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La polizia della storia. La fabbrica delle fake news nell'affaire Moro PDF

285 Pages·2022·3.071 MB·Italian
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Persichetti_INT.indd 1 10/04/22 08:56 Persichetti_INT.indd 2 10/04/22 08:56 Paolo Persichetti La polizia della storia La fabbrica delle fake news nell’affaire Moro DeriveApprodi 163 Persichetti_INT.indd 3 10/04/22 08:56 I edizione: maggio 2022 © 2022 DeriveApprodi srl tutti i diritti riservati DeriveApprodi srl piazza Regina Margherita 27, 00198 Roma [email protected], www.deriveapprodi.org Progetto grafico: Andrea Wöhr In copertina: Immagine di Thomas Berra ISBN 978-88-6548-437-1 Persichetti_INT.indd 4 10/04/22 08:56 Paolo Persichetti La polizia della storia La fabbrica delle fake news nell’affaire Moro Persichetti_INT.indd 5 10/04/22 08:56 Persichetti_INT.indd 6 10/04/22 08:56 A Nilo, sei nato che papà rientrava in carcere ogni sera, sei cresciuto in braccio ai «Dalton», come li chiamavi da bambino, immerso in un secolo che non c’è più ma che suona ancora alla porta. A Sirio, bimbo solare e gagliardo, che rientrando da scuola ha sdegnosamente ignorato gli invasori. A Valentina, gocciolina di rugiada che voleva scappare con il suo computer. A mia madre che aveva le lacrime agli occhi. A Biol, Daniel, Dénis e Louis, complici della libertà. Persichetti_INT.indd 7 10/04/22 08:56 Persichetti_INT.indd 8 10/04/22 08:56 Prefazione. I gendarmi della memoria Donatella Di Cesare Ha accompagnato i due figli a scuola quando, sulla strada del ritor- no, viene fermato da una pattuglia della Digos che lo scorta fino a casa. Lì ci sono già altri agenti – in tutto una decina – pronti a inizia- re la perquisizione. Tutto viene messo sottosopra, perlustrato, ispe- zionato. Senza troppi riguardi per l’intimità di una famiglia, di cui fa parte anche una persona anziana. Vengono sequestrati computer, cellulari, apparati elettronici, materiali di ogni tipo, compresi quelli privati, foto, appunti, lettere. Finiscono lì anche i documenti che ri- guardano Sirio, un bambino che il verdetto medico aveva consegna- to all’esistenza vegetativa e che invece oggi va a scuola combattendo ogni giorno per la vita e insegnando agli altri a guardare il mondo con gli occhi della disabilità. Nel tardo pomeriggio si conclude la perquisizione. Da allora la vicenda non si è conclusa. Come in una novella kafkiana si aggiungono, anzi, incriminazioni ulteriori. Quel che importa davvero è l’accusato: Paolo Persichetti. Entrato nel 1986, all’età di 24 anni, in quel che restava della Colonna roma- na delle Br, che nelle periferie poteva contare ancora su un certo ap- poggio, venne arrestato nel 1987. Persichetti ha scontato una lunga pena detentiva, anni e anni di carcere, dopo essere stato estradato dalla Francia. Ha avuto sempre la passione per la ricerca storica e il giornalismo. Ma sono mestieri che ha potuto esercitare quasi solo da outsider nella sua vita attuale votata all’impegno su tanti fronti. In Italia un ex brigatista non può accedere alla ricerca universita- ria. Malgrado ciò Persichetti ha frequentato gli archivi, ha studiato nelle biblioteche, collaborando con Marco Clementi ed Elisa San- talena al primo volume di una storia delle Brigate rosse. Il secon- do avrebbe dovuto uscire prima che la polizia sequestrasse tutto il materiale che lui aveva messo da parte. L’interesse per quel periodo è più che giustificato. Tutti dovremmo essere interessati, perché si tratta della storia da cui proveniamo. All’estero è difficile spiega- re quel che accade oggi in Italia, quel veto minaccioso che ostacola chiunque voglia parlare di un periodo rimosso e tabuizzato. Pos- 9 Persichetti_INT.indd 9 10/04/22 08:56 sibile che a decenni di distanza manchi ancora una ricostruzione storica complessiva e condivisa nei suoi tratti essenziali? Possibile che di quell’epoca si possa parlare solo aderendo a una versione in cui molti della mia generazione non riescono a riconoscersi? Il sequestro dell’archivio personale di Paolo Persichetti è la tri- ste conferma di tutto questo. È il sigillo impresso da un apparato statale che mostra il suo volto più tetro. Esiste in questo paese un organismo che si chiama Polizia di prevenzione, il cui ruolo po- trebbe finire pericolosamente per sorvegliare l’indagine storica, se non addirittura per prevenirla, segnando i paletti oltre i quali non è lecito inoltrarsi. Una gendarmeria della memoria che asseconda una concezione poliziesca della storia narrata in bianco e nero – da una parte i buoni, dall’altra i cattivi, da una parte i probi, dall’altra i malvagi. Solo in tale contesto si può tentare di chiarire quel che sta capitando a Paolo Persichetti, bersaglio, in questi mesi, di accuse iperboliche che sono andate sommandosi in un crescendo clamo- roso che non può non suscitare interrogativi. Si passa dall’associa- zione sovversiva che, iniziata l’8 dicembre 2015, avrebbe dovuto condurre a chissà quali azioni di cui non c’è nessuna traccia, alla divulgazione di materiali secretati della Commissione Moro, che a ben guardare erano destinati a essere pubblicati il 10 dicembre 2015, fino addirittura al favoreggiamento solo perché Persichetti aveva intervistato un ex brigatista, già condannato, per ricostruire i fatti storici. Dove sarebbe il reato? Mentre si attendeva l’udienza in cui poteva essere finalmente accolta la richiesta di dissequestro avanzata da Francesco Romeo, difensore di Persichetti, ecco arrivare l’ultimo colpo di scena: il giudice per le indagini preliminari di Roma Valerio Savio am- mette la richiesta di copiare il materiale sequestrato avanzata dal procuratore Eugenio Albamonte – una mossa che sembra già un giudizio. Un linguaggio burocratico quasi indecifrabile, ma allusi- vo quanto basta per insinuare sospetti, stigmatizzare e, in fondo, già condannare. Viene allora da pensare che l’archivio personale di Persichetti, messo insieme con anni di duro lavoro, sia stato se- questrato non a causa di un reato, bensì allo scopo di cercare un reato. Non è accettabile che in un paese democratico la magistra- tura segua piste complottistiche intervenendo nella ricerca storica. Né è accettabile che un ex brigatista, solo per essere tale, non abbia i diritti degli altri cittadini e venga considerato colpevole in ogni circostanza. Solo una democrazia debole e insicura cerca la rappre- saglia andando a caccia di fantasmi. 10 Persichetti_INT.indd 10 10/04/22 08:56

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