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La Somma Teologica. La creazione. Gli angeli PDF

472 Pages·1984·29.97 MB·Italian
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S. TOMMASO D'AQUINO LA SOMMA TEOLOGICA TRADUZIONE E COMMENTO A CURA DEI DOMENICANI ITALIANI TESTO LATINO DELL'EDIZIONE LEONINA IV LA CREAZIONE .. GLI ANGELI (I, qq. 44-64) Edizioni Studio Domenicano della Provincia Domenicana Utriusque Lombardiae TUTII I DIRITII SONO RISERVATI <s; MCMLXX -Casa Editri~ Adriano Sa/ani S.p.A. © MCMLXXXIV -PDUL Edizioni Studio Domenicano Via dell'Osservanza 72 -40136 Bologna - ITALIA Con l'approvazione ecclesiastica e dell'Ordine Tipolitografia S. Francesco · Via dell'Osservanza, 88 • Bologna Stampa Marzo 1988 LA CREAZIONE (I, qq. 44 49) LA CREAZIONE (I, qq. 44-49) TRADUZIONE E NOTE dcl P. Tito S. Centi O. P. INTRODUZIONE I Le Fonti. 1 - I problemi affrontati dal Dottore Angelico nelle sei que stioni, che vengono considerate come il trattato De Creatione, sono tra i più vitali del pensiero umano. Come si spiega l'origine delle cose? C'è stato un cominciamento del mondo? E possibile pensare all'ipotesi di un mondo eterno? Come dob biamo concepire la creazione? Da che deriva la diversità delle cose, e soprattutto la diversità tra il bene e il male, ammessa l'universale causalità divina? Questi problemi si riallacciano alla questione dell'esistenza di Dio (I, q. 2). Il mondo per la sua problematicità ci ha co stretti a riconoscere l'esistenza di un primo motore, di una prima causa, di una realtà necessaria in modo assoluto, di una perfezione assoluta e di una suprema intelligenza or dinatrice (I, q. 2, a. 3). Ora si tratta di vedere in quale ma niera l'essere contingente e non mai perfettamente in atto possa dipendere dall'essere per essenza, dall'atto puro. - Il primo influsso della causa suprema sarà la partecipazione stessa del l'essere, che Dio solo possiedé in forza di se medesimo, essendo egli solo l'essere per essenza. Avremo quindi la creazione. S. Tommaso vedeva questa dipendenza causale con tanta chiarezza da non sospettare neppure che una simile idea fosse divenuta patrimonio della cultura umana soltanto attraverso i libri della rivelazione divina. Secondo lui " filosofi, come Platone, Aristotele e i loro seguaci, erano giunti alla consi derazione dell'essere nella sua universalità; perciò essi erano giunti ad ammettere una causa universale delle cose, dalla quale tutti gli esseri sono venuti all'esistenza, .come appari sce dalla testimonianza di S. Agostino [8 De Civit. Dei, c. 4). E questa sentenza trova il consenso della fede cattolica » (De Pot., q. 3, a. 5). Detti filosofi avrebbero invece negato la creazione nel tempo ; e in questo soltanto il loro pensiero sarebbe in contrasto con 8 LA CREAZIONE la rivelazione. Per questo Aristotele e Platone figurano an ch'essi tra le fonti del trattato tomistico della creazione, pur facendo delle riserve nei riguardi di Platone (cfr. 2 Sent., d. 1, q. 1, a. 1). E noto invece che il pensiero greco non si sollevò mai a tanta altezza. Nonostante questo svantaggio iniziale S. Tommaso ha sa puto affrontare, con una profondità di intuizione senza con fronti nella storia del pensiero, i problemi proposti; e risol verli in perfetta coerenza con i principii fondamentali del suo sistema. 2 - Accanto ad Aristotele il Dottore Angelico trovava i filo sofi arabi. Anch'essi "si erano sollevati alla considerazione del! 'ente in quanto ente n ; non si erano però mai sbarazzati della materia coeterna al primo principio, e dell'emanazioni smo ereditato dai greci. Anche Avicenna, che qui espressa mente viene citato dall'Aquinate, è rimasto impaniato in certi motivi del neoplatonismo (cfr. A. M. Go1cHoM, La distinction de l'essence et de l'existence d'après lbn Sina (Avicenne), Pa ris, 1937, pp. 224-244). Si era invece accostata maggiormente al pensiero cristiano la speculazione filosofica dei figli d'Israele. S. Tommaso ri corda in particolare Mosè Maimonide (2 Sent., d. 1, q. 1, a. 5). Ma le vere fonti del nostro trattato sono la Scrittura e le opere dei santi Padri. Tra questi ultimi sono particolarmente utilizzati i testi di S. Agostino e dello Pseudo-Dionigi. L'Aqui nate ha saputo apprezzare lincalcolabile ricchezza della speculazione agostiniana relativa ai problemi affrontati nelle qq. 44-49 della I Parte. Basta ricordare i motivi fondamentali di quella speculazione, per vederli riaffiorare tutti nelle soluzioni tomistiche. Contro i Manichei Agostino aveva difeso la radi cale bontà di tutto l'universo, emanazione della bontà di Dio; aveva rettificato l'esemplarismo platonico; e, dopo aver di stinto nettamente la creazione da ogni altra operazione, aveva riservato a Dio solo l'atto creativo. Inoltre, riscontrando in ogni creatura un vestigio della Trinità, e risolvendo magi stralmente il problema del male, aveva spianato la via alla sintesi tomistica su questi argomenti. Con Dionigi e con Boe zio egli forniva ali' Aquinate una interpretazione cristiana si cura del concetto di partecipazione, così essenziale per il trat tato che abbiamo preso a esaminare (cfr. FABRO C., La nozione meta'{isica di partecipazione secondo S. Tommaso d'Aquino, Milano, 1939, pp. 73-103). 3 - La dipendenza da queste fonti non toglie alla specula zione tomistica la sua impronta di originalità anche in que sto trattato. Infatti l'Aquinate mirava a un approfondimento scientifico della dottrina cristiana elaborata dai santi Padri ; perciò troviamo il suo spirito costantemente rivolto ai prin- INTRODUZIONE 9 cipii filosofici del suo sistema. Egli cerca le basi razionali di tutti gli elementi non essenzialmente soprannaturali del pen siero cristiano. Con una libertà di giudizio, che a qualcuno è sembrata una profanazione, egli stabilisce i confini tra ra gione e fede, consigliando moderazione ai maestri cristiani, che qualche volta si lasciano prendere dalla tentazione di di mostrare l'indimostrabile. L'indagine tomistica ha avuto il suo frutto più maturo nella determinazione esatta del concetto di creazione. In definitiva la cn~azione non è che una relazione reale esistente nella crea tura stessa, mentre l'atto creativo di Dio si identifica con la divina essenza. Perciò è legittima quella paradossale conclu sione: "la creatura precede la creazione stessa" (I, q. 45, a. 3, ad 3). Se i filosofi posteriori avessero meglio compreso questa dot trina, ci aHcbbero risparmiato non poche divagazioni di va lore discutibile intorno al concetto di creazione. La filosofia di Vincenzo Gioberti, p. es., è impostata in gran parte su una di queste falsific.azioni. Il filosofo del risorgimento italiano è ca duto nel trabocchetto di quello schema semplir,ista: Dio = creazione = creatura. Soltanto in questo schema la creazione è un "nesso>>, un "legame'" un "anello intermedio"• come vuole Gioberti; mentre in realtà tra Dio e il mondo esiste solo una relazione, non già un'impresa creativa. Purtroppo il filosofo piemontese non teneva conto di queste precisazioni, quando considerava quelle tre cose come termini reali (V. GIO BERTI, Introduzione allo studio della Filosofia, Capolago 1845, voi. 2, p. i93). Non parliamo poi del tentativo fatto dal Gioberti, di con vertire la creazione nel deus ex machina per risolvere l'anti nomia tra Ente ed esistente nel problema della conoscenza. Contemporaneo del Rosrnini, fu anch'egli costantemente preoccupato di dare alla facoltà intellettiva dell'uomo un oggetto, che la rendesse attuale senza dipendere dai sensi e da tutti i processi psicologici. La creazione, concepita come una proiezione cinematografica continuata, parve la soluzione ideale (op. cit., voi. 2, p. 405). Per lo stesso motivo anche Rosmini si avvicinò a questo falso concetto di creazione, e considerò gli esseri contingenti come termini, sia pure improprii, dell'essere iniziale (Teoso fia, Ed. Roma, i938, vol. i, pp. 210, 224). I due filosofi ebbero il torto di confondere l'atto creativo con l'att.o esistenziale delle cose, e di pensare a quest'ultimo come a una proiezione fisica della realtà divina. Così essi compro mettevano la trascendenza di Dio, senza afferrare il concetto esatto di creazione come. semplice relazione. L'essere, che è dato, è qualche cosa soltanto di analogico all'essere divino. 10 LA CREAZIONE Ma purtroppo il concetto di analogia non era valorizzato dai filosofi del secolo scorso, mentre esso soltanto può guidare chi vuol risolvere il problema delle origini dell'universo, senza cadere nel panteismo e nell'emanatismo. II Il cominciamento del mondo e la possibilità della creazione ab aetemo. 4 - L'indole propria dell'indagine razionale dell'Aquinate si manifesta, in tutto il suo rigore, nella spassionata disamina degli argomenti addotti a favore di un cominciamento tem porale dell'universo. La questione era tra le più appassionanti per gli studiosi del secolo XIII. Il pensiero cristiano e quello aristotelico, che in quel tempo era considerato senz'altro la scienza, parevano irriducibili su di un punto così delicato. Non esisteva infatti il minimo dubbio che nella Bibbia si parlasse di un cominciamento del mondo all'inizio del tempo; mentre Aristotele dal canto suo si era ingegnato di dimostrare inconcludenti le prove portate a favore di un cominciamento dell'universo (f De Caelo et Mundo, c. 12). Alcuni perciò con cludevano che la fede era compromessa dalla ragione; altri condannavano come assurde le dimostrazioni aristoteliche; e finalmente c'erano i difensori delle due verità, cioè gli aver roisti, i quali dicevano di non scandalizzarsi di questo contra sto, anzi vi trovavano la conferma della loro tesi. Secondo costoro poteva darsi benissimo che una cosa fosse vera se condo la fede e assurda secondo la scienza. S. Tommaso fin dai primi anni del suo insegnamento as sunse una posizione personalissima in questa polemica. Di mostrò che gli argomenti di Aristotele non erano cogenti, e che le prove dei maestri cristiani a favore del cominciamento erano anch'esse prive di quel rigore scientifico che si preten deva. Cosicchè la tesi difesa da questi ultimi rimaneva la vera, ma soltanto come dogma di fede. - Questo atteggia mento indipendente destò lo sdegno, per non dire lo scan dalo, di non pochi maestri; e il Dottore Angelico dovette di fendersi dalle accuse nell'opuscolo De aeternitate mundi con tra murmurantes (1271). Nonostante tutto egli continuò ad insegnare questa dottrina negli anni della perfetta maturità, quasi con lo stesso ardore degli anni giovanili. Nella Somma troviamo delle espressioni così forti, che ai contemporanei dovevano parere addirittura sconcertanti : " Che il mondo non sia sempre esistito si tiene soltanto per fede, e non si può provare con argomenti con-

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