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La Somma Teologica. La fortezza PDF

259 Pages·1968·9.648 MB·Italian
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S. TOMMASO O' AQUINO LA SOMMA TEOLOGICA TRADUZIONE E COMMENTO A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA xx LA FORTEZZA {II-II, qq. 123 140) ~ CASA EDITRICE ADRIANO SALANI Nihil obst.at Fr. Ludovicus Merlini O. P. Lcct. S. Theologiae Fr. Albertus Boccanegra O. P. Doct. PhiJosophiae et Lect. S. Theologiae lmprimi potest Fr. Leonardus Magrini O. P. Prior ProvindaJis S. Marci et Sardiniae Florentiae die XX Decembris MCMLXVll IMPRIMATUR Faesulìs die XXl Decembris MCMLXVH t Antonius Bagnoli Episc. TUTTI l D[RlTTI SONO RISERVATI CJ MOMI,XVIIJ · Casa Editrice Adriano Salani S.p.A. Officme Cufiche Stianti, Sa.oca.sciano • MCMLXVUI ~ Prsntod in ltaly .. LA FORTEZZA (IJ,JI, qq. 123~ 140) LA FORTEZZA (JI ·H. qq. 123, 140) TRADUZIONE, INTRODUZIONE E NOTE del P. Tito S. Centi O. P. INTRODUZIONE 1 - Fra tutte le virtù questa della fortezza è forse la più esal tata e la più raccomandata, <lacchè mondo è mondo. La poesia e le arti figurative pare che siano state inventate dall'uomo per celebrare le imprese dei forti, ed è comunque indiscutibile che i poemi tramandati dalla più remota antichità trattano quasi esclusivamente di atti di fortezza. La raccomandazione poi del coraggio si è fatta così abituale, che si finisce con usarla anche là dove si esige a tutto rigore l'esercizio di altre virtù. Fatti coraggio! diciamo al bambino che piange per la lon cc », tananza della mamma. E si sente ripetere la stessa formula il soldato ferito, come il vecchio che si trascina dietro il bagaglio dei suoi acciacchi : Fatti coraggio! « ». Don Abbondio replicherebbe : « Il coraggio, uno non se lo può dare»; ma pochi sono capaci della sua sincerità, anche se sono legione quelli che ne ripetono le gesta. Per Io più si tenta di nascondere a se stessi e agli altri una deficienza così grave; perchè il coraggio costituisce per l'uomo, pi:ù di ogni aliro, quel titolo d'onore, che gli permette di vivere all'altezza della propria dignità. - Ma che cosa è esattamente il coraggio? E indispensabile restare insensibili per questo alla paura del terremoto? E quali sono le forme di paura che in realtà diso~ norano un uomo? 2 - Il problema è forse antico quanto l'umanità. In modo esplicito se lo pose la filosofia greca; se lo posero con nuove prospettive le prime generazioni cristiane e se lo pongono i filo sofi occidentali moderni, ribelli all'ispirazione cristiana: in che consiste la vera virtù della fortezza? Prima di riprendere in esame il problema dietro la guida di S. Tommaso d'Aquino~ è indispensabile che il lettore getti uno sguardo, se già non l'ha fatto in precedenza, sulle vicende sto riche cui è andata soggetta questa virtù nella nostra cultura occidentale. - Da tutte le parti si eleva contro il cristianesimo « una medesima accusa: l'accusa di svirilizzare l'uomo e di pa- 8 LA FORTEZZA realizzare le sue energie. E l'ace.usa di Nietzsche - "Il cristia nesimo è il risenti1nento dei deboli contro i forti" -, è l'accusa di Marx - "La religione è l'oppio del popolo" - ; e al seguito di questi due capi, nella. Germania di ieri e nella Russia di oggì, milioni di voci hanno ripetuto questa accusa, la quale di là ha veleggialo a gonfie vele su tutti i paesi del mondo. Alcuni hanno denunciato nell'umiltà cristiana "una degradazione di sè e un aUeggimnento senza. altri hanno creduto coraggio~'; di vedere nella spe1·anza cristiana il principio di una rassegna zione, la quale, insegnando a " sopportare senza mormorare I' in ferno terrestre con la prospettìva di un cosiddetto paradiso ce leste'\ fiacca nel cristiano ogni volontà di lotta, e lo rende in capace dì ogni sforzo. Dinanzi a simili rimproveri, il cristiano d'oggi, inquieto, <e si domanda talvolta se di fatto! il cristianesimo contempora 1 neo non sia diventato insipido. Tale insipidezza, presso troppi cristiani, non è forse contestabile. Ma essa non spiega tutto. Si risalga, infatti il corso della storia e si vedrà, di secolo in se 1 colo, rinnovarsi la stessa accusa. Eccola, lanciata da un Renan o da un Gambetta, nel 187i, contro l'educazione cristiana, che non può formare che "una specie u1nana rammollita, debili tata, rassegnata a subire tutte lo disgrazie come decreti della i1rovvidenza ''; eccofa nel secolo XVIII, sotto la penna dei filo 1 sofi, negli ultimi. anni del secolo XVII, sotto quella di Bayle, nel secolo XVI sotto quella di Machiavelli n {GAUTHIER R. A., La Fortezza in lni;:,iazionc Teologica, Brescia, 1955, t. III, <e li, p. 787). Ma c'è forse in tutto questo qualche cosa di originale? Non aveva. forn1ulato queste accuse il pagano Celso già nel se colo II? I Fortezza, virtù contesa. 3 - Alla radice di tutte le polemiche ci sono due concezioni dell'uOino che sono tra loro assolutamente irriducibili. Da parte del paganesimo antico e inoderno l'uomo viene concepito come del tutto autonon10, senza un rapporto diretto con un Dio per sonale: e naturalrnente da quest'essere autonomo si esige una accettazione in1passibilc del cieco destino che l'avvolge, e la determinazione intrepida nell'affrontare i mali che è possibile respingere. Da parte invece delle religioni monoteistiche, for temente ancorate alla rivelazione di un Dio personale, l'uomo si presenta inserito in un piano provvidenziale, in cui il destino dei singoli e. della collettività dipende radicalmente dal volere divino. E allora da questa creatura si esige la fortezza, sia INTRODUZIONE 9 sotto forma di accettazione filiale - non necessariamente im passibile, anzi accompagnata dalla preghiera - delle disposi zioni anche più atroci, nella certezza che Dio compie in esse un disegno d'inscrutabile benevolenza; sia sotto forma di fe deltà incrollabile al volere divino espresso dalla legge natu rale o rivelata, per il conseguimento di una felicità ultrater rena. Data l'incompatibilità assoluta delle due concezioni, era fatale che venisse lanciata. da una parte e dall'altra l'accusa di appro priazione indebita a proposito della fortezza. Ma andiamo con ordine, cercando di chiarire bene i fatti. 4 - I primi filosofi greci, nella logica della loro concezione pa gana, diedero alla fortezza il nome di &v8pd«, che noi diremmo virilità. E la virtù con la quale l'uomo dimostra di essere dav vero un uomo: E la concepirono soprattutto come fer &v~p. mezza d'animo di fronte a una bella morte, alla morte in bat taglia. Accanto a questa virtù c'è l'atteggiamento fermo dell'uomo di carattere nelle circostanze dolorose della vita, che possono compromettere altri beni, pur salvando l'esistenza. Abbiamo allora la xocp-repCoc, che le versioni medioevali delle opere aristo teliche tradurranno col termine perseverantia, e che sarebbe più giusto tradurre durezza. L'uomo però, per affermare positivamente il suo dominio sul mondo ha bisogno di espandersi in grandi propositL perseguen doli poi con energia e decisione, per far risplendere la propria superiorità. La preposta a tale orientamento degli uomi virtù~ ni meglio dotati, è la ~µeyoc.Ào4'uxt« o magnanimità. Lo stoicismo, per la sua visione pessimistica del mondo, scor ge in queste tre virtù il rifugio del filoso{ o, che si chiude in se stesso e trova la sua felicità nel dominio di sè, cioè nel do minio sulle passioni. Coraggio, durezza e magnanimità diven tano così le virtù richieste nelle continue avversità della vita, e tendono a confondersi l'una con l'altra. 5 - La sacra Bibbia ebraica ci presenta tutto un altro linguag gio, fino al punto che i Settanta non sentirono mai il bisogno di usare il termine ocv8pdoc per esprimere la fortezza. I ter mini •ajl e khoah per lo più vengono tradotti rispettivamente 3uvoc.µ.tç e lcrx.,uc;, che designano vigore e forza fisica. Così altre voci ebraiche abbastanza frequenti presentano dei significati che non coincidono con i concetti sopraricordati del coraggio, della durezza e della magnanimità. Gli agiografi quasi dimen ticano le virtù dell'uomo, ma insistono a presentarci la poten za di Dio. «La Bibbia, che si rifiutava di fare della fortezza una virtù umana, ne fa un attributo divino. A Jahweh il vigore (kh&ah), che consolida le montagne (Sai. 65, 7), solleva il mare (Giob. 10 LA FORTEZZA 26, 12) ; a Jahweh la possanza maestosa ('oz), che si manifesta nelle sue opere (Sal. 66, 3). e al quale vanno gli omaggi delle creature (Sai. 29 i; 96, 7; 59, 17); a Jahweh la forza (gebhuroh) 1 che fa tremare i suoi nemici (Is. 33, 13; Ger. 10, 6; 16, 21; Sal. 89, 11), egli infatti è il gibbor, il forte, per eccellenza, l'eroe (Is. 42, 13) » (GAUTHIER R. A., op. cit., p. 796). Nella sua bontà Dio comunica però all'uomo fragile la pro pria forza: J·ahweh di viene il ri/ugio del suo popolo, sul quale si può sempre contare. fiJ così che l'uomo acquista sicurezza (taheleth o r.;cxp(Yr;a&cx), ed è costantemente esortato all'attesa fiduciosa condita di speranza. Abbiamo così la speranza-pazien za ( 67toµov~), che sarà pienamente valorizzata nel nuovo Te stamento. Il martire stesso viene concepito come colui che te stimonia, con l'accettazione della morte, di essere portatore di una suprema speranza (C fr. SPICQ C., << ,l"7toµov~, Patientia », in umo, R. Se. Ph. Th., pp. 101 ss.). Ma la lunga attesa è anche una caratteristica della condotta di Dio verso di noi. Si presenta quindi il concetto di longani mità { µ.a.xpO'lq,uµ(oc) come sinonirno di pazienza. E la longanimità è un attributo divino, partecipato anch'esso alle creature. - Ri capitolando: i testi biblici nel greco dei Settanta offrono sostan zialmente quattro concetti riducibili alla fortezza e alle virtù connesse: auvcxµtt; {potenza), 1t<XPPlìO"lcx (sicurezza), U7t'Oµov~ {pa zienza), e (longanimità). µcxx.pa.3-uµ~oc 6 - Con tutta la buona volontà di questo mondo non è possi bile far quadrare la concezione biblica con la concezione greca in questo campo. Da una parte, un'affermazione della fortez a za e della grandezza. dell'uomo; dall'altra, una confessione del- 1a sua e lode della sola fortezza e della sola gran debolezza~ dezza di Dio. Da un lato, un'impassibilità senza speranza, con cui si salvaguarda la propria dignità di uomo; dall'altro, una sopportazione piena di speranza, con cui si testimonia la pro pria fede in Dio e il proprio a1nore per lui. Da una parte, un disprezzo del mondo che è un'esaltazione di sè; dall'altra, un disprezzo del mondo che è pure un disprezzo di sè e un'esalta zione di Dio soltanto. Da un lato, una superba rivendicazione dell'autonomia dell'uomo; dall'altro, un'umile preghiera a Dio in attesa di tutto da lui. Celso aveva ben visto, certo: l'eroe stoico, rinchiuso nella sua sofferenza, è lontano dal Cristo che piange e prega, dal inartire che chiede soccorso,, (G AUTHIER R. A., op. cit., pp. 809 s.). l'vla queste differenze non spaventarono affatto i SS. Padri, cominciando da. C1einente Alessandrino, abituati dalla loro cul tura classica a usare la terminologia dei filosofi; e persuasi dalla loro fede crist.iana di poter trovare nella sacra Scrittura l'inse gnamento di tutte le virtù. Sotto la loro penna I'ypomonè della Bibbia viene a identificarsi con la karterìa degli stoici, la ma- INTRODUZIONE 11 crothymìa si confonde con la .megal?PSY_cl~ìa. - La confusione poi raggiunge il colmo presso 1 Pad:1 .1atin.1 ~er colpa. delle tra duzioni In greco era ancora poss1b1le distinguere Il gruppo delle vi~tù descritte dai filosofi, da quello delle virtù bibliche: in latino le due serie si confondono totalmente, a cominciare dai testi tradotti della Scrittura. Fortitudo traduce sia I' andrèia dei greci che la dynamis dcl~a Bibbia. Il termine patientia sosti ·tuisce indifferentemente sia la macrotltYmìa che la megalopsy- chìa; e magnanimitas traduce anch'essa l'uno e l'altro termine greco. 7 - S. Tommaso d'Aquino si è trovato dinanzi a questa situa- zione, senza avere la possibilità di chiarire le vicende storiche subite dai testi ai quali sarebbe ricorso per la sua sintesi dot trinale. - Se la storia del pensiero si riducesse alla filologia, bisognerebbe dire che la concezione tomistica poggia sul falso, ed è insostenibile. E prima ancora bisognerebbe concedere che il paganesimo ha ragione quando accusa la religione cristiana di essersi appropriata in maniera fraudolenta, o comunque poco chiara, della virtù della fortezza. Ma per fortuna il pensiero non si riduce al linguaggio: a giudizio dell'umanità raziocinante, la filologia è solo uno strumento della filosofia e della teologia. Col materiale che la cultura della sua epoca poteva mettergli fra le mani, l'Aquinate riprese in esame gli elementi della mo rale umana e cristiana, che facevano capo alla virtù della for tezza, prestando attenzione più ai problemi che ai testi nella loro materialità. Con questo non intendiamo negare affatto una sua dipendenza dalla tradizione e dalla cultura precedente. An zi proprio perchè S. Tommaso credeva al valore di codesta tra dizione, è sommamente utile conoscere le fonti dirette alle quali ha potuto attingere. II Le fonti del trattato tomistico e i suoi luoghi paralleli. 8 - Tra le fonti pagane occupa il posto d'onore Aristotele, so prattutto per l'Etica Nicomachea. Tutti i passi che si riferisco n? alla fortezza e alle virtù annesse di perseveranza (durezza), d1 magnanimità e di magnificenza, sono citati con onore, con la premura di intenderli nel loro significato genuino, quale po teva emergere dal contesto. - Va qui ricordato che l'Etica Ni Cf!machea era stata per S. Tommaso oggetto di studio accuratis simo fin dalla giovinezza. A Colonia ne aveva compilato un com mento seguendo le lezioni di S. Alberto Magno; e nel suo sog giorno in Italia, dal 1260 al 1269, aveva steso un secondo com mento letterale, seguendo la nuova traduzione del suo confra-

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