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La lingua de Lo Cunto de li cunti di Giambattista Basile PDF

793 Pages·2008·4.49 MB·Italian
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DOTTORATO DI RICERCA IN FILOLOGIA MODERNA CICLO XVII (2002-2005) La lingua de Lo Cunto de li cunti di Giambattista Basile tutori: PROFF. PATRICIA BIANCHI, NICOLA DE BLASI, ROSANNA SORNICOLA candidata: coordinatore: DOTT. CAROLINA STROMBOLI PROF. COSTANZO DI GIROLAMO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA MODERNA 2005 2 INDICE CAPITOLO I LO CUNTO DE LI CUNTI: IL CONTESTO E L’OPERA 1. IL CONTESTO STORICO-LETTERARIO E LINGUISTICO 9 2. LA SCELTA LINGUISTICA DI GIAN ALESIO ABBATTUTIS 14 3. L’OPERA 19 3.1 La struttura e i contenuti 19 3.2 Le edizioni 26 3.3 Le traduzioni in italiano 30 CAPITOLO II LA LINGUA DEL CUNTO: PRELIMINARI AL COMMENTO LINGUISTICO 1. UNA LINGUA INVENTATA? 39 2. IL CUNTO TRA CONSERVAZIONE E INNOVAZIONE 43 3. SINTASSI E STILE NEL CUNTO 48 4. ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO 55 CAPITOLO III GRAFIA E FONETICA 1. INTRODUZIONE 59 2. OSSERVAZIONI SULLA PUNTEGGIATURA E SULLA GRAFIA 60 I. VOCALISMO 1. METAFONIA 63 1.1.Dittongamento metafonetico di Ĕ tonica 64 1.1.1. Forme con dittongo ie 67 1.1.2. Alternanza tra forme dittongate e forme senza dittongo 70 1.1.3. Forme che non presentano mai il dittongo 72 1.2.Dittongamento metafonetico di Ŏ tonica 73 1.2.1. Forme con dittongo ue 73 1.2.2. Forme con dittongo uo 77 1.2.3. Alternanza tra forme dittongate e forme senza dittongo 81 1.2.4. Forme che non presentano mai il dittongo 82 1.3. Chiusura metafonetica di Ē, Ĭ toniche 82 1.3.1. Forme con chiusura metafonetica 83 1.3.2. Alternanza tra forme metafonetiche e forme non metafonetiche 86 1.3.3. Forme che non presentano metafonesi 86 1.4.Chiusura metafonetica di Ō, Ŭ toniche 86 1.4.1. Forme con chiusura metafonetica 86 1.4.2. Alternanza tra forme metafonetiche e forme non metafonetiche 90 2. ESITI DI AU 90 3 3. VOCALISMO ATONO 92 3.1. Vocali protoniche 92 3.1.1. Atona iniziale 92 3.1.2. E, i protoniche 94 3.1.3. O, u protoniche 101 3.2.Vocali postoniche 102 3.3.Vocali finali 104 II. CONSONANTISMO 1. BETACISMO 109 2. OCCLUSIVE SORDE E SONORE 116 3. EVOLUZIONE DI L 119 3.1. Rotacismo 119 3.2. Velarizzazione 121 3.3. Dileguo 122 4. NESSI CONS. + L 123 4.1. Esiti di CL 125 4.2. Esiti di GL 125 4.3. Esiti di BL 126 4.4. Esiti di PL 127 4.5. Esiti di FL 130 5. NESSI CONSONANTE + J 134 5.1. Esiti di BJ/VJ 134 5.2. Esiti di CJ 135 5.3. Esiti di TJ 138 5.4. Esiti di DJ, J, GJ/GE 139 5.5. Esiti di PJ 141 5.6. Esiti di SJ 141 6. S POSTCONSONANTICA 142 7. ASSIMILAZIONI E DISSIMILAZIONI 144 7.1. Assimilazione -nd- > -nn- 146 7.2. Assimilazione -mb-/-nv- > -mm- 149 7.3. Altre assimilazioni e dissimilazioni 150 8. RADDOPPIAMENTO E SCEMPIAMENTO DI CONSONANTI 151 8.1. Raddoppiamento di m 151 8.2. Raddoppiamento di altre consonanti 153 8.3. Scempiamento di consonanti 157 8.4. Raddoppiamento fonosintattico e variazione consonantica 159 III. FENOMENI GENERALI 1. INTRODUZIONE 160 2. APOCOPE 161 3. EPITESI 163 4. EPENTESI 164 5. SINCOPE 165 6. METATESI 166 7. PROSTESI 167 8. AFERESI 168 4 CAPITOLO IV MORFOLOGIA I. MORFOLOGIA NOMINALE 1. NOMI E AGGETTIVI: CLASSI FLESSIONALI E METAPLASMI 171 2. IL GENERE NEUTRO 186 3. COMPARATIVO E SUPERLATIVO 190 3.1. Intensificazione per raddoppiamento 191 4. GLI ARTICOLI 193 5. LE PREPOSIZIONI ARTICOLATE 197 6. I PRONOMI PERSONALI 201 6.1. I pronomi personali tonici 201 6.2. I pronomi personali atoni 203 7. IL POSSESSIVO 206 8. I DIMOSTRATIVI 208 9. GLI INDEFINITI 215 10. GLI INTERROGATIVI 220 11. I NUMERALI 220 II. MORFOLOGIA VERBALE 1. OSSERVAZIONI GENERALI 220 2. IL PRESENTE INDICATIVO 221 2.1. Le desinenze 221 2.2. Ampliamenti velari alla 1a pers. sing. 223 3. L’IMPERFETTO 225 4. IL PERFETTO 227 5. IL FUTURO 237 6. IL CONGIUNTIVO 241 7. IL CONDIZIONALE 245 8. L’INFINITO 247 9. IL PARTICIPIO PASSATO 249 10. IL GERUNDIO 252 11. VERBI IRREGOLARI 252 CAPITOLO V TRA MORFOLOGIA E LESSICO: COMPOSIZIONE E ALTERAZIONE 1. LA «FANTASIA VERBALE» DI BASILE 261 2. I COMPOSTI VERBO + NOME 266 3. I SUFFISSI VALUTATIVI 290 3.1. Introduzione 290 3.2. Diminutivi e vezzeggiativi 293 3.2.1. I suffissi -iello, -illo, -ollo 294 3.2.2. I suffissi -ino, -etto, -otto 331 3.2.3. Il suffisso «olo 337 3.2.4. I suffissi -olo e -uolo 352 3.2.5. I suffissi -iccio/-izzo e -uccio/-uzzo 356 3.3. Accrescitivi e peggiorativi 358 5 CAPITOLO VI SINTASSI I. SINTASSI NOMINALE 1. USO DEL POSSESSIVO 376 2. LA POSIZIONE DEI CLITICI 383 II. SINTASSI PREPOSIZIONALE 1. IL COMPLEMENTO OGGETTO PREPOSIZIONALE 394 2. USO DELLA PREPOSIZIONE A 398 3. ALTRE PREPOSIZIONI 407 III. SINTASSI VERBALE 1. USO DEI TEMPI E DEI MODI 415 2. IL DOPPIO IMPERATIVO 421 3. L’ACCORDO DEL PARTICIPIO PASSATO E LA SCELTA DELL’AUSILIARE 424 4. LE PERIFRASI VERBALI CON AVERE 439 5. LE PERIFRASI CON IL GERUNDIO 442 IV. PARATASSI E IPOTASSI 1. ALCUNI USI DELLA CONGIUNZIONE E 444 2. LE SUBORDINATE ESPLICITE 448 2.1. Le subordinate esplicite e gli usi di che/ca 448 2.2. Le frasi relative 451 2.3. Le frasi consecutive 468 2.4. Le frasi causali 473 2.5. Le frasi temporali 476 2.6. Le frasi finali 479 2.7. Le frasi concessive 480 3. LE SUBORDINATE IMPLICITE 481 3.1. Le subordinate al participio 481 3.2. Le subordinate al gerundio 489 V. ORDINE DELLE PAROLE 1. INTRODUZIONE 499 2. L’INIZIO DEI CUNTI E L’ORDINE VERBO - SOGGETTO 499 3. LE DISLOCAZIONI 513 4. L’INTERPOSIZIONE 518 BIBLIOGRAFIA 520 APPENDICE NOTA AL TESTO 538 TESTO: LO CUNTO DE LI CUNTI 540 I GIORNATA ’Ntroduttione (I.Int.) 540 Lo Cunto dell’Huerco (I.1) 544 6 La mortella (I.2) 548 Peruonto (I.3) 553 Vardiello (I.4) 558 Lo polece (I.5) 561 La Gatta Cennerentola (I.6) 565 Lo mercante (I.7) 568 La facce de crapa (I.8) 575 La cerva fatata (I.9) 579 La vecchia scortecata (I.10) 582 La Coppella (I.Egl.) 588 II GIORNATA II.Ap. 609 Petrosinella (II.1) 609 Verde Prato (II.2) 612 Viola (II.3) 615 Cagliuso (II.4) 618 Lo serpe (II.5) 621 L’orza (II.6) 626 La palomma (II.7) 630 La schiavottella (II.8) 637 Lo catenaccio (II.9) 639 Lo compare (II.10) 642 La tenta (II.Egl.) 645 III GIORNATA III.Ap. 654 Cannetella (III.1) 654 La Penta mano mozza (III.2) 658 Lo viso (III.3) 664 Sapia Liccarda (III.4) 669 Lo scarafone, lo sorece e lo grillo (III.5) 672 La serva d’aglie (III.6) 677 Corvetto (III.7) 680 Lo ’ngnorante (III.8) 683 Rosella (III.9) 687 Le tre fate (III.10) 691 La stufa (III.Egl.) 696 IV GIORNATA IV.Ap. 703 La preta de lo gallo (IV.1) 703 Li dui fratielle (IV.2) 706 Li tre ri animale (IV.3) 712 Le sette cotenelle (IV.4) 716 Lo dragone (IV.5) 719 Le tre corone (IV.6) 724 Le doie pizzelle (IV.7) 729 Li sette palommielle (IV.8) 732 Lo cuorvo (IV.9) 740 La soperbia casticata (IV.10) 746 La vorpara (IV.Egl.) 750 V GIORNATA 7 V.Ap. 759 La papara (V.1) 761 Li mise (V.2) 763 Pinto Smauto (V.3) 766 Lo turzo d’oro (V.4) 769 Sole, Luna e Talia (V.5) 775 La sapia (V.6) 777 Li cinco figlie (V.7) 780 Ninnillo e Nennella (V.8) 783 Le tre cetra (V.9) 786 Scompetura (V.10) 792 8 CAPITOLO I LO CUNTO DE LI CUNTI: IL CONTESTO E L’OPERA 1. IL CONTESTO STORICO-LETTERARIO E LINGUISTICO Lo cunto de li cunti, «il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari» (Croce 2001b: XI), è un classico della tradizione letteraria napoletana. Scritto dal letterato e cortigiano napoletano Giovan Battista Basile (Napoli, 1570/15721 – Giugliano, 1632) nei primi decenni del ’600, e pubblicato, postumo, a Napoli tra il 1634 e il 1636, il Cunto è stato definito da Croce «il più bel libro italiano barocco». Lo cunto de li cunti si colloca in un momento particolarmente significativo della storia linguistica e letteraria del napoletano, storia a cui è necessario dare uno sguardo, prima di passare alla descrizione del testo basiliano e della sua lingua. 1 È questa la datazione proposta da Fulco (1985), sulla base degli indizi autobiografici presenti in due passi, III 5 e II 5, della favola piscatoria Le avventurose disavventure, verosimilmente composta nel 1610, la cui princeps è del 1611 (Napoli, G.B. Gargano e L. Nucci, un esemplare alla Biblioteca Univ. di Bologna). I due passi sono i seguenti: III 5: Saprai dunque, ch’in prima gli occhi apersi/In questa propria riva al chiaro giorno,/Né meraviglia fia, se conosciuto/Per cittadin non son, mentre mi rende/Lungo peregrinar tanto diverso/D’Habito, e di costumi./Né tanto i miei primi anni/Spesi in apprender l’arti/Di sagace nocchier, e come, e quando/Debbian le Navi altere uscir dal porto,/O star legate in più sicuro lido;/Quando poi, ch’io fui giunto/Nel mezzo del camin della mia vita,/Nuovo spirto m’accese/A miglior studio, e benché augel palustre/I’ mi conobbi, pur tentai di pormi/Co’ i più bei Cigni al paro./Ma quando io più credea,/Ch’avvalorarmi in acquistar gli allori/Dovesse la mia patria, io vidi all’hora/Chi più amarmi dovea pormi in non cale/(Dura condition di nostra etade/Che di suoi figli stessi/L’alte virtù la propria madre aborre)./Ond’io fuggir disposi/L’ingrate rive, e gir cercando altrove/La mia fortuna. […]. II 5: Non ti apporti stupor, se non so darti/D’Afronio, che tu cerchi/Contezza alcuna, poich’essendo homai/Del diciottesimo anno/Chiuso il cerchio, dal dì, ch’io peregrino/Di Sirena lasciai la patria riva,/Son già quasi stranier di questi lidi […]. Il secondo di questi passi, in cui si apprende che Nifeo, alter ego dell’autore, è rientrato a Napoli dopo un distacco di 18 anni (data di stesura 1610 - 18 anni = 1592, data della partenza di Basile da Napoli), era sfuggito ai biografi precedenti; del primo Fulco dà una nuova, e più convincente, interpretazione: «in III 5 emergono due elementi: 1) quando lo scrittore aveva la metà degli anni che ha quando scrive (e quando il personaggio autobiografico parla) c’è stata in lui una svolta, la scommessa della poesia; 2) il tentativo di inserirsi nell’élite poetica e di affermarsi letterariamente e socialmente fallisce e determina l’abbandono della patria ingrata. Arretrando dal 1592 (anno di partenza secondo II 5) per l’arco di tempo che sarà trascorso tra scoperta dell’amore per le Muse e cocente amarezza per l’indifferenza (o rifiuto?) si arriva al punto mediano del tragitto biografico vissuto. Siamo al passaggio più delicato sotto il profilo congetturale; mi orienterei […] tra uno e due anni. Se ne consideriamo uno, la metà della semiretta dell’esistenza assommerà a 19, l’età, nel 1610, sarà di 38 anni, la data di nascita andrà collocata nel 1572; se ne consideriamo due si avranno invece i seguenti dati: 20, 40 anni, 1570. Entrambe queste indicazioni sono compatibili con la ricostruzione di Croce» (Fulco 1985: 405). In precedenza, Croce, nella sua esauriente ricostruzione della vita di Basile, aveva invece datato la nascita al 1575, in base al solo passo III.5 (cfr. Croce 1911: 4). 9 È giunta fino a noi una vasta documentazione di testi, letterari e non letterari, in napoletano antico che, già a partire dal ’300, ci permette di seguire l’evoluzione del napoletano e i cambiamenti intervenuti in questo dialetto nel corso dei secoli. Si tratta nella maggior parte dei casi di testi in cui vi è un uso «spontaneo» del dialetto, l’autore cioè non ha la consapevolezza di usare un idioma diverso dalla lingua letteraria. Ma già molto prima della fioritura letteraria seicentesca troviamo esempi di «uso riflesso» del napoletano, che si differenzia da quello popolare e spontaneo perché gli autori, pur conoscendo bene la lingua letteraria, adottano il dialetto per una scelta volontaria e consapevole (cfr. Croce 1927); l’autore dialettale, cioè, «opta per il dialetto (magari stilizzato e già codificato) pur avendo accesso ad uno strumento comunicativo di maggior prestigio sociolinguistico e di più ampia diffusione diatopica e diastratica» (Paccagnella 1994: 497)2. Il primo caso di uso riflesso del napoletano è l’Epistola napoletana di Giovanni Boccaccio del 1339 (cfr. Sabatini 1996b), nella quale il napoletano è usato come un dialetto, come una lingua locale di validità limitata, in contrapposizione al toscano, lingua letteraria «vera». Il testo, scrive Sabatini (ib.: 446) «rappresenta un esperimento, una prova di assunzione del vero e proprio parlato nella scrittura». 2 Sulla «letteratura dialettale riflessa» è fondamentale il saggio di Croce La letteratura dialettale riflessa, la sua origine nel Seicento e il suo ufficio storico (Croce 1927). Secondo Croce la letteratura dialettale riflessa nasce nel ’600, a Napoli proprio con Basile e Cortese, per due motivi: 1) perché presuppone come antecedente e punto di partenza una fiorente letteratura nazionale, cui affiancarsi: suo movente principale, infatti, «non che essere l’eversione e la sostituzione della letteratura nazionale, era, per contrario, l’integrazione di questa, la quale le stava dinanzi, non come un nemico, ma come un modello» (Croce 1927: 227); 2) per rispondere alla ricerca del nuovo e dello strano, della sorpresa e dello stupore, propria della poetica barocca; in questo senso, la letteratura dialettale riflessa rientrerebbe a pieno in quell’oziosità letteraria tipica del ’600, anche se poi lo stesso Croce ammette che non tutta la letteratura riflessa è così «oziosa». A Croce va certamente il merito di aver superato la «considerazione pregiudiziale degli scrittori dialettali come minori di interesse non più che locale» (Stussi 1993: 44). Ma proprio Croce, restringendo ad una modalità caricaturale, prosodica e subalterna l’uso dell’espressione dialettale, ne ha sottovalutato «l’aspetto di varietà linguistico-letteraria cosciente della selezione di registro che realizza e delle proprie potenzialità di alternativa espressiva alla linea dominante del classicismo toscano» (Paccagnella 1994: 498). Tale sottovalutazione porta a considerare la letteratura dialettale come fondata sull’uso di una lingua di per sé considerata inferiore, mentre invece, secondo Paccagnella, la scelta dialettale puntata sul realismo è una rigorosa operazione culturale. Per quanto riguarda la posizione di Croce secondo cui la letteratura riflessa si sviluppa in parallelo, e non in contrapposizione alla letteratura in lingua, di parere diverso è Enrico Malato, che, con specifico riferimento alla realtà napoletana del Sei-Settecento, segnala invece un atteggiamento oppositivo: «nel momento in cui si acquista consapevolezza che la lingua toscana è ormai diventata la lingua italiana, che una certa cultura regionale è diventata egemone e si è imposta definitivamente come la cultura della nazione, c’è un’altra cultura regionale, quella napoletana – o meglio: una certa cultura napoletana – che rifiuta un’egemonia straniera, e propone la propria lingua, la lingua della tradizione locale, come la lingua di una letteratura alternativa» (Malato 1996: 265-266). Sul dibattito attorno alla letteratura dialettale riflessa cfr. anche Segre (1974b), Contini (1970), Beccaria (1975), Stussi (1993), Paccagnella (1993) e (1994). 10

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Lo cunto de li cunti, «il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di smascherata e uccisa, Zoza sposa il principe e il Cunto si chiude.
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