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La magia dei numeri. Come scoprire con la matematica tutti i segreti del paranormale PDF

133 Pages·2010·4.378 MB·Italian
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Preview La magia dei numeri. Come scoprire con la matematica tutti i segreti del paranormale

Mariano Tomatis La magia dei numeri Come scoprire con la matematica tutti i segreti del paranormale Kowalski - Apogeo s.r.l. - socio unico Giangiacomo Feltrinelli Editore s.r.l. 2011 ISBN edizione cartacea: 978-88-7496782-7 Forse davvero, come dice il noto divulgatore Keith Devlin, se venisse spiegata con il gossip, tutto d'un tratto la matematica diverrebbe facile: anziché l'algida regina delle scienze, spogliata della corona e dello scettro, la riconosceremmo finalmente al bancone del bar. Una tipa cool, non così imprevedibile e a volte persino spiritosa. La tesi di questo saggio di divulgazione è che la matematica offre strumenti potenti non solo per destreggiarsi ogni giorno nella quotidianità, ma anche per esplorare le zone di confine della conoscenza, dove si addensano i fenomeni paranormali, i poteri della mente, le profezie, i grandi enigmi storici e i simboli esoterici. Ognuno di questi ambiti, che viene comunemente indagato dalle scienze umane, merita anche il vaglio dell'analisi scientifica poiché, in buona parte dei casi, ospita numeri, schemi matematici e precise strutture logiche. La matematica, pur flirtando con l'irresistibile fascino ludico, svela l'inganno. A Federica La magia su cui posso sempre contare INTRODUZIONE Secondo Keith Devlin, la matematica è difficile da capire perché è espressa con un linguaggio troppo lontano da quello della vita quotidiana. Poiché il linguaggio più semplice e diffuso è quello del pettegolezzo, una buona divulgazione matematica dovrebbe tenerne conto, raccontandola come se si trattasse di una soap opera, la quintessenza del gossip. Il divulgatore inglese suggerisce di pensare a numeri, triangoli, cerchi, logaritmi o funzioni trigonometriche come fossero i personaggi di Twin Peaks, come Jack e i naufraghi sull’isola di Lost, o come gli strani personaggi che popolavano le puntate di X-Files. Quella di Devlin non è soltanto una provocazione: tutte le teorie matematiche costituiscono “universi finzionali”, simili a quelli dei grandi serial televisivi, i cui protagonisti sono equazioni, gruppi, spazi e oggetti che entrano in relazione l’uno con l’altro. Nelle pagine che seguono, tutti questi personaggi verranno coinvolti in mirabolanti avventure sullo sfondo di un mondo ambiguo e fascinoso: quello della magia e del paranormale. La matematica è come un coltellino svizzero multiaccessoriato. Tutti conosciamo le sue funzioni principali: ci è utile per pagare tre caffè al bar, calcolare il resto e fare qualche conto sulle rate dell’auto. Pochi sanno che, ben nascosti nel manico, la matematica offre strumenti altrettanto potenti per esplorare le zone di confine della conoscenza, dove si addensano i fenomeni paranormali, i poteri della mente, le profezie, i dischi volanti, i grandi enigmi storici e le simbologie esoteriche. In ognuna di tali aree oscure si celano numeri inaspettati, schemi matematici e precise strutture logiche: queste pagine vi condurranno alla scoperta del lato nascosto dei numeri, in bilico tra il rigore della scienza e il fascino dell’occulto. In questo libro mi sono preoccupato di mostrare quanto sia erroneo il pregiudizio di chi ritiene inconciliabili la matematica, la regina delle scienze razionali, e il mondo irrazionale del paranormale. La tecnologia moderna, che si appoggia su solide basi matematiche, ci offre oggi opportunità che i nostri antenati avrebbero considerato vere e proprie magie: la televisione sembra incarnare lo specchio magico attraverso il quale, nelle fiabe, si poteva vedere il mondo a distanza; le previsioni meteorologiche rispondono a interrogativi che in altri tempi avremmo rivolto a un indovino; accostare l’orecchio a un cellulare offre un’esperienza uditiva ancora più magica del semplice rumore del mare “catturato” da una conchiglia. Nei sei capitoli del libro approfondiremo in particolare il ruolo che la matematica può avere quando, nascosta dietro le quinte, si pone l’obiettivo di creare intense esperienze magiche. Scoprirne i meccanismi significa entrare in quella affascinante sinergia in cui razionalità e irrazionalità diventano un tutt’uno, confondendo i rispettivi confini e rivelandoci quella che io ritengo essere l’unità profonda alla radice delle cose. Per indagare sui fenomeni paranormali, sulle esperienze extrasensoriali e più in generale su tutto ciò che è strano e anomalo, è certamente necessario un approccio multidisciplinare: le scienze umane possono offrire contributi fondamentali, ma senza un’adeguata attrezzatura di strumenti statistici e matematici, il rischio di commettere imbarazzanti errori di interpretazione è enorme. Nel corso di queste pagine, dunque, la matematica non verrà utilizzata soltanto per ricreare – in modo più o meno illusorio – i principali fenomeni paranormali, ma anche per studiare in modo rigoroso quei fenomeni che vengono descritti come tali e che, a volte, sotto l’impietosa lente della scienza, si rivelano di tutt’altra natura. Infine, leggendo questo libro, potreste scoprire che la matematica non sonnecchia affatto in polverosi dipartimenti universitari, ma è imparentata con i più folli bagonghi circensi, solca gli oceani alla ricerca di preziosi tesori nascosti e può descrivere minuziosamente la tana del bianconiglio di Alice e i suoi mirabolanti paradossi. Ciò potrebbe spingervi a innamorarvi dei suoi aspetti più divertenti e bizzarri, e ad approfondire per conto vostro i mille percorsi suggeriti, regalandovi ore e ore di intenso piacere intellettuale e di inaspettate sorprese. Se, consci del rischio, affronterete comunque la lettura di queste pagine, non ditemi che non vi avevo avvertito! LEGGERE IL PENSIERO - LA TELEPATIA “Lei crede alla telepatia, crede all’ESP, alla chiaroveggenza, alla fotografa spiritica, alla telecinesi, ai medium scriventi e non scriventi, al mostro di Loch Ness, e alla teoria sull’Atlantide?” “Beh, se c’è lo stipendio fisso, io credo in tutto quello che dice.” Dal film Ghostbusters (1984) Le bionde sono più telepatiche? Cominciamo il nostro viaggio dal “laboratorio di studi paranormali” della Weaver Hall University – un locale che esiste soltanto nel mondo immaginario del film Ghostbusters. Utilizzando alcune carte, il dottor Peter Venkman sta valutando le facoltà telepatiche di due studenti (una bionda e un ragazzo con i capelli ricci): vuole determinare se siano o meno in grado di leggere nel pensiero. Nel corso di diverse prove, Venkman prende una carta, la solleva e si concentra sul simbolo che rappresenta; si tratta di semplici figure geometriche (un cerchio, un quadrato, delle onde, una croce e una stella) studiate proprio per ridurre al minimo le informazioni da trasmettere mentalmente al soggetto coinvolto. Quest’ultimo deve indovinare il simbolo pensato dallo sperimentatore: se ci riesce, totalizza un punto; in caso contrario, gli viene data una piccola scossa elettrica. Al termine di una serie di tentativi, i punti complessivi ottenuti dovrebbero fornire una buona misura delle facoltà telepatiche del soggetto. Nel corso dell’esperimento, però, Venkman dimostra un interesse più spiccato per la bionda che non per il rigore scientifico, a scapito del poveretto accanto a lei, vessato da continue scosse anche quando indovina. Anche la studentessa sbaglia sempre, ma lo sperimentatore – piuttosto ammaliato dal suo sguardo – conferma ogni volta le sue ipotesi, attribuendole un punto a ogni prova ed evitando di mostrare la carta corretta. L’esperimento si conclude – c’era da aspettarselo – con un invito a cena per la promettente sensitiva, mentre lo studente si allontana infastidito dal modo in cui il test è stato condotto. Abbiamo appena accennato a un ottimo esempio di come non si debba condurre un test sulla telepatia, a meno che il suo scopo non sia procurarsi una buona compagnia per la serata. Molti degli elementi messi in scena, però, si ispirano a studi realmente condotti negli Stati Uniti tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta: se le scosse elettriche ricordano quelle che gli sperimentatori infliggevano ai soggetti esaminati nell’ambito dell’Esperimento Milgram, i cinque simboli geometrici impressi sulle carte sono quelli utilizzati dal parapsicologo Joseph Rhine (1895-1980) durante i suoi esperimenti telepatici presso la Duke University. Si tratta delle “carte Zener”. I simboli di Karl Zener Le carte usate dal dottor Venkman prendono il nome dallo psicologo americano che le ha inventate, Karl Edward Zener (1903-1964). Un mazzo è costituito da 25 carte, suddivise in 5 serie composte ognuna da 5 simboli: un cerchio vuoto, una croce greca, tre righe ondulate, un quadrato vuoto e una stella a cinque punte vuota. Nel realizzarle, Zener aveva scelto simboli che fossero facilmente associabili ai numeri da 1 a 5, e con un semplice metodo mnemonico è facile ricordarli nell’ordine: il cerchio si può tracciare con un unico tratto di penna; la croce è composta da due segmenti uguali che si intersecano; le onde sono costituite da tre linee ondulate; il quadrato ha quattro lati; la stella presenta cinque punte. Da sinistra: Joseph Rhine, il soggetto analizzato e la dott.ssa Betty Humphrey da Joseph Rhine, “How Good Are Your Hunches?” in Mechanix Illustrated 4 (1949). Negli anni Trenta, i primi esperimenti telepatici erano condotti da Joseph Rhine con un metodo molto simile a quello del dottor Venkman: le carte venivano mescolate, lo sperimentatore ne pescava una e cercava di trasmetterne il valore. Il soggetto doveva cercare di leggere nel pensiero dello sperimentatore e prendere nota della percezione ricevuta. La prova veniva ripetuta più e più volte, tenendo il conto dei simboli indovinati. Ma in che modo il numero dei punti totalizzati forniva qualche indizio sulle capacità telepatiche della persona studiata? Quante carte doveva indovinare per dimostrare di possedere qualche potere straordinario? Medioman e il calcolo delle probabilità Se noi sottoponessimo a un test di 30 prove un individuo infallibile, costui raggiungerebbe sempre i 30 punti. Ma quanti punti totalizzerebbe in media una persona qualunque, che non possiede alcun potere telepatico (e che d’ora in avanti chiameremo Medioman)? Tirando completamente a caso, qualche volta indovinerebbe per pura fortuna. Per conoscere con una certa approssimazione il punteggio che otterrebbe Medioman, possiamo usare la teoria delle probabilità, quella branca della matematica che si occupa di situazioni e fenomeni apparentemente incontrollabili, perché governati dal caso. Poiché le 25 carte presentano soltanto cinque varietà diverse di simboli, Medioman ha una probabilità su cinque di indovinarne una scelta a caso, pari al 20%. Associato a un qualsiasi fenomeno, il numero chiamato “probabilità” esprime e quantifica la possibilità che quel fenomeno accada: quando è pari a zero, significa che il fenomeno non accadrà per nessuna ragione; quando vale 100%, indica che il fenomeno accadrà certamente. In genere le probabilità dei vari eventi hanno valori compresi tra i due estremi: l’evento “Medioman indovina la carta tirando a caso”, per esempio, ha una probabilità di verificarsi del 20% (o, per esprimerla con una frazione, 1 su 5). Calcolata la probabilità di un evento, è facile sapere quante volte questo si verificherà in media nel corso di una serie di tentativi indipendenti: sarà sufficiente moltiplicarla per il numero di prove effettuate. Questo significa che, se dopo ogni tentativo il mazzo viene rimescolato, nel corso di 30 prove Medioman indovinerà mediamente 6 carte – dove il numero 6 è il risultato della moltiplicazione di 30 per la probabilità di indovinare, pari a 1/5. I matematici chiamano questo prodotto “valore atteso”: si tratta del numero di successi che ci aspettiamo da Medioman alla fine di 30 tentativi. Calcolare questo numero è fondamentale, perché ci consente di fissare all’altezza giusta l’asticella del test. Quando un individuo vorrà essere sottoposto a un test telepatico, si deciderà innanzitutto di quante prove sarà costituito (per esempio 30), e poi si calcolerà quante carte indovinerebbe Medioman nel corso delle stesse prove. Una volta trovato questo numero, la sfida assumerà questi termini: “Se tu non avessi alcun potere, indovineresti mediamente 6 carte. Se tu possiedi davvero qualche capacità telepatica, ci aspettiamo che azzeccherai ben più di 6 carte – al limite, se sei infallibile, le indovinerai tutte quante; se il tuo risultato finale si discosterà in modo significativo da 6, questo sarà un indizio delle tue facoltà extrasensoriali”. Un potere… “significativo”! Attenzione al testo della sfida: è facile fraintenderlo. Pensare al numero 6 come a un’asticella da oltrepassare è fuorviante, perché nel salto in alto basta appena superarla per considerare la prova complessivamente un successo. In questo caso, invece, il testo parla di un superamento “significativo”; questo aggettivo è molto delicato, e tra gli stessi studiosi del paranormale ci sono dissensi sul suo significato. Torniamo ora a Medioman. Se la media di carte indovinate è pari a 6 prove, indovinerà mediamente 6 carte – non possiamo aspettarci ingenuamente che otterrà sempre e soltanto quel punteggio: qualche volta ne indovinerà 7, altre volte solo 5, o potrebbe addirittura capitare che ne indovini zero o le azzecchi tutte per un rarissimo colpo di (s)fortuna. I parapsicologi, quindi, hanno ragionato così: non limitiamoci a vedere quante carte indovinerà in media il soggetto, ma cerchiamo di scoprire quali altri risultati otterrà nella maggior parte dei casi. Teoricamente potrebbe indovinare un numero qualsiasi di carte tra 0 e 30, ma escludiamo le situazioni più rare e concentriamoci solo sulla maggior parte dei casi: quante carte indovinerà in media nel 99% delle prove? La statistica offre la possibilità di calcolare l’intervallo dei valori più probabili, e molti manuali dedicati ai test sulla telepatia riportano comode tabelle per evitare lunghi e noiosi calcoli. Nel caso di 30 prove, ci si aspetta che nel 99% dei casi Medioman indovinerà da 1 a 11 carte per puro caso. La vera asticella da superare è quindi fissata a 11 carte: se il soggetto ne indovinerà almeno 12, o è particolarmente fortunato, oppure possiede davvero facoltà extrasensoriali. La sfida parla, infatti, di “indizio”: bisogna sempre tenere a mente che il risultato potrebbe essere frutto di un caso fortunato. Se il soggetto è dotato, ripetendo l’intero test più volte, sarà in grado di replicare questo successo; in caso contrario siamo costretti a pensare che ha d’improvviso perso i suoi poteri o, più probabilmente, è stato molto fortunato ed è ricaduto in quell’1% di casi molto rari. È stata così chiarita la questione fondamentale: il punteggio finale deve essere superiore al “numero atteso” (che su 30 prove è di 6), e deve esserlo in modo “significativo”; con opportuni calcoli, possiamo trovare quante sono le carte da indovinare perché si accenda la spia rossa con la scritta “Sospetto soggetto telepatico!”. Ecco una pratica tabella che fissa l’asticella del test per sottoporre voi stessi e i vostri amici a un test telepatico con le carte Zener: Nel corso di… tentativi 10 15 20 25 30 35 40 45 50 60 Il soggetto deve indovinare almeno… carte 6 7 9 11 12 14 15 16 18 20 L’homme moyen di Quételet Uno dei primi studi statistici delle caratteristiche di Medioman, l’uomo medio, risale al 1835, quando Adolphe Quételet (1796-1874) pubblicò un libro intitolato Sull’uomo e lo sviluppo delle sue facoltà. Molte pagine dello studioso belga erano ispirate alla locuzione latina “la virtù sta nel mezzo”; la mediocrità era da preferirsi in tutti gli ambiti: nella salute, nella statura, nel peso… Per anni Quételet raccolse dati per fissare la circonferenza toracica, la statura, il peso alla nascita standard, e poi passò alle questioni sociali: oltre all’homme moyen physique, un uomo medio dal punto di vista fisico, definì l’homme moyen moral, l’uomo medio dal punto di vista morale, considerandone le abitudini, i comportamenti e lo stile di vita “medio”. Lo studioso proponeva di punire chi si allontanava dagli estremi in maniera proporzionale alla distanza dalla media. Al di là degli ovvi limiti di questo approccio, pochi anni più tardi l’idea di studiare le capacità standard degli individui sarà utilissima in ambito parapsicologico, perché consentirà di fissare al punto giusto l’asticella dei test. Un esperimento a casa vostra Prima di leggere i resoconti degli esperimenti di Joseph Rhine, credevo che i laboratori che studiavano la telepatia fossero stanze piene di enormi apparecchiature scientifiche, fili ed elettrodi, lettini di costrizione per i soggetti analizzati e lunghi nastri su cui pennini appuntiti prendevano nota di onde cerebrali e chissà quali altre forze in gioco. Con mio enorme stupore, scoprii che gli esperimenti di telepatia erano infinitamente più semplici, e chiunque avrebbe potuto improvvisarli a casa propria o addirittura nel bar all’angolo! Immaginiamoci, quindi, nella situazione più familiare che possa esserci: ci troviamo nel nostro salotto di casa, un amico ha deciso di sottoporsi a un test telepatico e lo abbiamo fatto accomodare sul divano. Abbiamo quindi mescolato un mazzo di 25 carte Zener. Ne prendiamo una e ci concentriamo sul suo simbolo: secondo il nostro amico si tratta della stella. Esatto! Un punto per lui. Rimescoliamo le carte e ne peschiamo un’altra. L’amico dice: “Cerchio”. Esatto anche stavolta! Dopo 20 prove, ha indovinato complessivamente 18 carte: un risultato straordinario! Secondo la tabella precedente, nel corso di 20 tentativi, per superare la prova ne avrebbe dovute indovinare almeno 9. Il suo punteggio finale non lascia spazio ai dubbi: siamo di fronte a un potenziale sensitivo! Il buonsenso, però, ci fa sorgere alcuni dubbi. E se fosse stato solo fortunato? Se avesse spiato i simboli nel riflesso del vetro della finestra dietro di noi? E se le carte fossero leggermente trasparenti? E se prima dell’inizio dell’esperimento le avesse contrassegnate, in modo da poterle riconoscere? Il seme del dubbio Il fatto che sorga qualche dubbio è assolutamente naturale: sin da bambini, abbiamo imparato a conoscere il mondo intorno a noi e ci siamo fatti un’idea, più o meno intuitiva, di come agisca. Non utilizziamo la telepatia per comunicare, perché abbiamo assodato che non funzioni un granché; siamo abituati a vedere gli oggetti cadere verso il basso e non il contrario. Se ci capitasse di vedere un vaso che vola verso l’alto, penseremmo subito a qualcuno che lo sta lanciando dal basso. La nostra mente funziona così: cerca sempre spiegazioni che non violino le regole apprese fino a quel momento. Se però fossimo a teatro e a far levitare il vaso fosse il mago Silvan, saremmo costretti a cercare una spiegazione diversa (forse nel vaso è nascosta una potente calamita?). Se invece vedessimo il filmato di alcuni cocci che prendono vita, si sollevano e si avvicinano magicamente, fondendosi tra loro e componendo un vaso che finisce per appoggiarsi sull’orlo di un tavolo, il nostro cervello non penserebbe alla calamita: con ogni probabilità, il vaso si è rotto cadendo, e la sua “storia” ci viene raccontata al contrario, attraverso l’inversione del filmato. Fenomeni incredibili ci stimolano a formulare ipotesi differenti. Soltanto quando non siamo in grado di trovare alcuna spiegazione razionale, siamo costretti ad avanzare un’ipotesi paranormale, pur sempre l’ultima elaborata dal nostro cervello. Se il nostro amico indovina 18 carte su 20, è naturale reagire con sorpresa, ma prima di essere sicuri di trovarsi di fronte a un sensitivo, è altrettanto naturale (e saggio) formulare qualche ipotesi alternativa. Perfino il dottor Venkman, durante il suo esperimento, scherza con la ragazza chiedendole se per caso la sua grande abilità non sia dovuta a un trucco: “Non è che per caso riesci a vederle? Mi stai fregando?” Svelare i trucchi con la matematica

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