GLI ADELPHI Pietro Citati La primavera di Cosroe Venti secoli di civiltà iranica GLI ADELPHI 280 Tra l'altro Pietro Citati ha scritto: Goethe (1970; nuova edizione riveduta, Adelphi, 1990) , Ales sandro Magno (1974; Adelphi, 2004), Vita bre ve di Katherine Mansfield (1980), Il migliore dei mondi impossibili (1982), Tolstoj (1983; nuo va edizione riveduta, Adelphi, 1996), Kafka (1987), Ritratti di donne (1992), La colomba pu gnalata (1995), La luce della notte (1996), L'ar monia del mondo (1998), Il male assoluto (2000), La mente colorata (2002) e Israele e l'Islam. Le scintille di Dio (2003). La primavera di Cosroe è apparso per la prima volta nel 1977. Pietro Citati La primavera di Cosroe Venti secoli di civiltà iranica Scansione e OCR Kafir ADELPHI EDIZIONI © 2006 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO WWW.ADELPHl.IT ISBN 88-459-2037-2 INDICE PARTE PRIMA I. Il paese del freddo 15 IL Persepoli 25 I II. I templi del fuoco 41 rv. La fine dei tempi 51 PARTE SECONDA I. Le sculture nella roccia 65 I r. I re nascosti 73 111. La primavera di Cosroe 81 IV. La fine di un impero 95 PARTE TERZA I. Un martire dell'Islam 107 11. Il viaggio degli uccelli 141 III. La città di rame 153 - LA PRIMAVERA DI COSROE «O luce, che nessuna altra luce vede: lume che nessun altro lume vede; luce, che ottenebra ogni luce; e lume, che acceca ogni lume estra neo: luce, da cui discende ogni luce: lume, da cui discende ogni l,ume: lume, di fronte al qua le ogni lume è tenebra, ogni luce è oscurità: lu ce, per la quale ogni tenebra è lume, ogni oscu rità è lume; luce suprema, che cecità non an nebbia, che caligine non offusca, che tenebre non arrestano, che nessuno schermo arresta, che mai ombra separa; luce che illumini insie me tutte quante le cose una volta e sempre, in ghiottimi nell'abisso della chiarità ... ». Liber soliloquiorum, PSEUDO-AGOSTINO, XIII (PL., 874) vol. XL, col. PARTE PRIMA I IL PAESE DEL FREDDO Intorno all'anno mille avanti Cristo, le prime tri bù iraniche giunsero tra le montagne che dalle rive del Caspio discendono, ora innalzandosi in vette ghiacciate ora aprendosi in vasti e dolci altopiani, si no alle rive del Golfo Persico. Alcune penetrarono attraverso i varchi del Caucaso, e nel nono secolo ccuparono la regione intorno al lago di Urmiya, nell'Azerbaigian occidentale, dove oggi tazze d'oro, morsi per cavalli, lepri agilmente stilizzate, cerami che a forma d'uccello cadono continuamente tra le mani degli archeologi. Altre tribù scesero da più lontano. Costeggiando le rive orientali del mar Ca spio, le sponde del lago d'Aral, la corrente del Sir Darya e dell'Amu Darya, avevano tentato di spinger si verso l'India. In quel punto, arrestate dalle grandi catene montuose dove rischiò di spezzarsi la furia di Alessandro, ritornarono verso occidente e si insi nuarono nella Persia. Nello stesso periodo, i Cimmeri raggiunsero da una parte l'Asia Minore e dall'altra il Kurdistan, combatterono insieme agli Assiri e agli Urartei, ai re 15 di Manna e della Media: poi contro il regno di Assi ria e il regno di Urartu. I Medi costruirono le sette mura colorate di Ecbatana: mentre gli Sciti, con i berretti puntuti che preservavano il volto dal vento della steppa, si spinsero molto più a sud, nel cuore del vecchio mondo, fino alle soglie dell'Egitto, dove soltanto un tributo del faraone riuscì ad arrestarli. Tutti questi invasori erano domatori e allevatori di cavalli, pastori e guerrieri nomadi. Nel viaggio verso sud - che a volte si interruppe per secoli intorno a un monte o a un lago presto entrati nella leggen da -, trascinarono le donne e i bambini sui ,carri co perti da tende e trainati da buoi; e il lungo e lento corteo delle greggi. Montavano cavalli dal petto lar go e dalle gambe resistentissime, capaci di sopporta re ogni disagio: «cavalli più leggeri delle pantere, più feroci dei lupi della sera», come dice Abacuc. Durante la battaglia e la caccia, tendevano i loro strani archi, con le punte ricurve e la parte centrale concava; e le mani espertissime davano alla freccia una forza mortale, che terrorizzò i leoni e i guerrie ri del Sud. Scendendo dalla Russia e dalla Siberia, i Persiani abbandonarono per sempre il paese dei terribili in verni, dove per otto mesi dell'anno il mare gela, il freddo fa congelare la saliva in bocca e le lacrime nell'occhio, l'acqua appena versata al suolo diventa ghiaccio, e l'orizzonte è nascosto da una nube inces sante, che vortica nell'aria come una tempesta di piume. Lasciarono il paese delle steppe senza arbu sti né alberi, delle foreste odorose, dei grandi fiumi pieni di lontre e castori: il paese delle montagne che nessun uomo può varcare, il paese dove i simbo lici grifoni custodiscono l'oro. Lassù avevano scava to le tombe dei loro principi: tumuli ricoperti di la stre di pietra, simili a case col tetto spiovente. Ac canto al corpo imbalsamato del re avevano sacrifica to i corpi delle sue concubine, degli scudieri, dei 16