BELHEFTA ZUR ZINTSCHRIFT POR ROMANISCHE PHILOLOGIE BAND 238 GIOVAN BATTISTA PELLEGRINI La del genesi retoromanzo (o ladino) MAX NIEMEYER VERLAG 'TOUBINGEN BEIHEFTE ZUR ZEITSCHRIFT FÙR ROMANISCHE PHILOLOGIE BEGRUNDET VON GUSTAV GRÒBER FORTGEFUHRT VON WALTHER VON WARTBURG UND KURT BALDINGER HERAUSGEGEBEN VON MAX PFISTER Band 238 GIOVAN BATTISTA PELLEGRINI La genesi del retoromanzo (o ladino) RW MAX NIEMEYER VERLAG TUBINGEN 1991 Con il contributo del Centro di Studio per la Dialettologia Italiana del C.N.R. Indice .. ..... A Lagenesi del retoromanzo (o ladino)... I Note e commenti. 48 i Bibllografid rimani AMD EA RA GE mE a E o s7 Carte Ls ssasi sa pane e mm nn CEE EE PNE ESE ESE CE EEE NO 67 CIP-Titelaufnahme der Deutschen Bibliothek Pellegrini, Giovan Battista: Lagenesi del retoromanzo (o ladino)/Giovan Battista Pellegrini. —Tiibingen : Niemeyer, 1991 (Beihefte zur Zeitschrift fiir Romanische Philologie ; Bd. 238) NE: Zeitschrift fir Romanische Philologie / Beihefte ISBN 3-484-52238-0 ISSN 0084-5396 © Max Niemeyer Verlag GmbH & Co. KG, Tiibingen 1991 Das Werk einschlieBlich aller seiner Teile ist urheberrechtlich geschiitzt. Jede Verwertung auBerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist ohne Zustimmung des Verlages unzuliissig und strafbar. Das gilt insbesondere fiir Vervielfiltigungen, Ùbersetzungen, Mikroverfilmunpgen und die Finspeicherung und Verarbeitung in elektronischen Systemen. Printed in Germany. Satz und Druck: Gulde-Druck, Tibingen Finband: Heinrich Koch, Tibingen —— La genesi del retoromanzo (o ladino)* 1. Mi pare utile ripresentare una discussione o disamina sul retoromanzo(o ladino) inteso nel senso generale di un gruppo linguistico autonomo, di una lingua particolare in seno alla Romània, cioèuna delle lingue romanze, come èdi norma configurata in tutti, o quasi tutti, i numerosi manuali di linguistica romanza o relativi alle lingue del mondo. Ritengo dipoter esprimere anche delle opinioni diverse da quelle ormai tradizionali, anche se, a dir vero, non sono ormaitanto rari dissensi o mancate adesioniallatesi imperante, i quali, tuttavia, sembrano esser considerati, perlo più, episodi isolati. Essi non hanno menoma i mente influenzato l’esposizione che leggiamo in moltissime trattazioni. Anche notevoli e profondi studi inmateria, dovuti soprattuttoaC. Salvioni e ancorpiù a C. Battisti, sono del tutto ignorati o giudicati con la massima superficialità e incompetenza. Debbo aggiungere che anch'io mi sono occupato ormai da 45 anni (forse troppi!) della problematica retoromanza e non starò qui a sottolinea re — data la quasi irrilevanza dell’argomento — che sono di famiglia originaria di quelle regioni dolomitiche incui si parlano tuttora dialetti i quali costituiscono, secondo la tradizione ascoliana, il «ladino centrale», anche se parzialmente periferici eche non hanno appartenuto all’Austria asburgica dopoil 1866. 2. Sono d’altro canto fermamente convinto chepertrattare tutta una seriedi problemi, ormai complessi, sono necessari alcuni requisiti che per lo più manca no, in parte o in tutto, a molti autori di articoli o di volumi, spesso in forma divulgativa onella stampa locale, ma sovente anche agli specialisti di glottolopgia, di romanistica e di dialettologia, per non citare qui anche gli uomini politici (i quali assumono particolari posizioni per la «ragion di stato»; maritengo anche perla difficoltà di aggiornamento). Per discutere con obiettività scientifica di questioni ormai tanto ingarbugliate epresentateal grande pubblico secondo unaunica direzione, bisogna possedere innanzi tutto conoscenze specifiche e sovente di notevole specializzazione dialet tale, conoscere direttamente le vallate, i luoghi ove si parlano i discussi idiomi con una chiara cognizione anche sociolinguistica, non scindere come ha fatto qualche valenteglottologo il problema linguistico da quello storico e protosto rico, affrontare qualsiasi discussione senza un briciolo di passionalità, di idee preconcette odi idealizzazioni, assai comuni di questi tempi; ma soprattutto è necessario che chi tratta di codeste problematiche non sia distorto da interessi 6 mire politiche e patriottiche o da facili vantaggi ———— Qualora lo studioso affronti ex novo le varie questioni che coinvolgono le cisalpino», si ispirano e si fondano (anche esagerando) sulle opinioni di Th. nostre parlate, seguendo i presupposti qui sopra in breve indicati, si accorgerà Gartner (18481925), il quale ha consolidato, insede accademica, lateoria degli ben presto che quanto egli aveva letto nei manuali o in varie trattazioni, non stretti rapporti tra «ladino»ela provincia della Raetia prima, esoprattuttopoi, la corrisponde esattamente ai risultati, ai frutti delle sue personali indagini. congettura dell’origine «retica» delle parlate ladine. Tranne qualche dissensoa è Cito soltanto un esempio di come trattato il capitoletto dedicato al retoro- tali teorie — piuttosto marginale e non approfondito —, si può dire che l’opinione manzo in un manuale di linguistica romanza, tradotto in italiano, opera di due generale dei pochi glottologi che si sono occupati, anche per inciso, del retoro- illustri studiosi romeni: «. .. Durante la prima guerra mondiale l’imperialismo manzo e delle sue origini, non trascura di accordare un credito, più o meno italiano si manifestò anche sul piano linguistico. Il filologo C. Salvioni pubblicò totale, allateoria «retica». Essa è tuttavia propagandata non soltanto da qualche in pieno tempo di guerra (1917) un opuscolo Ladinia e Italia, in cui sostiene che scritto di specialisti, ma soprattutto è generale tra gli amateurs, tra la massima le parlate retoromanze centrali e orientali [?] sono state, all’inizio, parlate parte degli abitanti delle valli dolomitiche atesine i quali, in varie occasioni, italiane, macol tempo, a causa dell’influenza tedesca, si sono lentamente allon- esibiscono lapatente di una certa «nobiltà retica». tanate dall’italiano e per questo le loro somiglianze con l’italiano sono divenute Come vedremoquisotto, si tratta di un indirizzo di ricerca e di una consuctu sempre meno numerose e minori. L’opinione di Salvioni ha attecchito tra gli dine interpretativa ormai secolare che, pur qua e Ià modificata, continua ad Italiani, i quali, in genere, hanno abbandonato la teoria dell’Ascoli. A capo dei essere invocata anche dagli enti televisivi e radiofonici dello Stato italiano, e va seguaci del nuovo punto di vistasi trova C. Battisti, già professore all’Università detto: conla massima serietà! di Firenze, il quale a partire dal 1921 [?] tentò, in una serie di studi (tracui interi A prescindere dai Saggi ladini dell’Ascoli (1873) — che debbono essere libri molto voluminosi [che pochi hanno letto, osservo io] di dimostrare (con realmente studiati ed interpretati diversamente da quanto si legge in vari e argomenti storici, linguistici, ecc.) che i dialetti retoromanzi, in specie quelli affrettati giudizi — si può affermare tranquillamente che nei pochi dibattiti sul centrali, sono italiani. Tutti i linguisti non italiani, tracui autorità incontestate, nostro particolare gruppo linguistico, considerato unitario nelle sue caratteristi come K. Jaberg e J. Jud, hanno confutato e confutano Battisti. Argomenti seri che dialettologiche, è sostanzialmente prevalsa la tesi gartneriana e tirolese offre contro di lui, tra l’altro, il citato AIS, dal quale si ricava che l’influsso austriaca: unatesicheèora quasi sempre condivisa anche dagli Italiani (speciein italiano cominciò ad esercitarsi sul retoromanzo solo nel Medio Evo [??], cioè sede politica), mentre alcuni validissimi studiosi stranieri si sono accorti dei tardi, dopo che questo era già formato ...». E del Battisti si dice subito dopo: fondamenti labilissimi e ingiustificati del «retoromanzo». «Disgraziatamente gli manca l’obiettività, caratteristica obbligatoria per un Dopo questa breve premessa, mi sembra doveroso di ritornare alle origini e di lavoro scientifico e questo diminuisce di molto il valore dei suoi studi...». discutere nuovamente, sia pure in breve e con molti rinvii bibliografici (mi scuso Quanto all’area del retoromanzo così si afferma: «il retoromanzo è parlato (e subito se sono spesso costretto ad autocitarmi!), come è nata la cosiddetta soprattutto fu parlato) nel territorio corrispondente alla provincia di Rezia «questione ladina» in sede linguistica; come essa si è sviluppata dapprima con dell’Impero romano . . .». Non cito ulteriori affermazioni dato che quanto ho qui discussioni tenutesi in una fase prescientifica, per poi approdare alle formulazio riportato dimostra la completa disinformazione e quasi una acrimonia verso lo ni dello Schneller, soprattutto di Ascoli, di Gartnerecc., fondate su argomenta studioso italiano, per lunghi anni attivo presso l’Università di Vienna, allievo di zioni linguistiche, anche se esse debbonoessere, assai spesso, totalmenteridis W. Mesyer-Liibke; per controbattere le osservazioni superficiali ed ingiuste di I. cusse. Iordan (dato che è l’autore del capitolo), mi basti di rinviare a quanto scrivo qui sotto (v. Tordan/Manoliu 1974, 42—46). 4. E’ merito di J. Kramer (1978) di averci fornito delle notizie precise sulla figura e sull’opera, nella massima parte manoscritta, di S, P. Bartolomei, avvo 3. Discutere scientificamente e con sincerità di questioni storico-linguistiche cato perginese (17091763), il quale, per primosi occupò del ladino dolomitico attinenti il retoromanzo o ladino è assai poco piacevole poiché si finisce, anche edin particolare del badiotto di cui egli ci fornì, mediante il Catalogus riedito e involontariamente, per assumere atteggiamenti invisi ai politici, e per sposare con acume scrupolo filologico proprio dal Kramer 1976 un vocabolariettodi tesichesi rivelano subito «contro corrente», per lo meno secondo l’opinione dei oltre 2500 termini con la traduzione in latino. Il Bartolomei è definito dal redattori di manuali i quali sono quasi gli unici a diffondere una communis Kramer «un uomodi altissima cultura che s’interessava particolarmente della opinio; in questa sede non possiamo infatti tenere in considerazione le opinioni storia del suo paese nativo e della sua lingua», Comei suoi contemporanei, il B di dilettanti, di giornalisti, più o meno famosi, e nemmenodi autorità politiche. rientra nella schiera di studiosi propugnatori della teoria etrusca, ritenendo che Non v’ha dubbio ed è facile dimostrarlo che i linguisti che hannoscritto o gli Etruschi avessero avuto un ruolo fondamentale nella costituzione dei dialetti che scrivono di argomenti retoromanzi, soprattutto in riferimentoalla genesi, italiani settentrionali, dato che i Reti erano degli Ftruschi ed i «Ladini» abitava specie per quanto riguarda la lingua o un «gruppo linguistico autonomo dal no nelle aree settentrionali che furono già popolate da tali schiatte prelatine, per cuiessi sarebbero degli «Etruschi romanizzati». Non èsfuggito al Kramer (1978, le, col greco. Le opinioni di Hormayr ricordano assai da vicino quelle di Padre 134) — autentico e valido specialista delle varie problematiche ladine — che le Placi à Spescha (v. Decurtins 1964, 272-273, ed ivi indicazioni bibliografiche) il speculazioni prescientifiche, storico-linguistiche, del Bartolomei, non rare per quale nella rivista «Isis» del 1805 affermava che «das Surselvische sei der reinste l’epoca sua, si continuano tuttora quasi identiche — dopo oltre due secoli di und echteste romanische Dialekt, das authentischste Relikt der etruskischen attente esplorazioni, sia pure condotte daun numero esiguo di scienziati! — nella Sprache». Atale affermazione il conventuale faceva seguire una serie di osserva- pubblicistica divulgativa locale di lingua tedesca (ma anche italiana!), ove «le zioni assolutamente personali e impressionistiche sull’«antiquissm lungaig de sciocchezze di Bartolomei vengono continuamente ripetute». Si può anzi affer- l’aulta Rhaetsia» ed una esaltazione patriottica sui documenti retoromanzi (in mare, ora che disponiamo anche di una parziale traduzione delle sue opere più realtà nella massima parte inesistenti), conservati dal Monastero di Disentis pertinenti per l’origine dei Ladini, che vari storici, scrittori e curiosi di antichità, prima dell’incendio dovuto ai Francesi. anche linguistiche, austriaci del primo ’800, hanno attinto e si sono ispirati sicuramente all’opera del Perginese. Di qui le opinioni del Bartolomei si sono 6. Assai meno dilettantesche sono invece alcune notizie di Carl Ludwig, diffuse nella cerchia dei cultori di memorie alto-atesine dando alla «questione Fernow (1808, 224-25), ove si riporta un salmo tradotto in engadinese e si ladina» una impostazione tradizionale con l’aggregazione del romancio grigione- accenna alla «Rhàtische oder Romanische Sprache» che si suddivide in due se e offrendo materia di speculazione linguistica edi sistemazione dialettologica dialetti principali, il romanc eil ladin considerati «die uralte Sprache von Hohen addirittura al nostro Ascoli e ad altri studiosi chelo hanno seguito. Anche dalla Rhitien...» (si cita poi Hormayr). Ed il Fernow ha inoltre qualche cenno descrizione dell’area romanza, motivo di riflessione storica e linguistica per il (2523) ancheal friulano: »Die Furlanische Sprache ist eigentlich nicht zu den Bartolomei, si può facilmente constatare come la situazione della confinante Mundarten des Italienischen zu rechnen, sondern sie ist, wie die Rhitische, «Venetia» e del Cadore è regolarmente ignorata: una tradizione che si continua deren wir bereits oben erwàhnt haben, ein Triimmer des grossen Romanischen assai spesso sino ai nostri giorni. I confini politici e culturali sono sempre Vereins der sàmtlichen lateinischen Tochtersprachen im friihen Mittelalter, prevalenti fin dall’opera del nostro pioniere. obgleich sie sich nicht vòllig rein, wie jene von Einfliissen der italienischen Sprache erhalten hat»; sono queste considerazioni che sembrano preannunciare 5. Sulla preistoria e storia delle ricerche linguistiche relative al «retoroman- lo sviluppo seguente delle ipotesi in direzione della stretta affinità (sia pure zo» risulta sempre importantee bene informato il nutrito panorama del Decur- presunta) tra i tronconi del «retoromanzo»che il Fernow cerca anche di docu tins (1964). La ricca rassegna di tale studioso mi esenta, in buona parte, dal mentare mediante la traduzione di alcuni versetti della Bibbia in sursilvano, in ripetere qui varie notizie, specie sulle strane speculazioni della fase prescientifi- engadinese ein friulano. Più avanti (429—432) il medesimo Autore accennaagli ca, ed in particolare per le parlate grigionesi (poi ladine occidentali). Una abitanti della Val di Fassa, Livinallongo, Enneberg (Marebbe) e Abtei (Badia) bibliografia ragionata dei primi scritti nell’ambito dei precursori del retoroman- che parlano «ein nur durch Aussprache und Biegung unterschiedenes verdorbe zo è riunita anche nei lavori del Gartner (specie 1879 e 1883). Per l’area centrale nes Italienisch» ed a questi è collegata la Gardena/Gròden (nach deutschet e occidentale può essere interessante riportareil parere dello storico tirolese J. v. Aussprache); egli cita poi un breve campionario di parole di tale dialetto con Hormayr (1806, 124-127 e 138-139) ove si accenna alla lingua retica («der tentativi etimologici. hetruskischen denkwiirdiges Ueberbleibsel») sulla quale ha scritto un’opera Un cenno più esplicito alle varietà del retoromanzo si trova nel /rospetto molto interessante il Planta. «Le schiatte della antica Rezia, di lingua retica, nominativo dituttelelingue . .. opera del Cav. F. Adelung (Tradotta e corredata avrebbero conservato immutata la loro parlata per un millennio, separate dal da una nota sui dialetti italiani Milano 1824), ove il traduttore, Fr. Cherubini, resto del mondo dapareti rocciose e ghiacciai . . .». «La lingua retica si suddivide lessicografo dialettale ben noto, espone (pp. 112-116) la sua classificazione e al nei dialetti principali, in romanci e ladini, parlati quelli nella regione del Reno e III), sotto il «Veneziano», nomina: Padovano, Vicentino, Veronese, Bellunese, questi alle sorgenti dell’Inn»; si continua poi con la sottodivisione dialettale e si Feltrino, Cadorino e Trevigianoe al IV), Friulano, Goriziano, Udinese, Val di il sottolinea (giustamente) come ladino (engadinese) assomigli dipiù all’italiano, Fassa, Livinallongo ed in nota osserva: «Anchenel Triestino (1lliria) si parla un mentre del romancio (sursilvano) si dice — e qui l’A. riprende la vecchia teoria dialetto italiano che trae al friulano». Alle pp. 59-60 si elencano le «Lingue etrusca — «Dieser surselvische Dialekt der romanischen Sprache ist allem Ver- figlie del latino» e cioè A) Friulano coni dialetti della valle di Fassa, di Livinal muten nach der reinste und àchteste, der treuste Rest der hetruskischen Spra- longo, di Enneberg e di Badia (Vescovado di Bressanone), e sottoil capitoletto che ...». E seguono poi analoghe fantasie distorte tra le quali (p. 141) la notizia E) Romanzo o Retico, si elencano: Grigioni superiori, Rumonseh, Romanzo, cheil Bartolomei di Pergine (v. sopra) avrebbericevuto dalla celebre Accademia nella pianura: Surselven (Ober-Wildner), Ladinico dell’Oberland, dell'Alta ctrusca di Cortona (AR) la spiegazione di termini gardenesi interpretati con Engadina, della Bassa Engadina, della Gardena (Valle Groden) l’altetruskisch (etrusco), il siriaco, l’ebraico e, ciò che è facilmente comprensibi —— 7. Ma il primo contributo, abbastanza ampio, con il fine principale della vicina Nova germanica otedesca. Dovremmo allora ridiscutere ancora sul signifi- comparazione dialettale di alcune parlate che diventeranno poi il «retoroman- cato originario di «ladino», sul quale siètanto scritto ev. ora Belardi (1990, 359) zo», è dovuto, come sisa, aJ. Th. Haller (1832). In precedenza aveva accennato a proposito dilaindaladin < latinusche nel milanese antico indica evidentemen- — sulla scia dello Spescha — ai rapporti linguistici tra gardenese e grigionese J. teil cisalpino italiano. Steiner, originario di Castelrotto (ora paese interamente tedesco, presso Orti- sei) in due scritti del 1807 e del 1832, v. Decurtins (1964, 279). Lo Haller ha 9. Una particolare citazione deve essere riservata al lavoro diJ. Ch. Mitter- riunito una buona messedi frasi, di parole e di testi distribuiti suquattro colonne rutzner (1856). L’A. dimostra una qualche cultura linguistica e informazione che si riferiscono al «Romanisch in Graubiinden (romaunc)», al «Ladinisch in sulle lingue neolatine. Egli cita infatti subito i desiderata espressigli daFr. Diez a Enneberg» e al «Ladinisch in Gròden». Tra i testi figura il Pater noster che è proposito dei dialetti ladini che il grande romanista non conosceva se non in tradotto anche nelle varietà del Livinallongo, di Fassa (e non vi manca il misura minima e di cui desiderava di poter disporre di una grammatica. Il M. si friulano), la solita «Parabola del Figliol Prodigo» e della «Adultera» (Ehebre- sofferma ad esaminare le sue fonti dalle quali trae i materiali per una presenta cherin); segue una conclusione in cui si considerano — secondo le cognizioni del zione fonetica dei dialetti ela sua descrizione risente in parte di comuni pregiudi tempo — i rapporti dei dialetti colti tra di loro e non le «lebenden lateinischen zi, con le lettere che precedono i suoni; ma vi si trovano anche osservazioni Tochtersprachen». Nel saggio di Haller è interessante (135) l’introduzione, sia pertinenti di ortografia e non vi mancano numerose indicazioni etimologiche, pure ancora limitata nella comparazione, del friulano, edèun esempio piuttosto Seguono dei brevi testi tradotti dall’italiano in vari dialetti: marebbano, badiot isolato nella letteratura tedesca sul retoromanzo cheivisi accenni al cadorino, v. to, gardenese, ampezzano, livinallese (buchensteinisch), che viene definito an Haller 1832, 135: «Wie sich das Ampezzanische dem benachbarten Cadorini- che Fodom:secondo le mie informazioni la prima attestazione, ev. l’interpreta schen, so nàhrt sich dieses dem Furlan (Friaulischen)»; ciò che in parte è vero zione in Pellegrini 1986 c, nònese, solandro, e — ciò che più stupisce anche (specie peril lato storico) e tale particolare creerà poi, inparte, l’equivoco di una bergamasco e parmigiano. L’inserimento nella lista di questi ultimi dialetti fa reale e precisa continuità trail friulano-cadorino ei dialetti ladini atesini. pensare che il M. avesse una visuale dialettologica assai più ampia dei suoi predecessori, che si sono sempre limitati a discutere di dialetti «retici». Chiude 8. Molte informazioni sulla preistoria del ladino dolomitico atesino (preisto- l’articolo una serie di brevissimi versi in badiotto e una ristretta lista di parole ria bibliografica) fornisce anche L. Craffonara (1977, specie 73-75) ove si (non localizzate) con la traduzione in tedesco. Tra le fonti inedite il M. cita a accenna anche al gaderano don Micurà de Ri (= Nicolaus Bacher) che scrisse volte la grammatica ladina del Bacher e riporta anzi il giudizio di codesto nel 1833 una grammatica rimasta manoscritta eche avrebbe dovuto riflettere una sacerdote sull’origine della ladinische Sprache. Merita che essosia qui riferito, Si specie di koiné ladina perlevallidel Sellae Cortina d’Ampezzo, cioèun Versuch apprende che il Bacher riteneva che «die ladinische Sprache fir dieselbe, die einer Deutsch-Ladinischen Sprachlehre, ove si accenna anche alla varietà dei weiland der tuskische Heerfiihrer Rhiàtus und seine Mannen (500-600 vor dialetti ladinitrai quali i principali sono il marebbano,il badiotto eil gardenese, Christus) gesprochen, und fiir Ueberbleibsel des ehrwirdigen Altertums, wel connessi «der ultramontaner Dialekten» che, con poche varianti corrispondono ches die Vorsehung so viele Jahrhunderte bei allen Stirmen und Revolutionen alla regione di Fassa, Livinallongo e Ampezzo e «queste varietà trovano corri- der Zeit und Weltbegebenheiten in jenen Bergschluchten, wie cin verhiùlltes spondenza con la maggior parte della regione grigionese, specie con l’Engadina Heiligthum der Vorzeit fast in seiner ganzen Originalitit aufbewahrt hat» (vedi e, secondo l’Autore: «un ladino tirolese e uno grigionese non troverebbero Vorrede VII e IX); e l’Autore continua poi con altrettante banalità circa la grandedifficoltà afarsi intendere» (ciòche non corrisponde deltutto alla verità; fonetica della lingua ladina dimostrando una completa ignoranza delle altre ma il sacerdote non avrà mai avuto l’occasione di parlare con un lastesano, con lingue romanze e dell’etimologia. E’ evidente che il sacerdote ha orecchiato qui un rocchesano ecc. che realmente avrebbero compreso il suo eloquio?). Penso un noto passodi Plinio (3.133). A me sembra per lo menocurioso comea codesto che l’opera del religioso badiotto (che visse a lungo a Milano) non sia mai stata «studioso»sia stato dedicato un «Istituto pergli studi ladini» nella Val Badia; è pubblicata poiché certamente rifletterà le interpretazioni prescientifiche dei comunque probabile che a livello popolare anchele frottole del Bacher abbiano dialetti, come pare ovvio. Altro autore citato dal Craffonara è M. Declara avutodei sostenitori. (1815-1884) di San Cassiano di Badia, il quale distingue per il gaderano, tra ladìn e badiòt, come avviene ancor ora a livello popolare e come era stato 10. Un certo ruolo nello studio prescientifico del retoromanzo ha avuto riconosciuto anche dal Gartner (1883, XX) e dal Battisti (1941, 13). Non capisco anche Ludwig Steub (1812 1888), più notoforse per i suoi studi di toponomasti inoltre come sianopertinenti le citazioni di toponimi quali Nova Latina o Ladina ca tirolese e per le sue originarie interpretazioni etrusche alle quali il medesimo o del passo di Ladina (sic) per confortare la presenza di un antichissimo etnico A. ha successivamente rinunciato, F' ancora merito di J, Kramer (1983) ave ladino (?), quando tali designazioni stanno ad indicare e a contrapporsi alla ripresentato la figura dello studioso bavarese anche per il suo interesse per gli studi sul romanzo alpino. La sua opera, spesso citata, Ùber die Urbewohner popolare sono tuttora opinioni correnti tragli abitanti delle nostre valli alpine). Rhitiens und ihren Zusammenhang mitden Etruskern (1843) vainrealtà integra- Pur ritrovando in codeste fasipreparatorie degli studi storico-linguistici qualche ta con tanti altri scritti con i quali egli perfeziona e corregge le sue precedenti raro spunto di verità, bisogna riconoscere che i problemi sono ancora trattati ipotesi etimologiche riconoscendo che una buona parte di toponimi che egli secondo visioni dilettantesche che non procedono daunadisciplina scientifica, la riportava all’etrusco, senza alcun dubbio erano di origine romana o romanza (v. quale hainizio con l’insegnamento, in Germania, di Fr. Diez (in Italia soprattut- Steub 1854); egli sa darci una stratificazione corretta della toponomastica delle to con l’Ascoli). Solo con la conoscenza degli studi grammaticali ed etimologici aree tirolesi-tedesche meridionali. Dovendo discutere delle affinità del ladino del Diez si sviluppa la linguistica neolatina e si può affermare che anche il (egli critica le interpretazioni dello Hormayr), lo Steub osserva chetra tedesco e retoromanzo è soggetto ad una valutazione scientifica soltanto a partire dalle italiano «die Verwandtschaft mit letzterem beim ersten Blick in die Augen indagini del Diez, per lo meno come metododiricerca. springt». L’A. sostiene che tra gardenese e marebbano da un lato e italiano dall’altro si è determinata una differenziazione che è dovuta alla mancanza di 12. Ma F. Diez, che ci procura la prima grande grammatica storica delle rapporti politici: «infolge der geographischen Hindernisse» (ma, a dir vero, i lingue neolatine eil primo dizionario etimologico romanzo (che non deve essere confini politici sono dovuti ad altre ragioni). Egli accenna poi al tedesco che è deltutto ignorato anche oggigiorno), si disinteressò, quasi deltutto, del retoro- divenuto, naturalmente, la «Uberdachungssprache»del ladino, purappartenen- manzo, denominato «Churwiàlsch», varietà neolatina ch’egli non include tra le do ad altra famiglia linguistica, mentre il ladino ha molti fenomeni caratterizzan- lingue romanze e che esclude dalle «Kultursprachen». Raramente nelle sue ti in comunecon l’italiano settentrionale e giustamente lo Steub sottolinea cheil discussioni egli fa ricorso a citazioni delle nostre parlate. Il «Retico» sarebbe confronto del ladino con la lingua italiana scritta non è pertinente. Riconosce zeppo di elementi stranieri e non avrebbe sufficiente originalità ed indipendenza inoltre cheperi Gardenesi la conoscenza del tedesco è indispensabile per ragioni per essere messo sullo stesso piano delle sue sei lingue ben note. Nell’Et. Wb. politiche o pratiche, malastruttura di tale dialetto abbisognerebbe di una lingua p. XII (cito dalla quinta edizione, Bonn 1887) riconosce tuttavia l’importanzadei tetto che non può essere che l’italiano. Lo Steub inoltre entra persino in dettagli dialetti e del «neolatino di Coira» e d’altro canto egli riporta materiali dialettali nella ripartizione dialettale del badiotto-marebbano confermati di recente dai comaschi tratti dal noto dizionario di Pietro Monti (zeppo di false etimologie minuti studi di H. Kuen. I Ladini sarebbero dei Reti romanizzati, ma della celtiche). lingua prelatina nei dialetti romanzi sarebbero state conservate poche parole [è Per ritrovare una formulazione più precisa delle parlate retoromanze, pre difficile indicare quali esse siano!]; il ladino, analogamente ai dialetti italiani sentate da uno specialista di dialettologia trentina, ormai in una fase scientifica settentrionali, assomiglia parzialmente al francese. I lavori dello Steub trovaro- degli studi, dobbiamorisalire al 1870, quando Chr. Schneller (1831-1908) si no unascarsa considerazione nelTirolo, conosciuti per lopiùsolonel titolo enon occuperà del nostro gruppo dialettale nel volumetto Die romanischen Volks nel contenuto. In realtà — come riconosce J. Kramer (1983, 291) — egli occupa mundarten in Siidtirol. Lo Schneller comincia ad opporre a «Die italienischen una posizione considerevole nella storia delle ricerche sul retoromanzo: «Hiàtte Mundarten»il gruppo definito «Die ladinische Mundart» e cioè: «einen cigenen Steub mehr und Gartner weniger Echo gefunden, ware der Wissenschaft ein friaulisch-ladinisch-churwàlschen Kreis als selbstàndiges, wenn auch nie cinet langer, im Grunde sinnloser Streit um die Eigensprachlichkeit des Ladinischen Schriftsprache vor uns». Egli tenta poi di darne una descrizione fonetica (1870, erspart geblieben». 19101) che non sta di certo a dimostrare l’unità delle parlate considerate; l'A. non elenca alcun tratto linguistico che servirebbe a identificare la nuova «lin 11. In generale si può affermare, con ampie prove, che la ricerca sul retoro- gua». I dialetti ladini per lo Schneller sono il fassano, gardenese, livinallese, manzo è nata e si è sviluppata quasi unicamente in ambiente svizzero tedesco e marebbano, badiotto, ampezzano, ma in parte anche il fiammazzo (specie la austriaco. Ben pochi studiosi dell’epoca — di cui abbiamo citato solo alcuni nomi zonadi Predazzo) epiù sotto egli cita il nònese e il solandro. Comesi vede, anche —sisono preoccupati di constatare quali erano le condizioni dialettologiche della lo Schneller non ha la nozione precisa sui confinanti dialetti dell’area bellunese e Cisalpina o semplicemente delle vallate, storicamente e culturalmente italiane, a cadorina. Quanto all’origine del «gruppo linguistico» citato si rifà alla lingua stretto contatto con quelle tirolesi, mentre qualche ricercatore ha riconosciuto, volgare latina: «ob dieselbe die friiher in Rhitien herrschenden Idiome als in forma assai approssimativa, alcuni legamiconi dialetti friulani (e Haller anche fremde verdringt oderals verwandte nach sich umgebildet habe, ist cine miissipe cadorini). Dominante è il concetto, in un primo tempo, che tali dialetti siano Frage, dasie vorlàufig noch in keinem Sinne zu beantworten ist... .». reto-etruschi, cui segue la constatazione che essi sono neolatini, ma con una mistione con la lingua del sostrato considerata unica, sempre il «reto-etrusco», 13. Per disporre però di una ampia descrizione e caratterizzazione del grup teoria che trova il suo punto di partenza nella provincia Raetia ed in varie fantasie po dialettale retoromanzoo ladino bisognerà attendere pochi anni con la pubbli create da appassionati locali circa l’antichissimo popolo dei Reti (a livello cazione dei Saggi ladini del goriziano Gi, 1, Ascoli, con i quali si innugura il