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La rivoluzione russa PDF

531 Pages·1973·13.143 MB·Italian
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TESTIMONIANZE STORICHE Gérard Walter LA RIVOLUZIONE RUSSA Un conservatorismo ottuso aveva mante­ nuto la Russia in uno stato di assoluta im­ mobilità, quando in Europa il progresso economico e sociale era ormai da tempo in atto. Inetto e autoritario, questo conserva­ torismo si autodistruggeva cercando di sof­ focare qualsiasi voce di protesta, mentre non riusciva a impedire il successo e l’in- flusso di una letteratura vigorosa che a co­ minciare da Gogol aveva messo a nudo il tormento e l’oppressione del popolo russo su temi che riapparvero nelle opere di Do­ stoevskij, di Tolstoj, di Herzen, di Salty- kov-Ščedrin, di Korolenko, dello stesso Ce- chov, assetato di impegno sociale, e di Gor- kij, pieno di impeti di rivolta, per ricorda­ re soltanto i più famosi. Tutto poteva accadere in Russia, ma po­ chi si aspettavano che la rivoluzione pro­ letaria trovasse proprio lì la sua culla e la sua ideologia. I teorici della rivoluzione contavano comunque più su una base ope­ raia che contadina. La Russia smentì que­ sta tesi e in duèTnomenti, con la rivoluzio­ ne di febbraio e quella di ottobre, costituì il primo Stato Socialista. Si è scritto molto su questo evento e molto si scriverà ancora. Gérard Walter in que­ sto volume fa un’analisi essenziale degli avvenimenti, riferendo testimonianze di al­ tissimo valore, su documenti inoppugna­ bili, dando vita a un’opera che per rigoro­ sità e obiettività di indagine va con pieno merito a collocarsi tra gli studi di maggio­ re importanza dedicati al più grande even­ to storico-sociale del nostro secolo. In sovraccoperta: Lenin, ottobre 1917, di VA. Serov (foto IGDA). . TESTIMONIANZE STORICHE a cura di Gérard Walter LA RIVOLUZIONE RUSSA di GÉRARD WALTER testi di LENIN - SUKHANOV - KERENSKI - BRUSILOV TROTZKI - STALIN e Gli Atti della Rivoluzione ÜÜ D'AGOSTINI Questo ebook è stato realizzato e condiviso per celebrare il Centenario della Rivoluzione russa 1917-2017 INTRODUZIONE LA CLASSE OPERAIA RUSSA ALLA VIGILIA DELLA RIVOLUZIONE * Dopo aver soffocato la rivoluzione del 1905, ce­ dendo alle incalzanti insistenze della Francia il go­ verno zarista s’era messo a rafforzare in fretta il suo armamento che, dopo la trista campagna di Manciuria, si trovava in uno stato davvero deplorevole. Le im­ prese che lavoravano per le necessità belliche furono subissate d’ordinazioni. Poiché quelle esistenti non potevano farvi fronte, ne nacquero delle nuove in numero considerevole. La maggior parte di queste andarono a impiantarsi in un sobborgo di Pietro- grado, quello di Vyborg. Urgente era il bisogno di operai qualificati; i nuovi stabilimenti li attiravano offrendo salari piu elevati, sicché rapidissimamente il meglio della classe operaia si trovò riunito nel sob­ borgo di Vyborg. Ma la mancanza d’organizzazione professionale si faceva ancora fortemente sentire. Le condizioni di lavoro variavano da uno stabilimento all’altro, talvolta da un’officina all’altra, e dipendevano dal beneplacito dei padroni. Gli impianti e le attrez- * Le date citate nel corso della presente introduzione (e ove ricor­ dato) si riferiscono al calendario ortodosso. Tra parentesi il lettore troverà a volte indicata la data corrispondente del calendario europeo il cui uso è stato introdótto in Russia dopo la rivoluzione d’ottobre (8 febbraio 1918). 7 LA RIVOLUZIONE RUSSA zature continuavano a essere quanto mai rudimentali. Non c’erano montacarichi, non c’erano carrelli: squa­ dre d’uomini di fatica, assunti a un salario irrisorio (da dieci a tredici copechi all’ora), ne facevano le veci. Le fabbriche rigurgitavano di questi contadini incolti che avevano lasciato i loro campi per diventare delle specie di bestie da soma negli stabilimenti della ca­ pitale. Tutta questa oscura moltitudine di gente, in­ capace di difendere i propri interessi economici, si lasciava docilmente imporre vessazioni. Il movimento sindacale era soltanto ai suoi inizi. Allora esistevano a Pietrogrado una ventina di sindacati. Quello della metallurgia era il più importante: contava diecimila aderenti per sessantanovemila operai che esercitavano questa professione. Il sindacato del tessile ne riuniva soltanto mille sui quarantottomila addetti a tale in­ dustria. D’altronde, la maggior parte degli operai aderenti al sindacato d’altro non s’interessavano se non delle questioni puramente economiche; i proble­ mi politici li lasciavano indifferenti. Nelle prime settimane della guerra, una forte cor­ rente patriottica s’era manifestata nelle fabbriche. Ciò si tradusse in un’epidemia di « spionismo » acuto : si vedevano dappertutto Tedeschi e i loro agenti, e tutto veniva messo in opera per scovarli. Pur d’ot­ tenere il licenziamento d’un ingegnere o d’un capo­ squadra dal cognome tedesco (caso molto frequente in quella città vicina al Baltico), gli operai non esita­ vano a mettersi in sciopero. I « disfattisti » trovavano difficilmente uditorio; in molte imprese erano denun­ ziati dai loro stessi compagni. Una svolta si delineò nell’agosto del 1915 sotto il colpo della sconfitta e a causa del sempre crescente QUADRO GENERALE costo della vita. Prima della guerra, un operaio medio, col suo salario arrivava a nutrirsi come si conviene; e cosi nel campo del vestiario come per il resto (co­ modità, igiene, ecc.), egli si mostrava in genere quanto piu possibile poco esigente, apparendogli la sua con­ dizione materiale, nella maggioranza dei casi, del tutto soddisfacente. Ora le cose andavano in modo comple­ tamente diverso. È vero che guadagnava due, spesso tre volte di più rispetto a prima della guerra, ma i prezzi erano saliti piu rapidamente del suo salario e i suoi conti non tornavano. E poi le difficoltà di pro­ curarsi i prodotti di prima necessità diventavano sem­ pre piu opprimenti. Prima egli non vi pensava affatto: le botteghe erano piene di merci d’ogni genere. Ora tutto era diventato un problema: quand’anche si fosse riusciti a trovarne quel giorno, non era per nulla certo che ve ne sarebbero stati i giorni seguenti. L’uomo viveva nella completa incertezza del domani, e ne ri­ sentiva il suo stato d’animo. Costretto, per far qua­ drare alla meno peggio il suo bilancio, a effettuare ore straordinarie in notevole quantità (la giornata normale di lavoro era di dieci ore), egli rincasava inasprito, stanco. Sua moglie che, nella maggioranza dei casi, lavorava anch’ella fuori (appunto dall’inizio della guerra si vide in Russia l’impiego sempre piu ragguardevole della mano d’opera femminile), non aveva piu il tempo di dedicare grandi cure alla sua casa. In questa era freddo, dato che la legna per il riscaldamento era diventata introvabile o si vendeva a prezzi esorbitanti. Il clima umido e malsano di Pietrogrado contribuiva a indebolire l’organismo del­ l’operaio, ch’era spesso ammalato. Donde l’interesse ch’egli rivolgeva ai problemi delle assicurazioni ope- O LA RIVOLUZIONE RUSSA raie e la sua attiva partecipazione alla gestione delle casse di malattia che funzionavano in ogni fabbrica. In questo campo gli operai avevano potuto ottenere una certa autonomia (e una speciale rivista di que­ stioni d’assicurazioni era stata autorizzata a essere pub­ blicata principiando dall’ottobre del 1913) che dei bolscevichi camuffati cercavano d’utilizzare per le necessità della loro propaganda, pur avendo l’aria di trattare argomenti esclusivamente tecnici. Il problema dell’alloggio era anch’esso oggetto di gravi pensieri. Non si trovava piu modo d’alloggiare in prossimità della fabbrica o in genere di trovare sistemazione. Si era costretti ad andare a sistemarsi alla estremità opposta della città oppure alla periferia. Ora, i trasporti erano costosi e la loro tariffa non smetteva d’aumentare, motivo, questo, di perenni re­ criminazioni per i lavoratori. Si aggiunga la costante inquietudine che li rodeva quanto alla loro propria sorte: essi erano tutti, o quasi, soggetti alla mobili­ tazione. A richiesta dei padroni, ansiosi di conservare una mano d’opera qualificata, le autorità militari ave­ vano concesso loro dei rinvìi rinnovabili a piacere dell’amministrazione. Ogni volta, arrivando in fabbri­ ca, gli operai s’aspettavano d’apprendere che li avreb­ bero mandati al fronte, cosa che paventavano piu di ogni altra. Le voci piu fantasiose che correvano al riguardo trovavano agevolmente credito presso di essi. Li tormentava, per esempio, l’impiego dei prigionieri di guerra nelle fabbriche. Per caso non avrebbero preso il loro posto tutti quei Tedeschi, quegli Au­ striaci, quei Cechi (particolarmente numerosi tra i prigionieri e reputati buoni lavoratori), mentre essi sarebbero stati ridotti a marcire nel fango delle trin-. io QUADRO GENERALE cee? In genere, l’impiego di questa nuova mano d’opera causava loro un grave pregiudizio. I prigio­ nieri di guerra erano pagati a una tariffa bassissima. I padroni ne approfittavano per ridurre i salari della manodopera nazionale. Ed ecco che si venne a sapere che in certe fabbriche s’impiegavano dei «gialli»! II fatto era vero; molte imprese avevano assunto squadre di Cinesi che s’accontentavano d’una retri­ buzione assai modica. Di qui la voce che si propagò per le officine: il governo aveva fatto venire milioni di Cinesi per metterli nelle fabbriche al posto dei Russi che sarebbero tutti stati mandati in prima linea. Resta il fatto che la preoccupazione maggiore degli operai continuava a essere quella di potersi nutrire. La domanda se si sarebbe trovato da mangiare il giorno dopo era diventata una vera ossessione. Non appena veniva toccato l’argomento, il lavoratore piu ponderato diventava un rivoluzionario arrabbiato e si metteva a vituperare i padroni e il governo. La propaganda bolscevica sapeva trarne profitto. Il mezzo migliore per misurare la temperatura dello spirito delle masse lavoratrici russe negli anni 1914- 1916 è quello di seguire i movimenti degli scioperi durante questo periodo. Tale compito ci è facilitato da abbondanti dati statistici, molto precisi, raccolti dai servizi dell’Ispettorato del lavoro. Ma non basta allineare i totali mensili che quei dati ci offrono e poi stabilire, fondandosi su tali risultati, la curva degli scioperi per il periodo di cui ci occupiamo. Occorre tener conto della loro natura, delle cause che li hanno provocati, perché v’è « sciopero » e « sciopero », e tutti non possono essere classificati nella stessa cate­ goria. La sfilata delle cifre che adesso sta per comm­ it LA RIVOLUZIONE RUSSA dare non mancherà d’apparire fastidiosa, ma il lettore è pregato d’armarsi di pazienza: soltanto così riuscirà a intravvedere le aspirazioni della classe operaia, mo­ tore principale della rivoluzione, nel periodo che l’ha immediatamente preceduta. La prima quindicina di luglio del 1914 fu burra­ scosissima. Al momento dell’arrivo a Pietrogrado del presidente Poincaré vi si contavano 130 000 sciope­ ranti. Erano state erette barricate nel sobborgo di Vyborg. La dichiarazione della guerra fermò di colpo il movimento d’astensione dal lavoro. In agosto si registrarono nell’intero Paese soltanto ventiquattro scioperi che riunivano un totale di 22 000 scioperanti e che avevano tutti per oggetto unicamente il miglio­ ramento dei salari, tranne quelli che devono essere classificati nella categoria alquanto bizzarra degli scio­ peri cosiddetti « patriottici », di cui gli operai, e la cosa potrebbe sembrare paradossale, hanno fatto uso di tanto in tanto nel corso della guerra. Cosi a Mo­ sca, in una fabbrica appartenente a sudditi tedeschi, la direzione aveva vietato una colletta, ufficialmente autorizzata, a favore dei feriti di guerra. Indignati, gli operai si misero in sciopero. A Harkov, gli operai d’una fabbrica scioperarono per ottenere il licenzia­ mento d’un caposquadra d’origine tedesca ch’era stato mantenuto al suo posto dalla direzione. In settembre, il numero degli scioperi cadde a un livello ancora più basso: ve ne furono in totale solo dieci, con 4660 scioperanti, tutti di carattere econo­ mico. Analogamente in ottobre: gli scioperi furono nove, ai quali parteciparono 1150 scioperanti. Si tratta sempre esclusivamente d’ottenere un miglioramento dei salari. Un lievissimo aumento è da registrare in 12

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