SARDEGNA ARCHEOLOGICA Scavei R icerche 2 STEFANO MEDAS LAM ARINERIA CARTANGESIE len avgilu,io milnani a,v igazione CarlDoe lfiendoi tore ) In copertina Prua di nave da guerra, raffigurata su una moneta punica . attribuita ad Asdrubale (228-221 a.C.) (da Villaronga 1973, lamina I, IV). ISBN 88-7138-228-5 Copyright 2000 by Carlo Delfino editore, Via Rolando 11/A , Sassari © SARDEGNA ARCHEOLOGICA Scavi e Ricerche 2 • • • • • • e navi, ti-. i uomini, a navi azione Presentazione di Enrico Acquaro Carlo Delfino editore PRESENTAZIONE <<lpsa gens Phoenicum in magna gloria litterarum inventionis et siderum naval lumque ac bellicarum artium>> (Plinio il Vecchio, Nat. Hist., In quest'affe1·nia V,12). zione si riconosce solo in parte quello di cui il mondo classico si riteneva debitore nei confronti dei Fenici e dei Cartaginesi, ricondotti in un 'unità concettuale che annullava lo svolgersi stesso delle differenze culturali, pure evidenti, fra il portato orientale e gli esiti occidentali. Differenze culturali tra Fenici e Cartaginesi che solo la critica attuale, e non sem pre, riesce a evidenziare e collocare nel corretto contesto storico. Del resto neanche il traumatico confronto di Cartagine con Roma aveva contribuito in precedenti auto ri, come lo stesso Cicerone (De Republica, Il, 47), ad articolare tale presunta unità, riproponendo contro ogni evidenza della più avvertita ricerca storica attuale, la disaffezione dello stato cartaginese per l'agricoltura e per le armi, a esclusivo favore del commercio e della navigazione. A questi <<impegni prioritari>>, perseguiti o disattesi, si sommavano alcune peculia rità, per dirla senza mezzi termini, razziali, che trovavano nello spregiudicato eserci zio del commercio, della kapeleia aristotelica, evidenti punti di riferimento. I Cartaginesi e la loro complessa organizzazione statale erano così spesso bana lizzati da questa lettura e relegati, quando andava bene, a comprimari momentanei <<barbari>> (loro, eredi degli <<inventori>> dell'alfabeto!), dei Greci e dei Romani. A meglio definire l'identità dei Fenici e dei Cartaginesi hanno contribuito l'opera di Sabatino Moscati e l'azione di raccordo nazionale e internazionale che l'Istituto per la Civiltà fenicia e punica del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha svolto con particolare efficacia e autorità negli anni settanta e ottanta. Nel la mostra di Venezia sui Fenici fu un punto nodale per la definizione del 1988 'immagine dei Fenici consegnando un profilo a tutto tondo all'immaginario colletti i vo, e impropriamente, alla ricerca scientifica, nonostante la vena fortemente dialetti ca <<fuori dal coro>> di alcuni saggi ospitati nel monumentale catalogo. Un 'ulteriore sintesi, in una disciplina che finora ha potuto contare più su sintesi che su analisi, ha quindi <<bloccato>> l'immagine dei Fenici e dei Cartaginesi come commercianti e artigiani dei piccoli oggetti, mortificando il portato originale della metropoli africana e della sua straordinaria forza di acculturazione. In questi ultimi anni nuove letture si stanno affe , contribuendo a far cadere alcuni stereotipi che spesso riducono l'epocale vicenda dei Fenici e dei Cartaginesi a una serie di luoghi comuni, che, per superficialità di approccio e di ricostruzione storica, inducono a volte a dubitare della liceità di mantenere l'autonomia stessa della disciplina. VII Presentazione ricerche sulla marineria cartaginese partecipano per buona parte delle remore Le ricordate: numerose sono le imprecisioni che si notano in letteratura e spesso dif è fusa una certa superficialità nel presentare problemi molto complessi, che richiede rebbero percorsi più meditati di carattere metodologico e filologico. tendenza a semplificare o generalizzare molti argomenti, talvolta con impreci La sioni tecniche, sembra spesso dare luogo allo sfoggio d'erudita te1n1inologia nauti ca, per altro non sempre puntuale o addirittura errata, piuttosto che affrontare il vero nucleo della problematica di riferimento. Al contrario, l'archeologia navale, a qual siasi contesto storico si riferisca, materia molto complessa, da valutare con la mas è sima attenzione e con adeguato rigore metodologico. Attenzione e rigore metodologi co che non mancano alla ricerca di Stefano Medas, che ha il merito, fra l'altro, di far cogliere appieno al lettore l'importanza dell'archeologia navale per gli studi punici. L'analisi condotta prospetta numerose e anche nuove risultanze storiche. E forse in tale contesto risiedono le maggiori possibilità di revisione critica: la dimensione della marina nello svolgimento della storia di Cartagine ne evidenzia un aspetto prioritario, ricco di risvolti tecnici e culturali che non appartengono solo allo speci fico delle costruzioni navali e della navigazione, ma che riconducono alla <<storia dei grandi eventi>>. ENRICO ACQUARO VIII PREMESSA La navigazione costituì un fattore di primaria importanza per le civiltà del Mediterraneo antico, non solo per gli aspetti co11u1e1 rciali e militari, ma anche per i vastissimi riflessi che ebbe a livello sociale e culturale (per il mondo fenicio-punico cfr., in sintesi, Ferjaoui 1999). La nave fu espressione di una sintesi totale e totaliz zante per intere civiltà. Affrontando il discorso sulla marineria punica si è costretti a scontrarsi con una cronica carenza di documentazione che limita in modo dete111linante le possibilità di approfondire il cuore dei problemi. Gli scrittori antichi non avevano dubbi nel quali ficare Fenici e Cartaginesi come i popoli più esperti in fatto di navigazione, come genti che passavano la loro vita sul mare praticando il commercio, compiendo viaggi lunghissimi, affinando continuamente la loro esperienza nel costruire e nel condurre le navi. Hanno caratterizzato in modo indelebile la loro immagine nel mondo antico, così come sarà caratterizzata quella dei Vichinghi nel mondo medievale. Concordemente, e costantemente, hanno sottolineato il primato delle flotte di Tiro, di Sidone, di Cartagine, di Cadice. Tuttavia, quello che sappiamo sulle marine fenicio puniche è ben poco se confrontato con la mole di info1111azioni che possediamo per quelle greche e romane. Data la natura e la vastità del tema, con riflessi ad ampio raggio in senso sia geo grafico sia cronologico e culturale, non è sempre facile distinguere nettamente ciò che rientra in un contesto prettamente cartaginese da ciò che si può inserire nel più ampio contesto punico. Per le fasi cronologiche su cui siamo meglio info1111ati le flot te militari possono definirsi sostanzialmente <<cartaginesi>>, almeno per quanto riguar da l'impianto organizzativo e la strategia d'intervento nei diversi contesti bellici. Ciò non significa che Cartagine fosse l'unico centro di organizzazione delle flotte, di costruzione delle navi, di reclutamento degli equipaggi. Le città marinare puniche, della costa africana, della Penisola Iberica e delle isole avevano i propri cantieri navali, che agivano, verosimilmente, sull'impronta della matrice cartaginese, ed erano in grado di allestire delle flotte. Per quel che riguarda la marina militare questo aspetto appare (e dove non appare lo si può ipotizzare) abbastanza circoscritto, in quanto dete111ùnato da una politica e da una strategia d'intervento che derivava da un'autorità ben precisa. Diverso è il discorso relativo agli equipaggi, agli uomini che componevano le flotte; se, anche in questo caso, sembra che Cartagine e il suo terri torio costituissero uno dei principali settori di reclutamento, abbiamo significative testimonianze dell'impiego di genti locali (puniche o alleate) utilizzate per allestire o rinvigorire le flotte che operavano lontano dalla madrepatria. IX Stefano Medas In termini ancora diversi si pone la situazione della marina da trasporto e da pesca; in questi ambiti, infatti, le tradizioni locali, le caratteristiche produttive, com merciali e culturali dei diversi centri, le condizioni ambientali in cui si svolgeva la navigazione, dete1111inarono lo sviluppo di aspetti peculiari e qualificanti che, a livel lo locale o regionale, distinguevano le principali marinerie, come si può riscontrare per quella di Cadice. Per i motivi appena citati, tenteremo di definire <<cartaginesi>> quei contesti storici in cui si possa effettivamente richiamare o ipotizzare l'impronta politica e strategica della città africana, mentre ci limiteremo alla definizione di <<punico>> per quanto attiene a un più ampio contesto geografico e culturale del Mediterraneo occidentale o per quegli aspetti che le fonti non ci pe1111ettono di chiarire con maggior precisione. Le stesse fonti, spesso, utilizzano indifferentemente i te1111ini <<cartaginese>>, <<punico>> e <<fenicio>>. Sarà necessario, allora, prendere in considerazione anche quei contesti e quegli elementi che rientrano nella definizione di <<fenici>>; se da un lato possiamo riscontrare evidenti fenomeni di continuità e comunanza, soprattutto per quanto attie ne a princìpi culturali di base (come quelli legati alle tecniche di navigazione), dal l'altro non possiamo trasferire nel Mediterraneo occidentale la documentazione vali da per il Mediterraneo orientale senza tener conto degli aspetti cronologici, delle diverse vicende storiche di queste regioni, dell'inserimento di Cartagine in nuovi e diversi contesti politici, economici e culturali. Ma non possiamo neanche esimerci dal ricercare nel contesto fenicio quegli elementi che ci permettano di comprendere meglio o, comunque, di approfondire alcuni aspetti del mondo marinaresco punico, anche nello sforzo di colmare una documentazione che resta spesso isolata e fram mentaria. Il problema nodale è quello delle fonti. Conosciamo la marineria cartaginese sol tanto attraverso la visione degli storici greci e romani e la maggior parte delle infor mazioni riguarda l'epoca delle guerre puniche. Questo fatto costituisce un grave limi te per le possibilità della ricerca in una materia così specifica e ricca di risvolti tecni ci, ricerca che resterà condizionata dall' i11n11agine esteriore di una realtà recepita da altri (cfr. Le Bohec 1996, pp. 39, 326-332). La stessa elaborazione della mitologia di Cartagine da parte romana, non priva di elementi retorici, evidenzia questa visione mediata, come sottolinea G. Piccaluga (1983), in quanto sembra legare strettamente le sorti della rivale africana al suo inti mo rapporto col mare, al tempo stesso una scelta e una colpa; l'immagine di un popo lo di genti erranti, dedito ai traffici e alle frodi, si contrapponeva ai solidi princìpi che radicavano Roma repubblicana alla propria terra. Si aggiunga che la tendenziosità delle fonti e la generale, più o meno esplicita, damnatio che investì Cartagine, soprat tutto dopo le guerre puniche, condizionano pesantemente l'immagine che ci viene trasmessa della civiltà cartaginese, vista sempre con l'occhio del concorrente e del vincitore (in tale contesto possiamo richiamare la questione della fides punica, della contrapposizione, nei suoi aspetti retorici e in quelli reali, tra Romani e Cartaginesi sul comportamento etico tenuto in guerra; cfr. Prandi 1979 e Brizzi 1982, pp. 1-77). Nonostante le considerazioni generali sul valore dei marinai fenici e punici, come accennato, le fonti trasmettono soltanto pochi dettagli sulla navigazione. Per tale motivo sarà necessario rivolgersi verso la più ricca documentazione del mondo greco-romano, cercando di ricavarne dei confronti che ci aiutino a definire i caratteri di una realtà nautica punica. Nonostante le info1111azioni sui sistemi di navigazione X La marineria cartaginese siano scarse per il mondo antico in generale, si può rilevare che i princìpi fondamen tali su cui essa si basava erano per lo più comuni, riconoscibili come tali anche in epoche successive all'antichità; il che pe1111ette di sfruttare una più ampia base docu mentaria, contestualizzata caso per caso. Il presente lavoro si propone come un approccio di sintesi al panorama culturale della marineria cartaginese e punica in generale, nella consapevolezza di potersi sol tanto affacciare su una materia così ampia e complessa, ma nell'auspicio di riunire info1111azioni che possano servire per futuri approfondimenti; le opinioni espresse e le proposte avanzate vorrebbero presentarsi come un primo passo in questa direzione. STEFANO MEDAS Porgo un sentito ringraziamento al Prof Enrico Acquaro, per avermi seguito con la con sueta cortesia durante lo svolgimento del lavoro, fornendomi preziosi consigli e riferimenti; al Prof Alberto Moravetti, per avermi offerto la possibilità di pubblicare questo scritto; al Prof Riccardo Brizzi, per i suoi insegnamenti in materia di navigazione, per la sua disponibi lità nel condividere con me attività di ricerca ed esperienze pratiche in questo campo; al Dott. Marco Bonino, per la discussione dei problemi di archeologia navale; alla Dott.ssa Chiara 7.anetti, per avermi aiutato nella correzione del testo. Con sincera gratitudine ricordo l'amico Mario Marzari, scomparso da pochi giorni immaturamente. Autore di numerosi e importanti lavori sulla marineria tradizionale (con l'e ditore Carlo Delfino ha appena pubblicato il volume La Regata della Vela Latina), curatore di molte mostre, convegni e pubblicazioni sul[' archeologia e la storia navale, presidente dell'Istituto Italiano di Archeologia e Etnologia Navale, promotore di tante iniziative culturali legate, in particolare, al mondo della marineria adriatica. Le qualità dello studioso, del ricer catore instancabile, si sono sempre unite in lui ad una forte carica umana, fatta di cordialità, generosità, correttezza, simpatia. Sempre pronto ad un sorriso sincero, sempre disponibile e presente, senza mai farlo pesare. A Mario, grazie per l'amicizia, per le tante esperienze con divise insieme. Riccione, 27 novembre 2000 XI Insediamenti, porti, santuari e navigazione Coste e strategia di insediamento Gli insediamenti di costa fenicio-punici si caratterizzarono per il loro stretto rap porto con la navigazione e la scelta degli approdi, nel contesto di una strategia legata agli aspetti co11u11erciali ed economici tesa a localizzare il luogo di sbarco con ben precise linee di traffico e di sfruttamento del territorio. Tale strategia di insediamento pe1111etteva anche un'efficace difesa del luogo, contro attacchi provenienti sia dal mare sia da terra. Queste condizioni essenziali erano ben note già agli antichi, come testimonia un passo di Tucidide (VI, 2, 6) relativo alla colonizzazione fenicia della Sicilia: <<Abitarono anche i Fenici tutto intorno alla Sicilia, dopo aver occupato i promontori sul mare e le isolette adiacenti per favorire il commercio coi Siculi. Ma poiché i Greci arrivarono dal mare in gran numero, abbandonata la maggior parte del loro terri torio, riunitisi in più stretti confini abitarono Mozia e Solunto e Pano11101 presso gli Elimi, fiduciosi nell'al leanza con gli Elimi e per il fatto che di lì Cartagine dista dalla Sicilia un minor tratto di navigazione>>. (Traduzione da Daverio Rocchi-Ferrari 1985). Altrettanto esplicito è un passo di Polibio in cui viene descritta la collocazione topografica della città di Cartagena, fondata da Asdrubale sulla costa sud-orientale dell'attuale Spagna nel 221 a.C.: <<Cartagena si trova su per giù nel mezzo della costa dell'Iberia in una insenatura esposta al libeccio, profo nda venti stadi e larga dieci, nel punto nel quale si apre. L'insenatura ha l'aspetto di un porto perché presso la sua apertura si trova un'isola, che lascia una ristretta imboccatura ai due lati. Contro di essa va ad infrangersi il flutto marino, di modo che nell'interno del porto il mare è calmo, tranne quando il libeccio gonfia le onde e spinge i flutti attraverso le due imboccature che si trovano ai lati dell'isola; è al ripa ro invece di tutti gli altri venti, perché è circondata da ogni parte dalla terrafe1111a. Nel punto più interno dell'insenatura è un promontorio a fo1111a di penisola 1 Stefano Medas sul quale si trova la città circondata dal mare a orien te e a mezzogiorno, a occidente dalla palude che si estende anche a settentrione; il tratto rimanente, che congiunge la città alla terrafe1111a non è più lungo di due stadi, giungendo fino al mare dall'altra parte. La città ha fo1111a di semicerchio e a mezzogiorno pre senta una spiaggia piatta, mentre dalle altre parti è circondata da alture delle quali due sono aspre e sco scese, le altre tre pianeggianti, ma anch'esse rocciose e di difficile accesso. La maggiore di esse si trova a levante e si estende fino al mare; sulla cima si trova il tempio di Asclepio. Di fronte ad essa a occidente si leva un colle che ha circa la stessa posizione, sul quale si trova la splendida residenza che Asdrubale si fece costruire quando mirava alla monarchia. Altre tre alture minori circondano la città a settentrione; fra esse quella che guarda a levante è detta di Efesto, la successiva di Alete, personaggio che ha ottenuto onori divini per aver scoperto i giacimenti d'argento, la terza è detta di Crono. La palude è congiunta al mare vicino per mezzo di un canale artificiale costruito per la comodità di chi pratica il mare; gli argini dei canali sono congiunti da un ponte che rende possibile il passaggio alle bestie da soma e ai carri che portano dalla campagna i rifornimenti necessari>>. (Polibio, X, 10; traduzione da Schick 1992; cfr. anche Livio, XXVI, 42). E' possibile individuare diverse casistiche nella tipologia degli insediamenti costie- ri fenicio-punici, che si svilupparono sulla base dei fattori dete1111inanti sopra descritti e che possiamo riassumere come segue: a) insediamenti su promontori, più o meno prominenti sul mare; b) insediamenti su isolette prospicienti la costa, in mare aperto o in zone parzialmen te protette da un golfo; insediamenti in rapporto totale o parziale con aree lagunari ed endolagunari; e) d) insediamenti alla foce di fiumi o corsi d'acqua minori, spesso protetti da scogli antistanti il litorale; e) insediamenti fluviali. Queste casistiche generali, parzialmente già rilevate in un recente contributo di S. Lancel (1995, p. 375), confluirono spesso in modo variabile nella definizione di un singolo sito. In alcuni casi, inoltre, ci troviamo di fronte a insediamenti apparente mente privi di zone riparate per l'approdo, che presentano soltanto spiagge relativa mente ridossate o protette da bassi fondali e da scogli, dove è verosimile che le navi stazionassero in rada limitatamente al tempo necessario per le operazioni di imbarco e di sbarco, per passare la notte e per fare i rifornimenti (indispensabile era la sosta per l'acquata, per rifornirsi di acqua dolce). La disponibilità di scali e di zone ripara te lungo la costa era necessaria soprattutto per le navi che praticavano il cabotaggio. 2