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La lingua, la Bibbia, la storia. Su De vulgari eloquentia I PDF

205 Pages·2015·1.212 MB·Italian
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Preview La lingua, la Bibbia, la storia. Su De vulgari eloquentia I

I libri di Viella 195 ultimi volumi pubblicati: Gennaro Sasso Gennaro Sasso 176 Società e poteri nell’Italia medievale. Studi degli allievi per Jean- La lingua, la Bibbia, la storia Claude Maire Vigueur. A cura di S. Diacciati e L. Tanzini. 2014, 204 pp. Su De vulgari eloquentia I 177 D. Rando, Venezia medievale nella Modernità. Storici e critici della cultura europea fra Otto e Novecento. 2014, 476 pp. G In questo denso saggio, Gennaro Sasso ripensa le molte que- e 178 E. Ivetic, Un confine nel Mediterraneo. L’Adriatico orientale tra n La lingua, la Bibbia, la storia Italia e Slavia (1300-1900). 2014, 332 pp. stioni che si intrecciano nel primo libro del De vulgari eloquen- n tia e ne fornisce una puntuale interpretazione unitaria. a 179 “Guerra santa” e conquiste islamiche nel Mediterraneo (VII-XI r o secolo). A cura di M. Di Branco e K. Wolf. 2014, 196 pp. Particolare attenzione è stata dedicata al nesso che lega la na- S 180 Lo sguardo lungimirante delle capitali. Saggi in onore di Fran- scita del linguaggio alla dimensione edenica e alla condizione a s cesca Bocchi / The far-sighted gaze of capital cities. Essays in in cui l’uomo si trovò a vivere dal momento in cui, perduta s o honour of Francesca Bocchi. A cura di / edited by R. Smurra, H. l’iniziale felicità, entrò in contatto con il dolore e con la morte. Houben, M. Ghizzoni. 2014, 460 pp., ill. Deriva da qui l’interesse con cui nel libro è stato affrontato an- 181 L. Bufarale, Riccardo Lombardi. La giovinezza politica (1919- L 1949). 2014, 416 pp. che il tema della Torre di Babele, e la cura messa nel restituire a 182 Innocenzo XI Odescalchi. Papa, politico, committente (1611- il senso autentico di quel che si nasconde nella questione della li n 1689). A cura di R. Boesel, A. Menniti Ippolito, A. Spiriti, C. Stri- così detta dispersione delle lingue. g nati e M.A. Visceglia. 2014, 488 pp + 48 pp. ill. Attentamente studiati sono stati pure quegli aspetti che nel testo u a 183 M. Millan, Squadrismo e squadristi nella dittatura fascista. 2014, dantesco alludono alla situazione politica italiana, che emerge , 308 pp. a tratti in primo piano consentendo di cogliere la connessione la 184 La storia di genere in Italia in età moderna. Un confronto tra B che lega il trattato sulla lingua da un lato al Convivio, in parte storiche nordamericane e italiane. A cura di E. Brambilla e A. ib Jacobson Schutte. 2014, 468 pp. già scritto, e da un altro alla Commedia, che di lì a poco avrebbe b 185 G. Minchella, Frontiere aperte. Musulmani, ebrei e cristiani avuto inizio. ia , nella Repubblica di Venezia (XVII secolo). 2014, 384 pp. Un’analisi particolarmente approfondita è stata infine dedicata l a 186 E.C. Pia, La giustizia del vescovo. Società, economia e Chiesa allo studio, in relazione ad alcuni luoghi della Metafisica aristo- s cittadina ad Asti tra XIII e XIV secolo. 2014, 244 pp. telica, del modo in cui Dante spiegò il senso della venatio da lui to 187 Gli abitanti del ghetto di Roma, La Descriptio Hebreorum del r data al volgare illustre. i 1733. A cura di A. Groppi. 2014, 292 pp. + 16 pp. col. f. t. a 188 Il governo del popolo. 3. Dalla Comune di Parigi alla prima guer- Gennaro Sasso è professore emerito (già ordinario di Filo- ra mondiale. A cura di G. Bonaiuti, G. Ruocco e L. Scuccimarra. 2014, XVI+ 296 pp. sofia teoretica) presso la Sapienza-Università di Roma, so- 189 C. De Maria, Lavoro di comunità e ricostruzione civile in Italia. cio nazionale dell’Accademia dei Lincei, direttore dell’Istitu- Margherita Zoebeli e il Centro educativo italo-svizzero di Rimi- to italiano per gli studi storici di Napoli. Autore di molti libri ni. 2015, 240 pp. + 16 pp. ill. b/n Su De vulgari eloquentia I sul pensiero politico (Machiavelli, Guicciardini, Lucrezio) e 190 M. Di Branco, A. Izzo, L’elogio della sconfitta. Un trattato filosofico (Platone, l’idealismo italiano), con i nostri tipi ha inedito di Teodoro Paleologo, marchese di Monferrato. 2015, pubblicato Dante, Guido e Francesca (2008), Ulisse e il desi- 100 pp. 191 Fascismo/i e Resistenza. Saggi e testimonianze per Luciano Ca- derio (2011) e Storiografia e decadenza (2012). sali. A cura di D. Gagliani. 2015, 388 pp. 192 A. Pastore, Nella Valtellina del tardo Cinquecento. Fede, cultu- ra, società. 2015, XXVI + 174 pp. 193 Una rete di amicizie. Carteggi dalla koinonia di Ernesto Buona- it . qui va l’ISBN iuti, 1915-1927. A cura di O. Niccoli. 2015, 252 pp. a l 978-88-6728-331-6 194 B. Pasciuta, Il diavolo in Paradiso. Diritto, teologia e letteratu- el CODICE A BARRE In copertina: Attilio Runcaldier, Ritratto di Dante, metà XIX secolo. ra nel Processus Satane (sec. XIV). 2015, 272 pp. vi numeri EAN Ravenna, Museo Dantesco. 195 G. Sasso, La lingua, la Bibbia, la storia. Su De vulgari eloquen- w. dorso pp. 204 palatina tia I. 2015, 204 pp. w viella w € 25,00 I libri di Viella 195 Gennaro Sasso La lingua, la Bibbia, la storia Su De vulgari eloquentia I viella Copyright © 2015 - Viella s.r.l. Tutti i diritti riservati Prima edizione digitale: giugno 2015 ISBN 978-88-6728-475-7 (pdf) viella libreria editrice via delle Alpi, 32 I-00198 ROMA tel. 06 84 17 758 fax 06 85 35 39 60 www.viella.it Indice Prefazione 7 Premessa 11 1. Il latino e il volgare fra Convivio e De vulgari 13 2. «Nobilior est vulgaris» 39 3. La lingua di Adamo e la lingua naturale 59 4. La Torre di Babele e la confusio linguarum 115 5. Naturalità delle lingue e volgare illustre 127 6. Primiloquium adamitico e lingua naturale 135 7. Implicazioni politiche 149 8. La ricerca del volgare illustre 157 9. Altre questioni e implicazioni 167 10. La venatio filosofica 181 Indice dei nomi 199 Prefazione Il saggio che presento agli studiosi era stato concepito all’inizio come un piccolo contributo all’interpretazione del sedicesimo capitolo del primo libro del trattato linguistico di Dante. Mi proponevo di studiare con più stretta aderenza ai testi, al suo e a quello di Aristotele, l’uso che egli vi aveva fatto di alcuni passi della Metafisica. Ma mi riuscì impossibile con- tenerlo in quei limiti. Di questione in questione, non potei infatti evitare di risalire alle premesse del suo ragionamento, e di involgermi via via nelle difficoltà che la sua indagine proponeva. Se sia riuscito a risolverle o vi sia rimasto impigliato, non spetta a me di dire. Ma certo è che, nelle parti in cui si divide e si articola, il primo libro di questo incompiuto trattato latino presenta questioni assai meno semplici di quanto la nettezza delle formula- zioni non lascerebbe, a prima vita, supporre. Basti, in primo luogo, pensare alle pagine in cui Dante si mise in relazione con il racconto della Genesi e appoggiò a esso la sua interpretazione, non solo del primiloquium adami- tico, ma anche della natura dell’uomo che ne fu autore. Basti, in secondo luogo, pensare alla tentazione, a cui con difficoltà ci si sottrae, non solo, e non tanto, di dare un senso alle omissioni di cui il testo del De vulgari si rese responsabile, ma di andare, oltre la lettera, alla ricerca di significati più complessi: come avviene, per fare un solo esempio, quando, a misura che l’analisi compie i suoi passi, ci si trova costretti a rendere esplicito il nesso problematico sussistente fra la perdita dell’innocenza e la natura della lingua che Adamo e i suoi parlarono fino al momento in cui la sua unità si infranse nel dramma della Torre e lingue molteplici si sostituirono a quella che fino ad allora era stata l’unica. Che la lingua parlata dall’uma- nità dal momento della caduta fino a quello di Babele si conservasse una, è detto dalla Genesi e ripetuto da Dante. Ma la caduta aveva significato la 8 La lingua, la Bibbia, la storia perdita dell’innocenza e, con l’acquisto della conoscenza, l’entrata nella dimensione del tempo storico e della morte. Se è così, come poteva ritener- si che l’ydioma di coloro che, a partire dall’Adamo caduto, erano diventati uomini, avesse conservato il carattere che aveva prima che questo evento, per eccellenza traumatico, si determinasse, e, anche nella nuova dimensio- ne, potesse perciò esser detto sacratum? Certo non sarebbe stato possibile, se l’occhio e la mente si fossero diretti verso i significati più schietti. Ma quel che l’occhio e la mente vedono non sempre e necessariamente è quel che, nella loro letteralità, i testi dicono. Ne derivano due conseguenze che si pongono l’una in contrasto con l’altra. Per un verso, il limite dev’essere oltrepassato perché il senso meno ovvio non sfugga, e quel che sta sotto la superficie delle parole dette non sia sacrificato al rispetto bigotto di queste. Per un altro, non deve esserlo se alla lettera s’intenda recare l’omaggio che merita. Il che, in parole sempli- ci, significa che, nell’atto in cui si ubbidisce ai due diversi criteri della tra- sgressione, da una parte, e, da un’altra, della conformità al testo, non solo deve cercarsi di non perdere il difficile equilibrio richiesto dalla consape- volezza che entrambi sono irrinunziabili, ma anche si deve essere disposti ad attribuire alla coscienza di Dante qualcosa di più di quel che la sua parola esplicita avesse dichiarato. Quando a oggetto del proprio discorso si abbia Dante che legge un testo che, come quello della Genesi, per un verso richiedeva l’assoluto rispetto dovuto a ciò che è sacro, ma, per un altro, non poteva non costringere all’esegesi, alla rivelazione dei sensi meno ovvi e dei significati impliciti, e, in una parola, all’oltrepassamento della lettera, è difficile pensare che il secondo momento non dovesse avere la sua piena libertà di espressione, e che questa libertà non debba, in una certa misura, essere ereditata da colui che interpreta. Certo, lavorando sul filo di questo rasoio, non sempre si può esser certi di non esagerare, sia quando si «to- glie» sia quando si «aggiunge». Proprio il contrario, infatti, è vero: nessuna certezza, in una materia come questa, è conseguibile, tranquilli non si può essere in nessun caso, e la sensazione che si riceve dall’esegesi dedicata al non detto, tanto meno, tutto considerato, è piacevole quanto più appaia inevitabile. Interpretare un testo che, per una sua notevole parte, consiste nell’interpretazione di un altro, è impresa rischiosa perché implica un dop- pio lavoro; e tanto più quando il secondo testo sia la parte iniziale della Genesi. Questo, fra le altre cose, spiega perché, avendo più di una volta ritenuto che questo scritto fosse giunto al traguardo, altrettante ho dovuto riaprirlo per condurlo a un più soddisfacente livello, ogni volta avendo Prefazione 9 dovuto constatare che, senza dubbio, in alcune sue parti, l’opera di Dante offriva difficoltà superiori a quelle affrontate; sì che occorreva di nuovo mettersele di fronte e considerarle nella loro particolarissima insidiosità. Negli ultimi tempi, il De vulgari eloquentia ha ricevuto contributi no- tevoli anche, e forse soprattutto, nella sua prima parte; che è quella alla quale la presente esegesi si rivolge. Dei due commenti recentemente usciti, di Mirko Tavoni e di Enrico Fenzi, e anche di quello di Irène Rosier-Ca- tach, ho potuto tener conto quando il lavoro era già vicino a una delle sue conclusioni. Ma ho potuto farlo, tuttavia, con una certa larghezza, sebbene abbia evitato di tenere sempre aperto il conto dei consensi e dei dissensi che la lettura di questi contributi via via suscitava in me. Dei primi ho dato conto soltanto quando tacerne sarebbe stato disonesto; dei secondi quando la mancata menzione avrebbe procurato al lettore un supplemento di fatica. Del resto, di come abbia tenuto conto della letteratura, di ieri e di oggi, sull’argomento, il lettore si renderà conto leggendo. Ma ora che è sul punto di oltrepassare la soglia e di entrare in medias res, desidero avvertirlo che, sebbene abbia cercato di non farmi sfuggire le cose importanti, a esser cita- te sono state soprattutto quelle che, nel consenso o nel dissenso, attrassero in particolar modo la mia attenzione e resero più acuto il mio interesse. Un libro dedicato a Dante rischierebbe di trasformarsi in un’enciclopedia di titoli se a tutto si facesse spazio. Ma un libro dedicato a Dante non è, non può e non deve essere, un’enciclopedia di titoli. g.s.

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