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la sicilia PDF

15 Pages·2015·18.95 MB·Italian
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AIC 143 p73 Gulletta_Layout 1 17/10/12 10.46 Pagina 73 Bollettino A.I.C. nr. 143 / 2011 UN CASO DI COMUNICAZIONE NON VERBALE NELLE MAPPE ANTICHE: LA SICILIA ‘RAPPRESENTATA’ NONVERBAL COMMUNICATION IN ANCIENT MAPS: PORTRAIT OF SICILY (VEL SICILY PORTRAYED) Maria Ida P. Gulletta* Riassunto La Sicilia si rivela un ‘caso cartografico’ di particolare interesse già nella prospettiva di età antica: prospettiva in cui da un lato la rappresentazione,derivata dalle basi empi- riche del viaggio per mare, tendeva a deformare l’orientamento delle terre privilegiando i punti chiave delle rotte; dall’altro la descrizione dell’ecumene tentava di superare la visione lineare del periplo e conquistare una seconda dimensione, richiamando analogie geometrico-anatomiche a cui assimilare la forma delle terre. Loschema trigonondel- l’isola inclinata verso l’Africa – così giunto fino a Claudio Tolomeo – è il punto d’arrivo della lunga esperienza ricostruibile attraverso la tradizione geografica antica; la ‘risco- perta’ di Tolomeo all’inizio del Quattrocento è invece – come noto – il punto di par- tenza per la storia della moderna definizione cartografica. Dopo un cenno allo ‘stato dell’arte’ relativo alla cartografia storica dell’isola, si richiama l’attenzione sul microco- smo ornamentale che integra il macrocosmo cartografico, nella sua funzione non solo decorativa, ma molteplice nella tipologia del messaggio. Il mito, la storia, il paesaggio mitizzato disegnano, infatti, immagini diverse dell’isola, in un circuito di committenza e pubblico all’interno del quale l’immagine viene riutilizzata e riconosciuta, quale ele- mento di un canone costruito sull’arte della memoria: quel Dizionario delle immagini fissato nel Cinquecento ricostruendo dalle fonti classiche repertori di scene, allegorie e figure mitologiche, elaborate dalla tradizione medievale e confluite con varianti in quella rinascimentale. Una breve selezione di esempi indicherà come il cartiglio non attende solo a funzioni di ordine pratico (datante ed estetico), ma aggiunge quasi un secondo testo che orienta e precisa quello della carta. E prima che si verifichi lo iato fra arte e cartografia (fine XVIII secolo vs. metà XIX secolo) emerge a più riprese la fisionomia culturale del cartografo, che non di rado affida anche un messaggio non-detto ad un livello esegetico ‘terzo’ dell’elemento ornamentale. Abstract Since antiquity Sicily is a telling cartographic case: its ‘portrayal’ came from the empirical groundings of seafaring and rendered the island’s shape distorted by focu- * Scuola Normale Superiore di Pisa - Laboratorio di Scienze dell’Antichità, [email protected] 73 AIC 143 p73 Gulletta_Layout 1 17/10/12 10.46 Pagina 74 Nr. 143 / 2011 sing on maritime courses; analogically with geometry and anatomy, ‘description’ of the oikoumene was charged of superseding periplous’ linear perspective by seizing a second dimension. The schema trigonon – where Sicily was represented leaning to Africa – is the endpoint of the long-lasting ancient geographical tradition. On the other hand, Ptolemy’s rediscovery in the 14th century is the starting point for modern cartography. I will first recall the state of the art about historical cartography of the island and then I will focus on the ornamental microcosm, which tops off the cartographic ma- crocosm with nonverbal polysemy. Myth, history, and landscape are the background for different images of the island, commissioned both by private and public assignors. These are recognized and reused as part of a canon built on the art of memory, i.e. the Dizionario delle immagini that during the 16th century embodied a corpus of ancient scenarios, allegories, and mythologies seeping through Middle Ages into Re- naissance. I will show some meaningful samples in order to clarify how this attach- ment of complementary messages works. The cartographer, whose cultural features are remarkable up to the hiatus between arts and cartography (either end-18th c. or half-19th c.), usually makes use of nonverbal communication by ‘knickknacks’. 1. Cartografia e pittura, dalla identificazione tolemaica alla ‘separazione’ in età moderna La pertinenza dei termini greci pinaxe graphéal lessico antico dell’arte e delle mappe è un punto di partenza nel dibattito moderno sul rapporto ‘cartografia-pittura’, modi alternativi e complementari alla comunicazione verbale dell’informazione geografica, già in antico strutturata da metafore geometriche o anatomiche che consentivano di riconoscere, memorizzare, ‘vedere il mondo con gli occhi della mente’ (Prontera F.S., 1983; Woodward D., 1987; Fiorani, F., 2005; Schulz J., 2006; Cartwright W., Gartner G., Lehn A. 2009). Per l’età antica il punto d’arrivo di una prassi mai teorizzata è la definizione di Tolomeo geographia mimesis esti dia grafes..., definizione che pervade i secoli della cartografia e a lungo domina la sua duplice forma di comunicazione. Culmine della costante per l’età moderna è la produzione artistica fiamminga, ma non solo; icona ne è, indubbiamente, uno dei molti ‘quadri nel qua- dro’ a soggetto geografico rappresentati da J. Vermeer, l’atelierallegorico della Pittura. Soggetti: *l’arti- sta-cartografo, *la sua modella nella iconografia di Clio, Musa della Storia, *sulla parete la grande carta dei Paesi Bassi di Claes Jansz Visscher che definisce, attraverso gli attributi delle allegorie in cartiglio, il legame riconosciuto tra due forme di rappresentazione: la terra misurata dal compasso, la terra disegnata dal pennello. (Nova) Descriptio– parola inserita da Vermeer nella cornice della mappa che ‘illustra’ geograficamente la storica divisione delle 17 province dopo i trattati di Westfalia (1648) – contiene tutto il percorso di una forma di comunicazione e l’ambiguità del suo lessico, nata dalla duplice semantica del greco grapho (ArasseD., 2006). (Figg. 1-2) Tra Tolomeo e gli esiti rinascimentali della sua lettura, l’arte delle mappe vive il momento tardo- antico e medievale (Kline N.R., 2001; Talbert R.J.A., Unger R.W., 2008): spesso deformante il primo, per ragioni pratiche, legate anche alla funzione della mappa come supporto itinerario; e deformante il secondo per motivi ideologici, entro i quali l’esigenza di diffondere cultura enciclopedica e messaggio religioso non esita a sovrapporsi ad ogni realtà scientifica; fatto salvo un corpusdi testimonianze com- prese tra l’età carolingia e il XIV secolo, che P. Gauthier Dalché ritiene efficaci, precise e complete nella rappresentazione del territorio a fini militari e amministrativi (Gauthier Dalché P., 2007-2008). Ma in entrambi i casi, epoca tardoantica e medievale, la comunicazione si avvale – anche e soprattutto – del supporto pittorico: vignette, simboli e mostri, piante e animali e un ricchissimo repertorio di iconografia sacra sono strumenti di un messaggio che orienta la fruizione della mappa verso fini altrida quello stret- 74 AIC 143 p73 Gulletta_Layout 1 17/10/12 10.46 Pagina 75 MARIA IDA P. GULLETTA Fig. 1 – Fig. 1. Johannes Vermeer, Allegoria della Pittura,1666- 1667. Particolare (da WOODWARD1987, p. 54, fig. 2.5) Fig. 2 –Johannes Vermeer, Allegoria della Pittura, 1666-1667. Particolare (da WOODWARD1987, p. 55, fig. 2.6) tamente cartografico. Controaltare di questa ‘deformazione finalizzata’ è senz’altro la cartografia nautica (XIII-XVI secolo): libera da ogni vincolo mitologico e cristologico, dal Medioevo eredita invece il culto per la miniatura e il colore, mentre la conoscenza empirico-documentaria risponde ai fini di una sicura navigazione. Risultato è un prodotto di alto valore artistico, e non solo, nella cartografia pre-scientifica; il suo legame privilegiato con rotte mediterranee, lo pone per E. Casey sullo stesso piano della chorographia – secondo la distinzione tolemaica fra l’insieme e le sue parti e il rapporto stringente delle seconde con la pittura – ma in una prospettiva amplificata: l’immagine della carta per navigare imprime nella mente la descrizione verbale del portolano che accompagna, fissando e ampliando il suo raggio di comunicazione (CaseyE., 2002). Vedremo più avanti che l’interpretazione di chorographiatolemaica come ‘carta regio- nale’, consolidata nella letteratura moderna, è rimasta ancorata al dibattito cinquecentesco, senza tener conto di quanto il lessico della cartografia antica riveli, anche in merito alle ‘categorie’ di Tolomeo. Il declino delle carte nautiche coincide con la fioritura della stampa e della cartografia moderna che – dopo la riscoperta del Geografo – aveva rimesso in discussione la visione medievale del mondo. I manoscritti tolemaici tradotti a Firenze nel Quattrocento non posero solo un problema di filologia ma- tematica: in parallelo correva appunto il dibattito lessicale su come intendere – da Tolomeo – l’insieme delle terre, la loro particolarità regionale, la compresenza di cartografo e pittore nel medesimo artigiano. Già nel 1482 la traduzione in versi e in volgare curata da Francesco Berlinghieri – proponendo come definitivo il titolo originale greco (Geographia) – ne aveva ampliato l’interpretazione dal senso di ecumene misurato a quello di ecumene descritto, con l’inserimento di mappe in cui per la prima volta carta e or- namento trasmettevano ogni genere di conoscenza identificativa dei luoghi rappresentati: etnografica, 75 AIC 143 p73 Gulletta_Layout 1 17/10/12 10.46 Pagina 76 Nr. 143 / 2011 faunistica, produttiva, storica, mitologica. Anticipazione pragmatica di quanto – nel dibattito teorico cin- quecentesco sulla duplicazione dei concetti racchiusi in ognuno dei due termini tolemaici (cosmo- graphia/geographia vs. chorographia/topographia) – sarà proposto da Girolamo Ruscelli (1561): la necessità, cioè, di un secondo modello, il geografo greco Strabone, conoscitore di storie e popoli, per affiancare i dati matematici di Tolomeo e rendere così in pieno la rappresentazione dei luoghi (Fiorani F., 2005). Nel frattempo la corte aragonese aveva già realizzato quella perfetta sintesi fra scienza e di- segno mimetico che segnerà sino alla fine del XVIII secolo le linee guida della scuola cartografica napo- letana (Valerio V., 1993). Strettamente legata all’esibizione del potere e alla conoscenza, la cartografia del Cinque e Seicento vanta finalità pratiche nel filtro della fruizione estetica, una nobile commitenza – sull’esempio inaugurato dalla corte papale nel secolo precedente –, una collaborazione intercambiabile fra cartografo e pittore (BuisseretD., 2004; Woodward D., Lewis G.M., 2007). Il Medioevo funge soprattutto come veicolo di esperienza nella commistione tecnica, che preferisce attingere al patrimonio di fonti classiche per ela- borare un suo repertorio di immagini; a queste affida il messaggio evocativo, in un gioco di specchi in cui la mappa descrive lo spazio rappresentato, l’ornamento ne dilata la descrizione nel tempo e diventa esso stesso elemento di linguaggio cartografico. Bestiari, erbari, iconografie esotiche introdotte dalle carte nautiche, allegorie di continenti di radici tre e quattrocentesche, stampe diffuse dai Paesi Bassi, va- scelli richiamanti esplorazioni e guerre (Chisesi I., 2000; Mangani C., 2004): sono elementi tutti di un lessico che, anche grazie ad una rigidità dovuta alla circolazione di canoni di immagini, stimola memoria di eventi e luoghi con opportuna variatiodel modello imitato, a volte semplicemente plagiato per antiche rivalità. La cultura mnemotecnica degli ‘emblemi’ e l’organizzazione logica del sapere, unite al gusto ico- nografico della fruizione, penetrano l’idea di rappresentazione geografica di eventi (mitici e storici) e amplificano attraverso le immagini quanto la carta non è in grado di comunicare (Barocchi P., Bolzoni L., 1997; Bolzoni L., Volterrani S., 2008). Ancora in pieno XVIII secolo, dopo il sorgere di Accademie per Ingegneri-Artisti, la trattatistica rac- comanda l’inserimento di ‘emblemi’ e allegorie a complemento della carta e ai fini della riconoscibilità Fig. 3 – Particolare dal foglio d’insieme della Carta Corographica della provincia dell’Umbria ... , Perugia 1863 (da VALENTI, VALERIO2010, p. 127) Fig. 4 –J. Hoefnager, Allegoria dell’Hermathena, Anversa 1593, dedicata al Theatrum Orbis Terrarum di A. Ortelius, 1570 (da MANGANI1998, fig. 88) 76 AIC 143 p73 Gulletta_Layout 1 17/10/12 10.46 Pagina 77 MARIA IDA P. GULLETTA dei luoghi, ricorrendo eventualmente ad una moltiplicazione dei cartigli che ne strutturi il livello esegetico, dall’omaggio alla committenza fino al richiamo evocativo e alla legenda (de Dainville F., 2002). Senza escludere quelli che la letteratura definisce gli ‘ornamenti intellettuali’: astrolabi, quadranti, macchine equatoriali, strumenti di misurazione e scale metriche – ora attributo dei ‘putti’, come nuova allegoria della Scienza – assumono un ruolo protagonista nel momento in cui l’avvento del controllo militare sulle carte segna il declino della committenza dei sovrani. Si tende oggi – per l’Italia in particolare – a di- luire lo iato fra le due forme di rappresentazione, destinate a convivere almeno fino alla metà del XIX secolo, pur nella straordinaria modifica di linguaggio e strumenti (e a parte la tipologia a sé stante delle carte ottocentesche zoomorfe e antropomorfe e l’immediatezza del loro messaggio politico, volto ad un pubblico che ha perso la capacità culturale di cogliere sfumature allegoriche): i manuali da disegno destinati alle Accademie di Belle Arti, così come alle scuole di topografia, sono il riconoscimento di un legame congenito che, anche dopo la disintegrazione professionale del ‘Cosmografo del Re’, sopravvive attraverso la schiera di litografi, incisori, vedutisti e disegnatori coordinati da Ingegneri Militari (Valerio V., 2003). Ancora nel 1863 la Carta Topografica dell’Umbria– realizzata da Cesare Sacchetti su un originale austriaco (1851) accuratissimo nelle misurazioni astronomiche e trigonometriche – non tralascia, come formula allegorica del foglio d’insieme, gli strumenti più indicativi dell’arte della pittura, tavolozza e pen- nello. Inevitabile il confronto con il disegno che Joris Hoefnagel (1593, Allegoria dell’Hermathena) dedica a A. Ortelius, nel pieno della cultura cinquecentesca del theatrum: l’orbis terrarumdescritto dalle carte, rappresentato dai pennelli, simbolicamente ‘collezionato’ e legato nel primo atlante. (Figg. 3-4) 2. Il tema cartografia-pittura nella cartografia storica della Sicilia 2.1 Stato dell’arte Uno sguardo alla letteratura sulla cartografia storica della Sicilia rivela che, nonostante la particolarità e la varietà di prospettiva con le quali l’isola è stata oggetto di studio nella geografia antica e moderna (Prontera F.S., 2009), la valorizzazione della sua presenza all’interno del vasto tema cartografia-pittura è piuttosto recente (Gulletta M.I., 2009). Ma recente, del resto, è l’attenzione puntuale agli apparati decorativi nella cartografia italiana dal ‘400 all’ ‘800 cui è stato dedicato lo scorso anno un primo semi- nario di studi dall’Associazione ‘R. Almagià’ (Valenti P., ValerioV., 2010). Come hanno ormai ben deli- neato, dopo Liliane Dufour, i molti specialisti dell’immagine della Sicilia e i cataloghi illustrativi di mostre ed esposizioni, lo stato dell’arte spazia entro un ventaglio molto ampio di tematiche: prima fra tutte – e ovviamente legata a studi di storia antica su la Sicilia nei geografi greci e romani– la questione dell’o- rientamento ‘tolemaico’ che aprì con Michele Amari nel 1859 gli anni in cui sarebbero state esaminate le radici del cosiddetto ‘incubo classico’ (SantagatiL.,2004): vale a dire il permanere di una rappresen- tazione distorta, ereditata da un antichissimo errore di informazioni nautiche recepito e rielaborato dalle fonti storiche; rappresentazione destinata come è noto a durare ben oltre la riscoperta dei manoscritti tolemaici. La riflessione sulla correzione cartografica ha dato spazio, inevitabilmente, al ruolo delle officine nautiche messinesi e alla vicenda personale di artigiani catalani e maiorchini all’interno della più ampia vicenda spagnola nel contesto siciliano ed europeo. Altro capitolo – nella dinamica dei momenti chiave dell’evoluzione cartografica da Idrisi a Giacomo Gastaldi, fin oltre gli epigoni di Samuel von Schmettau – ha visto protagonista il singolo artefice della mappa, la sua formazione, i modelli, il contesto: e ha fatto emergere il ruolo fondamentale della cultura locale (matematica e antiquaria), nell’affiancare la realizza- zione di un prodotto che non sempre ne reca memoria immediata. Il tematismo ha occupato dal canto suo una grossa fetta nella letteratura recente sulla cartografia dell’isola, di volta in volta legata al controllo del territorio, alla definizione di trame urbane, a momenti storici che attraverso la rappresentazione di battaglie legittimano la committenza e il suo potere; non ultima la finalità di nuove pianificazioni territoriali 77 AIC 143 p73 Gulletta_Layout 1 17/10/12 10.46 Pagina 78 Nr. 143 / 2011 a scopo sanitario o urbanistico, richiesto quest’ultimo dalle modifiche dovute alle spaventose eruzioni ed agli eventi sismici che più volte sconvolsero la fisionomia di parti dell’isola. La Sicilia sacradegli ordini religiosi, la riscoperta della Sicilia antiquanelle mappe di Ortelius, Cluverius e Delisle ricostruite su fonti classiche, l’isola segreta dei ‘Cosmografi Regi’ prima e degli ingegneri militari poi: sono tutti momenti fondamentali di una attenzione a lungo volta essenzialmente alla carta, al cartografo, al messaggio im- mediato (Gulletta M.I., 2009). Almeno fino agli anni Novanta, quando la letteratura sulla Sicilia delle cittàe il valore politico di una iconografia autocelebrativa emergente da riquadri planimetrici esterni alla mappa ha posto l’accento sul- l’altro possibile modo di leggere la mappa stessa (DufourL., 1992). Il capitolo dedicato alla riflessione sull’ornamento, come elemento di linguaggio cartografico, comprende da questo momento anche la Sicilia, non solo come indicazione metodologica per la rivalutazione dell’elemento iconografico in mappe storiche e catastali (Ioli Gigante A., Dufour L., Polto C., 1999; Caruso E., NobiliA., 2001; MilitelloP., 2004; Polto C., 2006), ma anche come applicazione pratica di un modello di lettura che ad oggi vanta i due più significativi esempi dell’isola e del suo immaginario: il Vulcano della raccolta Imago Aetnae(Ric- cobono F., Tempio A., 2005) e lo Stretto nella sua rappresentazione iconografica a partire dal XV secolo (Berdar A., Riccobono F., 1999; Nostro C., Sorrenti M.T., 1999). A cui si unisce, nell’ambito di studi condotti dalla scuola messinese, l’attenzione al fitto apparato illustrativo e alla peculiarità di tematismo nella Sicilia dei Frati Minori Cappuccini(Polto C., 2001): la più antica raccolta di carte tematiche a noi giunta, il manoscritto di Fra Silvestro da Panicale (1632), sottolinea – con forti reminescenze di iconografia cinquecentesca – la volontà di «dare più gusto a chi osserva», dichiarata dal frate (cartografo e pittore) nell’Avviso che accompagna le tavole delle tre province (Messina, Palermo e Siracusa). 2.2 Evoluzione cronologica Il corpusdella collezione A. La Gumina, che raccoglie mappe in cui la Sicilia è rappresentata come ele- mento autonomo – vale a dire sganciato dal Regno di Napoli o dall’Italia unita – permette di scandire non solo l’evoluzione dell’immagine, ma anche la scelta dell’apparato illustrativo come elemento di lin- guaggio cartografico caratterizzante le diverse epoche (Dufour L., A. La Gumina, 1998). L’Occidente medievale risponde a esigenze moralizzanti che utilizzano, nel caso specifico, la centralità mediterranea dell’isola per iscrivere nel cerchio delle mappae mundil’intera opera di Dio architetto, in una prospettiva centrifuga che, ad esempio, il mappamondo di Ebstorf (XIII secolo) offre partendo dalla Sicilia cuoriforme sino ai confini esotici del mondo unificato dal Cristo; il XV e XVI secolo vedono, invece, protagonista il mare e il suo duplice ruolo: itinerario, all’interno della cartografia nautica popolata da imbarcazioni e simboli eolici legati all’esperienza della navigazione, sino all’introduzione della rosa dei venti (XVII secolo) che stabilirà l’orientamento delle carte; mitostorico nelle carte di derivazione tolemaica e non, dove la rappresentazione di vascelli richiama la fase delle prime esplorazioni, mentre il mostruoso marino perde ogni connotazione moralizzante dei Bestiari medievali per evocare, nel mito e nella storia antica dell’isola, la pericolosità del suo mare raccontata dalle fonti classiche. Il recupero della mitologia pagana per rendere il nuovo e dinamico concetto di natura, che il XVII secolo libera dall’enciclopedismo medievale, ha un facile gioco nel trasmettere (oltre la carta) l’isola degli dei – con il suo immaginario allegorico legato a prodotti del mare e della terra – e l’isola del fuoco – nel duplice rapporto con il Vulcano, costante iconografica anche dopo la spaventosa eruzione del 1669. Il Settecento diluisce la presenza di allegorie mitologiche, privilegiando quelle evocative della guerra e affidando la controparte illustrativa della carta all’iconografia di prodotti, strumenti campestri, elementi paesaggistici e rovine archeologiche, in un intento descrittivo che trova il suo parallelo nell’e- sperienza del Gran Toure il suo culmine nei 26 cartigli con i quali Giovan Gattista Ghisi, incisore e 78 AIC 143 p73 Gulletta_Layout 1 17/10/12 10.46 Pagina 79 MARIA IDA P. GULLETTA Fig. 5 – Sicilia ritratta da più celebri scrittori antichi e moderni, dalle più recenti osservazioni intorno alle città,castelli, monti, fiumi porti, promontori […] curiosità della natura e dell’arte […], di G.B. Ghisi, Roma 1779 (da DUFOUR,LAGU- MINA1998, p. 229) Fig. 6 –Le peregrinazioni di Adamo(dal Parergon), A. Ortelius, Anversa 1579 (da MANGANI1998, fig. 47) artista (1779), presenta a Caterina II di Russia l’isola borbonica, in una piena tradizione fiamminga: esat- tamente 200 anni prima A. Ortelius illustrava le Peregrinazioni di Adamo(nel Parergon, 1579), ampliando la descrizione cartografica dei luoghi sacri con il racconto degli eventi in 22 cartigli circolari. (Figg. 5-6) Il XIX secolo vede lentamente esaurirsi l’utilizzo di apparati iconografici come ampliamento del lin- guaggio cartografico, senza per questo segnare un netto iato nel dialogo pittura-cartografia: riferimenti paesaggistici a natura e rovine archeologiche sono ancora presenti nelle carte dell’Offico Topografico di Palermo (1810); così le tavole tematiche realizzate dall’ Officio Topografico di Napoli (1817, 1823) con attenzione mimetica ad aspetti particolari del territorio, come ancora l’eredità iconografica accolta da mappe catastali (Archivio Mortillaro di Villarena,1837-1853), confermano – anche per la Sicilia e ben oltre la metà del ‘700 – un legame ancora evidente fra le due forme di rappresentazione. Non è un caso la presenza del triskelescome cartiglio unico e ben significativo, per lontante radici mitiche e figu- rative, in rappresentazioni cartografiche collocabili per buona parte nel XIX secolo. 2.3 Casi di studio Il triskeles, oggetto di dibattito nella letteratura archeologica in merito all’epoca della sua associazione con la forma dell’isola, è senz’altro la più antica e nota allegoria evocativa del triangolo; meno nota e indub- biamente non evocativa di una forma geografica ma dell’idea di isola come forma in sé conclusa e quindi ricondotta a forma geometrica essenziale, è la Sicilia rotonda– assimilata a Creta, Cipro e tre isole del- l’Oceano Indiano – in una mappa circolare orientata a Sud e definita del tipo «Balkhi School» (dal geografo arabo morto nel 934 d.C.), pervenuta in un corpusallegato ad un manoscritto islamico (compilato nel tardo XI secolo e ricopiato nel XIII), acquistato nel 2002 dalla Biblioteca Bodleiana di Oxford (Jones J., Sa- vage-Smith E., 2003). Esula da questo contributo, ma va indubbiamente ricordato che esiste il problema della presenza/assenza della Sicilia nella cartografia araba altrarispetto a Idrisi e a quel particolare sovradi- mensionamento dell’isola richiesto dalla corte Normanna a Palermo (Trimarchi R., Torre S.,2006). (Fig.7) Altrettanto surreale è la Sicilia quadrata della mappa mundidi Albi, VIII secolo d.C., la più antica mappa dell’Occidente latino a noi giunta, riflesso del più generale contesto di interessi geografici della corte carolingia: classificabile secondo la tipologia delle piante «del Beatus», quindi rettangolare e orientata 79 AIC 143 p73 Gulletta_Layout 1 17/10/12 10.46 Pagina 80 Nr. 143 / 2011 Fig. 7 – Mappa del mondo circolare, del tipo ‘Balkhi School’, da un corpus allegato ad un manoscritto islamico di contenuto geografico: copia di XIII secolo (da TALBERTR.J.A., UNGERR.W., 2008, Pl. V) ad Est come sede ideale del Paradiso terrestre, la pergamena rappresenta l’ecumene a ferro di cavallo, circondato dall’Oceano e a sua volta inglobante il Mediterraneo come spazio fluido centrale. Nelle ma- croscopiche incongruenze della mappa (la Sardegna a N della Corsica, Creta a N di Cipro), la forma dell’isola è forse la più facilmente interpretabile, sia nel retaggio classico di una Sicilia aperta verso le tre principali rotte di navigazione, Africa, Grecia e Italia alle quali sembra aggiungersi una quarta verso l’ignoto, oltre le Colonne d’Ercole; sia come anticipazione delle rappresentazioni tardomedievali in cui la storica centralità mediterranea raggiunge il culmine nell’isola a forma di cuore del mappamondo di Ebstorf (XIII secolo), di cui si sono già accennate le finalità illustrative e teologiche. Nessun confronto, natural- mente, con le proiezioni cordiformi inaugurate alla fine del ‘400 sotto la spinta di interessi ermetici e cabalistici contingenti, ma forse retaggio di analoghe e antiche radici culturali, in cui la struttura del corpo umano era intesa come riproduzione su diversa scala del macrocosmo universale. (Figg. 8-9) 80 AIC 143 p73 Gulletta_Layout 1 17/10/12 10.46 Pagina 81 MARIA IDA P. GULLETTA Fig. 8 – Particolare dalla Mappa Mundi di Albi, Ville d’Albi, Médiathèque Pierre Amalric, Ms. 29, c. 57v (pergamena, VIII sec. d.C.) (da SETTIS, GALLAZZI2006, p. 211) Fig. 9 – Mappamondo di Ebstorf. Particolare (da DUFOUR,LAGUMINA1998, p. 25) Il riferimento alla navigazione, solo ipotetico nell’esempio della mappa di Albi, si fa concreto nella Si- cilia realizzata da Sebastian Münster per la sua prima edizione latina della Geographiadi Tolomeo (Basilea 1540): di Münster è ben noto il culto per i testi antichi e trattati enciclopedici e la funzione mnemonica svolta dalla geografia in relazione alla storia di eventi. Nella sua rappresentazione ‘tolemaica’ dell’isola, alla prospettiva peninsulare e africana di immediata percezione visiva si aggiunge a destra una didascalia Parallelus per Rhodum, che suggerisce la terza rotta e l’immagine della Grecia fuori dal campo visivo con evidente richiamo non al diagramma fissato dal geografo messinese Dicearco (IV a.C.) fra le Colonne d’Eracle e l’Egeo, passando per lo Stretto, ma la correzione suggerita due secoli dopo da Ipparco che sposta il diagramma a Sud lungo la costa ionica. Mentre la scena di battaglia navale aggiunta a sinistra da Münster si colloca opportunamente fra Cartagine e le Egadi, nel rappresentare – anche attraverso il richiamo figurativo ai ‘corvi’ della marineria romana descritti dallo storico Polibio (II a.C.) – il Bellum Punicumil cui esito nel 241 a.C. modificò le sorti geo- politiche dell’isola passata al controllo romano. (Fig. 10). Geografia e Storia, quindi: l’antico binomio, canonizzato da Ortelius nel frontespizio del Parergon (1573) e che troverà spazio nella trattatistica del secolo successivo (Mangani G., 1998), inserisce nel linguaggio cartografico delle immagini anche una iconografia della Sicilia inconsueta, perché legata a de- terminati eventi. Nel ‘600 – sull’onda trecentesca di carte antropomorfe (Opicino de Magistris, metà XIV secolo) e quattrocentesca di allegorie femminili rappresentanti i continenti (manoscritto napoletano di Tolomeo, stampato da B. Silvano, 1490: Aujac G., 1999-2000), a cui già si era ispirato A. Ortelius per il frontespizio del suo Theatrum(1570) – aveva avuto molta fortuna la personificazione demetriaca della Sicilia sul modello tratto da quel famoso ‘canone di immagini’ che fu l’Iconologia Cesare Ripa: ripreso quasi esattamentenella donna su tripode con attributi di spiga, melograno e caduceo dalla scuola fiamminga, e giunto con la variante della posizione eretta fino alla Sicilia di Agatino Daidone. (Figg. 11-12) 81 AIC 143 p73 Gulletta_Layout 1 17/10/12 10.46 Pagina 82 Nr. 143 / 2011 Fig. 10 – Tabula Europae VII, nella edizione latina di Tolomeo, curata da S. Münster, Basilea 1540 (da DUFOUR,LAGUMINA 1998, p. 53) Fra le molte immagini dell’isola rigogliosa emerge, però, nella sua rarità il tipo iconografico della Sicilia straziata: i tragici giorni del gennaio 1693, le città distrutte dal sisma e quelle inondate dal mare, trovano una evidente richiamo nelle figure dolenti e nelle rovine semisommerse che presentano la Tabula Infelicis Regni Siciliaedi Johan Homann, stampata per i tipi di D. Funke a Norimberga. L’iconografia di donna turrita e straziata è molto simile alla Sicilia afflictacon in mano il triskeles, circondata da corone di città distrutte e affiancata da una vanga abbandonata nel tipo monetale di un conio emesso per l’occasione e commemorativo di un episodio fra i più disastrosi, dopo l’eruzione del 1669; buona parte della lette- ratura sulla cartografia dell’isola lo dimostra, per aver affrontato in maniera specifica il tema delle città coinvolte e della loro immagine, prima e dopo la ricostruzione. Il tipo iconografico si distingue fra le molte immagini dell’isola rigogliosa, ma non rimane unico: inquietante e particolarissima è l’immagine del corpo di una donna morente, con il ventre gonfio e gli arti emaciati, con accanto una figura infantile che sembra vegliarla o richiamarla in vita: Antonio Zatta, maestro veneziano autore della carta, lavorava in un contesto innovativo e tendente a riscattare i cartigli dalle allegorie rinascimentali, introducendo elementi di realismo e curiosità etnografiche. La sua Sicilia, divisa in valli e fortemente ispirata al modello ‘Delisle’, sembrerebbe rappresentare l’isola funestata dalle crisi demografiche settecentesche: il cartiglio 82

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La Sicilia si rivela un 'caso cartografico' di particolare interesse già nella . antico e medievale (Kline N.R., 2001; Talbert R.J.A., Unger R.W., 2008):
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