consultare soltanto Omero e i suoi imitatori per cercare di farsi un’idea di come dove va essere la vita quotidiana sulle isole dell’arcipelago greco e sulle coste dell’Asia Minore alla fine dell’età del bronzo. 12
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