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La teoria delle forme di governo nella storia del pensiero politico PDF

214 Pages·1976·7.034 MB·Italian
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C O R S I U N I V E R S I T A R I NORBERTO BOBBIO LA TEORIA DELLE FORME DI GOVERNO NELLA STORIA DEL PENSIERO POLITICO Anno Accademico 1973-76 G . G I A P P I C H E L L I E D I T O R E T O R I N O P R E M E S S A Il corso di quest'anno è dedicato alle teorie delle forme di governo. Ho già avuto occasione di dire negli anni prece­ denti che se una ragione d'essere ha un corso di filosofia della politica, distinto da quelli di storia delle dottrine politiche e di scienza della politica, è lo studio e l'anaH si dei cosiddetti "temi ricorrenti". Intendo per 'ricorrenti' quei temi che sono stati proposti e discussi dalla maggior parte degli scrittori politici (in modo particolare da colo­ ro che hanno elaborato o abbozzato teorie generali o parzia­ li della politica), e che quindi fanno parte integrante di u na teoria generale della politica. La rilevazione di questi temi ricorrenti ha una duplice importanza: da un lato essa serve a individuare alcune categorie generali (a cominciare dalla stessa categoria del "politico") che permettono di ana lizzare e di fissare i vari aspetti del fenomeno politico,di compararli fra loro, di costruire più o meno coerenti, più o meno comprensivi, sistemi concettuali; dall'altro consente di stabilire fra le diverse teorie politiche, sostenute anche in tempi diversi, affinità e differenze. Uno di questi temi ricorrenti è la tipologia delle forme di governo. Non vi è quasi scrittore politico che non abbia proposto e difeso una certa tipologia.delle forme di governo. Non ho bisogno di sottolineare l'importanza di queste tipoio gie sia perchè attraverso esse sono stati elaborati e ripetu tamente discussi alcuni concetti generali della politica, co me oligarchia, democrazia, dispotismo, governo misto ecc., sia perchè esse costituiscono uno degli aspetti attraverso cui una teoria può essere meglio caratterizzata e confronta­ ta con altre teorie. 1. - N. BOBBiO: La .teoria delle forme di governo. 2 Considerando la società politica (in una definizione prov visoria) come la forma più intensa e vincolante di organizza zione della vita collettiva, la prima constatazione che qua^L siasi osservatore della vita sociale è indotto a fare, è che vi sono vari modi, secondo i luoghi e i tempi, di dar forma a questa organizzazione. La domanda cui risponde la tematica delle forme di governo è la seguente: "Quali e quanti sono questi modi?" Lo scopo del corso di quest'anno è di esaminare alcune ri^ sposte a questa domanda, particolarmente significative, par­ tendo dalla filosofia greca per giungere sino alle soglie del^ l'età contemporanea. Per ognuno di questi periodi saranno e- saminati soltanto alcuni autori che considero esemplari. Non ho bisogno di avvertire ancora una volta che l'esigenza cui s'ispira questo corso non è storica ma concettuale. Siccome peraltro non mi risulta che anche in sede storica, cioè dal punto di vista della storia delle idee, un analogo tentativo sia mai stato fatto, la raccolta di materiale che verrà fuo­ ri da queste lezioni potrà costituire uno strumento di lavo­ ro utile anche per gli storici. o o 0 I N T R O D U Z I O N E Prima di dare inizio all’esposizione e al commento di al­ cune fra le più note teorie delle forme di governo, conviene fare alcune considerazioni generali sul tema. La prima considerazione da fare è che generalmente qual - siasi teoria delle forme di governo presenta due aspetti:uno descrittivo e uno prescrittivo. Nella sua funzione descritti^ va una trattazione delle forme di governo si risolve in una tipologia o in una classificazione dei vari tipi di costitu­ zione politica, che di fatto, cioè nell’esperienza storica,e più precisamente nell'esperienza storica conosciuta e anali£ zata dall’autore, si presentano allo sguardo dell'osservato­ re. Lo scrittore politico in questo caso si comporta come un botanico che dopo aver osservato e actentamente studiato un certo numero di piante le divide secondo le differenze o le unisce secondo le affinità e alla fine giunge a classificar­ ie con un certo ordine. Le prime grandi classificazioni del­ le forme di governo, come sono quelle di Platone e di Aristo tele, sono di questo tipo: sono cioè tratte dai dati ricava­ ci dall’osservazione storica, e rispecchiano la varietà dei modi con cui si erano venute organizzando le città greche da 1^ l'età omerica in poi. Eppure non vi è tipologia che abbia soltanto una funzione descrittiva. A differenza del botanico che non si pone altro problema che quello della descrizione e non opera alcuna scel^ ta tra 1'una e l'altra specie descritta, lo scrittore politi^ co non si limita a descrivere. Si pone generalmente un altro problema, che è quello di indicare, secondo un criterio di scelta che naturalmente può cambiare da autore ad autore,qua le delle forme di governo descritta sia buona, quale cattiva, 4 quale migliore e quale peggiore, ed eventualmente anche qua­ le sia l'ottima, quale sia la pessima. In altre parolenonsi limita a descrivere, cioè ad esprimere un giudizio di fatto, ma senza rendersene esatto conto, assolve anche ad un'altra funzione, che è quella di esprimere uno o più giudizi di va­ lore, di orientare la scelta altrui, in una parola di pre­ scrivere. Com'è noto, la proprietà di un qualsiasi giudizio di valore in base al quale diciamo che una certa cosa (un'a­ zione, un oggetto, un individuo, una formazione sociale ecc.) è buona o cattiva, è quella di esprimere una preferenza allo scopo di modificare il comportamento altrui nel senso da noi desiderato. Posso dire la stessa cosa dicendo che una tipologia può essere impiegata in due usi diversi, che chiamo il primo "si^ stematico", il secondo "assiologico". Uso sistematico di una tipologia è quello in base al quale essa è adoperata allo sco po di dare ordine ai dati raccolti; uso assiologico è quello per cui la stessa tipologia è impiegata per stabilire fra i tipi o le classi ordinate sistematicamente un certo ordine di preferenza, che ha lo scopo di suscitare negli altri un at - teggiamento di approvazione o di disapprovazione, e quindi, lo ripeto, di orientare una scelta. Sarebbe da domandarsi come mai lo scrittore politico(e in genere lo scienziato sociale) si comporti o meglio si possa comportare in modo diverso dal botanico (e in genere dallo scienziato della natura). Il problema è molto complessoma si può dare ad esso una risposta molto semplice: l'atteggiamen­ to con cui lo scienziato sociale e lo scienziato naturale si pongono di fronte all'oggetto delle loro ricerche è influen­ zato dal fatto che il primo ritiene di poter intervenire di­ rettamente sul mutamento della società, il secondo non ritie ne di poter intervenire sul mutamento della natura. L'uso as siologico che io faccio di qualsiasi concetto è strettamente connesso all'idea che un mutamento nella struttura della real^ tà cui quel concetto si riferisce sia non soltanto desidera­ bile ma anche possibile: un giudizio di valore presuppone che le cose che io valuto possano anche essere diverse da quel che sono. Mentre un giudizio di fatto non ha altra pretesa che quella di far conoscere un certo stato di cose, al giudi^ 5 zio di valore è connessa la pretesa di modificare lo stato di cose esistente. Si può dire la stessa cosa anche in un altro modo: mentre una teoria su qualche aspetto della natura è una teoria e basta} una teoria che riguardi qualche aspetto della realtà storica e sociale è quasi sempre anche un’ideologia, cioè un insieme più o meno sistematizzato di valutazioni che dovrebbero indurre gli ascoltatori a preferire uno stato di co se ad un altro. Insomma, per concludere, e per condurre la di^ varicazione fra scienziato naturale e scienziato sociale alle sue estreme conseguenze, e mostrarla in tutta la sua eviden­ za, nessuno di noi si meraviglia se un ricercatore sociale, che secondo l’ideale scientifico del naturalista,dovrebbe sol^ tanto descrivere, spiegare ed eventualmente prevedere, presen ta un progetto di riforma della società, mentre guarderebbe con una certa comprensibile diffidenza un fisico che gli pre­ sentasse un progetto di riforma della natura. Ritengo utile dire ancora alcune cose sull’uso assiologico. Di fronte alla varietà delle forme di governo sono possibili tre prese di posizione: a) tytte le forme esistenti sono buo­ ne} b) tutte le forme esistenti sono cattive} c) tra le forme di governo esistenti alcune sono buone, alcune sono cattive. In via molto generale si può dire che la prima posizione è quella di una filosofia relativistica e storicistica secondo cui ogni forma di governo è adatta alla situazione storica concreta che l’ha prodotta (e non poteva produrne un’altra di^ versa):nella conclusione della Scienza Nuova Vico parla di "un’eterna repubblica naturale, in ciascheduna sua spezie ot­ tima". Un esempio classico della seconda posizione la vedremo tra poco in Platone, secondo cui tutte le forme di governo rea li sono cattive, in quanto sono una degenerazione della sola forma ottima che è quella ideale. La terza posizione è quella di gran lunga più frequente: essendo stata teorizzata in un’o pera che ha fatto epoca nella storia della filosofia politica, nella Politica di Aristotele, possiamo chiamarla aristotelica. Vi è peraltro ancora bisogno di aggiungere che un'assiolo- gia in genere non si limita a distinguere il buono (in senso assoluto) dal cattivo (in senso assoluto), ma provvede di so­ lito anche a stabilire attraverso un giudizio comparativo di più e di meno un ordine, una gerarchia, o meglio un ordine ge 6 rachizzato, fra le cose oggetto di valutazione. Lo stesso accade nell'uso assiologico delle tipologie delle formedigo verno, con la conseguenza che le forme buone non sono tutte buone allo stesso modo, ma vi sono alcune che sono migliori e altre che sono meno buone, e parimenti non tutte le forme cattive sono cattive allo stesso modo, ma vi sono forme peg­ giori e forme meno cattive. Attraverso il giudizio di valore comparativo, l'esito di un'assiologia delle forme di governo finisce per essere la sistemazione di queste in un ordine gerarchizzato,che attraverso una scala di preferenze permet­ te di passare non semplicemente dal buono al cattivo, ma dal migliore al peggiore attraverso il meno buono e il meno cat­ tivo. Superfluo far notare quanto la possibilità di stabili­ re una scala di preferenze soprattutto quando gli enti da or dinare siano molti ha per effetto una grande varietà delle tipologie: due tipologie che sono concordi nel giudicare buo ne certe forme e cattive certe altre, possono poi distinguer si nello stabilire quali siano tra le buone le migliori e tra le cattive le peggiori. Oltre a un giudizio di valore comparativo un'assiologia può comprendere anche giudizi di valore assoluti. Il che si­ gnifica che una tipologia delle forme di governo può giunge­ re ad una presa di posizione tale da indicare quale sia la forma ottima e quale la pessima. Non à infrequente il caso di scrittori politici che abbiano elaborato una teoria del­ l'ottima repubblica o dell'ottimo stato (correlativamente del pessimo). Si' possono distinguere almeno tre modi diversi con cui è stato elaborato un modello dell'ottimo stato; 1) si può costruire un modello di ottimo stato attraverso l'idealizzazione di una forma storica. Così à avvenuto, per esempio, come vedremo, per Atene e soprattutto Sparta nel­ l'antichità e non soltanto nell'antichità, per la repubblica romana, considerata da alcuni fra i maggiori scrittori poli­ tici come un modello di stato di cui si trattava di scoprire il segreto della sua fortuna e della sua potenza, per la re­ pubblica di Venezia nel Rinascimento, per la monarchia ingle se nell'età moderna. Si potrebbe aggiungere che il primo sta to socialista del mondo, l'Unione Sovietica, ha esercitatola stessa funzione in quanto considerato come stato-guida per i 7 partiti comunisti degli stati non ancora trasformati dalla ri_ voluzione; b) un altro modo di costruire un modello di ottima repub­ blica è quello di combinare in una sintesi ideale i vari eie menti positivi di tutte le forme buone in modo da eliminarne i vizi e da conservarne le virtù. Si tratta dell'ideale, di cui vedremo tanti esempi nel corso delle lezioni, del cosid­ detto stato misto, la cui più fortunata teorizzazione risale allo storico Polibio; c) infine la costruzione dell'ottima repubblica può esse­ re affidata alla pura costruzione intellettuale, completameli te astratta dalla realtà storica, ©addirittura all'immagina zione, alla visione poetica, che si compiace di disegnare sta ti ideali che mai sono esistiti e mai esisteranno. Si tratta del pensiero utopico, che ha avuto in ogni tempo, ma specie in tempi di grandi crisi sociali, i suoi appassionati è ispi^ rati creatori. Mentre le due forme precedenti di ottima re­ pubblica sono un'idealizzazione della realtà, l'utopia com­ pie un salto al di fuori della storia, e proietta la propria costruzione in un luogo e in un tempo immaginari. Queste osservazioni introduttive non sarebbero compiute, se non accennassi al fatto che accanto all'uso sistematico e all'uso assiologico della tipologia delle forme di governo, queste possono avere e hanno di fatto avuto un altro impiego che io chiamo "uso storico". Intendo per "uso storico" l'uso che di una tipologia delle forme di governo alcuni autori han no fatto per abbozzare una vera e propria filosofia della sto ria, cioè, in parole più povere, per tracciare le linee del­ lo sviluppo storico, il quale procederebbe secondo uno sche­ ma, che naturalmente cambia nei diversi autori, da una forma di governo all'altra. Con questa conseguenza: che le varie forme di governo non sono soltanto modi diversi di organizza re la vita politica di un gruppo sociale ma sono anche stadi o momenti diversi e successivi, generalmente l'uno concatena to all'altro, l'uno discendente per interno sviluppo dall'al^ tro, del processo storico. Come vedremo, nell'antichità cla£ sica una teoria delle forme di governo si risolve spesso, se pure in modo più o meno meccanico, in una concezione ciclica 8 della storia, cioè in una concezione della storia secondo cui una forma di governo si dissolve per tramutarsi in un'altra, e così dar luogo a una serie di stadi di sviluppo o di deca­ denza che rappresentano il corso fatale delle vicende umane. Un esempio sorprendente dell'uso storico di una teoria delle forme di governo, o meglio della trasformazione di un uso si^ stematico in un uso storico della stessa tipologia ci sarà fornito da Hegel, il quale assume la celebre tripartizione delle forme di governo elaborata da Montesquieu, monarchia, repubblica, dispotismo, e ne fa i tre momenti fondamentali dello sviluppo storico, considerando il dispotismo come la forma di governo tipica del mondo orientale, la repubblica del mondo romano, la monarchia del mondo moderno. Da aggiungere che generalmente nell'uso storico di una ti_ pologia non è affatto irrilevante la distinzione fra forme buone e forme cattive, perchè la forma cattiva come degenera zione della forma buona apre il passaggio alla nuova forma buona, la quale a sua volta corrompendosi crea le condizioni per un passaggio ulteriore. Quando la monarchia, che è la for ma buona, decade nella tirannia, che è la forma cattiva, na­ sce come reazione l'aristocrazia, che è a sua volta una for­ ma buona, la qua*le decadendo in oligarchia genera la democra zia e così via. In sostanza la forma cattiva funge da fase di passaggio obbligato da una forma all’altra e quindi ha u- na funzione positiva (nonostante la sua negatività sostanzia le), non in se stessa ma considerata come un momento di una totalità. Si potrebbe anche dire, ma è problema che qui ac­ cenno soltanto, che quando una tipologia viene usata storica mente, cioè per tracciare le linee di una filosofia della st£ ria, riacquista una funzione meramente descrittiva, perdendo ogni carattere prescrittivo. Quando ciò che è assiologicamen te negativo si trasforma in qualche cosa di storicamente ne­ cessario, il giudizio di realtà prende il sopravvento sul giu dizio di valore. O o ù CAPITOLO I U N A C E L E B R E D I S C U S S I O N E Una storia, come quella che stiamo tracciando, delle tipo­ logie delle forme di governo può essere fatta cominciare da u na discussione riferita da Erodoto nelle sue Storie (libro III §§ 80-82), svoltasi fra tre personaggi persiani, Otane, Mega- bizo e Dario, sulla miglior forma di governo da instaurare in Persia dopo la morte di Cambise. Questo episodio, puramente im maginario, sarebbe avvenuto nella seconda metà del sesto seco lo avanti Cristo; ma il narratore, Erodoto, scrive le sue sto rie nel secolo successivo. A ogni modo ciò che importa rileva re è quanto avanzata fosse ormai la riflessione dei Greci sul. le cose della politica un secolo prima delle grandi sistema - zioni teoriche di Platone e di Aristotele (che appartengono al quarto secolo). Il brano è davvero esemplare, perchè, come ve drerao, ciascuno dei tre personaggi si presenta come sostenito re di una delle tre forme di governo, che possiamo chiamare "classiche", non solo perchè ci sono state tramandate dagli scrittori classici ma perchè sono diventate vere e proprie ca tegorie della riflessione politica di tutti i tempi (e quindi sono in quanto classiche anche moderne). Queste tre forme di governo sono: il governo dei molti, dei pochi e di uno, ovve­ ro democrazia, aristocrazia e monarchia, anche se nel brano in questione non vengono ancora impiegati tutti i termini con cui queste tre forme di governo verranno consegnate alla tradizio ne che è durata sino ai nostri giorni. Data l'esemplarità del brano, e la sua brevità, conviene riportarlo per intero: Cinque giorni dopo che gli animi si erano calmati, co loro che si erano ribellati ai Magi fecero il punto del­

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