ebook img

La politica del desiderio e altri scritti PDF

346 Pages·2022·11.159 MB·Italian
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview La politica del desiderio e altri scritti

Stefania Ferrando NOTA INTRODUTTIVA La politica del desiderio e altri scritti di Lia Cigarini rende nuova mente disponibile il libro pubblicato nel 1995 presso Pratiche Editri ce. I testi allora pubblicati si trovano nella Prima parte (1974-1994) del presente volume. Si aggiungono, in questa nuova pubblicazione, una ventina di scritti composti tra il 1999 e il 2020, raccolti nel la Seconda parte (1999-2020), e un'intervista inedita a Lia Cigarini del 2020, realizzata da Riccardo Fanciullacci. Il libro si conclude con l'importante saggio di Ida Dominijanni, Il desiderio di politica, che introduceva l'edizione del 1995. La forma-libro in cui riuniamo la ricchezza ed eterogeneità degli scritti di Lia Cigarini non deve, però, trarre in inganno chi legge: non siamo di fronte a una teoria sistematica che si dispiega nell'arco di mezzo secolo. Ci troviamo, al contrario, in presenza di un pensiero che tiene dietro alla realtà e si incarna in un discorso che si trasforma in fedeltà a quello che accade e ai desideri di chi scrive. I testi pubblicati, che vanno dalla metà degli anni Settanta ad oggi, ci portano, proprio per questo, ad attraversare cinquant'anni di una storia politica che interpella in prima persona e nel nostro presente. Vi si incontra, infatti, una libertà femminile che sa leggere il mondo e trasformarlo, senza farsi dettare dall'esterno né il senso di quel che accade e ci accade né le pratiche che garantiscono efficacia a quella trasformazione. Immaginare di poter cambiare la realtà in prima persona, senza possibilità di delega nella ricerca di parole e pratiche fedeli a sé e alla trasformazione che si persegue: è la scommessa politica dei testi qui pubblicati che sento particolarmente importante nel nostro tempo. Ha un grande valore politico per me, che sono nata a metà degli anni 6 Stefania Ferrando Ottanta e ho incontrato il femminismo, grazie a mia mamma innan zitutto, quando già erano state inventate molte pratiche e parole per esistere, come donna, con libertà e felicità. Ma in che modo si può trasformare la realtà, con questa libertà e felicità? È questa la domanda che mi ha portata agli scritti di Lia Cigarini. Cambiare il mondo in prima persona e senza deleghe diventa, nel percorso tracciato dai testi qui pubblicati, una sfida radicale per la politica, il diritto e il lavoro. Le società neoliberali intercettano un bisogno profondo di valere come singolarità e ce ne offrono dei surrogati scadenti e violenti, che si traducono nella competizione, nella dinamica della prestazione, in relazioni strumentali e quindi alla fine in un'esistenza a disposizione del mercato, schiacciati da una realtà che, di per sé, pare immutabile1 • C'è però una libertà che il liberalismo non conosce, o forse la in travede e per questo cerca di sradicarla: una libertà creativa, di crea zione - chi fa arte, infatti, la pratica con una particolare sapienza. È la libertà di inventare mediazioni, parole e pratiche, che spostino altrove rispetto ai rapporti in cui contano i soldi o il potere. È l'avventura di vedere altro in sé e fuori di sé, per sentire che «il mondo racchiude molti mondi e noi già li abitiamo» (p. 213). Questa libertà sta al cuore della politica delle donne ed è la risorsa più grande cui affidarsi contro i dispositivi e i processi che - nella scuola, nell'università, nel lavoro, nella politica - ci svuotano del piacere e della forza di dire quel che viviamo realmente e quel che sentiamo giusto o vero2 • Questa libertà conduce a sperimentare delle forme politiche sco nosciute (come la pratica della relazione tra donne) che consentano di situarsi lì dove le cose accadono e si trasformano realmente, nel rapporto tra sé e sé, tra sé e il mondo, e nel mondo, secondo una trasformazione che ti contempli, non ti faccia a pezzi, imponendoti 1 Penso qui al libro di TRISTANA DrNI e STEFANIA TARANTINO (cur.), Femmini smo e Neoliberalismo. Libertà femminile versus imprenditoria di sé e precarietà, Roma, Natan Edizioni 2014. 2 È sempre anche una contrattazione instancabile con la realtà, senza modera zione: LursA MuRARO, Al mercato della felicità. La forza irrinunciabile del desiderio, Mondadori, Milano 2009. In gioco non vi è però solo il desiderio, ma anche il pia cere, nel far politica, nel parlare e pensare, un piacere del corpo e dell'anima insieme, come scrive MARIA MrLAGROS RlvERA-GARRETAS, Il piacere femminile è clitorideo, tr. it. di B. Verzini, Edizione Indipendente, collezione A mano, Verona e Madrid 2021. Nota introduttiva 7 di rinunciare a parti preziose di quel che sei e fai o alle relazioni in cui trovi grandezza. Si tratta di pratiche politiche che scartano tanto dal fascino del potere (da esercitare o a cui resistere) quanto dalle trappole della rappresentanza. Non è qui in questione solo la rappresentanza offerta dai partiti politici, rispetto a cui femministe come Lia Cigarini hanno messo in guardia già dall'inizio degli anni Settanta, quando i partiti sem bravano ancora capaci di intercettare i movimenti della realtà e di trasformarla. Viene respinta anche la logica della rappresentanza che è presente in movimenti e associazioni, nei portaparola che coprono le voci di quelle e quelli di cui difendono gli interessi, e che ingaggiano lotte di potere sulla loro testa e le loro vite. Si apre invece la strada di un'altra politica, una politica che non si separa né dalla vita né dal piacere e che in questo modo produce spo stamenti reali nelle vite reali e nel reale. È una politica che mette tra sé e il mondo un'altra donna e non un progetto di uomini che seduce nella misura in cui presenta come universale la propria parzialità. Un'altra politica, una politica del desiderio, fa saltare la lettura della realtà incentrata sul riconoscimento di categorie sociali a vario titolo discriminate - così come spesso è stata disgraziatamente usata, nella politica moderna, la parola «donne», riducendola a una condi zione sociale. Non perché non vi siano oppressione e ingiustizie ter ribili, che segnano alcuné e alcuni più di altri e che dipendono anche dall'organizzazione delle nostre società, ma perché in gioco ci sono in nanzitutto le vite di persone che hanno desideri, storie, intelligenza di sé e del mondo. E, proprio per questo, la giustizia e la felicità che spet tano loro non si compongono nel quadro ordinato di una democrazia liberale che concede diritti individuali assegnandoti a un gruppo, o a una minoranza, e violando la tua eccedenza e la storia che porti con te. Non rinunciare a sé e alle relazicmi che ci permettono di parlare e agire in prima persona consente di riconoscere il lato oscuro di alcune promesse di giustizia, come l'uguaglianza formale garantita dall'eman cipazione, che integra degli individui all'interno di un mondo già dato e pensato, distribuendo in realtà i pezzi di una torta avvelenata. Sono promesse che nascondono la terribile ingiustizia di dover dire e sentire secondo le parole e le forme di un altro, di un mondo costruito per secoli offuscando la parola femminile. Una politica che riconosce l'ingiustizia e la miseria simbolica di queste promesse è l'apertura a una libertà rela zionale che non mira ad accrescere i singoli diritti, ma è invece «una mia 8 Stefania Ferrando storia umana» e «un processo, una storia che faccio con altre» (p. 87). È una libertà che viene prima - prima delle finalità sociali stabilite - e che sta in circolo con la giustizia, perché altrimenti la giustizia sarà sempre fatta e detta in forme non interrogate radicalmente rispetto a ciò che occultano e ancor meno a partire da quel che si è e si desidera. La grande posta in gioco è allora l'autorizzazione ad andare libera nel mondo, piut tosto che partecipare al mondo così com'è. Alcuni dei testi qui raccolti raccontano di una trasformazione del diritto, una trasformazione nominata a partire da pratiche concrete, ideate da Lia Cigarini insieme ad altre avvocate e giuriste (la pratica del processo, ad esempio), e dal lavoro politico fatto su grandi que stioni che hanno attraversato la società italiana negli ultimi decenni del XX secolo, come l'aborto. Trovo in questi scritti un'indicazione essenziale: suscitare speran ze smisurate nelle leggi, chiedere cioè al diritto di renderti visibile e risolverti i problemi che ti toccano profondamente, crea confusione politica e simbolica. Immaginarsi di coincidere con la posizione del legislatore porta le energie e la creatività lontano dai luoghi dell' espe rienza e dalle contraddizioni che richiedono pensiero radicale e tra sformazioni reali, come nel caso dell'aborto, in cui la questione vera da porre è quella della sessualità e più ancora del piacere femminile (pp. 44 sgg.)3. Situandosi e lavorando con altre sopra la legge, sul piano di ciò che conta veramente e fa sorgere autorità e libertà femminili, si ha poi la misura - una misura propria e intessuta di relazioni - con cui orientarsi e agire là dove si è o si desidera stare e produrre cam biamenti. Una delle conseguenze più importanti è non accettare l'evidenza delle forme che si presentano come capaci di realizzare dei cambia menti rapidi e duraturi ·della vita collettiva, quali ad esempio le leggi, cioè in realtà il potere statale che invochiamo per produrle secondo i nostri bisogni. Sembrano misure capaci di assicurare una trasforma zione rapida, ma secondo il tempo delle strategie politiche, un tempo fatto di scadenze e quindi scadente (come scrivono Lia Cigarini e Lu- 3 È il punto di CARLA LoNZI, Sessualità femminile e aborto in ID., Sputiamo su Hegel e altri scritti, et al./ Edizioni, Milano 201 O, pp. 53-60. Rispetto alla pratica del diritto che ne emerge: li.ARIA BoIANO e ANGELA CoNDELLO, Lia Cigarini e il vuoto legislativo come libertà, in ANNA SIMONE, ILARIA BoIANO E ANGELA CoNDELLO (cur.), Femminismo giuridico. Teorie e problemi, Mondadori, Milano 2019, pp. 147-162. Nota introduttiva 9 isa Muraro in Al fondo e al centro della politica, p. 215). Promettono cambiamenti reali, ma spesso non tengono conto della vita reale delle leggi, la vita di chi le applica, di chi decide di ricorrervi oppure no (ad esempio in caso di discriminazione sul lavoro o di violenza), di chi vi rimane incastrata e spezzata, e di tutto il tempo e le energie richieste per contenerne gli effetti violenti e paradossali. Posizionarsi «sopra la legge» significa fare i conti fino in fondo rispetto ai cambiamenti che si ricercano e alle loro condizioni, sapendo che forse i conti non torna no mai del tutto: vi sono dei prezzi che si pagano comunque, in ogni pratica politica, e proprio per questo occorre essere lucide su quali siano questi prezzi e soprattutto su ciò che non si è disposte a pagare. Muoversi «sopra la legge» (giacché di un movimento si tratta e non di una posizione acquisita una volta per tutte) significa quindi spostarsi altrove rispetto al diritto praticato come strumento di lotta all'interno di relazioni di potere4. È stare in guardia rispetto a un diritto che - come osserviamo in molti casi di violenza sulle donne - può sempre fare a pezzi quelle che vi ricorrono, perché è nato per regolare i rap porti tra uomini e il contratto sessuale sul corpo delle donne. «Sopra la legge» significa però anche un'altra cosa, altrettanto importante: è un movimento, pratico e simbolico, che sposta il diritto stesso, attraverso un altro modo di praticarlo (nelle relazioni tra avvocate e clienti, tra avvocate, con le giudici). Sono pratiche differenti che di fatto secer nono un nuovo diritto. È un «diritto originale delle donne» (p. 76), la cui fonte sono il sapere, i desideri, le trasformazioni che emergono in quella realtà che sono le relazioni tra donne e in ciò che esse fanno nel mondo. Inviolabilità del corpo delle donne e libertà relazionale emergono come due dei principi autonomi di questo diritto, autonomi perché definiti e radicati in quelle relazioni, e che forse anche aprono ad una genealogia del diritto - di un diritto originale e quindi non intrinsecamente patriarcale - che non sapevamo prima discernere5. 4 Penso in particolar modo ai lavori di Silvia Niccolai, che ringrazio per lo scam bio prezioso su questa nota introduttiva: SILVIA N ICCOLAI, Donne: soggetti o oggetti dell'uguaglianza e del diritto?, in BARBARA PEZZINI e ANNA LORENZETTI (cur.), 70 anni dopo, tra uguaglianza e differenza. Una riflessione sull'impatto del genere nella Co stituzione e nel costituzionalismo, Giappichelli, Torino 2019, pp. 283-314. 5 S. NrcCOLAI, Femminismo ed esperienza giuridica. A proposito del ritorno di un'an tica regula iuris in ANNA SIMONE E ILARIA BoIANo (cur.), Femminismo ed esperienza giuridica. Pratiche, argomentazione, interpretazione, Efesto, Roma 2018, pp. 27-74. 1 O Stefania Ferrando Riconoscersi la possibilità di cambiare la realtà in prima persona è anche un'occasione per pensare e vivere diversamente il lavoro e le contraddizioni che lo attraversano e ci segnano. È questa un'apertura di senso che il libro dona a chi lo legge. Le ingiustizie dell'organizzazione del lavoro e la violenza delle re lazioni che vi si originano aggrediscono le esistenze materiali e spiri tuali - quelle di alcuni molto più che di altri - giorno dopo giorno, in un'esposizione continua. E la sofferenza cresce a misura della difficoltà di trovare il punto di appoggio per uscire dalla situazione costringente in cui ci si trova. Gli scritti sul lavoro qui pubblicati ci indicano un preciso punto di appoggio, radicale e radicato in ciascuna e ciascuno: la narrazione del lavoro, cioè le pratiche e le relazioni grazie a cui ri usciamo a dire che cos'è un buon lavoro e una buona vita, ciascuna e ciascuno partendo da sé, facendo comunicare le parti scisse di sé. Il piano da cui innescare la trasformazione non è allora quello dei discorsi e delle pratiche che riducono la materialità della vita alle strut ture economiche e agli interessi che ne discendono. È invece quello della competenza simbolica sulle nostre esistenze, cioè l'autorità di dire con parole tue quel che ti succede, quel che ti capita di essere e diventare. Il movimento Metoo lo ha mostrato con grande forza: le donne hanno parlato e sono state credute, il che significa che quell' au torità simbolica femminile circola e l'inviolabilità del corpo delle don ne è un principio di realtà - nella pratica di sé e nelle relazioni con altre e con altri - che si sta affermando come principio di civiltà. Nelle pratiche e relazioni che nutrono la narrazione del lavoro, nella ricerca delle parole adeguate per nominare tanto le ingiustizie quanto i desideri, si radica la capacità di aprire dei conflitti che tra sformino la realtà in un modo che abbia senso e valore per chi se ne fa protagonista. Si tratta, più profondamente, di non rinunciare all' a more per se stesse, ovunque ci si trovi. Di fronte alla paura di perdere il lavoro, di essere isolate, di non fare carriera o non vedersi più rinno vato il contratto, si anestetizza la propria capacità di contrattazione e quell'amore - verso di sé e il meglio di una situazione - che la nutre. Gli scritti di Lia Cigarini indicano una via: la presa di parola e il riconoscersi una capacità personale di agire sono pratiche che permet tono di lavorare su questa paura, una paura che porta spesso a rigare dritte secondo le regole e i piaceri maschili, finendo nella sofferenza, nella depressione, nelle relazioni strumentali di calcolo e interesse. Perdere competenza simbolica è, infatti, perdere umanità. Significa Nota introduttiva 11 non solo soffocare quello che, in ciascuna e ciascuno, ci rende umani, capaci di parole giuste e di azioni in fedeltà a sé, ma anche perdere l'umanità comune, le risorse con cui si fa spazio all'altro mantenendo il proprio valore, relazionandosi o contrattando per allentare la stretta del modo in cui è organizzato e pensato il nostro lavoro. Non c'è infatti nessun rifugio né compromesso rispetto alla scom messa di andare libere nel mondo, con fedeltà a sé e alle relazioni che nutrono l'autorità con cui ci si dice e si dice la realtà. «Non c'è, nel simbolico, un luogo in cui ritrarsi» (p. 166): proprio perché non c'è né delega né riparo, quel che toglie la capacità personale di dare un significato a quel che viviamo ci sottrae esistenza e libertà. Ed è qui che si gioca il senso della differenza sessuale. Riflettendo sul «doppio sì», sul fatto cioè che molte donne dicano sì al lavoro e alla maternità, Lia Cigarini scrive: «Ho sempre lottato perché fosse chiaro che la differenza femminile non è dell'ordine delle cose, che fa dire che le donne sarebbero diverse perché fanno i bambi ni: no, la differenza femminile sta nel senso e nel significato che si dà al proprio essere donna ed è, pertanto, dell'ordine simbolico» (p. 276). È un'indicazione importantissima. La pratica della differenza non asse gna a identità o nature, non deduce le parole e le azioni da un supposto ordine delle cose, ma riporta al senso e al valore che si è capaci di dare a quello che capita di essere e di desiderare. Il «doppio sì» non nomina allora il prorompere nel lavoro di un'essenza femminile, ma parla di una irriducibilità di desideri di donne capaci di innescare contraddizio ni e cambiamenti profondi nel lavoro, che chiedono a ciascuna parole e invenzioni che diano loro un senso. La differenza sessuale è di natura simbolica e si incarna in quelle pratiche e relazioni che, permettendoci di dare un senso a quel che siamo, ci riconnettono alla realtà e a noi stesse, e ci danno il gusto di stare al mondo. Sono pratiche che hanno al cuore la qualità delle relazioni tra donne, quelle che permettono di dire una parola fedele alla propria esperienza e rendono possibile il gusto di agire e parlare nel mondo. Uno degli articoli qui pubblicati, scritto insieme a Letizia Paolozzi, in vita a pensarle come «belle relazioni». Delle relazioni, cioè, in cui è in gioco la bellezza, come forma non corrosiva dello scambio relazionale: al contrario dell'intelligenza che, «con la sua tendenza a giudicare, è un'arma aggressiva» (p. 218). Mettere al centro la bellezza nelle rela zioni, piuttosto che un'intelligenza da queste separata, è un'indicazio ne politica importante, da non dimenticare mai. 12 Stefania Ferrando È in questo modo che vedo allargarsi i confini del femminismo: nell'andare libere nel mondo, forti di queste relazioni, tenendo stretto il filo della genealogia femminile, con fedeltà a sé e senso della propria grandezza e di quella delle altre donne, anche di quelle che vengono dopo6 È l'avventura di andare nel mondo, scommettendo che il mon • do risponda a questa libertà. Un ringraziamento particolare a Riccardo Fanciullacci per essersi preso cura insieme a me di questa pubblicazione e per l'intervista fi nale a Lia Cigarini, incentrata sulla scommessa politica delle relazioni di differenza con gli uomini; a Ida Dominijanni per aver acconsentito a ripubblicare il suo testo introduttivo all'edizione del 1995; a Luisa Muraro per gli scambi che hanno orientato la scelta degli scritti; a Giordana Masotto e Clara Jourdan per la rilettura del manoscritto; a Clara Jourdan e Laura Milani per l'aiuto nella scansione e nella ricerca di alcuni articoli; e alla casa editrice Orthotes per la generosità con cui ha accolto questo libro. 6 È la questione politica che pone BARBARA VERZINI, La madre nel mare. L'enig ma di Tiamat, A mano, Madrid e Verona, 2020- Prima parte (I 97 4-1994)* • La prima parte corrisponde al libro pubblicato nel 1995, curato da Luisa Mu raro e Liliana Rampello [N.D.c.]

See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.