Da lontano sembrano fiori nella polvere, sprazzi di azzurro e di giallo nel grigio delle strade di Kabul, affollate in prevalenza da uomini. Fiori calpestati, ma mai spezzatisi, che sotto il burqa celano storie di ordinaria sofferenza e quotidiano coraggio. Come quella di Baseera, promessa sposa a dodici anni a un uomo più vecchio e costretta a partorire sul pavimento di cemento di un ospedale privo di personale medico. O quella della quindicenne incarcerata perché fuggita dal marito che la picchiava e denunciata alla polizia dagli stessi genitori. O ancora, quella di Nahida, obbligata a sposare un talebano affinché suo padre non fosse ucciso, ma che riesce infine a divorziare ed essere autonoma grazie al proprio lavoro.
A raccontarci queste storie è una testimone d'eccezione: Deborah Rodriguez, una parrucchiera americana che nel 2002 è partita per l'Afghanistan come volontaria per una piccola organizzazione non-profit. Là, è stata tra le fondatrici della prima scuola per estetiste della capitale afghana: un progetto nato per offrire a tante donne un lavoro, e quindi un mezzo di indipendenza economica, e per ridare una speranza a quelle che, durante il regime talebano, avevano dovuto chiudere i loro saloni di bellezza e sotterrare gli specchi, proibiti al pari degli aquiloni e della musica. Il racconto di questa impresa straordinaria è anche un inno all'amicizia, perché nell'oasi della Kabul Beauty School, libere dal burqa e dal controllo degli uomini, le donne hanno trovato uno spazio tutto per sé, dove, tra risate e confidenze, sono nate complicità inaspettate, capaci di superare le barriere tra Oriente e Occidente. Il messaggio di speranza lanciato da questa esperienza rischia purtroppo di essere offuscato dagli echi drammatici della realtà, come dimostrano le sorti alterne della scuola, legate a necessità pratiche, ma soprattutto a problemi di sicurezza. La recente popolarità è costata minacce di morte a Deborah e alle sue allieve da parte degli estremisti, per i quali l'arte della bellezza è qualcosa di pericoloso e immorale. Non bastano le guerre a cambiare radicalmente una società. A volte anche un rossetto e un paio di forbici possono essere armi di rivoluzione.
(source: Anobii.com)