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La grande illusione : Matteo Renzi 2004-2014 : dalla Provincia di Firenze a Palazzo Chigi dieci anni di giochi di prestigio PDF

263 Pages·2014·1.09 MB·Italian
by  Boschi
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Preview La grande illusione : Matteo Renzi 2004-2014 : dalla Provincia di Firenze a Palazzo Chigi dieci anni di giochi di prestigio

Fabrizio Boschi LA GRANDE ILLUSIONE Matteo Renzi 2004-2014 Dalla Provincia di Firenze a Palazzo Chigi dieci anni di giochi di prestigio Prefazione di Alessandro Sallusti © Copyright 2014 by AMON Presentazione Un libro-inchiesta, il primo che sia mai stato scritto, sul grande bluff della rottamazione, sulle contraddizioni e sugli intrecci politico-finanziari che si celano dietro al nuovo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nei suoi dieci anni di ascesa al potere. Quello che si oppone alle vecchie liturgie, ai giochi di palazzo, agli inciuci, ai ribaltoni, ai rimpasti, ne è, invece, divenuto un fine artefice. Ci possiamo fidare di uno così? “E’ necessario questa natura saperla bene colorire, ed esser gran simulatóre e dissimulatore (...) e sono tanto semplici gli uomini (...) che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare" (Niccolò Machiavelli, Il Prìncipe, 1513) INDICE Prefazione Premessa CAPITOLO PRIMO IL CHIERICHETTO DEL PD 1. Il “Bomba” 2. Lupetto e Coccinella 3. Quando in tv davano “Happy days” 4. Folgorato sulla via del Valdarno 5. Ciccio, fai la fila 6. Da Palazzo Vecchio si vede Roma... CAPITOLO SECONDO DA BOY SCOUT A TOY BOY 1. La metamorfosi 2. Tra Gordon Gekko e il Ghirlandaio CAPITOLO TERZO IL VECCHIO STIL NOVO 1. Ser Ciappelletto 2. La sai l’ultima? 3. Novantesimo minuto 4. Il “renzese” 5. Pantheon quattro stagioni 6. Da Fossati a Icona Pop 7. Un marziano a Roma Capitolo Quarto , BAMBINO MANGIACOMUNISTI 1. Non ci sono più i comunisti di una volta 2. Il “Berluschino” 3. Ghino di Tacco 4. Diversamente comunista 5. Diversamente democristiano 6. Tutti in fila ai giardinetti 7. Maalox e resistenza Capitolo Quinto SOLO iPHONE E DISTINTIVO 1. Venditore di mele morsicate 2. Tele marchette 3. Il mestiere più bello del mondo Capitolo Sesto RENZOPOLY 1. Sponsor e patatine 2. Abbiamo una banca? 3. Il Tony Blair di Rignano sull’Arno 4. L’Obamino 5. Io no spie inglisc 6. Il sindaco globetrotterf Capitolo Settimo UN POLITICO DI “QULTURA” 1. La battaglia che non c’è 2. I predatori di Leotardo da Renzi 3. Matteangelo Renzarruoti 4. David e Golia 5. Agenzia immobiliare Palazzo Vecchio 6. Giù dai finestroni 7. De profundis Maggio 8. Parco sprechi 9. Ciak che figura 10. Supercafone eccolo qua 11. Scherzi da frate Capitolo Ottavo DIO SATURNO 1. Le Idi di Renzi 2. Giovani marmotte 3. L’uomo invisibile 4. Il lampadina 5. Il violinista 6. La giaguara 7. Mosè e Ietro 8. Chaufieur Capitolo Nono INCOE-RENZI 1. Ma anche no 2. Sei stato nominato 3. Il furbetto dell’assunzioncina 4. Florence Multi-uso 5. Colpo di Genio 6. Parenti serpenti 7. Pensionamento anticipato CAPITOLO DECIMO LA RIBOLLITA 1. #enricostaisereno 2. Manuale Renzelli 3. La rottamazione rottama chi la fa Prefazione Ho incontrato Matteo Renzi solo in occasione di dibattiti televisivi. Non si può dire che l’uomo non sia simpatico. Per un politico non è cosa da poco. Così come mette l’interlocutore subito a suo agio, lo stesso fa con la vasta platea degli italiani. Ha preceduto Grillo nel voler rottamare la classe politica, ha seguito Berlusconi sul modo di interpretare la politica. Simpatia, appunto, forte leadership, sfrontatezza, parlare all’elettorato invece che all’apparato. Tutte cose che applicate nel più grande contenitore della sinistra suonano nuove. E pericolose. Già, perché da quelle parti era dai tempi di Berlinguer che non c’era un padrone, tantomeno carismatico. Sono nel panico, ancora indecisi se consegnarsi o. vendicarsi a modo loro, cioè disarcionando l’ennesimo segretario. La differenza sostanziale tra Renzi e Berlusconi è che il primo non ha mai lavorato un’ora in vita sua. Non mi fido di tipi così, ma non vuole dire che il talento non ci sia. Ci ha lavorato sopra, Renzi e leggendo queste pagine si ha forse per la prima volta chiaro quanto e come. Ha trasformato i suoi difetti in apparenti virtù, scappando sempre dalla scena un attimo prima che il bluff fosse a tutti evidente. Per rilanciare altrove, esattamente come un giocatore di poker (altra categoria che con il lavoro ha poca dimestichezza). Per questo ha fretta. Stordire (di parole) e illudere (di annunci). Che poi con un po’ di fortuna, magari, qualche carta buona entra davvero. Renzi ha capito che i nemici li ha in casa sua. Per questo ha riesumato e riabilitato Berlusconi stringendo un patto a tempo. Quello necessario a entrambi per risolvere alcuni problemini non da poco. Poi si vedrà. Al momento tutti gli scenari sono aperti, compreso quello che il giovane si inglobi una quota di elettori di centrodestra. I quali però, a mio avviso, farebbero la fine dei topini nella fiaba del pifferaio magico: annegati nello stagno inseguendo una musica: conosciuta e piacevole, quella rubata da Renzi allo spartito di Silvio Berlusconi. Alessandro Sallusti Direttore de Il Giornale Premessa Voglio subito fugare ogni dubbio: non ce l’ho con Matteo Renzi. Anzi, tutt’altro. Renzi mi è pure simpatico. Quello che ha fatto è qualcosa di strepitoso, di incredibile, al limite del miracoloso. Con quell’aria saccente di chi a furia di arrivare sulla vetta e corre, corre, pensando che i suoi avversari non capiscano niente. Sa tutto lui, solo lui sa fare le cose. Guai a contraddirlo, gli altri non ci avevano capito niente. E’ ambizioso, non vede l’ora di mettersi alla prova per dimostrare quanto è bravo e quanto gli altri erano asini. Finora i successi che ha ottenuto gli hanno, senz’altro, dato ragione. In dieci anni è passato da sconosciuto segretario provinciale della Margherita e presidente del Consiglio. Conoscendolo ormai da diversi anni, posso dire con assoluta sincerità che è un fenomeno. Uno che sa muovere le parole come gli pare e che riesce a far credere quello che lui vuole far credere. Un genio della comunicazione, insomma. Un talento innato che ha vivacizzato ; la sonnacchiosa e soporifera politica italiana. Ha ridato ottimismo al Paese, soffiando via quell’aria da funerale tanto cara a Mario Monti e che ti faceva passare la voglia anche di andare al ristorante. Ha smosso le acque, ha ridato vivacità al dibattito politico, ha riavvicinato i giovani alla politica e la gente ha iniziato di nuovo a leggere i giornali, a guardare i telegiornali, a interessarsi di ciò che succede nelle stanze a tenuta stagna dei Palazzi. Un po’ la stessa cosa che successe con la discesa in campo di Silvio Berlusconi nel 1994. Ha dato, altresì, l’impressione che se c’è riuscito lui a diventare presidente del Consiglio, allora possono riuscirci tutti. Ovvero viene percepito dalla gente, finalmente, come una persona normale, una che non si vuol far chiamare onorevole (anche perché ancora non lo è), ma semplicemente Matteo. Uno che non frequenta ristoranti vip, ma che mangia un panino al bar, uno che non vuole (o meglio non vorrebbe) la scorta, che va in chiesa la domenica e ha una famiglia normale, che paga il mutuo, che vive in una casa normale (anche piuttosto bruttina) e che gira con una vecchia utilitaria. Uno che stringe la mano a tutti, che saluta per strada, che sale sulle ruspe e.va in giro in bicicletta, che ha lo stesso numero di telefono da dieci anni e che se lo chiami risponde pure, un presidente alla buona insomma. Sa vincere, sa entusiasmare la gente, è in perenne campagna elettorale, ma su tutto il resto tende a perdersi per strada. Il fatto che mi stia simpatico, non mi impedisce di vederne i difetti e di sottolinearne le evidenti false verità. Per non dire bugie. Anche se dire menzogne è una caratteristica imprescindibile di chi fa politica. Se uno vuol far carriera deve spararle grosse e, di sicuro, in questa specialità Renzi è, sin da bambino, un professionista. Proprio nel momento in cui Hollywood ha premiato Z,a grande bellezza di Paolo Sorrentino, ho voluto immaginare un parallelo con quello che sta succedendo in Italia, dentro a quel film fantastico che è la politica nostrana: La grande illusione. La velocissima parabola di Renzi, più che ad una grande bellezza, assomiglia ad una grande illusione. Appunto. Quella dalla quale tutti, chi più chi meno, si erano fatti ammaliare, alla ricerca di una chimerica speranza. Dopo i primi passi del governo Renzi, tutti si sono accorti che questo giovanotto di Rignano sull’Àrno, altro non ò che un fuoco fatuo, strabordante di belle parole, ma piuttosto vuoto nei contenuti. Per comprendere, fino in fondo, chi è questo personaggio, come ha fatto in meno di un lustro a scalare tutte le cime, chi l’ha aiutato in questa impresa, cosa muove la sua perseveranza e smania di potere, è doveroso porsi delle domande utili a fare chiarezza su questo nuovo/vecchio della politica italiana, destinato a far parlare di sé per i prossimi vent’anni. Almeno fino a quando, lui stesso, non verrà rottamato da qualcun altro. Chi è davvero Matteo Renzi? Uno nuovo, troppo nuovo, nuovista o, invece, un vecchio politicante, un giovane virgulto di perfetta scuola democristiana con la-faccia da giovane, ma i metodi da vecchio? Un carrierista furbacchione, un battutista impenitente e arrogante o, piuttosto, un insopportabile sbruffone? Un bullette di provincia o il novello Machiavelli? Quello che ci sta facendo attraversare è il nuovo Rinascimento della politica italiana, o l’inizio dei secoli bui? Chi c’è dietro alla sua ascesa in politica? Di quali persone si circonda Matteo? Ci possiamo fidare di lui? Per i renziani, ovviamente, è l’unico possibile riformatore del Partito democratico e della disastrata politica italiana. Per gli ormai sbiaditi bersaniani e lettiani è solo un montato, anti-comunista, paninaro, craxiano, berlusconiano e pure un po’ “ditta torello” e “fascistoide”. Quello che è sicuramente emerso fino a questo momento è che Renzi è uno che predica bene e razzola male e che ad un mese dalla nascita del suo governo ha già il fiatone. Promette, promette, promette: una riforma al mese, soldi per le scuole che non ci sono, sgravi alle aziende che non arrivano, aiuti alle famiglie che aspettano e sperano, rivoluzioni che falliscono sul nascere. La rivoluzione liberale tanto agognata con Berlusconi nel ’94, tarderà ancora un bel po’ ad arrivare. Si è affermato come rottamatore, ma non ha esitato a mettersi insieme ai rottamati, si,è indignato per i doppi incarichi degli altri e poi ne ha tenuti due per sé, ha detto a ripetizione che non era adatto a fare il segretario del partito per non entrare in collisione con l’amico Enrico Letta e poi si è candidato, ha giurato che non voleva andare al governo senza prima passare dalle forche caudine del voto e, invece, ci è andato. Si è presentato come nemico delle paludi romane, ma non ha avuto timori ad indossare le calosce e infilarcisi a tutta gamba. Si doveva opporre ai giochi di palazzo, agli inciuci, ai ribaltoni, ai rimpasti, e ne è diventato un fine artefice. Voleva rappresentare l’innovazione, il cambiamento, e ha rappresentato il modo più vecchio ' e vetusto ’ di fare politica, seguendo esattamente: gli schemi che, a parole, aveva detto di voler combattere. Tutto intrighi di corridoio e congiure di palazzo, pur di aggiudicarsi il premio partita. Dice una cosa e fa esattamente il contrario. Una lingua biforcuta che gli ha permesso di lanciare Yhashtag #enricostaisereno una settimana prima di scalzare Enrico Letta, di scrivere un libro per dire che non gli interessava diventare segretario del Pd, mentre si stava preparando a farlo, di dire davanti al Parlamento che il vincolo del 3 per cento per il deficit è anacronistico, salvo aver stragiurato un giorno prima davanti alla Merkel e all’Europa, di essere fedele al tetto, di annunciare il taglio delle pensioni oltre i duemila euro, per poi negare di volerle toccare. D’altronde Renzi ha cominciato la sua carriera alla Ruota della fortuna e l’ha continuata con Maria De Filippi, vestito da Fonzie. Quindi per lui lo show è tutto. Si presenta come il nuovo della politica, ma in verità è da dieci anni che colleziona poltrone. Ha fatto tutto in dieci anni. Una Renzi-story a ritroso nel tempo, dai primi passi nella politica locale fino ad oggi, attraverso i suoi tanti controsensi. Dal 2004 al 2014, una continua smania di bruciare le tappe, a mille all’ora. Sarà per questo che dimentica di mettersi d’accordo con quello che dice lui stesso. Nel 2004, infatti, diventa il presidente di Provincia più giovane d’Italia. Inizia la sfida generazionale ai vecchi tromboni della politica. Nel 2009 vince le primarie per fare il sindaco di Firenze e poi le elezioni. E comincia a far girare le scatole al suo partito, arciconvinto che non ce l’avrebbe fatta. Nel 2012 perde una partita alle primarie per la premiership, e promette di farsi da parte, ma rientra in campo dopo l’autogol di Bersani alle Politiche. Nel 2013, anche se dice che ne avrebbe fatto volentieri a meno, si prende la segreteria del Partito democratico. E nel 2014 va alla presidenza del Consiglio dei ministri cacciando il collega di partito al quale aveva giurato e stragiurato eterna lealtà. Come ha fatto in così poco tempo a salire alla guida del Paese? Per capire meglio il personaggio è necessario entrare, di soppiatto, nella sua vita privata, rovistare fra le sue cose, conoscere i suoi famigliari, i suoi amici, le sue passioni. Comprendere il suo linguaggio diretto e bullesco, conoscere i suoi vizi e i suoi gusti. Se Firenze è stato un laboratorio, come dice lui, allora emergono molte perplessità sulla sua futura azione di governo. L’uomo che promette di cambiare la politica in Italia, in realtà, ha commesso già gli stessi errori dei suoi tanto vituperati predecessori. Una politica con altri mezzi, come insegna Cari von Clausewitz, che nel caso di Renzi non sono quelli della guerra, ma piuttosto di Twitter, dell’hashtag, di Facebook, della webcam, dello streaming, del selfìe. Mezzi che usa per mettere in evidenza quanto siano ormai vecchi e superati i modi tradizionali di fare la politica. Questo non è un j’accuse, ma una lettura diversa del renzismo che intende far luce sulle contraddizioni e le giravolte del rottamatore, dalla presidenza della Provincia, di Firenze alla presidenza del Consiglio, passando per Palazzo Vecchio.

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