BIBLIOTECAU NIVEHS.\LI~ ) LA LIBERTA" DI GIOVANSNTIU ARMTI LL -- TRADUZIONE1 TALI.ANA .A.:QN ALDO .AGNELL2 MILANO SOC'lr.TÀ En!TRICE S0N7nn~o 14 - Vin Pnqquirolo - H • l'llOl'Hll,;'J \ 1,1·:rrt:ll \III,\ UJ~EH\".\T\ l[ilun:,, 1911. • GIOVANSNTIU ARMTI LL Giovanni Stuart Mili nacque a Londra nel 18o6. Il padre di lui, Giacomo Mili, storico ed economista di qualche valore, scolaro di Bentham ed intimo amico di Ricardo, sottopose il suo promettente in geg110 nel un sistema di educazione che ne sviluppò assai per tempo le forze: giovinetto ancora, lo Stuart Mili conosceva perfettamente il latino, il weco, la storia, specialmente antica: dopo alcuni mes, pas sati nel 1810 in Francia, ritornò in patria, studiò li losofia e giurisprudenza, e ottenne, sotto la dipen denza del padre, un posto negli u!]1ci amministrativi della Compagnia delle Indie, che èonservò dal 1813 al 1~58. Fu, per qualche anno, membro della Camera dei Comuni, mandatovi dagli elettori di Westmin ster. Ritiratosi negli ultimi anni ad Avignone in Francia, vi moriva nel 1873. L'ingegno dello Stuart Mili si esplicò nelle forme più svariate: scrisse di filosofia seguendo e modifi 1 cando dapprima l'utilitarismo cti Geremia Bentham, poi subendo l'influenza del positivismo di Augusto Comte, col quale egli ru in corrispondenza ed ami cizia; pubblicò un Sistema di logica; patrocinò arden temente quelle riforme agrarie d'Irlanda, di cui già si faceva sentire la necessità. Ma il maggior titolo di gloria a cui il nome di lui si lega sono, senza dubbio, i suoi scritti in materia di economia politica e di diritto pubblico. Seguace, in economia, della scuola classica, quale in Inghil terra l'avevano costituita Adamo Smitb, l\1.altbu.s Ricardo, egli si occupò nondJmeno con amore d11 questioni operaje, accettando e svolgendo a questo proposito delle idee prettamente moderne; coi suoi lavori poi sul Governo rappresent,,tivo, sulla Sogg,· ,ione delle donne e con questo saggio di cui presen tiamo una traduzione al lettore italiano, egli prese posto fra i primi pubblicisti d'Europa. Propugnò la rappresentanza delle minoranze; fu un apostolo intelligente ed appassionato di quel com- 4 .,,. GIOVANNI STUART MILL. plesso d1 riforme che si comprendono sotto il nome di • Emancipazione della donna ,, : sopratutto, col presente lavoro sulla Ubertà, si pose in una decisa posizione di combattimento contro quelle tendenze ad allargare le funzioni del potere sociale, che, por tato inevitabile di nuovi tempi e di nuove condizioni, debbono essere per altro energicamente frenate in ciò che hanno d1 eccessivo e di tirannico. Questo libro è uscito per la prima volta a Londra nel 1859. Eppure, esso non è invecchiato, non ha per duto d'interesse nè di sapore d'attualità; anzi, il giu dizio del tempo ha dato alle idee che vi sono svolte una cosi incontestata ragione, che la loro importanza e la loro autorevolezza ne è cresciuta d'assai. Non ho creduto bene di premettere al libro un cosi detto proemio critico. Davanti ad una mente come quella dello Stuart Mili, davanti ad un lavoro come questo, un ~iudizio sarebbe facilmente avven tato: è bene che il lettore se lo formi da sè, secondo i suoi convincimenti e le sue tendenze. Certo è che, se il libro ottenesse in Italia quel suc cesso e quella di!fusione che pur troppo non gli me riterà la povera veste ch'io gli bo saputo dare, esso potrebbe fare qualche po' di bene. La dimostrazione limpida, pacata, serena che la libertà non è soltanto un astratto diritto teorico, ma anche una condizione im· prescindibile- di saldo progresso civile, potrebbe con tribuire a di!fondere nel nostro paese quel senso della libertà di cui, in tante occasioni, si constata malinconi• ca mente l'assenza. Oso raccomandare in modo specia le, a chi segue ciecamente l'impulso di certi pregiudizt e di ceni timori, quel piccolo capolavoro che è il ca pitolo secondo, sulla libertà di pensiero e di parola. Se, ad ogni modo, l'intento di sgombrar dalle menti qualche falsa opinione, d'inse~nare a qualcuno un po' di tolleranza in fatto di relig10ne e d1 politica, fosse, anche in minima parte, raggiunto, io sarei esuberan• temente compensato del mio modesto lavoro. Geunajo, 189J. ARNALDO AGNELLI. 11 gran principio, !I principio dominante, a cui mettono capo tutti gli argomenti esposti in queste pagin~, è l'impòrtanza es• scntiale cd assoluta dello sviluppo umano in tutta la ricchezza della sua varietà. GUGLIELMO 01 Hu>iaOLDT. - Dtlla sfera d'a::.iouc I dii dovtJri dii gov1ruo. lo dedico questo volume alla cara e lagrimata memoria di colei che fu l'inspiratrice, e in parte l'au trice, di quanto v'ha di meglio ne' miei lavori: alla memoria dell'amica e della sposa, il cui fervido senso del vero e del giusto fu il mio più vivo incoraggia mento - la cui approvazione fu la mia ricompensa più al.ta. Come tutto quello ch'io ho scritto da molti anni, questo volume è tanto opera sua '-{Uanto mia, ma il libro, quale ora si presenta, non ha goduto se non ìn grado molto insu!fìciente il vantaggio inestimabile d'esser riveduto da lei: qualcuna delle parti pii.i im portanti era riservata ad un secondo e più accurato esame, che ormai non è destinata a ricevere mai pii.i. S'io sapessi interpretare la metà soltanto dei grandi pensieri, dei nobili sentimenti che sono con essa se polti, il mondo ne coglierebbe un frutto ben mag giore che da tutto quello ch'io posso scrivere, senza l'inspirazione e l'assistenza della sua impareggiabile s 1ggezza. G. STIJART 1\1,c.L. , Il • ' l I/ LA LIBERTÀ CAPITOLO PRIMO INTl{ODUZIONE, li soggelto di questo lavoro non è il così dello libero arbitrio tanto infelicemente opposto a quella che mal si chiama dottrina di necessità filosofica, ma bensì la libertà sociale o civile, cioè la natura e i limiti del potere che la Società può le~ittimamente esercitare sull'individuo: que stione posta d1 rado e forse non discussa mai in termini gc-, nerali, ma che colla sua presenza inavvertita ha una profonda influenza sulle controversie pratiche del secolo e probabil mente sarà benlosto riconosciuta come la questione vitale dell'avvenire. Questa questione è si lungi dall'esser nuo,,a, che, in un certo senso, es:m ha diviso l'umanità, fin quasi dai tempi più remoti. Ma essa si presenta sotto nuove forme nell'epoca di progresso in cui ora sono entrati i gruppi più civili della SJ;lecieu mana, ed è necessario tra!tnrln in modo diverso e piu fondamentale. La lotta tra libertà ed autorità è la nota caratteristica di quelle epoche storiche che ci divengono a prima giunta fami liari nelle storie greca, romana ed mglese. Ma, in altri tempi, la lotta era tra i sudditi, o qualche classe di sudditi, e il go verno: per libertà, s'intendeva la protezione contro la tiran nia dei governanti politici. Questi (tranne che in qualche città democratica di Grecia) sembravano in una posizione necessa riamente nemica nl popolo da essi governato, In altri tempi il governo era in generale tenuto da un uomo o da una tribù o 8 LA LIBERTÀ Ja una casta che derìvàva la propria autorità dal diritto di conquista o dl successione, - in nessun caso dal consenso dei governati - e di cui gli uomini non osa vano fors'anche non desideravano di porre in dubbio la supr~mazia, pure prendendo qualche precauzione contro l'esercizio oppressivo di essa. Si considerava allora il po tere dei governanti come necessario, ma anche come alta mente pericoloso; come un'arma ch'essi avrebbero tentato di usare tanto contro i loro sudditi Quanto contro i nemici esterni. Per 'impedire che i membri pfù deboli della collet tività fossero divorati da innumerevoU avoltoi, era indi :;pcnsnbile che un uccello da rapina più forte degli altri rosse incaricato di frenare questi animali voraci; ma poichè il re degli avolloi non sarebbe stato meno disposto a di vorare il greggio di nessuna delle arpie minori, così biso gnava tenersi sempre sulla difensiva contro il suo becco e contro i suoi artigli. Per questo, scopo dei 1;1atriotie ra di assegnare dei limili al potere che i governanti dovessero esercitare sulla collet tiv1Là; questo essi intendevano per libertà. Vi si tendeva in due modi; anzitutto, coli ottenere il riconoscimento di certe immunità, dette libertiì o diritti politici, che, secondo l'opinione generale, il ç-overno non poteva impunemente violare sen:za 1nancar dJ parola e senza correret ben n. ra gione, il rischio di una resistenza particolare o di una ri bellione generale. Un altro espediente, piti recente in ge nerale, era lo stabilire dei freni costituzionali, per mezzo dei quali il consenso della comunità o di un corpo qua lunque, supposto rappresentante degl'interessi di questa, era condizione necessaria di qualcuno fra gli atti impor tanti di governo. Nella maggior parte dei paesi d'Europa, 11g overno è stato costretto, più o meno , a sottomettersi alla prima di queste restrizioni. Non avvenne lo stesso per la seconda ; e 11 potervi giungere o, quando fino a un certo punto già la si possedeva, il giungervi più completamente, divenne dappertutto principal fine degli amici di libertà. E fincbè l'umanità si contentò di combattere un nemico col l'altro, e d'esser governata da un padrone , a condizione d'esser piti o meno efficacemente garantita contro la sua tirannia, i desideri dei liberali non si elevarono pii1 alto. Pure, nel cammino delle cose umane, venne un momento in cui gli uomini cessarono di considerare come natural mente necessario cbe i loro governanti costituissero un potere indipendente, d'un interesse opposto al loro. Parve ad essi assai meglio che i vari magistrati dello Stato fos sero loro rappresentanti o delegati, revocabili a loro pia cimento. Sembrò che solamente a questo modo l'umanità potesse avere la completa assicurazione che non.si sarebbe mai, a suo danno, abusato dei poteri del governo. A poco CAPITOLO PRIMO, 9 a poco, questo nuovo bisogno di governanti eletti v1 e tem poranei divenne l'obbietto principale delle agitazioni del partito popolare, dovunque ce n'era uno, e allora si abban donarono quasi dappertutto gll sforzi precedenti per limi tare il potere del governant.i. Poichè in questa lotta si trattava di far emanare il potere di governo dalla scelta periodica dei governati, alcu11i cominciarono a credere che si era attribuita troppa importanza all'idea di li miL are il potere stesso. Questo (a ciò che pareva) era un vantaggio contro quei governanti i cui interessi erano abitualmente opp~sti a quelli ~el popolo; ma ciò che allora occorreva, era che 1 governanti fossero una cosa sola col popolo, che il loro interesse e la loro volontà fossero l'interesse e la vo lontà della nazione. La nazione non avea bisogno d'esser protetta contro la sua propria volontà: non c'era da temere ch'essa si tiranneggiasse da sè. E poichè i governanti di una nazione erano efficacemente responsabili verso di essa, prontamente revocabili qµando a questa piacesse, sì poteva bene affidar loro un potere di cui la nazione stessa aveva il mezzo di prescrivere l'uso. Il loro potere non era che lo stesso potere della nazione, concentrato e messo in una forma comoda per essere esercitato. Questo modo di pen sare o forse piuttosto di sentire era comune, nell'ultima generazione dei liberali europei, fra i quali prevale ancora sul continente. Quelli che pongono qualche limite a ciò che un governo può fare, tranne il caso di governi tali che, 5econdo essi, non dovrebbero esistere, sono, fra i pensatori del continente, segnali a dito come brillanti eccezioni. Un tal modo di sentire potrebbe, nell'ora che volge, prevalere anche nel nostro paese, se le contingenze che per un dato tempo l'incoraggiarono non l'avessero mutato dappoi. Ma nelle teorie politiche e lìlosolìche, come nelle persone, il successo lascia scorgere dei difetti e dei lati deboli che l'insuccesso avrebbe potuto nascondere. L'idea che i popoli non hanno bisogno di limitare il loro 1:otere su loro stessi poteva sembrare assiomatica quando 11g overno popolare era una cosa di cui ci si limitava a sognar l'esistenza o a lcg_gerla nella stol'ia, in qualche epoca molto remota. \,luesto concetto non fu necessariamente turbato da tran sitorie aberrazioni, come quelle della rivoluzione francese, ui cui le peggiori furono opera di una minoranza usurpa trice e che, in ogni caso, non rappresentavano l'azione per manente delle instituzioni popolari, ma una esplosione su bitanea e convulsiva contro il dispotismo monarchico ed aristocratico. Frattanto, a tempo opportuno, una repubblica democratica venile ad occupare una larga superlìc[e della terra e divenne una delle parti più potenti della comu nità delle nazioni. D'allora in poi, il governo elettivo e responsabile divenne l'obbietto di quelle osservazioni e di 10 LA LIBERTÀ quelle critiche che si dirigono a qualunque grande fatto esistente. Ci si accorse ntlora che certe frasi, come« il po tere su sè stesso > e « il potere dei popoli su loro stessi, » non esprimevano il vero stato delle cose; il popolo che esercita il potere non è sempre quello stesso su cui lo si esercita, e il governo di sè stesso di cui si pnrln non è il governo di ciascuno tenuto da lui stesso, ma di ciascuno tenuto da tutli gli altri. Inoltre, volontà del popolo significa, praticamente, volontà della parte più numerosa cd attiva del popolo - della maggioranza insomma, o di quella che riesce a passare per tale. Di conseguenza, il popolo può desiderar di opprimere una parte di sè stesso, e le J?recau zioni sono, a questo riguardo, utili allretlanto che contro qualunque altro abuso di J.>Otere. Per queste ragioni è sempre importante limitare 11 potere del governo sugl'in dividui, anche quando i governanti siano regolarmente re sponsabili verso la comunità, o cioè verso il partito che nella comunità prevale. Questo modo di lumeggiare l'ar gomento non ha duralo fatica a farsi accettare: esso si r"ccomanda ugualmente all'intelligenza dei pensatori e alle tendenze di quelle classi notevoli dclii\ società europea che considerano la democrazia come ostile ai loro interessi Cosi orn si pone, nelle speculazioni politiche, la tirannia della maggioranza nel novero dei mali contro di cui la so dclà deve premunirsi. Come le altre tirannie, quella della maggioranza fu dap prima ed è volgarmente ancora temuta, sopratutto in quanto agisce por mezzo degli atti della pubblica autorità. Mn ogni attento osservatore si accorse che. quando 111so cieta è essa stessa il ti ranno - la società collettivamente, rispetto ai singoli individui che la compongono - i suoi mezzi di tiranneggiare non si restringono ai:..lia lti eh 'essa comanda ai suoi funzionari politici. La societa può eseguire, cd ese guisce essa stessa, i suoi propri decreti; e, se ne emana di ~altivi, o se ne emana a proposito di cose in cui non do vrebbe entrare, essa esercita una tirannia sociale più for mid11biled i qualunque oppressione legale: in realtà. se una tal tirannia non dispone di penalità altreltunto grnvi, lasciu però minor mezzo di sfuggirle; perchè penetra ben più llddcntru nei particolari della viln cd incatena l'anima stessa. Per questo, la protezione contro la tirannia del magi strato non basta. Dappoichè In società ba la tendcn~a: l. 0 d'imporre come regole di condotta, con mezzi che non entrano nelle penalità ci\•ìli, le sue idee e i suoi costumi a quelli che se ne staccano - 2.0 d'impedire lo sviluppo e, per quanto è possibile, la formazione di qualunque indivi dualità spietata - 3.0 di costringere tutti i caratteri n mo dellarsi sul suo proprio - r individuo ha il diritto di esser