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La grande paura del 1936: Come la Spagna precipitò nella guerra civile PDF

336 Pages·2014·2.137 MB·Italian
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Storia e Società Ranzato.indd 1 08/04/11 09.00 Ranzato.indd 2 08/04/11 09.00 Gabriele Ranzato La grande paura del 1936 Come la Spagna precipitò nella guerra civile Editori Laterza Ranzato.indd 3 08/04/11 09.00 © 2011, Gius. Laterza & Figli Prima edizione 2011 www.laterza.it Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nell’aprile 2011 SEDIT - Bari (Italy) per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 978-88-420-9647-4 È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Ranzato.indd 4 08/04/11 09.00 In che misura siamo anche noi colpevoli della tragedia? Certo, tutti vorremmo essere liberi da colpe; ma l’autoassoluzione non può lasciarci tranquilli. Solo degli imbecilli che si credano onniscienti possono autoproclamarsi mondi da ogni errore o colpa, limitandosi ad accusare i nemici della parte opposta o gli amici che sono stati al loro fianco. Indalecio Prieto, leader socialista, ministro della Difesa della Spagna repubblicana durante la guerra civile Se la Repubblica vuole essere individualista e borghese, dovrà mitragliare più di una volta la gente della strada. Se vuole essere socialista o comunista, allora dovrà lasciare il potere nelle mani di altri partiti estremi. Pío Baroja Desde la última vuelta del camino Quando annottava la paura era padrona e signora della Spagna. La si vedeva entrare nelle chiese e penetrare nel corpo e l’anima delle donne vestite di nero che pregavano precipitosamente... La si vedeva entrare nelle caserme e soffocare le risate degli ufficiali, interrompere le loro partite di poker... La si vedeva entrare nella Casa del Popolo e provocare un silenzio angoscioso o un mare di mormorii... La paura spegneva il sorriso di tutto un popolo, provocava l’insonnia di tutta una nazione. E la notte era più notte che mai. Tremava una Spagna. E anche l’altra. Tutte e due avevano paura. Enrique Castro Delgado Hombres made in Moscú Ranzato.indd 5 08/04/11 09.00 Ranzato.indd 6 08/04/11 09.00 PREMESSA Nell’agosto del 1936, a un mese dal golpe militare che aveva da- to inizio alla guerra civile, nella Madrid repubblicana ancora non sottoposta all’assedio dell’esercito franchista, avvenne un episodio dalla duplice valenza simbolica. Il generale Eduardo López Ochoa, degente presso l’ospedale militare di Carabanchel, era tirato fuori dal suo letto da un gruppo di miliziani incitati da una piccola folla, trascinato in una collinetta vicina e lì passato per le armi. Fin qui l’evento non aveva nulla di insolito. Il generale aveva comandato il corpo di spedizione che nell’ottobre del 1934 aveva duramente represso la rivoluzione socialista delle Asturie. La sua era dunque una delle tante esecuzioni sommarie che, da entrambe le parti, fu- rono perpetrate nel quadro della spietata epurazione dei “nemici politici” attuata nelle retrovie durante tutta la guerra. Ma in questo caso l’esecuzione ebbe un epilogo che, tra i pur numerosi esempi di ferocia sanguinaria offerti da quella lotta fratricida, resta singolare. Perché il cadavere di López Ochoa fu decapitato e la sua testa, infil- zata nella baionetta di un fucile, venne esibita per le strade dal tetto di un’automobile. L’immagine di quella testa mozzata mostrata alla folla richiama quella del marchese de Launay, governatore della Bastiglia, che, is- sata su una picca, aveva rappresentato la caduta dell’odiata fortezza- prigione, che, in seguito, sarebbe stata considerata l’inizio della Ri- voluzione francese. È difficile che qualcuno degli autori del barbaro rito compiuto a Madrid col corpo del generale si fosse consapevol- mente ispirato al lontano esempio dei rivoluzionari parigini. Quelle identiche azioni avevano probabilmente in comune solo un primiti- vo impulso ad appagare il forte istinto di vendetta, non solo di chi il gesto aveva compiuto, ma anche di una folla – di qui l’ostentazione della testa – molto più ampia. E tuttavia quell’episodio appare anche come il tragico coronamento di un equivoco, sorto dall’anacronistica Ranzato.indd 7 08/04/11 09.00 viii Premessa volontà di alcuni dei “padri” della Seconda Repubblica spagnola di ispirarsi alla “grande Rivoluzione”. Non per caso nel 1931 essi avevano scelto come data per la so- lenne apertura delle Cortes, che avrebbero dovuto dare al paese la nuova Costituzione, proprio il 14 luglio, giorno della presa della Ba- stiglia. E il più rappresentativo tra loro, Manuel Azaña, che sarebbe stato capo del governo nel biennio delle riforme fino al settembre del 1933, avrebbe fatto più volte riferimento alla Rivoluzione francese, non solo come evento epocale rispetto al quale la Spagna doveva re- cuperare il tempo perduto, ma anche come modello da seguire circa la condotta di governo, proprio per bruciare le tappe, per colmare il divario con l’Europa più progredita. Così ritornano nel lessico re- pubblicano di quegli anni – e di Azaña in particolare – parole come “giacobino”, “giacobinismo”, “comitato di salute pubblica” – che indicano una tendenza a perseguire e realizzare il “bene del popolo” liberi – non totalmente ma il più possibile – dalla zavorra di una vo- lontà popolare ancora cieca riguardo al suo bene e al suo vantaggio. Questa tendenza, per diversi aspetti discutibile, avrebbe avuto un qualche fondamento di legittimazione se comunque, al di là dei riferi- menti storici, a portare la Repubblica fosse stata una vera rivoluzione, cui generalmente fa seguito, per un periodo più o meno transitorio, un regime d’eccezione. Ma sebbene i repubblicani di sinistra, di cui Azaña era il leader, ripetessero lungo il corso di tutta la vicenda, di cui questo libro si occupa, che la caduta della monarchia e l’avvento della Repubblica erano il prodotto di una rivoluzione, non era stato affatto così. La monarchia era caduta a seguito dei risultati di elezioni amministrative che avevano visto la vittoria dei candidati repubbli- cani. Questo indicava certamente una diffusa volontà di abbattere la monarchia – che aveva appoggiato la dittatura del generale Primo de Rivera – e di un cambiamento democratico. Ma non di una rivoluzio- ne, e neppure di riforme così radicali come quelle che in seguito il go- verno repubblicano-socialista guidato da Azaña volle imporre. Tanto che, siccome non c’era alcun “potere rivoluzionario”, e al governo venne meno la maggioranza parlamentare, nel 1933 si andò a nuove elezioni, e queste furono perdute dai partiti che avevano attuato le riforme. Il che voleva dire che esse – o almeno una loro parte – erano state respinte dalla maggioranza dei cittadini-elettori. È da questo momento, da quando subentra alla guida del paese un governo di centro-destra, che si dipana la serie degli avvenimenti che portarono la Spagna nel precipizio della guerra civile. E una tap- Ranzato.indd 8 08/04/11 09.00 Premessa ix pa fondamentale di quella vicenda fu proprio quell’ottobre del 1934 in cui, non solo le truppe comandate da López Ochoa avevano sof- focato la rivoluzione asturiana, ma anche la guarnigione dell’esercito di stanza a Barcellona aveva stroncato l’insurrezione indipendentista guidata dal governo autonomo della Catalogna. A domare il moto catalanista era stato un altro generale, Domingo Batet, figura molto diversa da quella del cosiddetto “macellaio delle Asturie”, ma il cui destino finirà per essere lo stesso; perché, seppure senza quell’ap- pendice orripilante, anch’egli sarebbe stato fucilato nel corso della guerra. Ma nel suo caso a dargli la morte non sarebbero stati dei nuovi “sanculotti”, ma i militari ribelli, che lo avrebbero messo di fronte a un plotone d’esecuzione per essersi rifiutato di unirsi a loro. Quei due generali, assassinati nei campi opposti, hanno tuttavia in comune – malgrado le loro differenze – non solo la condizione di vittime, ma anche quella più significativa di rappresentanti di un settore sociale e politico che ha avuto una presenza consistente nella Spagna anteguerra, e che però successivamente è stato pressoché cancellato a seguito della polarizzazione dei fronti in lotta. Ambedue erano repubblicani. López Ochoa, catalano e massone, si era battuto contro la dittatura di Primo de Rivera e per questo aveva soffer- to il carcere e l’esilio; la Repubblica aveva compensato questo suo impegno nominandolo prima capitano generale della Catalogna e poi ispettore generale dell’esercito. Batet, catalano e cattolico, si era anch’egli distinto nell’opposizione a Primo de Rivera, e, subentrato nella Capitanía di Barcellona, aveva improntato i suoi rapporti con le autorità della regione al massimo rispetto per la loro autonomia. Poi entrambi erano stati chiamati a difendere la Repubblica democratica e il suo ordinamento costituzionale: il primo da una rivoluzione di stampo bolscevico, il secondo da un movimento separatista. López Ochoa, che si era trovato di fronte a una resistenza molto dura, aveva probabilmente consentito spicciative esecuzioni di prigionieri, e per questo sarebbe stato giustamente incriminato dopo la vittoria del Fronte Popolare; Batet, per il quale era stato più facile avere la me- glio sui rivoltosi catalani con limitato spargimento di sangue, aveva continuato il suo “cursus honorum”, e al momento del golpe militare era al comando di una delle otto divisioni territoriali della penisola. Nonostante la distanza dei loro percorsi – soprattutto nei mesi che precedettero il golpe –, è certo che né l’uno né l’altro può essere inscritto in una delle due Spagne che si batterono a morte nella guer- ra civile. López Ochoa non era tra i militari che avevano complottato Ranzato.indd 9 08/04/11 09.00

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